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Autore: kuutamo    13/05/2019    0 recensioni
Se dieci anni prima le avessero detto che a trent’anni si sarebbe ritrovata sola, infelice e al buio nel suo appartamento di venerdì sera, Elizabeth non ci avrebbe mai creduto. Già, perché prima non aveva nessun dubbio riguardo a chi le avrebbe tenuto compagnia per tutte quelle notti.
Ricordava la sua adolescenza come il periodo più bello ed emozionante di tutta la sua vita, e sapeva di non esagerare. La sua adolescenza era stata Adam.
E anche adesso, a distanza di anni, Elizabeth seduta al buio sul suo letto rimaneva sempre della stessa idea. Certo, era dura ammetterlo a se stessa, ma era esattamente così che stavano le cose. La cruda realtà era quella, anche se continuava a ricacciarla via, quasi fosse stata una mosca fastidiosa. Chissà dove si trovava Adam in quel momento, in quale città si era stabilito, se era felice, e soprattutto con chi lo era. Adam era come un fantasma che si ostinava ad infestare la sua testa, e questo succedeva perché Adam era parte di lei e lo sarebbe sempre stato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Adam quella mattina si sentiva più stanco del solito: era un periodo piuttosto pieno perché tanta gente aveva bisogno di mano d'opera dopo che la tempesta dei giorni passati aveva spazzato via alcuni capanni degli attrezzi. Lo avevano chiamato in tanti e organizzandosi in due squadre erano quasi riusciti a soddisfare tutte le richieste ricevute. Meglio per gli affari, pensava, ma peggio per lui.

Erano giorni ormai che lavorava fino a tardi e quella mattina aveva deciso di prendersi mezza giornata per staccare il cervello, ma soprattutto il corpo, che di lì a poco avrebbe protestato. Aveva quindi sistemato lo stretto necessario al negozio e poi aveva deciso di starsene un po' per i fatti suoi, da solo, com'era suo solito fare. Non aveva neanche minimamente pensato di  chiamare Kim e i ragazzi per pranzare con loro, si disse che aveva bisogno di staccare anche dalla confusione che spesso i bambini inevitabilmente generavano.

 

Sarebbe andato nel piccolo bosco dietro il grande supermarket che avevano installato da un giorno all'altro come se fosse stato un bancomat, e ci sarebbe restato fino al pomeriggio. Prima però, si decise a passare al Gina's, una caffetteria a buon mercato e ancora in stile anni '50 dove avrebbe pranzato con il suo piatto preferito, bacon e uova.

 

Quando entrò nella caffetteria notò una certa affluenza e guardando l'orologio centrale con quel bel faccione di Elvis stampato sopra, si rese conto che erano le dodici, e che probabilmente quella folla era normale all'ora di punta, lasso di tempo in cui lui non capitava mai da quelle parti per via del lavoro.

 

" Ce l'hai un posto per me, Gina? "

L'anziana donna ancora arzilla, con le labbra dipinte di un rosso fuoco, gli sorrise, come una nonna sorride al proprio nipotino mentre gli porge una caramella sul palmo della mano.

" Ma certo tesoro, il giorno in cui qui non ci sarà posto per te, probabilmente non ci sarò nemmeno io, quindi puoi stare tranquillo ancora per una ventina d'anni o giù di lì "

Adam le sorrise, sentendosi davvero il benvenuto e le fece un cenno con la mano. Stava per dirigersi verso il suo solito posto quando Gina da dietro il bancone lo chiamò a sé dicendogli:

" Però non credo che oggi tu voglia sederti da solo in quel tavolo - fece un sorriso malizioso e poi un cenno verso il corridoio a destra, opposto al suo - Al secondo tavolo c'è un posto libero " disse indicandolo.

 

Lì per lì lui non capì e confuso riprovò a sedersi.

" Allora non mi hai capita? Infondo c'è un altro posto " calcò il tono della voce sottolineando le ultime parole, finché lui non le diede retta dirigendosi dove l'anziana proprietaria gli aveva caldamente intimato d'andare.

