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Autore: _Cthylla_    13/05/2019    0 recensioni
[COMPLETA || Ambientata in Transformers: Armada. Purtroppo su questo sito manca il contesto giusto, quindi si fa quel che si può, se il Dio Esterno Yog Sothoth vuole!]
Come inizia la storia del Deviant Team nell'Universo Armada? Con la ricerca di una particolare vernice rosa nella base lunare sbagliata.
Tra il quasi furto di una certa Spada Stellare, tra follie e pollerie, pericolosissimi titani planetoidi e oscure divinità che si manifestano più o meno concretamente, riusciranno Mintaka, Deathstar, Stylequeen, Pkangu e Zoira a sopravvivere a tutto ancora una volta grazie al PDBDC?
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Megatron, Optimus Prime
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Deviant Team: Madness is Everywhere!'
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C’erano tante cose che Megatron trovava abbastanza fastidiose riguardanti gli esseri umani e, senza dubbio, quella che più gli dava noia era la dimensione ridotta delle infrastrutture che costruivano. Le volte in cui, per disgrazia, era obbligato ad avventurarsi in posti diversi da foreste, canyon, deserti e quant’altro, aveva sempre l’impressione di trovarsi nella versione estesa di una delle case di bambole della sua bab’ushka Valka.
Nell’idioma tipico del settore di Cybertron in cui era nato e cresciuto, una “bab’ushka” era quella che un terrestre avrebbe chiamato “nonna” -nel suo caso specifico la nonna paterna- ed era una figura da rispettare a prescindere. Se poi era una femme dal mestolo facile e tanto grossa quanto maledettamente svelta, lo diventava ancora di più.
 
Ricordava ancora quelle case di bambole e quanto le aveva sempre detestate fin dal profondo della propria Scintilla: la sola cosa buona della somiglianza tra esse e gli edifici terrestri, dunque, era la consapevolezza di poterli distruggere senza che nonna Valka lo prendesse a mestolate dopo averlo afferrato per le corna per impedirgli la fuga.
 
Edifici terrestri comunque molto più piccoli del casermone grigiastro dagli esterni poco illuminati cui si trovavano davanti, circondato da una rete che non sarebbe stata un problema per nessuno di loro.
 
«Quindi ora noi dovremmo entrare lì dentro?» domandò Cyclonus.
 
«Il Minicon si trova lì. Questo sembra un posto meno desolato del solito» osservò Demolisher.
 
«Però umani attorno non se ne vedono lo stesso. Forse questa “Polleria”» così recitava l’insegna letta da Starscream «E anche gli edifici circostanti vengono usati solo di giorno».
 
Non aveva tutti i torti, essendo quella una zona industriale nella quale non c’erano abitazioni private.
 
Ancora una volta avevano avuto una certa fortuna, o così pensò il seeker, che però sapeva fin troppo bene che non era una cosa saggia parlare a Megatron di “fortuna”: il rischio che tornasse ad aggiungere a quella verso il potere e verso la sconfitta di Optimus anche l’ossessione verso le due strane femmes che avevano quasi rubato la Spada Stellare era fin troppo alto.
 
La visione dei filmati di sorveglianza che avevano registrato tutte le peripezie di quelle due -e confermato che erano davvero in cerca della loro amica, per quanto fosse assurdo!- non lo aveva dissuaso, anzi, l’aveva solo persuaso maggiormente del fatto che quella pioggia di meteoriti non fosse stata una coincidenza.
Si era convinto che l’avessero causata loro o, più precisamente, che potesse averla causata la jetformer dalle ali rosse chiamata “Deathstar”, e si era anche convinto che un simile potere nelle sue mani gli avrebbe permesso di conquistare Cybertron e l’Universo in modo assai più rapido, ragion per cui c’era stato un lasso di tempo in cui si era fissato con l’idea di doverla -o doverle- ritrovare per forza.
 
