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Autore: Enedhil    13/05/2019    3 recensioni
Era lì, la decisione giusta, tra i capelli lunghi e ingarbugliati che stava stringendo tra le dita.
Era lì, sotto a quei vestiti larghi e consumati che stava tirando con così tanta forza, sulla sua schiena, da lacerarne le cuciture.
Era lì, dove doveva essere. Dove era sempre stata.
Quello era Thor. In qualsiasi universo, in qualsiasi dimensione.
E lui sarebbe stato ovunque il suo Loki.
Grazie alla Gemma dello Spazio, Loki raggiunge Thor in una diversa realtà.
[Post Endgame]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Guardiani della Galassia, Loki, Peter Quill/Star-Lord, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Note: Credo di essere una delle tante che, dopo aver visto Endgame, ha sentito il bisogno spasmodico di far incontrare di nuovo Thor e Loki, perché sì. Perché Thor, pur nella sua depressione e instabilità emotiva ha combattuto, ha vinto con gli altri, ma non ha riavuto indietro nessuno. Quindi questa fanfic è solo un modo per farli tornare insieme, anche se le cose sono molto diverse rispetto a quello che tutti speravamo per loro. 
Due cose veloci:
- Sarà a capitoli, ipotizzo tre o quattro, ma chi può dirlo ^o^’
- Può essere considerata come seguito della mia serie “More Than…” visto che mi baso su quel mio “canon” di loro due per il modo in cui si sono avvicinati prima dell’attacco di Thanos. Non è necessario leggere quelle tre storie per capire questa, ci sono però alcuni riferimenti.
- Ci saranno anche i Guardiani, visto che Thor è sulla Benatar con loro, e mi servivano dei punti di vista esterni. E io adoro i Guardiani, adoro Quill, adoro Rocket, li adoro tutti, e mi sto divertendo a farli interagire ^O^
- È tutto un grande “just for fun” :P quindi senza troppe pretese, se non quella di far stare bene Thor e Loki perché se lo meritano, ecco.

Buona lettura ^_^


FROM ANOTHER TIME AND PLACE


~

You and I, mirrors of light
Twin flames of fire
Lit in another time and place.
[Two Steps From Hell – Star Sky]

CAPITOLO 1

BENATAR – DA QUALCHE PARTE NELLO SPAZIO – 2024

Ci era riuscito? Per quanto poteva scorgere da quel punto, l'ambiente che lo circondava sembrava del tutto simile a quello che le Acque della Vista gli avevano mostrato in quella lunga e confusa visione.
Si trovava di sicuro su un'astronave di modeste dimensioni che poteva contenere un numero limitato di passeggeri. Dal piano superiore arrivava una leggera musica, insieme alle voci di qualcuno che ripeteva a memoria le parole della canzone.
Ma era nel posto giusto? Loki guardò la pietra incastonata sul bracciale che portava al polso sinistro e l'intensa luce bluastra si affievolì come a dargli una conferma. Riabbassò la manica sopra alla Gemma dell'Infinito e la nascose con un incantesimo agli occhi di chiunque avrebbe potuto incontrare, poi avanzò di qualche passo, prestando attenzione a ogni minimo rumore.
I motori producevano un ronzio metallico e costante, oltre a quello, però, riusciva a sentire qualcosa simile al brontolio di un animale o al russare pesante di un uomo. Non era solo, questo era chiaro, ma l'altro presente, che fosse bestia o uomo, sembrava non essersi accorto di lui.
Girò oltre il tavolo e infine vide una sagoma seduta malamente sul pavimento, in una posizione scomoda e precaria, con la schiena incurvata e la testa scivolata in avanti, in parte reclinata contro la parete. Un braccio mollemente adagiato sulla pancia rotonda, che si alzava e abbassava regolarmente, e l'altro disteso all'esterno, la mano ancora chiusa su una bottiglia.
Loki avvertì le proprie labbra tendersi in un sorriso incontrollabile e gli occhi pungere di quelle lacrime che aveva versato per troppo tempo, in silenzio e di nascosto da tutti, e che si era vietato di lasciar scorrere ancora.
Ma lui era lì. Sotto a quei lunghi capelli cresciuti senza controllo, alla barba non curata, all'aspetto trasandato e in quegli informi abiti midgardiani. Lui era lì.

