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Autore: Nana_13    12/05/2019    2 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Fa male.
Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire.
Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra.
Non ancora almeno.
Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…



Capitolo 1 - Risveglio (Parte 1)

Sabbia. Ruvida, infuocata sabbia.
Nient'altro che questo videro gli occhi azzurri di Claire nel momento in cui si dischiusero. La sua mano si strinse d’istinto sulla rena cocente e dorata, raccogliendone un pugno che poi osservò scorrere via lentamente. Era riversa su un fianco e l’unica spalla esposta al sole battente cominciava a bruciarle, tanto da spingerla a spostarsi.
Con immane fatica tentò di mettersi in piedi, facendo leva sugli avambracci, ma la forza le venne a mancare e in un attimo ripiombò faccia a terra.
Sbuffò frustrata e, senza darsi per vinta, riuscì a girarsi, ma quel movimento provocò il sollevarsi di una gran quantità di sabbia, che le entrò nel naso, facendola tossire.
Nel momento in cui i suoi occhi si trovarono di nuovo a contatto con il cielo, la luce abbagliante del sole l’accecò, costringendola a schermarsi il viso con la mano, e tutta la soffocante afa del deserto la investì in pieno. Non ricordava di aver mai sentito un caldo del genere in vita sua.
D’un tratto il terreno sotto di lei si sfaldò e la gravità la fece rotolare fino alla base della duna in una nuvola di polvere.
Con un gemito si mise a sedere, portandosi una mano alla base del collo. Sentiva dolore ovunque e al minimo movimento ogni muscolo del corpo lanciava fitte di protesta, ma fece comunque uno sforzo per guardarsi intorno e capire dove fosse finita. Che si trovasse in un deserto non c’erano dubbi, ma la domanda era come avesse fatto ad arrivarci. Tornò con la mente a quando si era buttata nel pozzo, dopo aver pugnalato quella pazza furiosa di Mary. Era convinta che sarebbero risbucate a Greenwood come Dean aveva assicurato, e invece erano lì in quel posto dimenticato da Dio.
Fu allora che il pensiero di Rachel e Juliet le attraversò la mente e il suo sguardo studiò frenetico l’ambiente intorno a sé alla loro ricerca. Quando finalmente scorse i loro corpi distesi non molto lontano, trasalì spaventata, temendo che fossero ferite o addirittura…

Raccolse il coraggio e avanzò carponi verso la sagoma di Rachel, la più vicina, e la scosse con cautela. “Rachel!” La chiamò, ma niente. –Oddio, fa che sia viva- pensò in preda al panico. “Avanti! Ti supplico, svegliati!”

Finalmente l’amica diede segni di ripresa e Claire poté tirare un sospiro di sollievo.

Le palpebre di Rachel si aprirono lentamente. “Claire…” mormorò poi con voce rauca. “Ma che è successo?”

Lei la aiutò a mettersi seduta. “Non ne ho idea.” Rispose a fatica. A causa del gran caldo e della sabbia mossa da un vento cocente, le mancava l’aria e riusciva a malapena a parlare. Come se non bastasse, in quel luogo era come se non ci fosse atmosfera a proteggerle dai raggi del sole, che arrivavano come lame sulle loro teste. “Eravamo già qui quando mi sono svegliata, non so nemmeno come abbiamo fatto ad arrivarci.”

Il viso di Rachel si contrasse in una smorfia di sofferenza, mentre si massaggiava la schiena dolorante. Ricordava solo di essere stata sballottata qua e là come su un treno merci, prima di perdere i sensi.  Affaticati com’erano dalla luce del sole, i suoi occhi non riuscivano a mettere a fuoco l’ambiente circostante, che appariva confuso e sfocato. Solo allora realizzò di non avere più gli occhiali e che dovevano esserle caduti da qualche parte. Sentendosi persa, chiese all’amica di aiutarla a cercarli.
Claire li ritrovò a qualche passo di distanza grazie al riflesso della luce sulle lenti, coperti di sabbia e per fortuna solo un po’ scheggiati. Quando glieli porse, Rachel poté finalmente guardarsi intorno. Alture di sabbia si estendevano a perdita d’occhio. Soltanto sabbia per decine e decine di chilometri.

L’aria rovente, quasi irrespirabile, insieme all’ansia contribuiva a schiacciarle il petto come fosse un macigno. “Che ci facciamo qui?” La guardò, senza aspettarsi niente di più che la sua espressione spaesata e incapace di darle una risposta.

