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Autore: Derry99    13/05/2019    2 recensioni
Questa è la storia di come un ragazzo, Derek, decise di partire per scappare dal tempo che lo legava alle sue abitudini.
Insieme al suo accendino, il suo pacchetto di Winston blu, telefono e pc, prese il primo treno per Londra per inseguire il suo sogno di diventare scrittore e, nel mentre, imboccare la strada verso il suo tormentato amore costellato di difficoltà e malinconia.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano le 8:30 del mattino quando ci risvegliammo.
 
L’odore della pioggia continuava ad essere presente nella stanza.
Gregory mi guardò, accarezzò la mia barba e mi baciò, mi prese per mano e mi chiese di fare una doccia insieme prima dell’arrivo dei suoi, proposta che logicamente accettai.
Alzandomi dal letto notai come i miei vestiti fossero piegati e poggiati sulla sedia, probabilmente alzandosi prima aveva deciso di mettere in ordine il piccolo casino che avevamo causato e lo ringraziai.
Andammo in bagno, aprimmo l’acqua e iniziammo a farci la doccia. 
Dopo circa una mezz’oretta in cui, oltra a lavarci ci eravamo anche un po’ coccolati, eravamo fuori davanti allo specchio a chiacchierare;
 
“Bhe dai, sono un bell’orsetto vero?” disse lui guardando il suo riflesso.
 
Ho sempre avuto un interesse particolare per i ragazzi in carne e lui rappresentava a pieno il mio ideale perfetto di ragazzo. Era più grande di me di qualche mese ma poco più basso, capelli ricci castani e occhi estremamente scuri. Aveva una leggera barba che gli ricopriva il paffuto viso mediterraneo ereditato dall’italiano padre. 
Essendo io una persona abbastanza orgogliosa non volevo dargliela vinta quindi mi limitai ad un 
 
“Mhh, si passabile” accompagnato da un piccolo sorriso 
 
“E anche tu sei un bell’orsetto caro mio” disse guardandomi dritto negli occhi e abbracciandomi.
 
In realtà era una cosa che non pensavo assolutamente. Mi sono sempre visto poco attraente e i difetti presenti sul mio corpo non facevano altro che far crollare la mia autostima ma lui, con una piccola frase, era riuscito a farmi sentire carino.
 
“Grazie scemo… davvero” dissi sottovoce ricambiando il suo abbraccio.
 
Ci preparammo e scendemmo al piano terra per sistemare il casino della sera prima, avevamo, infatti, organizzato una maratona di film horror con alcuni amici che era terminata in una guerra col cibo.
 
“Abbiamo vent’anni… mi spieghi come facciamo ad essere così cretini?” gli domandai.
 
“Stiamo nel pieno della vita caro mio, se non ci divertiamo adesso quando dovremmo?” replicò.
 
Mi sembrava molto una scusa per giustificare le nostre pazzie e il nostro essere un tantino infantili ma non avrei mai obbiettato più di tanto e mi limitai ad annuire.
 
Riuscimmo a riordinare il tutto in un paio d’ore, avendo dato appuntamento alle ragazze fui costretto ad andarmene quindi salutai Gregory che mi promise di vederci la sera per salutarci e mi incamminai verso il Bhytes, non prima di aver mandato un messaggio a mamma per rassicurarla sulla mia salute.
 
Mia mamma era una bella donna sulla quarantina che gestiva la biblioteca del paese dove abitavamo. Era una donna perennemente impegnata a migliorare la cultura dei suoi concittadini finendo a mancare da casa anche per un paio di giorni consecutivi.
Mi rispose molto rapidamente, lasciandomi abbastanza stupefatto, con un messaggio vocale;
 
“Tesoro sono contenta che tu stia bene, spero ti sia divertito stanotte con qualche bella ragazza.
Ricorda, le donne non vanno fatte soffrire altrimenti mamma farà soffrire te okay?
Il pranzo è nel frigo, ricordati di riscaldarlo e un ultima cosa, come sai sono a pranzo con Vincent oggi e lui non vede l’ora di rivederti!”
 