Si piegò sul ginocchio per prendere la bottiglia dalle sue dita e bevve un sorso di quella che risultò essere birra. «Terribile,» commentò tra sé con una verso disgustato. «Oh, fratello, i tuoi gusti non sono affatto migliori in questa realtà.»
All'improvviso Thor si scosse, riemergendo dal sonno e allungando entrambe le braccia come se dovesse aggrapparsi a qualcosa per non cadere. Con la mano colpì malamente quella del Dio dell'Inganno e la bottiglia cadde a terra e rotolò via.
Per un breve momento si guardarono, immobili, i respiri veloci, e Loki vide l'espressione disorientata sul volto del fratello mutare all'inizio in sorpresa, gli occhi spalancati, diversi l'uno dall'altro. Scorse l'emozione bagnare quello azzurro che poteva riconoscere, ma poi il viso di Thor si tese in una smorfia sofferente e infine le sue mani si agitarono, fendendo l'aria, nel tentativo di allontanarlo da sé.

«Va' via! Stupido... brutto sogno,» bofonchiò il figlio di Odino, tirandosi a sedere, solo per accasciarsi di nuovo contro la parete e riabbassare le palpebre. «Ne ho abbastanza! Sono stanco di vederti. Sei fastidioso... e patetico. Smettila di tornare!»

Loki corrucciò la fronte, restando accosciato in quel punto. «Ti ringrazio tanto, fratello. Mi sei mancato anche tu.»

«Patetico. Sei patetico... io sono... patetico.»

«D'accordo, non sei in te.» Si rialzò per poi afferrarlo per le braccia e trascinarlo in piedi. Non gli fu difficile, ma avvertì il peso eccessivo del suo corpo, così diverso da quello che ricordava, e per un attimo sentì le mani del fratello stringergli gli avambracci per sostenersi e mantenere l'equilibrio. Lo guardò ancora negli occhi, ma quello sguardo sembrò alterare di nuovo l'altro, il quale lo discostò brutalmente, indietreggiando. «Thor...»

«Sta' zitto! Tu non sei lui!» La voce impastata dall'alcol e da un dolore che il Dio dell'Inganno non riusciva ancora a comprendere. «Tu non sei Loki. Loki è morto, come tutti gli altri. Nessuno di loro è tornato! Nessuno!» Si girò su stesso, gli diede le spalle, ma poi di scatto tornò davanti a lui e alzò una mano sulla sua guancia. Loki percepì la stoffa ruvida del guanto e la lieve carezza dei polpastrelli che gli sfioravano la tempia. E quegli occhi diversi lo fissavano, uno pieno di vita, di liquido dolore, di rammarico, e l'altro freddo e distante, così sbagliato, così non suo.

«Abbiamo vinto... ma io ho fallito,» continuò a mormorare Thor come se quella vicinanza, in qualche modo, gli avesse fatto ritrovare una sorta di ragione. «Ho perso te, ho perso tutti loro. La vendetta... non è stata altro che un'ombra. Ogni notte, loro morivano ai miei piedi. Ogni notte, Heimdall veniva ucciso davanti a me. Ogni notte, tu...» si fermò, le sue labbra si mossero ma ne uscì solo il vuoto, accompagnato da una lacrima che andò a perdersi nella folta barba. «Il tuo corpo gettato a un passo da me... e io non potevo far altro che guardare. Ma...» Un accenno di sorriso tremante e la mano si spostò dietro la nuca di Loki, in quel gesto così tanto loro da strappare un sospiro anche al Dio dell'Inganno. «Ogni notte, io ti salvavo. Salvavo il nostro popolo e lo portavo al sicuro sulla Terra.»

«Era solo un sogno?»

«Già, era... solo un sogno.» Thor tirò su col naso e scosse la testa, abbassando mestamente lo sguardo mentre faceva un passo indietro. «Ora vattene. Non sei davvero qui. Sei solo un'allucinazione o un altro incubo. Io sto dormendo e... tra poco mi sveglierò e starò bene.»