Starscream, pur essendo convinto quasi quanto Megatron che Deathstar o entrambe avessero un potere strano, era di tutt’altro avviso: non vedeva come una cosa simile potesse essere controllabile da chicchessia, sarebbe stato come maneggiare dell’esplosivo senza seguire alcuna norma di sicurezza sperando che non esplodesse lo stesso, quindi secondo la sua opinione sarebbe stato meglio tenersene ben lontani.
Peccato che la sua opinione non contasse un accidenti, e che quindi tempo prima si fosse trovato anche in mezzo a un’incursione nella base degli Autorobot, quando Megatron aveva pensato che quelle due -o tre, se avevano trovato l’amica perduta- si nascondessero lì. Pensiero che poteva anche avere senso, perché in teoria il teletrasporto Terra/Cybertron non funzionava da un po’, ma che si era rivelato inesatto.
La brutta sconfitta che era seguita non lo aveva sorpreso più di tanto, purtroppo, mentre sentire Optimus Prime dire che “le donne in questione non erano più sulla Terra da un pezzo ed era meglio così lo aveva stupito molto di più.
 
«Andiamo lì dentro e basta» sbuffò Megatron, schiacciando di proposito la recinzione mentre entrava nel perimetro della polleria «Prima troviamo quel Minicon, prima potremo andarcene da qui… cosa? Che significa che “il Minicon si sta muovendo”?!» si stupì, sentendo Leader One avvertirlo.
 
«Può essere che si sia già risvegliato e stia cercando il modo di andarsene» osservò Thrust «Se non erro è già capitato in passato che un Minicon uscisse del tutto in autonomia dal proprio stato di ibernazione».
 
«Era uno dei Minicon dello Scudo Stellare» confermò Starscream.
 
«O è così o gli Auturobot sono già lì dentro e se lo stanno portando via!» esclamò Megatron «Muoviamoci!»
 
 
 
 
 
 
«’Star…»
 
«Dimmi, ‘Taka».
 
«Io qui di polli vivi non ne vedo».
 
Deathstar e Mintaka, munite di caschi con fari luminosi e la solita ignoranza di chi ignora, si stavano aggirando all’interno della polleria da circa dieci minuti, e in tutto quel tempo non avevano trovato un solo gallinaceo che avesse ancora la testa e le piume.
La sola cosa che avessero ottenuto col loro girovagare a vuoto era stata quello che Deathstar aveva definito “un cosino verde luminoso”, che Mintaka invece aveva raccolto e identificato come un Minicon ibernato.
Lo avevano trovato appena arrivate, perché il teletrasporto le aveva fatte finire nei sotterranei della polleria. Non erano riuscite a spiegarsi la loro grandezza ingiustificata, tale da restituire loro l’eco delle rispettive voci mentre parlavano, né il motivo per cui le pareti recassero simboli strani -nonché una strana scritta, “Y’ai ‘ng’ngah, Yog-Sothoth h’ee-l’geb e’ ai throdog uaaah”- né sapevano dire quali mostri fossero raffigurati da quelle statue dall’aria antica che avevano visto, ma a dir la verità non avevano neppure passato troppo tempo a chiederselo, preferendo uscire alla svelta da lì.
 
«Continuiamo a cercare, se siamo davvero in una polleria» una polleria gigantesca, la madre di tutte le pollerie, tanto era grande «Allora anche i polli vivi non possono essere tanto lontani» disse Deathstar «Piuttosto, del Minicon che abbiamo preso cosa ne facciamo? Io non ne ho mai avuto uno, non so come si usa».
 
«Non ne ho mai avuti neppure io ma, da quel che so, si connettono con te per potenziarti dopo aver analizzato la tua struttura» le spiegò Mintaka «In origine non avevano quest’uso, dicono che la loro razza abbia aiutato la nostra a costruire le città. Poi le cose sono cambiate. Comunque sia potremmo dare il Minicon a Pkangu… non prenderà bene trovare la cuccetta piena di polli!»
 
Ebbene sì: per quanto potesse essere folle, quella era la ragione per cui erano tornate sulla Terra.
Reduci dalla visione del film terrestre “Galline in fuga” e da una delle solite discussioni tra Deathstar e Pkangu, alle due deviate del Deviant Team era venuto in mente che portare qualche pollo nella base militare in disuso che avevano occupato fosse proprio una gran bella idea. Possedere un teletrasporto a lungo raggio funzionante aveva facilitato il gruppo sia per cose più serie, sia per idiozie come quella.
 
«Non si merita quel Minicon!» protestò Deathstar «Ha detto che faccio sempre casino!»
 
«Giocando con un videogame hai fritto uno dei computer su cui lavora» le ricordò l’altra.
 