Un gemito soffocato attirò la loro attenzione e fu allora che si accorsero di Juliet poco distante, che cercava a fatica di sollevarsi. Incespicando nella sabbia, si diressero allarmate verso di lei per aiutarla, ricordando che era stata ferita.

Juliet si appoggiò a loro, riuscendo alla fine a mettersi seduta, e la fitta che avvertì la spinse d’istinto a portarsi una mano al fianco, per poi ritrarla sporca di sangue. La ferita le bruciava terribilmente e continuava a sanguinare, nonostante fosse un taglio poco profondo. Non ebbe bisogno di farlo presente, perché anche loro la stavano fissando preoccupate.

Mon Dieu...” mormorò Rachel.

“Ma non era solo un graffio?” osservò Claire, guardandola allarmata.

“A quanto pare è più profonda di quanto pensassi.” ribatté, reprimendo una smorfia di dolore.

Le fitte che sentiva non promettevano nulla di buono. Sapeva che avrebbe dovuto pulirla dalla sabbia e fermare il sangue, ma al momento riusciva a
stento a pensare, figurarsi ad agire. Si sentiva stanca, come spossata. Fin qui niente di strano visto dove erano finite, eppure il caldo che sentiva sembrava più che altro venirle da dentro, come se avesse la febbre.

Senza troppe esitazioni, Rachel strappò con un colpo secco un lembo della sua maglietta e, aiutata da Claire, avvolse con non poche difficoltà la striscia di stoffa intorno ai fianchi dell’amica, stringendo il più possibile. “Ecco. Non è il massimo, ma per un po’ andrà bene.” disse con un sospiro, asciugandosi il sudore dalla fronte.

“Credo di sì, grazie.” le disse Juliet, sforzandosi di sorridere.

Finito il lavoro, Rachel scosse la testa disperata. Con lo sguardo perso tentava almeno di rimettere insieme i pezzi, per capire come avessero fatto a finire in quella situazione. “Ci fosse mai una volta che quello che dice Dean corrisponda a realtà.” Le parole le uscirono di bocca senza volerlo, ma resero bene l’idea del sentimento comune.

“A questo punto, è chiaro che lo faccia di proposito.” Aggiunse Claire, sentendo montare la rabbia. “Si diverte a mandarci in posti assurdi per vedere se poi riusciamo a uscirne vivi.” Parlare non faceva altro che alimentare i già prepotenti brontolii del suo stomaco, ma li ignorò. Anche la debolezza e il caldo iniziavano a farsi sentire, ma al momento questi problemi non erano niente in confronto a quelli che avrebbe avuto Dean se le fosse capitato sotto mano.

“Come puoi dire una cosa simile? Proprio tu…” la rimbeccò Juliet con aria sconcertata, reprimendo una fitta al fianco ferito. “Cosa avresti fatto se lui non ti avesse tirato fuori da quella torre?”

Claire si rese conto della verità di quelle parole, ma non fece in tempo a ribattere che Rachel si intromise nel discorso, invitandole a concentrarsi sulle priorità del momento.

“Lasciamo perdere, adesso. È inutile restare qui ferme a incolpare Dean, anche perché come noi potrebbe uscire qualcun altro da quel portale e dubito che quella pazza con i coltelli si arrenda tanto facilmente.”

Claire la guardò interdetta. “E dove dovremmo andare? Qui c’è solo sabbia.”

“Non lo so, ma finirà male se non ci sbrighiamo a trovare un posto all’ombra.” Si chinò su Juliet e strappò un altro lembo dai suoi shorts, per poi coprirle la testa con il tessuto. “Fallo anche tu. La prima cosa da fare nel deserto è proteggersi la testa dal sole. L’ho visto una volta in un documentario.” disse a Claire, ringraziando la sua memoria fotografica che le permetteva di ricordare cose anche a distanza di molto tempo. Il documentario spiegava anche come fosse assai improbabile sopravvivere in un ambiente così inospitale senza acqua né cibo. Inoltre, anche ammesso che Juliet si fosse ripresa, avrebbero dovuto camminare per giorni in quelle condizioni e non aveva certo bisogno di molta immaginazione per sapere come sarebbe andata a finire. Questo però non lo disse.