Ancora la maschera di un sorriso e Loki sentì il cuore infrangersi sotto al peso di quella sofferenza e della disperazione. Come poteva essere arrivato a quello? Come poteva essersi perduta così tanto la sua anima? Come era divenuta così fragile? Era il Dio del Tuono quello che aveva davanti, ma non era suo fratello. Non era il suo Thor.
Lo aveva immaginato. Lo aveva previsto, da quando la Norna gli aveva parlato durante la visione, rivelandogli frammenti di un tempo che lui non aveva vissuto. Eppure il bisogno di ritrovarlo e di averlo di nuovo al proprio fianco aveva prevalso su ogni ragione.
Aveva attraversato l'universo e si era gettato in un'altra dimensione senza pensare alle conseguenze.
E ora lo aveva davanti. Uno spirito piegato, distrutto e torturato dal dolore tanto quanto lo era il suo. Così diversi, eppure così simili in quello che avevano dovuto affrontare e sopportare.
Ma se lui aveva avuto la rabbia a cui aggrapparsi, quel bisogno di rivalsa che lo aveva sempre mosso fin da quando si era sentito in competizione col fratello per un trono che, in fin dei conti, nessuno dei due aveva mai davvero voluto, quel Thor si era lasciato andare al rimorso, allo sconforto, alla solitudine.
Loki strinse i pugni quando l'altro si passò le dita sugli occhi, ciondolando forse alla ricerca di qualcos'altro da bere.
«Sono qui,» mormorò più dolcemente di quanto avrebbe voluto. «Sono qui, fratello. Non è un sogno.»

«Non dirlo! Dannato fantasma! Non dirlo! Non sei lui! Non sei...»

Loki lo vide allungare un braccio in quel gesto che gli era più che famigliare e colse con la coda dell'occhio un movimento. Un'arma simile a un'ascia attraversò lo spazio e arrivò tra le dita del Dio del Tuono, a differenza del martello che lui, invece, si sarebbe aspettato.
Di scatto, allora, alzò la mano e la spinse sulla fronte di Thor. Con l'altra gli tenne la testa mentre l'incantesimo faceva scivolare i ricordi della sua vita nella mente dell'altro.
Non era sicuro di quanto mostrargli, quanto in profondità, quanto, del loro legame, far tornare in superficie, perché quel Thor poteva non essersi mai avvicinato a lui, in quella realtà. Il loro rapporto poteva non essere mai diventato intimo, l'attrazione, il bisogno fisico, il sentimento che li legava... tutto ciò che erano stati e che lui conosceva, in quella dimensione poteva essere diverso.
Eppure, la luce nello sguardo del fratello e il modo in cui l'aveva toccato gli avevano fatto provare qualcosa.
A ogni modo, oramai, era troppo tardi. Perché Thor si stava prendendo tutto quanto, stava bevendo da lui ogni goccia di quelle memorie intrise di battaglie, di scontri, di riappacificazioni, di incomprensioni, di complicità, di segreti, di passione, di amore, di perdita, di dolore, di speranza.
Fece fatica ad allontanare il palmo, ma quando lo fece, il Dio del Tuono barcollò all'indietro e perse la presa sull'arma che ricadde a terra con un clangore metallico che rimbombò nel silenzio.

«Mi dispiace,» mormorò subito Loki, cercando di aiutarlo. Thor però scosse la testa, mantenendo la distanza da lui con un braccio teso, prima di stringersi le tempie come se stesse provando dolore. «Mi dispiace davvero. Non sapevo in che altro modo farlo. Non sono tuo fratello... non... non sono il Loki che conoscevi in questa dimensione. Ma sono sempre io. Sono Loki, nato su Jotunheim, cresciuto da Odino come tuo fratello. Tua madre... nostra madre, Frigga, mi ha avvicinato alle arti magiche e questo potere mi ha aiutato a governarne uno ancora più grande.» Riprese fiato, continuando a guardarlo in attesa di una sua reazione. Lo sguardo che ricevette, ricolmo di emozioni contrastanti, tuttavia, lo spinse a proseguire. «Non sono stato abbastanza forte da accettarlo. Non sono... non sono abbastanza forte da allontanare il pensiero di te. Quando ti ho perso, il mio mondo... il nostro mondo è andato in cenere. Ho salvato il nostro popolo, come mi hai chiesto, ma non potevo restare su un trono. Non l'ho mai voluto quel trono! Volevo solo...»
Non fece in tempo a concludere la frase. Non fece nemmeno in tempo a respirare, che si ritrovò stretto tra le braccia del Dio del Tuono. Una presa potente, eccessiva, dolorosa, che sapeva di possesso, di bisogno, di assenza da colmare, di diritto da rivendicare.
Ricordava così bene quell'abbraccio, la forza con cui veniva stretto, il calore della pelle di Thor, il profumo dei capelli biondi, il corpo solido che si scontrava col suo, che accendeva all'istante ogni suo senso.
Era così diverso, eppure così simile. Sarebbe rimasto in quell'abbraccio, al di là del tempo e di ogni realtà, nell'illusione che niente fosse accaduto e che quei frammenti di felicità, che dopo un millennio aveva ottenuto, fossero ancora suoi.
Sentì il volto del fratello spostarsi contro al proprio, le fronti entrare in contatto, le sue palpebre erano abbassate, ma appena sfiorò il lato destro del suo viso col dorso delle dita, Thor lo guardò di nuovo.
«Cos'è successo al tuo occhio?» gli bisbigliò, sorridendogli quando l'altro scosse la testa. «Dimmelo.»