Le jetformer fece spallucce. «Non ho fatto apposta, lo sai, mi sono pure scusata, che diavlo voleva ancora?!»
 
Mintaka fece per rispondere, ma la loro conversazione venne interrotta dal rumore di una cannonata laser che sfondò l’ingresso principale.
 
«Sparpagliatevi!» ordinò Megatron nel fare irruzione «Così da trovare più in fretta quel…»
 
Si interruppe.
Le cose erano due: o stava avendo le traveggole, o le femmes di cui era andato in cerca fino a poco tempo prima erano lì davanti a lui e stavano accecando, senza volerlo sembrava, Cyclonus coi loro caschi muniti di fari luminosi.
 
«… che cercavamo» proseguì «Ma guarda un po’chi si rivede. Restate ferme dove siete e datemi quel Minicon, noi tre dobbiamo fare una chiacchierata!»
 
«Eh, a proposito di Chiacchiera, alla fine la nostra amica l’abbiamo ritrovata poco dopo aver-»
 
«civuoleuccideRE-COOOOOOOOORRI!» strillò Mintaka, lasciando cadere il Minicon e trascinando via di peso Deathstar senza tanti complimenti.
 
«Preso!» esultò Thrust, scattato a prendere il Minicon con la velocità di un ghepardo «Ce la siamo cavata ancor prima di quanto pensassi, possiamo anche ritirarc-»
 
«Non state lì impalati, CATTURATE quelle due!» sbraitò Megatron.
 
«Sissignore!» esclamarono Cyclonus e Demolisher, senza particolare entusiasmo, lanciandosi all’inseguimento.
 
«Cosa?!» allibì lo stratega «Ma perché?! Abbiamo quello che volevamo!»
 
«Non finché non le prenderemo, poche lagne e datti da fare!» ribatté il leader dei Decepticon, iniziando a correre a sua volta «…perché quando dico di voler fare una chiacchierata pensano sempre ad altro?!» borbottò tra sé e sé «E le voglio illese! IDIOTA!» urlò a Thrust, che aveva iniziato a sparare alle due donne senza riuscire a colpirle nemmeno una volta.
 
«Aaah… come vuoi» disse lui, seccato «Però al di là del volerle vive non capisco perché le vuoi anche illese».
 
Demolisher perse l’equilibrio su un grosso nastro trasportatore, e dai suoi cannoni partì un raggio laser che colpì una trave metallica del soffitto, che si ruppe cadendo addosso a un Thrust che solo per miracolo riuscì a evitarla.
 
«MA COS-»
 
«Ecco perché» disse Starscream, mentre saltava la trave «Hai già dimenticato i meteoriti?»
 
«Quella è stata una coincidenza, solo una coincidenza, esattamente come questa della trave, va bene?!» ribatté Thrust «Non vorrai dirmi che sei così idiota da credere alla magia?!»
 
«Perché non vai a spiegare anche a Megatron che è un idiota, allora?» ribatté il seeker «Ma più che altro forse lo sei tu per aver dimenticato la testa fluttuante di Sideways, che abbiamo cacciato qualche tempo fa. Quello è plausibile e questo no?»
 
«Sideways è Sideways» replicò l’altro Decepticon nel diventare invisibile «Queste due sono solo delle deficienti che sbucano nei posti più assurdi!»
 
Starscream fece spallucce. «Se ti piace pensare così…»
 
Nel frattempo, Cyclonus aveva quasi raggiunto le ragazze. «Inutile che proviate a scappare, signorine, siamo in troppi… e Megatron vuole vedervi già da un po’!»
 
«’STAR! Ci è addosso!» strillò Mintaka.
 
«Esatto!» rise l’elicottero «Quindi meglio che-»
 
Non completò mai la frase: mise il piede su un muletto, scivolò e cadde all’indietro, proprio addosso al povero Demolisher che era poco dietro di lui, e l’impatto fu tanto forte da far addirittura perdere i sensi a entrambi.
 
«Ho lasciato loro il Minicon, se ci inseguono ancora è perché vogliono ammazzarci» disse Mintaka «Non c’è altra spiegazione».
 
«O vogliono quello che abbiamo in mezzo alle gambe, sono disposta a scommetterci venti crediti. Questi non vedono la valvola da un pezzo, ricordi?»
 
«Scommessa accettata».
 
