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Autore: Cara93    13/05/2019    3 recensioni
[STORIA INTERATTIVA ISCRIZIONI CHIUSE]
La truffa è un'arte, anche nel Mondo Magico. Tre tra i migliori truffatori al mondo, che lavorano per il misterioso Master, lo sanno molto bene.
Ma cosa accadrebbe se alcune delle loro vittime decidessero di dar loro la caccia?
Genere: Azione, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Contesto generale/vago
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New York, Stati Uniti d'America
Adrienne fremeva di rabbia, anche se cercava di nasconderlo il più possibile. Non avrebbe mai permesso che i suoi sentimenti interferissero con il lavoro, anche se, forse, in quel caso sarebbe stato d'aiuto. Il quadro che stava realizzando al momento, si differenziava dagli altri proprio per questo, a suo avviso. La sua tecnica, a mano a mano che si era interessata all'arte magica, era notevolmente migliorata. Nelle sue opere più "mature" si poteva notare una profondità e una perfezione magica invidiabile, ma non era certa che questo potesse bastare. Quella mostra si doveva fare e al più presto. Era il metodo con cui avrebbe attratto il loro obbiettivo su cui si erano accordati. Non che un suo eventuale fallimento avrebbe impedito ad Archer di continuare il proprio piano, avrebbero solo cambiato metodo di approccio.

-Non sono convinta, Archèr. Non credo di essere la più adatta...- ovviamente, Archer sapeva già a cosa stava alludendo Adrienne. Il loro nuovo bersaglio non era esattamente nelle sue corde. Specie perché, questa volta, avrebbe recitato lei la parte dell' "esca".
-Mi hai detto tu stessa che Dany è ancora molto provata dai nostri ultimi lavori...- Era vero. Aveva suggerito una pausa proprio per questo motivo. Danae non aveva ancora la freddezza necessaria per i ritmi serrati che il loro mestiere imponeva, specie ora che dovevano rispondere al Master e forse non l'avrebbe avuta mai. La richiesta di Adrienne non era stata ascoltata, anzi, sembrava che sia Archer sia il Master fossero decisi a farle capire che avrebbe dovuto rimanere al suo posto.
-Appunto per questo sarebbe meglio prenderci una vacanza-
-Lo sai che non possiamo. E chissà, magari tu e questo tipo potreste avere delle passioni in comune-
-Ne dubito fortemente- rispose, torva. Lancelot Selwyn aveva tutte le caratteristiche che proprio non riusciva ad apprezzare in un uomo, oltretutto, per suo sommo orrore, amava sia la montagna che gli sport estremi. No, probabilmente Danae sarebbe stata più adatta.
-Mi spiace, Addie. In questo momento Dany è molto fragile. Non vogliamo correre alcun rischio-
Archer la guardava fisso, aspettando un suo cenno. Adrienne, per l'ennesima volta, maledisse le capacità "altre" di quell'uomo. Si era ripromessa di occludergli la propria mente per quanto le fosse stato possibile senza allarmarlo, ma non era ancora riuscita a trovare una via di mezzo. Sapeva che la stava manipolando. L'aveva sempre fatto. Esserne consapevole, però, non alleviava l'amarezza.
-Sta bene. Vediamo cosa si può fare-


Ministero della Magia, Londra
-Un cadavere? Ma qui non c'è nessun riferimento ad un cadavere o niente che faccia pensare...- Jessie era frastornato ed allibito. Proprio non si aspettava che la sua indagine si complicasse già prima di cominciare. Perché, lo sapeva, in caso di morti sospette, il caso gli sarebbe stato tolto alla velocità della luce. Più per una questione di gerarchie e uffici che di vere competenze.
-La ragazza è scomparsa da due anni, Aarons. Non è difficile immaginare che sia morta. E la vittima della presunta truffa è stata segnalata come possibile sospetto- Bas rispose laconicamente alle lievi obiezioni di Jessie, impassibile come sempre. Poteva quasi sentire il senso di frustrazione profonda che quel suo modo di fare provocava nell'Auror più giovane, ma non solo non gli importava, ma non aveva alcuna intenzione di modificare il proprio comportamento per compiacerlo.
-Come lo sai? Tra i rapporti che abbiamo a disposizione, nessuno parla di...- continuò Jessie, guardando nella direzione di Rhett, come in cerca di appoggio.
-Come capirai anche fin troppo presto, Lupetto- interloquì Rhett -ognuno di noi ha i propri metodi e nessuna intenzione di condividerli. Limitati ad essere grato di aver ricevuto l'informazione.- Nonostante il tono duro e di superiorità, anche Montague era curioso di sapere come LeFevre avesse potuto apprendere quelle cose. In molti casi, non solo il suo grado, ma anche il suo nome risultavano inutili, in alcuni ambienti e in certi archivi. Tecnicamente, LeFevre avrebbe avuto anche meno possibilità di accedervi. Si ripromise che avrebbe fatto qualche indagine sul collega.