«Hela... la Dea della Morte, la mia sorellastra,» iniziò Thor, senza allontanarsi da lui e rendendogli così ancor più difficile concentrarsi sul suo racconto. «Abbiamo combattuto contro il suo esercito quando è venuta su Asgard per impossessarsene, dopo che Padre ci ha lasciato per riunirsi a nostra Madre nel Valhalla. Tu lo avevi bandito sulla Terra e ti eri finto lui, mentre io cercavo di rimettere pace nei Nove Regni... è una lunga storia. Non mi ha tolto un occhio nella tua realtà?»

Loki si lasciò sfuggire un sospiro e reclinò per qualche secondo la testa sulla sua spalla. Quel momento devastante era impresso a fuoco nella sua mente e nemmeno quella vicinanza riusciva a renderlo più sopportabile. «No. Ti ha tolto la vita.» Accennò un sorriso tirato per non rivelare il vuoto che ancora sentiva dentro di sé. «La stavi tenendo lontana mentre io e Heimdall aprivamo il Bifrost per far fuggire il nostro popolo. Ma era... troppo tardi... lui mi ha trascinato nel portale, e tu invece...» si fermò di colpo, il cuore gli martellava nel petto e nella gola, togliendogli il fiato. E lo sguardo di Thor lo trafisse con tutta la consapevolezza che lui non voleva davvero vedere. «Cosa sto facendo?» Si divincolò dalla presa e fece qualche passo indietro, le mani sui fianchi e gli occhi rialzati al basso soffitto.

«Loki...»

«È tutto sbagliato! Come potevo pensare di rimettere le cose a posto? Tu non sei lui... e io non sono chi vorresti che io fossi. Siano praticamente due sconosciuti.»

«No, no va bene.» Thor fece un passo verso di lui, le mani alzate come se con quel gesto volesse tranquillizzarlo in qualche modo, dimostrandosi innocuo. «Dobbiamo solo comunicare apertamente, capirci... e... e lo so che parlare non è il nostro forte, non lo facevamo mai prima, ma... possiamo, da adesso. Tu sei tu, e io sono io. Ma se parlassimo...»

«Noi parliamo apertamente. Lo facciamo sempre.»

«Davvero? Questo è strano. Da quando?»

«Da quando sei venuto a cercarmi su Sakaar. Lì abbiamo parlato... tra le altre cose.»

«Oh... giusto. L'ho visto, prima, quando mi hai...» Il Dio del Tuono si indicò la fronte, roteando il dito, prima di stringersela però tra le mani. «Ma è tutto così confuso!»

Loki chiuse un istante gli occhi. «Sono terribilmente dispiaciuto. Non avrei dovuto importi quella conoscenza. Non avrei dovuto... sono stato egoista e sconsiderato. Ti chiedo scusa.»

«Va bene, va bene. Devo solo... cosa fai?»

Il Dio dell'Inganno scosse solo la testa, mentre si rialzava la manica per liberare il bracciale. Doveva andarsene. Tornare nella propria realtà e dimenticare una volta per tutte l'assurda follia che era stato il suo pensiero costante per quei lunghi anni. Ci aveva provato e non era andata. Non poteva andare. Non poteva essere la cosa giusta.

«Loki? Che stai facendo? Cos'è...? Che cosa...?»

La voce di Thor sembrava distante, perché già iniziava a percepire il potere della Gemma dello Spazio nella mente. Da una parte, il suo corpo si stava preparando a quel salto cosmico per tornare nella dimensione a cui apparteneva, ma dall'altra... dall'altra c'era il viscerale e spasmodico bisogno di sentirsi ancora stringere. E quella voce che comunque sentiva. Il modo in cui Thor pronunciava il suo nome.

«Ti prego, Loki... non farlo! Qualunque cosa sia... non...»