Deathstar alzò lo sguardo. «Andiamo lassù!»  esclamò, indicando il piano superiore.
 
«Ma la rampa per andare su era prim… ok non serve» concluse, decidendo di usare Demolisher come appoggio per arrivare a destinazione «Ti aiuto a salire, sbrigati!» esclamò poi, tendendole le mani.
 
“Sono i momenti come questo quelli in cui rimpiango di non saper volare” pensò Deathstar, aggrappandosi a Mintaka. «Ci sono!»
 
La sua gamba destra venne stretta da una morsa.
 
«Non andrete da nessuna parte, invece» affermò Thrust, tornando visibile «Non so bene perché Megatron si sia fissato con voi ma stando così le cose» evitò i calci che la jetformer cercava di dargli con la gamba libera «Ne approfitterò per farvela pagare una volta che non vi vorrà più illese!»
 
“Ci vuole illese?” si stupì Mintaka, che nella fuga non aveva fatto caso a cos’aveva sbraitato Megatron in precedenza.
 
«Te l’ho detto già l’altra volta, Coso, ti auguro di morire malissimo, perché tu non mi piaci!» sbottò Deathstar, contorcendosi nella sua presa «Per niente!»
 
Il rumore metallico di qualcosa di grosso che si stava inesorabilmente piegando fece voltare tutti e tre verso sinistra, giusto in tempo per vedere una grossa cisterna -contenente chissà cosa- che a causa delle troppe vibrazioni del pavimento, dovute a corse, cadute e quant’altro, si era pericolosamente sbilanciata e stava precipitando nella loro direzione.
 
«Toh!» esclamò la jetformer, riuscendo a dare un calcio in testa a Thrust e a liberarsi per essere tirata su appena prima che la cisterna la raggiungesse.
 
Da Thrust, che invece venne colpito in pieno, giunse solo un urlo soffocato; poi la cisterna si schiantò a terra e si ruppe, rivelando di essere piena d’acqua e causando uno tsunami di proporzioni epiche all’interno della polleria.
 
Sempre se si trattava di una vera polleria e non una strana copertura di un luogo di culto di qualche genere o la futura dimora e magazzino di cibo di qualche creatura gigantesca e orripilante, perché in tal caso c’era da chiedersi cosa facessero lì un sotterraneo con idoli mostruosi e un affare di quelle dimensioni.
 
«Deathstar, stai bene?!» domandò Mintaka, aiutandola ad alzarsi.
 
«Io sì! Spero che invece il tizio con la testa a punta sia crepato» disse Deasthstar «Ora mi sa che facciamo meglio ad andarcene, prima che-»
 
A pochi passi da loro, Megatron saltò fuori dalla “piscina” che ormai era diventata il piano inferiore, totalmente allagato. «Pare che vi piaccia fare danni, eh?! Perlomeno stavolta non sono nella mia base! E non provate a fare una mossa» le avvertì, puntando il cannone contro di loro.
 
«Siamo partiti col piede sbagliato ma in realtà noi non volevamo fare casino, noi cercavamo solo Stylequeen, tutto il resto è stato un effetto collaterale, quindiiiii… potresti non spararci?» gli chiese Deathstar «Per questa volta?»
 
 «Non sarebbe mia intenzione spararvi ma se tenterete di fuggire potrei sempre cambiare idea».
 
«Che vuoi da noi? Il Minicon lo hai già» gli ricordò Mintaka «L’ho lasciato cadere».
 
«Ed è uno dei motivi per cui ho ordinato ai miei uomini di non colpirvi. Però il Minicon non mi basta. Non sono sicuro se siate entrambe o solo tu, femmina con le ali rosse, e intendo capirlo presto… ho dei piani per chi è in grado di fare questo» indicò l’acqua «E cose come quella dei meteoriti».
 
«Ma non siamo state noi, è stato il PDBDC, il Potere Della Botta Di Culo! E comunque mi chiamo Deathstar, non “femmina con le ali rosse”» disse la jetformer, un po’ più tranquilla di quanto sarebbe stato normale «Che faresti se ti chiamassi “maschio cornuto”?»
 
«Se non fossi single la prenderei male» rispose Megatron, di getto.
 
Mintaka annuì. «Mi pare lecito».
 
