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Autore: Shade Owl    12/05/2019    2 recensioni
Orlaith Alexander ha scoperto di non essere solamente una violinista estremamente dotata, tanto da guadagnarsi un esclusivo contratto con la Lightning Tune Records, ma anche di avere dei poteri incredibili, legati alle sue emozioni e alla sua musica. Tutto ciò però ha attirato le mire di potenti stregoni che hanno tentato di usare il suo potere per scopi malvagi, cosa che l'ha obbligata a lottare per salvare se stessa e le persone a cui vuole bene.
Quasi un anno dopo questi avvenimenti, la vita scorre tranquilla per lei, ormai lontana dalle luci della ribalta e dalla magia, e il suo unico obbiettivo è laurearsi e diventare una persona come tutte le altre, dimenticando il proprio dono, troppo pericoloso per essere usato con leggerezza.
Tuttavia, Orlaith ignora gli eventi che, in un luogo lontano, sono già in moto e che presto la raggiungeranno, portandola a scoprire un mondo per lei tutto nuovo e pericoloso, ma anche le risposte che per molto tempo ha ignorato: da dove viene la sua magia? Cos'è lei, realmente? E perché non ha mai incontrato nessun altro con le sue capacità?
Ma soprattutto... saprà affrontare quello che le riserva il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Dopo che Orlaith fu tornata di sotto insieme a Rin, il gruppo decise di comune accordo di non rimanere nell’appartamento di David per discutere delle mosse successive, ma di trovare un nascondiglio più sicuro, che il loro nemico non potesse rintracciare facilmente.
Per il produttore non fu una festa rendersi conto che casa sua avrebbe potuto essere presa di mira da un mostro di un’altra dimensione, da un pazzo assassino e da chissà quali altre bestialità magiche, e ci volle del buono per convincerlo che ingaggiare un’agenzia di sicurezza privata non sarebbe stato sufficiente a tenere lontane le minacce.
Dovette anche chiamare a lavoro per disdire tutti i suoi appuntamenti e assentarsi fino a data da definire, delegando ogni impegno ad assistenti, segretarie, stagisti e via discorrendo. Passò anche un buon quarto d’ora al telefono con il front dei Dirty Sands per scusarsi della sua improvvisa assenza dall’ufficio, quando invece gli aveva promesso di essere presente per la scelta delle cover del prossimo album.
Mentre viaggiavano in taxi insieme, Orlaith si sorprese di sentirgli usare frasi come “sei il mio mito, bello” o “lo sai che per te farei tutto, ma non ho potuto evitarlo… è una cosa che va oltre il mio controllo” per parlare con alcuni dei suoi clienti. Generalmente quello era il tono che, in passato, aveva usato anche con lei.
- E questa era l’ultima telefonata… grazie al cielo…- sbuffò Dave, stremato, mentre il taxi si fermava all’ennesimo semaforo - Beh… stiamo affrontando un’acquisizione, ho licenziato tre dipendenti e rischio di perdere il posto, che male c’è a prendersi un periodo di ferie indeterminato senza preavviso?-
Annie, seduta alla sua destra, si lasciò scappare una risatina e gli diede un buffetto sul braccio.
- Oh, ma dai, Dave… chi vuoi che ti sostituisca? Sei il superproduttore della Lightning Tune Records… anche quello squilibrato di Vaněk ti apprezzava. Non possono licenziarti, nessuno lavora più di te.-
David sorrise e contorse il braccio per scompigliarle i capelli, senza rispondere. Quando si voltò verso Orlaith vide che non sorrideva, e anzi lo guardava un po’ accigliata.
- Cosa?- chiese.
- Mi prendevi in giro allora?- chiese - Lo dici a tutti i tuoi clienti che sono i numeri uno e cose del genere?-
- Beh, lo sai, voi artisti siete imprevedibili e capricciosi, specialmente quando siete bravi. Bisogna coccolarvi.-
- Insomma è un sì.- brontolò lei, voltandosi verso il finestrino, seccata.
- Oh, andiamo, piccolina…- ridacchio David, mettendole una mano sulla spalla - Lo sai che sei la mia preferita. Non ho affrontato gli Homunculi per questi buffoni, no?-
Lei si lasciò scappare un sorrisetto, ma non gli diede la soddisfazione di voltarsi. Con la coda dell’occhio colse il tassista fissarla dallo specchietto retrovisore, e comprese che l’aveva riconosciuta. Difficilmente aveva sentito le loro parole, visto che avevano parlato piano, ma era inquietante sentirsi addosso i suoi occhi.
- Il semaforo è verde, capo.- osservò.
Con un piccolo sussulto, quello ingranò la marcia e riprese a muoversi.