«Non è giusto. Non posso farti questo. Non posso...» Gli sarebbe bastato sfiorare la pietra per essere trasportato altrove e mettere fine a quella pazzia. Eppure non era più abbastanza forte per fare la cosa giusta. E Thor... il suo Thor, forse avrebbe riso di lui, almeno per un po'. Il potente Dio delle Illusioni non era diventato altro che il riflesso di se stesso, svuotato, spezzato, incapace di prendere una decisione che non fosse dettata dal mero desiderio di riavere ciò che gli era stato tolto.

«Fratello...»

Si arrese. Le dita ancora tremanti, a una minima distanza dalla gemma che stava già irradiando una tenue luce blu. Quella che non era soltanto una parola, bensì qualcosa che, per loro, andava oltre il suo stesso significato.
Si arrese e rialzò gli occhi lucidi sull'uomo a un passo da sé, rimasto a fissarlo con le braccia aperte, come se si stesse apprestando ad afferrarlo per impedirgli qualsiasi cosa... o per andare con lui.
Gli avrebbe chiesto di nuovo perdono, per avergli stravolto quella vita, per avergli fatto credere in una verità diversa da quella che si meritava, ma tutto ciò che fece fu socchiudere le labbra contro quelle che si posarono violentemente sulle sue.
La mano di Thor si posò alla base della sua nuca, l'altro braccio gli circondò la vita e Loki si aggrappò al corpo davanti a sé, dimenticando qualsiasi freno che lo aveva fatto tentennare su quale fosse la decisione da prendere.
Era lì, la decisione giusta, tra i capelli lunghi e ingarbugliati che stava stringendo tra le dita.
Era lì, sotto a quei vestiti larghi e consumati che stava tirando con così tanta forza, sulla sua schiena, da lacerarne le cuciture.
Era nella bocca calda che stava violando, nel sapore di birra scadente sulla sua lingua e in quello delle lacrime che percepiva sulla sua guancia, quando Thor riprendeva fiato, graffiandogli la pelle con la barba e coi denti.
Era lì, dove doveva essere. Dove era sempre stata.
In un bacio che gridava bisogno e peccato. In un desiderio immorale e lascivo. Nella fiducia e nel sentimento che niente e nessuno avrebbe mai dissolto. Non il tempo. Non lo spazio.
Quello era Thor. In qualsiasi universo, in qualsiasi dimensione.
E lui sarebbe stato ovunque il suo Loki.

*

Drax rialzò la testa, guardandosi attorno incuriosito, mentre le note della nuova canzone risuonavano nella cabina.

«Veniva da sotto,» commentò Nebula, serafica, senza allontanare lo sguardo dalla guida.

Peter strinse gli occhi, restando in ascolto ancora qualche secondo, prima di aggiungere: «Non è stato niente.»

«Ah sì?» chiese però Rocket con un'occhiata scettica nella sua direzione. «E se è caduto a terra stecchito e inizia a puzzare come lo trasciniamo di sopra?»

Il solo immaginare di dover trascinare l'asgardiano su per le minuscole scale bastò per far cambiare idea all'uomo. «Ok, ok! Andiamo a vedere.» Si slacciò le cinghie di sicurezza e si mise in piedi, stiracchiandosi.

Mantis si voltò nella sua direzione, mormorando: «Non prendetevela con lui se ha fatto qualche danno. È ancora sconvolto per le sue perdite e arrabbiato con se stesso. Si sente solo e triste.»

«Ehi, lo so. Non sono senza cuore a tal punto. Gli stiamo dando il tempo che gli serve, no? Gli ho anche lasciato scegliere due destinazioni nelle ultime settimane.»

«Io sono Groot?»

Rocket balzò nel corridoio a propria volta, facendo un cenno all'amico. «Sì sì, se è morto puoi prenderti la console col gioco nuovo che nasconde nella borsa.»