“Sembra che si siano calmate un po’. Forse riuscirò a farle venire con me senza faticare oltre” pensò mech. «Tornando a noi: voi due diventerete Decepticon e farete la vostra parte nella mia conquista dell’Universo».
 
«Ma noi non vogliamo diventare Decepticon, noi vogliamo solo dei polli vivi da mettere sulla cuccetta di un nostro amico» disse Deathstar «Siamo qui apposta».
 
Avevano attraversato lo spazio per dei polli.
Chissà perché, Megatron non stentava a crederlo.
 
«Non mi interessa dei vostri polli! E comunque gli organici di questo pianeta primitivo non possono sopravvivere altrove senza aiuto!»
 
«Ah no? La loro biologia non glielo permette? Peccato» sospirò Mintaka «Abbiamo fatto un viaggio a vuoto. Comunque grazie per l’offerta ma non siamo interessate a diventare Decepticon, noi un gruppo ce lo abbiamo già».
 
«Era l’illustrazione di quello che sarà il vostro futuro, non un’offerta».
 
Deathstar e Mintaka si guardarono.
 
«Dici che il momento di quiete prima del nuovo casino è finito e che quindi dovremmo cercare di scappare nel corridoio dietro di noi, ‘Star?»
 
«Penso di sì, ‘Taka. Non penso che sia molto contento di sapere che non vogliamo fare le Decepticon».
 
Era una situazione surreale anche per Megatron, che pure non era nuovo ad avere a che fare con stravaganze di vario tipo.
Una situazione surreale… che divenne ancor più strana quando, nei meandri del corridoio indicato da Mintaka, iniziarono a udirsi un rumore di passi metallici e l’eco di una voce femminile arrabbiatissima che diventava man mano sempre più chiara.
 
«Quelle due se ne vanno in giro, Zoira è in ricognizione, Pkangu deve occuparsi del teletrasporto e quindi chi è che deve andare a recuperarle?! IO! E chi altri?! Sono stata nella mia vasca di olio solo dieci minuti, ci rendiamo conto?! Avevo detto che non volevo essere disturbata per almeno due ore e invece no, sia mai che possa farmi un bagno in pace! E sono sbucata in un sotterraneo bruttissimo! E mi sono persa!»
 
Prima ancora che il leader dei Decepticon potesse chiedersi di chi si trattava, Deathstar e Mintaka corsero a nascondersi dietro di lui.
Quale che fosse la minaccia in avvicinamento doveva essere terribile, se aveva portato a rifugiarsi dietro di lui due femmine che volevano scappare fino a un attimo prima.
 
«Che sta succedendo?!»
 
«Stai per conoscere l’amica che cercavamo l’altra volta» disse Deathstar a Megatron.
 
«Ma quelle due mi sentiranno! LE PICCHIO!» continuò a sproloquiare Stylequeen, la cui figura iniziava a intravedersi nel buio.
 
«Se la cercavate siete piuttosto masochiste» commentò il mech «Al posto vostro l’avrei…»
 
Stava per dire “lasciata dov’era” ma quando Stylequeen, in tutto il suo rosa e la sua immane “gnoccaggine”, mise piede fuori dal corridoio, dovette mordersi la lingua per non completare la frase con un poco elegante quanto veritiero “scopata in ogni verso possibile e immaginabile”.
 
L’effetto dovuto all’apparizione della femme tuttavia finì molto presto.
 
«VOI DUE!»
 
Per la precisione appena lei aprì bocca nuovamente.
L’aura da rottura di scatole galattica, oltre a essere simile a quella di nonna Valka, era troppo potente per essere contrastata da qualsiasi altra cosa.
 
«Si può sapere perché siete tornate su questo buco di pianeta i cui abitanti non sono in grado di creare un rosa come si deve?! Eh?!» strillò Stylequeen «Che vi è saltato in testa, si può sapere?! Guardate che avete combinato!»
 
 
 
“MEGATRON! Guarda cos’hai combinato!”
“Io le odio quelle case delle bambole, va ben- IL MESTOLO NO! Ahi! AHIO! Bab’ushka!”
“Che ti è saltato in mente?! Disgraziato! Vergognati!”
 
 
 
“Ora lo so: mia nonna non è dispersa, è morta e si è reincarnata in questa femmina qui” pensò Megatron, con i flashback della propria infanzia a scorrergli ancora davanti agli occhi “Ma io sono un mech adulto adesso! Il ricordo di nonna Valka non ha più potere su di me!”
 