Vincent è mio padre, non c’è mai stato un grande rapporto tra noi due dovuto anche alla sua perenne assenza da casa per via del suo lavoro che lo sbatteva da una parte all’altra del Regno Unito. È l’unico in famiglia che sa della mia omosessualità ma continua a ripetere a se stesso che essa sia solo una fase momentanea. Lui è uno dei vari motivi per cui vorrei fuggire via da qui.
 
“Derek, sono qui!” Disse una voce in lontananza,
 
“Torna sul pianeta terra e datti una mossa orsetto” Era Nicole.

Mi avvicinai a lei con passo veloce per evitare che qualche automobilista preso male potesse prendere una pozzanghera e schizzarmi con del fango.
 
“Ciao Nico, Mary ancora non si è fatta vedere?” le chiesi abbracciandola.
 
“No tesoro, mi ha appena chiamato dicendo che avrebbe ritardato. Dice che ha delle grandi notizie, comunque mi ha detto anche di iniziare ad entrare ed occupare il nostro tavolo” mi rispose avvicinandosi sempre più alla porta del locale.
Nicole aveva sempre un fare molto esuberante e chiassoso capace di risollevarmi il morale in pochissimo tempo.
 
“Entriamo su” le dissi sorridendo.
 
Il Bhytes era un piccolo bar in stile hipster molto intimo con pochi tavolini e poco personale ma era anche il luogo che preferivo di quel paese.
Il proprietario, il signor Brooke, un goffo omone paffuto molto dolce e simpatico oramai ci conosceva bene e vedendoci entrare esclamo con gioia
 
“I miei ragazzi sono qui! Venite dai, il tavolo e libero anche se vedo che manca qualcuno!”
 
“Si signor Brooke, Mary sta arrivando ha avuto un piccolo contrattempo” rispose Nicole ridendo.
 
“Carol forza, prepara il tavolo!” disse l’omone rivolto alla cameriera. 
 
Carol era una ragazza della nostra età, figlia del signore Brooke, davvero bella.
Aveva lunghi e lisci capelli platino, la pelle di un chiaro porcellana e il sorriso più ammaliante del paese.
Sognava di sfondare nel campo della moda come modella ma le possibilità da noi erano davvero basse portandola quindi a decidere di lavorare nel locale di famiglia per poter mettere da parte qualcosa che la aiutasse in una probabile fuga alla ricerca di fortuna.
 
Mentre Carol preparava il tavolo, Nicole non faceva altro che vantarsi di come la sua relazione con il suo ragazzo andasse bene e di come presto si sarebbero trasferiti a Liverpool. 
Lui, Axel, era un nostro ex compagno di classe del liceo e da poco aveva ricevuto un contratto discografico con la sua band i SEXXX BANG che gli avrebbe portati proprio nella citta Beatles.
Dopo qualche minuto di esuberanza il tavolo era pronto così ci sedemmo pronti ad ordinare.
 
“Ragazzi scusate il ritardo” disse una vocina molto dolce alle mie spalle
 
“Ma ho appena ricevuto la notizia più bella della mia vita e dovevo correre in teatro a confermare il tutto” era Mary che con fare affannoso ma felice si avvicinava al tavolino salutando con garbo prima il signor Brooke e Carol e poi me e Nicole.
 
Di li a poco, presi i nostri caffè caldi, scoprimmo la grande novità di Mary.
Da qualche tempo provava a fare provini per poter entrare in alcune compagnie teatrali e finalmente la Shakespeare’s Company, una tra le migliori di tutta l’Inghilterra, l’aveva presa come protagonista femminile in questa nuova versione del classico ‘Romeo e Giulietta’ ambientato ai giorni nostri e ciò l’avrebbe portata a trasferirsi di li a qualche giorno a Londra dove avrebbe studiato, provato e recitato.
Ciò mi fece molto riflettere, piano piano tutte le persone a me care si sarebbero trasferite per realizzare i loro sogni e io invece non facevo altro che lamentarmi di quanto questa vita mi stesse stretta senza però fare nulla per migliorarla.
 