Con estrema cura e precisione, Nightmare fece colare una singola goccia di stagno fuso sulla piastra di silicio, saldando un sottilissimo cavetto in un punto che, per Keith, era apparentemente identico a qualsiasi altro, seduto a un’improvvisato tavolo da lavoro costituito da una semplice trave di legno sistemata su alcuni mattoni, all’interno del loro nascondiglio.
- Mi spieghi cosa stai combinando?- gli chiese, osservandolo con curiosità.
- Cerco di lavorare, ma è un po’ più difficile con te che mi osservi come un gufo da sopra la spalla.- rispose - Sto costruendo un comunicatore transdimensionale.- spiegò - Vista la situazione temo che potrebbe servirci.-
- Ah, bene… e io posso aiutarti?-
- Ti annoi, vero?-
- Già.- grugnì il Kolak, incrociando le braccia - Sono lo specialista d’armi, ma non abbiamo quasi sparato stamattina, e quindi non devo preoccuparmi di fare nuove cartucce. Non sono un Cercatore, quindi non posso aiutare Nova, né sono un medico come Rin, che è uscita a procurarsi medicinali nuovi… insomma, almeno potrei aiutare te, no?-
Nightmare ridacchiò.
- Tra meno di un’ora dovrebbero arrivare i Nativi.- disse - Se davvero vuoi renderti utile, puoi uscire a fare un controllo perimetrale dell’isolato. Accertati che non ci sia niente di sospetto. Non credo che qualcuno sappia dove siamo, ma non posso esserne sicuro, e potrebbero esserci dei vagabondi o dei tossici nei paraggi. In ogni caso voglio cambiare nascondiglio entro domani.-
- Temi che ci scoprano?-
- Piuttosto è un’abitudine che ho preso quando ero un agente segreto governativo. Restare in movimento mantiene in vita.-
Keith grugnì stoicamente, e uscì senza aggiungere altro. Rimasto solo, Nightmare si raddrizzò sullo sgabello e sospirò, gettando uno sguardo fuori dalla finestra incrostata di polvere, riflettendo…
L’attacco alla Statua della Libertà aveva detto molte cose, anche senza il bisogno di incontrare il loro vero nemico in prima persona: senza dubbio era molto potente e molto scaltro avendo convinto il Doplanker, noto per la sua indole spietata e isolazionista, ad allearsi con lui (entrambe caratteristiche confermategli dalle parole di Annie Carden e David Valdéz poche ore prima); in secondo luogo non aveva paura né di loro né di Orlaith, e quel mostro tentacolare era sicuramente un banale assaggio delle sue vere capacità, mandato più a spaventare e disorientare che ad uccidere, considerato che doveva sapere per forza con quanta facilità la violinista si sarebbe liberata della creatura; infine, non temeva di esporsi, al contrario di loro che potevano fare il loro lavoro solo rimanendo nell’ombra.
Un nemico del genere era difficile da prevedere. Aveva un grosso vantaggio nei loro confronti, e se volevano azzerarlo dovevano fare in modo di trovarsi un passo avanti a lui.
Inoltre, c’era il problema dei poteri di Orlaith.
Credevo che i Trascendenti fossero spariti tutti quanti…
Non era sicuro che Nova e Rin condividessero appieno le sue preoccupazioni (in realtà non aveva ancora capito bene cosa pensasse Nova in generale), ma Keith si era mostrato pienamente d’accordo con lui: alleata o meno, Orlaith avrebbe potuto essere una minaccia peggiore del Doplanker, e il brutto era che non sapeva come comportarsi con lei. Anche per questo era imperativo completare il comunicatore: aveva bisogno di istruzioni superiori. Non era una decisione che poteva prendere lui da solo.
Pensando a questo, tornò a concentrarsi sul proprio lavoro, terminando all’istante la breve pausa.