«Difendici!» esclamò Deathstar «Sei grande e forte e hai anche un cannone grosso e lungo… quanto?»
 
«Mi stai davvero chiedendo quanto è lungo il mio-»
 
«Quattro metri e quarantadue centimetri!» dichiarò Mintaka, dopo una breve misurazione «Più lungo della media».
 
Tutto quel che Megatron riusciva a pensare era un gigantesco “Ma COSA”- e non c’era da far altro se non capirlo.
Gli sembrava di trovarsi in un sogno molto strano, complici l’assenza di rumore attorno a tutti loro, il fatto che i suoi uomini fossero chissà dove -tre forse erano sott’acqua, ma Starscream che fine aveva fatto? Che fosse stato colpito anche lui?- e l’atteggiamento alquanto bizzarro di quelle due femmes.
Anzi, tre, perché anche quella rosa non si era minimamente scomposta nel trovarsi davanti a lui.
 
«Volete smetterla di fare le deficienti?! È megatron!» strillò Stylequeen «Il tizio che ha cercato di uccidervi l’altra volta, avete presente?!»
 
«Che le persone tentino di ucciderci quando ci incontrano la prima volta non è una novità, statisticamente succede nel 77,28% dei casi» replicò Mintaka «Solo che quando stavamo per cercare di fuggire da lui sei arrivata tu e abbiamo concluso che tu, da arrabbiata, sia peggio di lui!»
 
«Come come?! Io sono Megatron, leader dei Decepticon e futuro dominatore dell’Universo!» protestò il mech, afferrando entrambe le femmes per un braccio «Sono la sola e unica vera minaccia che possiate incontrare in questo stramaledetto posto e ho-»
 
«Una corazza dai colori orribili: cosa c’entrino insieme il grigio, il rosso, il verde e il viola lo sai solo tu, una cosa del genere non si può proprio guardare, te lo dico, non so come tu possa sentirti a posto ad andare in giro conciato così» sospirò Stylequeen «Quindi ascolta, lascia andare Deathstar e Mintaka, così prima di tornare a casa possiamo fissare un appuntamento per un recolor, non ti farò nemmeno pagare, è un atto di pietà».
 
Sì: ogni minimo briciolo di senso che potesse avere quella nottata era andato a farsi benedire, e lui si sentiva sempre più vicino al punto in cui avrebbe iniziato a sparare a tutto e tutto o avrebbe sfondato la parete per lasciare la polleria, lasciare il quartiere, la città, la nazione, il pianeta, la galassia…
 
Eppure, ancora una volta, cercò di mantenere i nervi saldi. «Non sono interessato ai recolor e sono eccezionalmente di buon umore per aver trovato chi volevo trovare, nonostante l’assurdità della serata, dunque ti suggerisco di toglierti di torno alla svelta. Le tue amiche invece restano con me. Hanno delle abilità che voglio, o comunque le ha una delle due».
 
«Vuoi questo?» Stylequeen indicò il disastro «Perché di questo si tratta!»
 
«Da scatenare contro i miei nemici? Certo» annuì Megatron.
 
«Non è controllabile, non lo è mai stato, guarda quel che ci è capitato stasera solo perché io e Mintaka siamo venute in cerca di polli» disse Deathstar, senza neppure provare a divincolarsi dalla presa del Decepticon «Non è che volessi questo, eppure come simili capitano lo stesso tutte le volte!»
 
Dopo qualche breve istante d’immobilità, Megatron lasciò andare Mintaka, spingendola verso Stylequeen. Aveva capito che non era necessaria. «Però sopravvivete. Diventa una Decepticon, vinciamo la guerra e avrai tutti gli onori che il signore dell’Universo intero potrà darti» disse, passando dallo stringere il braccio di Deathstar a stringere la sua mano «Anche il tuo cosiddetto “gruppo” sarà a posto, non verrà mai toccato. Cosa mi dici?»
 
Un’offerta del genere non era sorprendente come poteva sembrare: in passato aveva proposto a Hot Shot di unirsi ai Decepticon per “scoprire il suo vero potere” e aveva anche salvato da un incendio un Autorobot, tal Wheel Jack, in cambio di lealtà assoluta, ciò senza che nessuno dei due fosse in grado di fargli cadere addosso meteoriti e cisterne.
 