Con un lamento fin troppo evidente, Star Lord si avviò al passaggio che portava al piano di sotto, soffermandosi però ad alzare un po' di più il volume della musica, per evitare che si sentissero altre fastidiose interruzioni sonore nel prossimo futuro. Era quasi un anno che viaggiavano con quel Dio del Tuono a bordo. I primi tempi erano stati i più duri, tuttavia negli ultimi mesi la situazione sembrava essere migliorata, se non consideravano alcune spiacevoli ricadute che, a volte, avevano portato ancora Thor a isolarsi da tutti. Non era poi così male, in fondo. Continuavano a scontrarsi, continuavano a litigare per il comando, ma in fin dei conti era una competizione divertente. A volte, solo a volte, si era anche sentito sollevato di averlo nel gruppo. Non si apriva mai troppo, probabilmente era un modo di essere asgardiano, ma quando succedeva, quando parlavano, gli sembrava di avere davvero qualcuno accanto che capiva cosa significasse perdere troppo presto una persona amata, quando ancora quel rapporto stava nascendo ed era pronto per diventare qualcosa.
Sì, forse un po' gli sarebbe dispiaciuto se lo avessero trovato morto sul pavimento.
Percorse goffamente gli scalini, e appena si voltò rimase a bocca aperta nel constatare come altre bocche erano invece impegnate.
«Woooh! Woooh! Amico...» allungò d'impulso la mano per coprire gli occhi a Rocket che lo aveva appena affiancato, ma questo gliela scansò malamente, lanciandogli un'occhiataccia basita. «Chi diavolo è quello? Chi sei? Come sei entrato nella mia nave?»

Estrasse subito una delle armi, puntandola verso lo sconosciuto, mentre i due si allontanavano l'uno dall'altro, non tanto imbarazzati quanto quella situazione avrebbe dovuto farli sentire.

«No, non serve,» intervenne subito Thor, col sorriso più vero e solare che gli aveva mai visto fare da quando lo aveva conosciuto. «Lui... lui è Loki.»

Peter aggrottò le sopracciglia, chiedendosi se quel nome avesse dovuto ricordargli qualcosa. Fu Rocket, però, a parlare, con un tono palesemente sorpreso.

«È il fratello.»

«Fra... fratello?» Sbarrò gli occhi, indicando con l'arma i due davanti a loro per fargli intendere che quello a cui avevano assistito era tutt'altro che affetto fraterno.

«Adottato,» risposero quasi all'unisono i due asgardiani, accennando poi un sorriso.

«Pensavo fosse morto,» proseguì comunque il procione, avvicinandosi di qualche passo al nuovo arrivato per scrutarlo meglio. «Ma è lui, sono sicuro. L'ho visto nella cella quando siamo andati a prendere la Gemma della Realtà a casa loro.»

«Non mi sembra molto morto.»

Loki allora fece un passo avanti, le mani alzate sui lati in segno di resa. «Posso spiegare. Io vengo da una diversa dimensione dello spazio. Da circa dodici anni possiedo questa...» Guardò verso il polso e dal nulla comparve su di esso un bracciale con una gemma dai riflessi blu. «L'ho studiata, l'ho compresa, e l'ho usata per ritrovare... mio fratello, dopo che nella mia realtà lui si è sacrificato per salvare il nostro popolo dal Ragnarok, che ha portato la distruzione del nostro regno.»

Erano già troppe informazioni insieme per poterci cavare fuori qualcosa di concreto e sensato, così Peter annuì distrattamente, puntando di nuovo l'arma nella sua direzione.
«Sì, è tutto molto romantico, ma qualcuno mi spiega come fa ad avere una Gemma dell'Infinito? Non ce ne siamo sbarazzati quando Captain America le ha riportate nel passato, esattamente da dove le avevate prese?»

Per un momento calò il silenzio. Rocket mosse la testa da un lato all'altro, pensieroso, poi all'improvviso si passò la mano sul muso. «Porco cacchio!»

«Cosa, porco cacchio? Cosa significa?»

Rocket alzò le zampe e le lasciò ricadere sui fianchi. «Beeeeh, c'era stato un piccolo inconveniente nel 2012, dopo la tentata invasione che il caro fratellino qui ha causato col suo scettro. Così Stark e Rogers sono andati nel 1970 a prendere un altro Tesseract. Ce ne serviva uno, non doveva essere per forza quello.»

«Piccolo inconveniente?»

«Non me ne hanno parlato, che cosa...» Thor stesso guardò gli altri presenti con un'apprensione nuova nella voce, che aveva cancellato la felicità di poco prima.

«È successo qualcosa mentre mi stavate portando via,» intervenne allora Loki. «La valigetta è caduta, si è aperta, il Tesseract è scivolato vicino a me... e io l'ho preso. Sono fuggito.» Guardò il fratello con un'espressione innocente. «Ho dovuto. Volevi riportarmi ad Asgard, lasciare che Padre mi giudicasse colpevole e mi facesse finire nelle prigioni per il resto dei miei giorni.»