“Comunque qui qualcuno ci deve delle spiegazioni sulla sua scomparsa dopo la maratona di ieri sera!” disse Mary lanciandomi un occhiata curiosa.
 
“Esattamente caro mio, ti abbiamo visto tutti salire in camera di Gregory mentre andavamo via, dai su racconta!” continuò chiassosamente Nicole.
 
Raccontai loro della notte fantastica trascorsa con lui.
Era stata veramente la notte più bella della mia vita.
Io e Lui, soli, in quella camera da letto così piccola e pure così magica, la pioggia che scendeva fitta dal cielo faceva compagnia alle nostre coccole mentre chiacchierando e finendo quell’ultimo film mangiavamo la pizza accompagnandola a quella poca birra rimasta finendo presto per accantonare il tutto per fare l’amore. Lo amavo e non ero mai stato così certo di qualcosa prima di conoscerlo.
Ero a conoscenza del fatto che ricambiasse i miei sentimenti ma sapevo anche che una relazione a distanza avrebbe portato presto sofferenza ad entrambi.
 
Le ragazze mi ascoltavano attentamente, dispiaciute. Non volevo che a loro dispiacesse di me, volevo solo che loro capissero perché ero disposto a dare il mio corpo ad una persona che presto, probabilmente, non avrei rivisto più in vita mia.
 
Finito il discorso sentii il telefono vibrare, era lui e mi aveva appena mandato un semplice messaggio
 
-11:30 pm, casa sull’albero, vieni solo, mi manchi. 
Gregory-
 
Era quasi l’ora di pranzo ma già desideravo ardentemente che fosse sera per poterlo rivedere anche se per l’ultima volta.
 
Usciti dal bar, salutai le ragazze con un abbraccio e mi incamminai nella piccola stradina boscosa che collegava il Bhytes a casa mia mentre con un paio di cuffiette riascoltavo la canzone che accompagnò il nostro primo bacio.
 
Arrivato nei pressi della casa mi avvicinai alla cassetta della posta per controllare se fosse arrivata qualche missiva.
Notai come un pacchetto riempiva quasi del tutto la piccola cassetta. Analizzandolo bene notai che il destinatario di tale pacco ero proprio io.
Entrai in casa, attraversai il lungo corridoio fino alla grande cucina, poggiai il pacchetto sul tavolo, aprii il frigorifero e misi il pranzo a scaldare nel microonde mentre curioso continuavo a fissare lo scatolo arrivatomi. Con un paio di forbici prese dal tiretto degli utensili da cucina tagliai lo scotch che sigillava il pacchetto riuscendo ad aprirlo abbastanza velocemente.
All’interno vi era un piccolo peluche di un orsetto con una lettera con un avviso.
 
“Apri solo dopo la mia partenza! -G”
 
Quindi decisi di riporre il tutto e di lasciare in sospeso alla mattina successiva la lettura della lettera pentendomi della mia lealtà nei suoi confronti.
Pranzai molto velocemente, mi lavai e mi misi alla macchina da scrivere a terminare il mio romanzo, non prima di aver nascosto il pacchetto sotto al letto per evitare che qualcuno potesse trovarlo.
Erano ormai due anni che ci lavoravo ed ero quasi giunto al termine della battitura finale.
Avevo deciso che, una volta terminata la ricopiatura su macchina da scrivere, avrei spedito il manoscritto a qualche casa editrice per provare a sfondare nel mondo della scrittura.
Passarono ore e molte sigarette vennero fumate. Il lucernario della mia stanza ormai mostrava un cielo scuro che iniziava a riempirsi di stelle e il rumore di una macchina che accosta nel vialetto mi fece capire che era già quasi ora di cena.
 
“Siamo a casa Derry!” Disse mamma aprendo la porta di casa.
“Derry forza vieni a salutare papà” Disse lui.
 
Scesi le scale fino ad arrivare al salone dove i miei genitori mi aspettavano. 
Odiavo quando mi trattavano come un bambino piccolo scordandosi effettivamente dei miei 20 anni quindi annoiato dissi loro
 
“Cosa sono tutte ste moine da famigliola americana. Ben tornati”
 
Mio padre, che come a suo solito deve avere l’ultima voce in capitolo su qualsiasi cosa disse
 
“Meglio comportarsi da famigliola americana piuttosto che trattarci da sconosciuti ti pare caro figlio?”
 