«Dalla mia risposta dipenderà anche l’uso che farai del cannone?»
 
Megatron le avrebbe fatto volentieri notare quanto quella domanda suonasse ambigua, tuttavia non ne ebbe il tempo materiale.
Si sentì il rumore di un’esplosione e, dopo ciò, le luci finora spente si accesero tutte alla massima potenza, i macchinari presenti -non più totalmente coperti dall’acqua, che finalmente aveva iniziato a defluire- iniziarono a fare un baccano infernale, e l’impianto audio dell’intero edificio cominciò a riprodurre una canzone.
 
“Ave Maria!
Jungfrau mild…”
 
 
Le luci dei fari lo stavano accecando quasi completamente.
Era il “quasi” tuttavia a fare la differenza, permettendo ai suoi sensori ottici di scorgere in modo piuttosto chiaro  qualcosa che gli fece comprendere che si era sbagliato a pensare che la nottata non potesse diventare ancor più assurda.
 
 
“Erhöre einer Jungfrau Flehen,
Aus diesem Felsen starr und wild…”
 
 
Il tempo, complice quella canzone -trovata da lui noiosa in quanto lenta, oltre che cantata in una lingua sconosciuta- sembrava quasi aver rallentato, creando una visione degna di un pazzo.
 
 
“Soll mein Gebet zu dir hin wehen, Zu dir hin wehen.
Wir schlafen sicher bis zum Morgen,
Ob Menschen noch so grausam sind”.
 
 
Perché solo nella visione di un pazzo si sarebbero potuti vedere dei cadaveri spennati e decapitati di volatili terrestri venire sputati in alto dai macchinari e precipitare addosso a tutti loro come una delicata pioggia primaverile.
 
“O Jungfrau, sieh der Jungfrau Sorgen,
O Mutter, hör ein bittend Kind!”
 
 
Megatron, unico e solo leader dei Decepticon, si chiese cos’accidenti stesse diventando la sua vita.
 
 
“Ave Maria!”
 
 
E, soprattutto, come si fosse potuti arrivare a ciò partendo dalla classica caccia a un nuovo Minicon.
Ah, ma che sciocco: aveva la risposta accanto a sé, la stava tenendo per mano.
 
«Cos… ma dov’è andata?! Si è liberata!» trasecolò, rendendosi conto di star stringendo solo aria.
 
Doveva aver perso la presa su di lei senza rendersene conto, cosa che le aveva permesso di sgattaiolare via assieme alle sue amiche, delle quali non riusciva a vedere nemmeno i contorni.
 
«Le incontrerò ancora. LA incontrerò ancora, e questa volta non andrà da nessuna parte, quant’è vero che il mio nome è Megatron!»
 
 
 
 
 
.:: Base degli Autorobot ::.
 
 
 
 
 
Jetfire scosse lentamente la testa.
 
Le immagini che stavano arrivando sui monitor grazie a Laserbeak, alias il gingillo che Red Alert aveva costruito ai ragazzini, riguardo l’attività dei Decepticon erano tali da non poter suscitare altra reazione.
 
Inizialmente, quando Laserbeak era entrato nell’edificio e aveva visto Megatron con quelle due femmes sconosciute, il secondo in comando si era preparato a dire a tutti quanti di intervenire; non solo perché era giusto così, ma anche perché tutto sommato erano carine e non sembravano pazze isteriche come la femme rosa che aveva conosciuto l’ultima volta.
 
Femme che era arrivata poco dopo e che aveva metaforicamente fatto incollare al pavimento i piedi di Jetfire: la voglia di avvertire chicchessia gli era passata completamente, e comunque non gli era più sembrato che le altre due avessero chissà quale bisogno di aiuto per scappare da Megatron, dal momento che si erano rifugiate dietro di lui all’arrivo di Stylequeen.
Non che si sentisse di dar loro torto, lui stesso tra l’affrontare un Megatron arrabbiato e quella femme tutta rosa -e altrettanto arrabbiata- avrebbe scelto Megatron senza alcuna esitazione, già solo perché tirargli un pugno in faccia non avrebbe generato dubbi tipo “È più sessista colpirlo o non colpirlo?”.
 
E ora c’erano i polli morti.
La pioggia di polli a suon di musica.
 