Il Dio del Tuono sostenne quello sguardo, chiaramente confuso. «È così che è andata. Ma ti ho fatto fuggire, ti sei battuto insieme a me contro gli Elfi Oscuri di Malekith, mi hai aiutato a liberare Jane dall'Aether e sei morto... beh, non proprio morto, hai fatto finta.»

«Non mi hai mai riportato ad Asgard. Mi hai cercato ovunque, Heimdall ti ha aiutato, e mi hai raggiunto su Sakaar.»

Star Lord seguì per un po' quella loro conversazione, poi però alzò la voce per interromperli.
«Ok, ehi! Possiamo tornare al motivo per cui la Gemma dello Spazio si trova sulla mia astronave?»

«Linea temporale alternativa,» si intromise di nuovo Rocket, mettendosi seduto su una cassa. Mugugnò qualcosa tra le zampe e poi rialzò il muso per guardare gli altri. «Non doveva succedere. Tutte quelle realtà che avevamo creato portando via le gemme, avrebbero dovuto annullarsi nel momento in cui le gemme venivano ricollocate nell'esatto punto del tempo in cui le avevamo prese.»

«Lo ha fatto Captain America, no?»

«Non la sua,» ribatté, indicando Loki. «Lui se l'è svignata col Tesseract. Nessuno ha riportato quella gemma nel 2012. Quindi quella realtà alternativa è rimasta aperta e ha portato il fratellino adottivo qui... a vivere una vita diversa, dove a quanto sembra non è stato ucciso da Thanos.»

«E nessuno me lo ha detto?» La voce di Thor si alzò all'improvviso, velata da quella che era chiaramente rabbia. «Nessuno mi ha detto che mio fratello era ancora vivo... là fuori... da qualche parte?»

«Prenditela con chi ci ha salvato il culo! Non sono stato io a dimenticarmi una pietra in giro per il tempo!» Il procione si rialzò in piedi, per niente intimorito dall'atteggiamento infuriato dell'altro. «E poi lui non è davvero tuo fratello. Non quello che hai perso. Forse ce ne sono più di uno! Chi lo sa, con quello che ci siamo lasciati dietro, può esserci di tutto là fuori.»

Peter si rese conto che gli occhi del Dio del Tuono stavano iniziando a risplendere della furia dei fulmini e la sua espressione non lasciava presagire nulla di buono. «Ok, basta. Non è necessario parlare così.» Allungò il braccio davanti a Rocket per fargli intendere di allontanarsi, ma l'altro continuò, incalzante.

«Sì, invece! È necessario! È necessario, va bene? Perché lui non è la stessa persona che conosceva e Gamora... la Gamora che stiamo cercando non è quella che tu conoscevi. Sono diversi! Tutti e due! E io non voglio ritrovarmi a farvi da balia e a sentirvi frignare perché le cose non sono come prima. Non lo saranno mai, ok? Tuo fratello... qualsiasi cosa significhi fratello per voi, e la tua ragazza sono morti, andati, non ci sono più!» Dopo averli indicati entrambi, alzò le zampe rassegnato. «Volete trovarvi dei sostituti? Bene! Ma mettetevi in quelle zucche vuote che non sono loro! E che se vi prendessero entrambi a calci nel sedere avrebbero tutte le ragioni!» Si voltò verso le scale, pronto a salire, ma all'ultimo si girò ancora verso Loki, puntandogli contro il dito. «E questo vale anche per te! Tu che arrivi dalla tua bella dimensione alternativa, non sai niente di questo qui!» Roteò il braccio fino a indicare Thor, senza però guardarlo. «Non sai quello che ha passato e non sai quanto ci abbiamo messo a raccoglierlo col cucchiaino dal formaggio fuso in cui stava affondando. E come vedi, non abbiamo ancora finito. È ancora immerso fino alla vita nell'alcol e nelle patatine fritte, quindi cerca di non fare casini!» Fece una pausa solo per riprendere fiato e aggiungere un: «Grazie!» prima di risalire rapidamente le scale.