“Dai su ragazzi non litigate, non vi vedete da un po’ di tempo! Andiamo a tavola dai, Derek abbiamo portato la cena puoi iniziare ad apparecchiare mentre papà porta le valigie su in camera?” disse mamma provando a calmare la tensione che in pochi secondi si era già creata in casa
 
Cenammo molto velocemente quella sera e a tavola le uniche parole dette furono richieste di passaggi di cibo o bevande.
Mentre mamma sparecchiava e papà preparava la vasca da bagno, io finii di prepararmi per l’appuntamento con Gregory. Salutai prendendo le chiavi e uscii di casa salendo sulla mia bicicletta.
 
Arrivai davanti casa sua dopo pochi minuti e notai che la luce della casa sull’albero era accesa.
Entrai di soppiatto nel suo giardino e salii molto velocemente le scale che conducevano al nostro piccolo rifugio.
Lui mi aprì velocemente la porta e mi fece entrare, mi abbracciò e mi baciò.
 
“Mi sei mancato, troppo!” mi disse in maniera molto triste
“Anche tu mi sei mancato, ho ricevuto un pacchetto da parte tua oggi, grazie del peluche” risposi sorridendogli
“Dimmi che non hai letto il contenuto della lettera, ti prego” mi disse
“No, seppur la tentazione di farlo era tanta… la leggerò domani quando te ne andrai” gli dissi guardandolo negli occhi mentre, senza accorgermene, una lacrima scendeva di forza sul mio viso.
 
Era veramente arrivato il momento dell’addio e seppur questa storia fosse iniziata con la premessa di non sfociare nel sentimentale, oramai entrambi eravamo pazzi l’uno per l’altro.
 
“Mi mancherai orsetto, lo sai vero?” mi domando lui prendendomi la mano
“Mi mancherai anche tu… non sai nemmeno quanto” gli risposi accarezzandogli il barbuto viso.
“Promettimi una cosa, solo una” disse
Annuii,
“Promettimi che andrai avanti, che conoscerai altri ragazzi, che avrai una relazione e che sarai felice, ti prego” disse con voce molto triste, come se si stesse trattenendo dal piangere
“Va bene, te lo prometto ma solo se tu farai lo stesso” Risposi
Scosse la testa accennando un si.
Oramai le mie emozioni erano sul punto di scoppiare, non avevamo mai dichiarato i nostri sentimenti reciproci e sentivo fosse arrivato il momento ma presi qualche istante per pensare, non ne valeva realmente la pena, sarebbe partito in ogni caso e dirgli quello che provo avrebbe solamente scombussolato il tutto, finii così per fare la cosa più razionale in quel momento, mi avvicinai a gattoni verso di lui e lo strinsi forte a me.
 
“Grazie del tempo passato insieme” gli sussurrai nell’orecchio destro.
 
Lui mi prese la testa tra le mani, poggiò la sua fronte sulla mia, mi sorrise e mi baciò.
 
“Addio” dissi, guardandolo negli occhi.
Mi ero arreso all’idea ormai che non l’avrei più ne rivisto ne sentito, sarebbe stato troppo impegnato nella capitale a farsi nuovi amici e a lavorare per far si che il suo desiderio potesse realizzarsi per potermi mandare un messaggio o per potermi telefonare
 
“Addio Derek” mi disse.
 
Scesi dalla casa sull’albero, riattraversai il giardino uscendo sulla strada, presi la bicicletta e tornai a casa.
 
Durante il tragitto sulla strada ancora non del tutto asciutta non riuscivo a fermare le lacrime che avevano oramai inondato il mio viso ma la fredda brezza mi calmò momentaneamente.
Lasciai la bici all’interno del garage, rientrai in casa e corsi in camera mia.
Spogliatomi velocemente mi sdraiai sul letto, accesi la mia Winston blu e mi abbandonai totalmente al pianto.
 
Avevo perso il più grande amore della mia vita.
 
   
 
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