L’indirizzo che Nightmare aveva lasciato loro corrispondeva a un palazzo abbandonato nella zona sud di Hell’s Kitchen. A quell’ora, col sole che già spariva dietro gli edifici più alti, il quartiere sembrava più cupo e buio che mai, malgrado alcuni lampioni tentassero di rischiarare un po’ l’aria.
In fondo alla strada c’era un poliziotto che parlava con una donna, e a giudicare dalla gestualità di lei stavano probabilmente discutendo a proposito di una multa; un cane abbaiava da qualche parte, e da una finestra, aperta malgrado il freddo incipiente, uscivano le voci di una famiglia riunita a cena.
Orlaith, guardandosi intorno, si aspettava quasi di vedere Daredevil saltare fuori da dietro un angolo per picchiare a sangue i criminali.
Devo smetterla con Netflix… pensò.
- Il posto è questo.- disse David, osservando il palazzo con sguardo ipercritico, sistemandosi meglio la cinghia della borsa da viaggio sulla spall - Beh, potevano scegliere qualcosa di meno decadente… ho pure le scarpe buone, oggi...-
- David, tu hai sempre le scarpe buone, o i jeans firmati o il cappello di Armani.- sbuffò Annie - Hai mai sentito parlare di outlet?-
- Ehi, io devo farmi vedere elegante, è il mio lavoro!-
- Oh, andiamo, finitela...- sospirò Orlaith, spingendoli avanti.
Fece per aggiungere qualcos’altro quando il suo sguardo venne calamitato da un uomo appoggiato poco più in là, appena dietro l’angolo dell’edificio, a fumarsi una sigaretta. Le dava le spalle, e aveva addosso una felpa col cappuccio calato, quindi non poteva vedere nemmeno la sua nuca.
D’altra parte c’era qualcosa di magnetico in lui, quasi di familiare. Forse per la postura, o la corporatura… magari il portamento.
O magari era solo istinto.
- Non è possibile...- mormorò, lasciando andare gli amici.
- Cosa?- chiese David, aggrottando la fronte.
Seguì il suo sguardo e vide anche lui l’uomo all’angolo del palazzo. Quello spense la sigaretta sotto la scarpa, come se non aspettasse altro, e si ritirò nel vicolo.
- Chi è?- chiese Annie.
- Io...-
Orlaith scosse la testa, mollò il suo zainetto e gli corse dietro senza rispondere, sorda alla voce di Annie che la richiamava. Il cuore le batteva a mille, e serrava talmente tanto la presa attorno alla maniglia della custodia del violino che le si stavano sbiancando le nocche. In fondo alla gola sentiva un groppo enorme, che minacciava di soffocarla.
Sapeva che poteva essere ancora vivo, lo aveva ipotizzato non più tardi di qualche ora prima, e se da una parte l’aveva temuto dall’altra lo aveva anche sperato.
Raggiunse il vicolo proprio mentre l’uomo arrivava dall’altro lato e cominciava ad andarsene, le mani affondate nella tasca della felpa. Solo allora notò che zoppicava appena, come se avesse una gamba ferita.
- Jayden!-
Al suono di quel nome, l’uomo si fermò.

Stiamo per raggiungere un punto della storia piuttosto interessante. Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono. A presto!

   
 
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