Peter rimase qualche secondo immobile, più scioccato dalla situazione e dallo sfogo dell'amico che dalle parole che aveva effettivamente pronunciato. Lo sapeva già. Se lo ripeteva ogni giorno che quella Gamora che aveva di nuovo sfiorato, e che le aveva assestato una bella ginocchiata nelle palle, non era la donna per cui aveva perso la testa. Ma in qualche modo l'avrebbe ritrovata e, in qualche modo, sarebbe riuscito a farla innamorare ancora. D'altronde, se quei due asgardiani si erano appena visti e si stavano già baciando, al di là della relazione complicata e ben poco fraterna che li legava, poteva sperare in una botta di fortuna anche lui.
Ora, però, doveva preoccuparsi di ben altro: come non far saltare per aria l'astronave, ad esempio.
«Ehi, come eravamo rimasti d'accordo?» Mise via l'arma e si avvicinò cautamente al Dio del Tuono. Dai suoi pugni si stavano formando delle piccole scintille e il bagliore nei suoi occhi non era per niente rincuorante. «Niente fulmini qui. I fulmini non sono cosa buona per la mia nave. Niente fulmini e puoi essere il capitano per un giorno.» Alzò la mano verso la sua spalla ma vide le saette scorrergli lungo le braccia, così si corresse subito: «Ok, d'accordo. Era una settimana.» A quel punto, di solito, la forza della tempesta smetteva e Thor lo guardava con un mezzo sorriso, prima di andare a trangugiare quello che di alcolico era rimasto. Forse Rocket lo aveva fatto incazzare più del previsto, però, perché già prima di sfiorare la stoffa del maglione, una lieve scarica gli raggiunse le dita. Fece appena in tempo a tramutare la sensazione in un lamento che la mano di Loki piombò sul suo braccio per bloccarlo.

«Non toccarlo,» gli mormorò in un ordine secco lo stregone. «Non devi toccarlo, quando è così.»

«Ah! Lo so!» Fece un passo indietro appena l'altro lo liberò e si massaggiò la mano e il punto in cui quel Loki lo aveva stretto, incerto su dove avesse sentito più dolore. «Che diavolo! Lo stiamo gestendo, ok? È sempre andato... tutto... bene...» Le ultime parole gli uscirono in un soffio meravigliato quando vide il nuovo arrivato appoggiare il palmo sul petto del fratello. Le scariche risalirono lungo il suo braccio, andando a spegnersi all'altezza del suo collo, e nel mentre la pelle chiara assunse una innaturale colorazione bluastra. Gli parve di vedere anche gli occhi cambiare e diventare scarlatti, ma il tutto durò solo qualche secondo: quando Thor appoggiò la propria mano su quella ferma su di sé, i fulmini svanirono e niente sembrava essere accaduto.

«Potrei parlare con mio fratello, da solo?» La richiesta di Loki, pronunciata con una improvvisa gentilezza, lo stupì tanto quanto quello che aveva appena visto, ma Peter annuì e si voltò per tornare alle scale. Prima di salire, tuttavia, lanciò ancora un'occhiata alle proprie spalle e a fatica si costrinse a proseguire e a ignorare quella insensata curiosità.

Tornò a sedersi e solo dopo un po' si rese conto che tutti lo stavano fissando e che la musica era stata spenta. «Che c'è? È lui che ha dato di matto!» Indicò Rocket, il quale si limitò ad alzare gli occhi al soffitto e a scuotere la testa.

«Un altro asgardiano, quindi,» commentò Nebula tranquillamente. «Ci sarà molto utile in battaglia.»

«Io sono Groot!»

«No, infatti, abbiamo detto che non cercheremo scontri per un po',» replicò subito Star Lord al tono lamentoso dell'altro.

«Se scendessi a vederlo potrei scoprire cosa prova e se è sincero.»

«No. Non è... per adesso non è necessario.» Guardò verso Mantis, ma un istante dopo arrivò anche la domanda di Drax.

«È bello come lo era l'angelo pirata quando ci è caduto addosso?»

«No. Sì... no!» Peter strinse gli occhi con una smorfia. «Non è proprio... bello, più... passabile, niente di che. E no è... strambo e... uhm... inquietante. Ma eravamo tutti d'accordo che Thor non fosse poi così attraente, o sbaglio?»

Ci fu un improvviso silenzio, qualche mugugno, prima che risuonasse il commento di Drax, seguito da quello di Mantis:

«Io non ero d'accordo.»

«Nemmeno io.»

«Io sono Groot.»

«Ehi! Ma... ehi!» Star Lord strinse le labbra e rialzò la musica nella cabina, mormorando poi tra sé: «Traditori.»

 
~ CONTINUA ~ 
   
 
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