“Cosa sto vedendo?” pensò.
 
«Jetfire?»
 
Fece caso a malapena del fatto che Optimus Prime, appena entrato nella stanza, lo stesse chiamando.
 
“Cosa sto vedendo ma, soprattutto, perché?”
 
«Jetfire? Non mi hai sen…»
 
Anche Optimus iniziò a guardare i monitor.
Silenzio tombale.
 
«Deduco» disse dopo un po’ «Che le tre civili possano essere tornate sulla Terra».
 
«Prima di questo stavano parlando con Megatron abbastanza tranquillamente, Optimus» confermò Jetfire, ancora ipnotizzato a guardare lo schermo «Non credo abbiano bisogno del nostro aiuto».
 
«Le cose stanno così? Capisco» concluse il leader degli Autorobot.
 
Pochi secondi dopo l’immagine proiettata sul monitor tornò buia, però poterono vedere bene che Megatron era da solo.
 
Jetfire spense tutto. «Facciamo conto di non aver visto niente, per stavolta. Ti prego».
 
«Di certo non vedo civili da aiutare» rispose Optimus, con semplicità «Nulla che richieda il nostro intervento, essendo già tutto distrutto non possiamo fare nulla nemmeno su quel fronte».
 
E anche stavolta, con buona pace dei sonni tranquilli di Optimus, l’etica era salva.
 
 
 
 
 
.: La polleria :.
 
 
 
 
 
«Perché ci stai aiutando a fuggire? Tu sei un Decepticon» disse Mintaka, dopo che Starscream ebbe divelto la porta di un’uscita secondaria.
 
Approfittando della scena assurda dei polli, il Decepticon aveva preso tutte e tre le ragazze -erano di stazza un po’ ridotta rispetto alla sua- e le aveva portate via, all’uscita che aveva cercato e trovato durante tutto il macello che c’era stato e da cui si era intelligentemente tenuto fuori.
 
«Perché è sveglio e cavalleresco, tutti i mech con i colori abbinati bene di solito lo sono» sorrise Stylequeen, ammiccante.
 
«Vi sto facendo fuggire perché se qualcosa andasse storto quella… cosa… che fate potrebbe ritorcersi contro tutto il nostro esercito, cosa a cui non tengo. Sto aiutando più la mia fazione che voi» disse il seeker «Per questo mi sono nascosto e, quando mi è venuta l’idea, ho fatto saltare il quadro elettrico. Evitate di tornare sulla Terra, non è detto che riusciate a fuggire un’altra volta… e sarà bene che mi sbrighi anche io a farmi trovare “privo di sensi” sotto qualcosa, altrimenti dovrò vedermela con Megatron».
 
«Ma vieni con noi, no?» lo invitò Mintaka «Almeno non dovrai vedertela con nessuno in ogni caso!»
 
«Io ho prestato giuramento di fedeltà a Megatron» ribatté Starscream «E comunque siete un po’troppo assurde per i miei gusti. Muovetevi».
 
Tutte e tre, dopo averlo ringraziato, non se lo fecero ripetere due volte e corsero via.
 
«Pkangu, le ho trovate» disse Stylequeen nel comm-link «Teletrasportaci via, ti dico i dettagli appena torniamo».
 
In che casino si sono messe stavolta?– sospirò il mech.
 
«Volevamo dei volatili vivi da metterti nella cuccetta!» strillò Deathstar.
 
Ti lascio lì.
 
«Se Megatron non si fosse messo in testa di volerla, presumo nella speranza di distruggere gli Autorobot a suon di meteoriti e satelliti che cadono, appoggerei l’idea» disse Stylequeen «Vai, Pkangu».
 
Speriamo di non dover abbandonare questa base troppo presto per colpa dei Decepticon. Una cosa però è sicura: voi tre, sulla Terra, mai più!
 
«Mi sa che non conviene, no» sospirò Mintaka, prima di essere teletrasportata via.

 

 


 

 Note finali

- il nome "Yog Sothoth" e il culto bizzarro di cui si accenna dovrebbero risultare familiari a chi ha presenti le opere di Lovecraft :)
- questo capitolo probabilmente non sarebbe mai nato, se non avessi beccato questo video  ... dal quale è tratto anche il titolo!

Nient'altro da dire se non un ringraziamento per chi ha letto :)
   
 
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