 

Vide che al tavolo c'erano sedute una donna e una bambina: le due erano di spalle, entrambe con capelli folti e scuri che arrivavano alla schiena.

Imbarazzato come non mai ma ancor peggio seccato da quella situazione, iniziò a schiarirsi la voce per poi gentilmente chiedere se il posto fosse libero. Quando finalmente fu davanti al tavolo, la voce gli si mozzò in gola.

Nel momento in cui la donna alzò lo sguardo per capire cosa volesse quell'estraneo, i loro occhi s’incrociarono.

 

" E-Elizabeth? "

" Adam?.. “ le ci volle qualche secondo per realizzare cosa stesse accadendo.

 

" Io sono Susie - s'intromise la bambina sentendosi tagliata fuori da quelle presentazioni e spezzando seppur per poco quell'atmosfera strana e assolutamente elettrica.

 

" Che cosa.. Tu… Gina mi ha detto che questo era l'unico tavolo libero quindi.. "

" Oh - disse ridestandosi come da una visione - sì, certo accomodati, noi ne occupiamo solo metà "

Si guardarono ancora, mentre lui si sedeva, i movimenti rigidi e cauti: era strano come il tempo potesse rendere estranee anche due persone come loro, che si erano conosciute profondamente. Erano sempre gli stessi, ma al contempo diversi nel loro essere uguali.

" Ma.. Cosa ci fai qui? "

" E tu?.. " rispose lei con un’altra domanda.

" Io ci lavoro. Sai dove c'era la vecchia gelateria? Ora io e un paio d'amici abbiamo messo su una ditta e, beh, lavoriamo tutti in città "

" Intendevo dire in città.. "

" Sono tornato per lavorarci, te l'ho detto. Tu invece? Credevo ti saresti trattenuta ad Atlanta - disse, cogliendo di sorpresa la donna che aggrottò la fronte. Lui quindi si spiegò meglio - Tuo padre " suggerì.

" Ah, giusto - constatò imbarazzata e leggermente irritata - Sono tornata anch'io per lavoro, insegno al Trinity. Alla fine ho capito che psicologia non faceva esattamente per me "

" Però.. "  disse pensieroso, all'improvviso la fame gli era completamente passata. Neanche a farlo apposta Gina arrivò con il suo logoro blocchetto in quello stesso istante.

" Allora, cosa ti porto Adam? Oh mio Dio, Elizabeth ma sei tu! Non ti avevo riconosciuta con questo nuovo look. Come stai? " le chiese facendo finta di vederla per la prima volta.

" Bene, benissimo Gina e tu? "

" Ah, beh i soliti problemi alla schiena. Il dottor Murphy dice che devo smetterla di indossare i miei tacchi ma io gli dico sempre di andare a farsi benedire, e non raggiungiamo mai un compromesso "

" Sei tremenda, Gina " aggiunse Adam guardandola pieno d'orgoglio. Lei gli sorrise soddisfatta.

" Allora, ti porto il solito? Sì, decisamente " scrisse la comanda e si volatilizzò senza dargli la possibilità di replicare.

" Sempre uova strapazzate e bacon, giusto? " provò a dire Elizabeth, guardando le dita di Adam ancora intente a reggere il menù.

" Sì, come sempre. Non credo esista niente di meglio "

" Già " - disse sorridendo. Poi si voltò verso la bambina che era intenta a colorare un album da disegno.

" Susie, questo è Adam, un vecchio amico " disse, sforzandosi visibilmente.

Mentre la donna stringeva le spalle della bambina indicandolo, improvvisamente un brivido di freddo gli percosse la schiena.

'Sua figlia' pensò. Fece di tutto per mantenere un minimo di autocontrollo e non farsi uscire frasi avventate.

" Ciao Adam "

" Ciao Susie " rispose lui, con un sorriso un po' spento, ma sincero. Era una bambina bellissima. Aveva le stesse iridi verdi di Elizabeth. Pensò di nuovo a cose che non avrebbe dovuto pensare.

Appena la bambina tornò a concentrarsi sul suo disegno, lui parlò.