Quando furono tutte coperte, Claire l’aiutò a rimettere Juliet in piedi. “Ce la fai a camminare?” le chiese, mentre le passava un braccio intorno alla vita.
Lei annuì debolmente, trattenendo una smorfia di dolore. In realtà non ne era così sicura, ma non voleva essere un ulteriore peso per loro. In qualche modo ce l’avrebbe fatta.
Anche se a fatica, riuscirono a raggiungere la sommità di una duna, per cercare dall’alto un punto di riferimento verso cui dirigersi, ma anche da lì non si vedeva altro che un paesaggio desolato. Decisero allora di incamminarsi, nella speranza prima o poi di avvistare un’oasi o almeno un luogo più riparato dove riposare. In realtà nessuna delle tre ci credeva molto, ma non c’erano alternative se volevano salvarsi la vita.

Purtroppo però non riuscirono a fare tanta strada, perché di lì a poco Juliet, aggredita dalla fatica e dal dolore al fianco, sentì cedere le gambe. “Non ce la faccio. Ho bisogno di riposare un po’.” le avvertì in un fil di voce.

Rachel era riluttante all’idea di fermarsi, ma dovette constatare che senza fare una pausa nessuna di loro ce l’avrebbe fatta ad andare avanti. Così si abbandonarono lì dove erano arrivate, cercando di riprendersi e di non pensare al caldo e alla sete, che stava diventando a dir poco insopportabile.
Claire sentiva i muscoli contratti e la schiena dolorante per aver portato Juliet praticamente di peso e, mentre si stiracchiava, le sembrò di scorgere due figure in lontananza. Venivano verso di loro, confuse e tremolanti per l’aria afosa del deserto, tanto che per un lungo momento pensò si trattasse di un miraggio o comunque di un gioco di luce. Si strofinò gli occhi, ormai stanchi e quasi acciecati, ma quando li riaprì le figure c’erano ancora, anzi, si stavano avvicinando.

“C’è qualcuno laggiù.” disse a Rachel, mentre cercava ancora di mettere a fuoco.

Lei guardò nella stessa direzione e per un istante sentì dentro di sé riaccendersi la speranza che potesse trattarsi dei ragazzi. Poteva essere Mark. Il pensiero che fosse rimasto in Romania non aveva smesso di attraversarle la mente da quando si era ripresa, ma aveva pregato con tutta se stessa che lui e Cedric fossero riusciti a raggiungere il portale dopo di loro.

Vedere Claire sbracciarsi la riportò alla realtà. “Che stai facendo?” chiese incerta.

“Potrebbero essere Mark e Cedric.” ribatté lei, continuando a fare segni nel tentativo di attirare l’attenzione su di sé.

Rachel però ne era sempre meno convinta. Anche se i loro contorni erano troppo sfocati per riconoscerne le fattezze, c’era qualcosa in quei due che la metteva in allarme. “No, non credo che siano loro. Forza, andiamo!” esclamò, chinandosi subito su Juliet per rimetterla in piedi. “Muoviti, avanti!” gridò poi a Claire, vedendo che si tratteneva ancora.

Lei allora parve riscuotersi e distogliere finalmente lo sguardo dai due sconosciuti. Raggiunse Rachel e si passò un braccio di Juliet su una spalla per aiutarla a camminare.
Rallentate dal terreno instabile, tentarono disperatamente di mettere quanta più distanza possibile tra loro e gli inseguitori.

“Come sai che sono vampiri?” le chiese Claire, ansante per la difficoltà di correre sulla sabbia e per il peso di Juliet. “C’è troppa distanza.”

“Me lo sento. E risparmia il fiato.” tagliò corto.

Non avevano idea di dove dirigersi, quindi si limitavano ad andare avanti alla cieca, anche se le speranze di seminarli in quel luogo erano praticamente ridotte a zero. Non c’erano nascondigli, non c’erano vie di fuga. I due continuavano a guadagnare terreno, mentre loro incespicavano sempre più nella sabbia, sentendo le forze abbandonarle ogni secondo che passava.
Di lì a poco, infatti, sia Rachel che Claire si sentirono trascinare giù dal peso morto di Juliet, crollata definitivamente per la fatica. Naturalmente l’idea di lasciarla lì e scappare non sfiorò le loro menti neanche per un secondo, quindi si fermarono per prestarle soccorso, anche se in quel modo i vampiri non impiegarono che pochi secondi a raggiungerle.

“Dove pensavate di scappare, dolcezze?” disse uno dei due con un ghigno, che mise in mostra una dentatura storta e giallastra. “Da brave, venite con noi e non vi faremo alcun male.”