 

" E il padre..? " chiese flebilmente, quasi vergognandosene ma cercando con tutto se stesso di sembrare totalmente indifferente a quella domanda piuttosto personale.

" Padre..? Ah, Susie, oh no. Susie non è mia figlia - disse ridendo leggermente - è la figlia di Harry, la mia piccola e dolce nipotina " disse accarezzandole i capelli dietro il cerchietto.

Dentro di sé, l'uomo tirò un profondo respiro di sollievo, non seppe neanche lui perché.

" Oh, scusami, avevo capito.. Lascia stare "

" Non mi ci vedo a fare la madre, però amo passare del tempo con lei - si sporse un po' sul tavolo mettendosi una mano davanti la bocca per non lasciare che la bambina la sentisse - per qualche ora "

I due risero, pensando a quanto si sentissero inadeguati a fare la parte dei genitori.

 

Elizabeth sembrava molto cambiata, almeno all'apparenza.

Aveva coperto i suoi capelli ramati con un nero assoluto, ma li portava sempre molto lunghi, scostandoseli lungo la schiena ogni tanto. Sembrava più magra, stanca. Ma anche Adam da parte sua era leggermente invecchiato. La donna però noto con una certa soddisfazione che le sue braccia si erano irrobustite e ora i suoi muscoli erano ancora più visibili da sotto la camicia. Ma scacciò quasi subito quel pensiero stupido dalla testa, scostandosi frettolosamente una ciocca dalla guancia.

All' improvviso le squillò il cellulare, era sua cognata. Mentre Elizabeth parlava al telefono, la comanda di Adam arrivò.

 

" Scusami Adam, ma credo proprio che sia giunta l'ora di andare. La bambina deve tornare a casa a fare i compiti, vero? " si diresse alla piccola che aveva già messo il broncio.

Mentre diceva quelle parole, in realtà non aveva nessuna voglia di lasciare la caffetteria. Insomma, all’improvviso aveva appena rivisto qualcuno che pensava di non rivedere mai più e sembravano essere passati soltanto pochi attimi dal momento in cui lo aveva visto avvicinarsi al tavolo.

" Ma io voglio restare qui a colorare, è molto meglio della matematica ! " protestò Susie.

" Cara, non sai quanto ti capisco, ma ora dobbiamo davvero andare "

Mentre la bambina raccoglieva i suoi colori riponendoli nell'astuccio, Elizabeth si rivolse di nuovo all'uomo di fronte a lei, rimanendo ancora una volta, la milionesima, abbagliata dalla sua bellezza così selvaggia.

" Spero che le uova siano cotte al punto giusto - sorrise - È stato bello rivederti "

" Anche per me - disse lui, sorridendole - Magari qualche volta potremmo vederci per un caffè " buttò lì lui. Si chiese subito dopo perché mai ci stesse provando. Ci stava provando? Insomma, non sapeva nemmeno se lei era sposata o se avesse un'altra persona, nella migliore delle ipotesi.

" Uhm, certo, perché no.. Allora ci vediamo " disse frettolosamente la donna.

" Sì, ci vediamo in giro "

" Adam " si congedò con un lieve sorriso.

" Elizabeth " rispose, e la guardò andare via.

Prima d'entrare in auto la vide voltarsi nella sua direzione, preoccupata. Le guance si erano tinte di rosso e da quella distanza Adam avrebbe detto che i suoi occhi fossero lucidi.

La seguì con la coda dell’occhio fino a quando la sua auto uscì dal parcheggio del locale, poi infilò un pezzo di uova e lo portò alla bocca. Così, un boccone dopo l’altro finì il suo piatto preferito; la fame sembrava essergli tornata.

 

 

Dopo pranzo, l’uomo si recò nel bosco, spense il cellulare e si abbandonò sul prato umido. Sentiva il cuore più leggero, ma a dirla tutta, sentiva finalmente di avere ancora un cuore. Adam rimase tutto il pomeriggio a fissare l'immensità del cielo sopra di lui, perdendosi in quel blu che lo faceva sentire così insignificante e stupido in confronto a tutto il resto.

Pensava a lei, alla sua Elizabeth.

  
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