“Scordatelo.” Mormorò Claire tra i denti cercando di assumere un’aria minacciosa, ma per tutta risposta i due si misero a ridere. Rachel la bloccò per un braccio, facendole segno di smetterla. Era inutile mettersi a discutere con loro, non l’avrebbero mai spuntata.

A quel punto era davvero finita. Non vedevano nessun altra soluzione, che non fosse quella di seguirli. -Almeno – pensò Rachel – avrò qualche speranza di rivedere Mark-.

Lei e Claire non opposero resistenza, ormai arrese alla realtà dei fatti, e osservarono l’altro vampiro caricarsi Juliet in spalla, per poi prepararsi a tornare al portale con loro.
Claire però non ce la faceva ad andare avanti. Il solo pensiero di quella cella fetida e priva di luce le faceva rivoltare lo stomaco, e rinunciare di nuovo alla libertà avrebbe significato accettare la sorte che quei mostri avevano scelto per lei. Di colpo, sentì le poche forze che le restavano abbandonarla del tutto, o forse voleva che fosse così, e si lasciò cadere sulle ginocchia.
Rachel le fu subito accanto, cercando di confortarla.

“Non ce la faccio. Non…” mormorò disperata, mentre le lacrime le scendevano sulle guance.

Il vampiro che le precedeva si voltò, accortosi del problema. “Ehi, che vi prende? Rimettetevi in piedi, prima che vi ci rimetta io a suon di calci.”

“Sta male, razza di caprone!” lo insultò Rachel, fulminandolo con lo sguardo. “Dalle un attimo per riprendersi.”

Per tutta risposta, l’aguzzino tornò verso Claire e, afferratala per un braccio, la costrinse ad alzarsi. “Non vi conviene farmi arrabbiare, ragazzine. Ricominciate a camminare o al castello non ci arrivate vive!”

“Lasciala stare!” esclamò Rachel, sentendo esplodere una rabbia incontenibile. Ormai non le importava più neanche di quello che avrebbe potuto farle, così si avventò sul vampiro, strattonandogli il braccio per allontanarlo dall’amica.

Lo schiaffo che le mollò la fece cadere a terra. La testa che le rimbombava ferocemente, mentre sentiva la guancia gonfiarsi. In piedi sopra di lei, vide la sagoma sfocata del vampiro che la fissava, incurante del fatto che il compagno gli stesse dicendo qualcosa in rumeno.
Stava per chinarsi e metterle le mani addosso, quando uno strano rumore lo distrasse, ma lei non riuscì a capirne la provenienza o cosa fosse a causarlo, tanto era stordita dal manrovescio.
Poi accadde tutto in pochi attimi, tanto da non riuscire nemmeno a rendersene conto. Fece solo in tempo a intravedere l’alzarsi di un gran polverone, seguito da un nitrire di cavalli, prima che la testa del vampiro le cadesse in grembo stillante sangue dal collo mozzato. Quando avvertì gli spruzzi raggiungerla in faccia, la sua mente già provata non resse e svenne.
Fu Claire, l’unica rimasta cosciente, a vedere quello che stava succedendo. Un gruppo di uomini del deserto, armati di alabarde e scimitarre li aveva raggiunti a cavallo e si era avventato contro i due vampiri. Quello rimasto in vita, lasciò cadere il corpo inerte di Juliet per mettersi in salvo, ma uno dei cavalieri urlò qualcosa nella sua lingua a un altro, che si lanciò al suo inseguimento. Il vampiro venne raggiunto in pochi secondi e artigliato al collo da una frusta di cuoio. Con un verso strozzato, cadde a terra, cercando invano di strapparsela, mentre con tutta calma il beduino scendeva da cavallo. Continuando a tendere la frusta, con l’altra mano sguainò la spada, minacciando il vampiro; poi, con un violento strattone, lo costrinse ad alzarsi in piedi e a seguirlo.

Claire era troppo sconvolta anche solo per muovere un muscolo e quando le puntarono le armi contro, ebbe giusto la forza di sollevare le mani in segno di resa.
Intanto, un paio di uomini avevano caricato Juliet e Rachel sui cavalli per portarle via. Provò a gridare loro di lasciarle, ma ovviamente non la capivano e, anche se fosse, difficilmente l’avrebbero ascoltata. Comunque non si arrese e si alzò in piedi, con l’intento di fermarli, ma non ebbe il tempo di fare un passo che un dolore acuto alla testa la investì e tutto diventò nero.
   
 
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