-Ok- l'affermazione di Jessie, così umile e condiscendente li spiazzò. Si erano aspettati una dura protesta, magari una sorta di braccio di ferro con il loro giovane capo, ma sicuramente non quella resa così spontanea. -Mi basta solo esserne informato. Ah, e sapere se la fonte è legale... in caso di un processo, ovvio-
Rhett inarcò un sopracciglio, sorpreso. Bas sorrise lentamente. Aveva capito la strategia dell'altro e, per il momento, l'avrebbe assecondato. Da ciò che aveva potuto notare, Montague ancora sottovalutava il loro capo, nonostante il tiro mancino che gli aveva tirato e questo, a suo avviso, era sintomo di mancanza di perspicacia. Dote essenziale, a suo avviso, per un Auror. Se all'inizio Rhett Montague gli era parso un compagno di lavoro congeniale, ora non ne era più così certo.



Tra Stoccolma e Belvedere House
Aveva la sensazione che i suoi colleghi cercassero di liberarsi di lui, in caso contrario, non gli avrebbero certo affidato di controllare l'unica vittima "speciale" non britannica. Nonostante avesse studiato il fascicolo di Miss Nesbø prima di partire per Stoccolma, Rhett si sentì in dovere di dargli un'ultima occhiata, prima di incontrare la sua controparte svedese. Non credeva che le autorità locali avessero grandi rivelazioni in serbo per lui e così fu. Avrebbe dovuto condurre una sua indagine non autorizzata in terra straniera. Non si sentiva così vivo dall'ultima volta che si era portato a letto la moglie di Roscoe, non tanto per mero desiderio della donna, quanto in sfregio del fratello. Quell'incarico gli avrebbe portato enormi soddisfazioni, se avesse giocato bene le proprie carte.

La sua prima mossa sarebbe stata, sicuramente, quella di controllare le finanze della donna. Gli risultava che prima della truffa, la sua fosse una situazione stabile, e che non avesse grandi spese da sostenere, a parte un esoso conto alla Stockholm Magikal Kliniken. Gli parve poi curioso che, oltre al conto alla filiale della Gringott locale, Miss Nesbø ne avesse aperto uno, successivamente chiuso dopo la truffa, in una banca babbana. In definitiva, niente di sospetto e niente che potesse allettare un delinquente. Sì, sembrava proprio che l'unica sfortuna di Else Nesbø, o come aveva cominciato a chiamarla tra sé, la cara Elsie, fosse stata quella di aver ereditato una grossa somma. Eredità che, date le circostanze, non poteva neppure appurare. Per quanto gli fosse dato sapere, la cara Elsie avrebbe potuto benissimo essere una truffatrice a sua volta.


-Se dobbiamo portare avanti questa stronzata, propongo che cominci lei- esplose Olimpia, indicando la bionda davanti a sé. Essere costretta a firmare un accordo ridicolo era un affronto gravissimo, che Esu avrebbe pagato con l'imbarazzo. Tutti si erano accorti della ritrosia e degli strani scatti della loro compagna di sventura, ma nessuno di loro si sarebbe mai sognato di fare commenti a riguardo. Non erano fatti loro dopotutto. In più, Olimpia si sentiva particolarmente offesa dalla mancanza di cura personale dell'altra. Non c'era da stupirsi che avrebbe cercato di fargliela pagare e allo stesso tempo punzecchiarla, in modo tipicamente Serpeverde.
Esu cercò freneticamente l'appoggio di Kai e Marcus, che scrollarono le spalle con indifferenza. Non voleva essere lei a cominciare. Aveva bisogno di un certo lasso di tempo per riordinare i propri pensieri e radunare il coraggio necessario a parlarne. D'altra parte, però, guardando nervosamente i suoi compagni, sapeva che loro avevano vissuto un'esperienza spaventosamente simile alla sua e che probabilmente sarebbero stati gli unici a poterla capire fino in fondo.

La proposta di Olimpia l'aveva messa profondamente a disagio, Marcus se ne accorse subito. Esu faceva certamente parte di quel tipo di persone incapaci di pensare a sé stesse con razionalità e perciò provavano enorme disagio nell'esporsi. Normalmente, avrebbe registrato quell'informazione per poi usarla a proprio vantaggio. Peccato che nella sua vita non ci fosse più nulla di normale. Perciò fece una cosa che non solo sorprese Esu e fece alzare più di un sopracciglio, ma che gli risultò tanto strana da portarlo a credere di non essere stato lui a farlo: prese una delle mani screpolate e fredde dell'altra tra le sue e la strinse per qualche secondo. Si riscosse velocemente e, imbarazzato, si affrettò ad andare a prendere un'altra bottiglia. Ce ne sarebbe stato bisogno.   
 
                                                                                                                     ***
Devo cominciare dall'inizio. Se mi limitassi solo alla truffa, la mia storia risulterebbe inutile. Come una bacchetta ben levigata, ma senza nucleo magico all'interno. Sarebbe solo un bell'oggetto da collezione e nulla più.

Ma sarò breve, non ho alcuna intenzione di tediarvi più del necessario.

La mia infanzia si può riassumere in una locuzione: "sensi di colpa". Il loro peso mi ha schiacciata e non mi ha permesso di vivere una vita allegra e spensierata. Perché non sono stata una figlia desiderata, ma solo frutto del caso. Non sono stata una gioia per i miei genitori, ma un peso. Capite, non potevano più svolgere il loro lavoro come un tempo, almeno finché non sarei stata abbastanza autonoma da poter essere lasciata sola. Forse è stata questa la loro punizione, alla fine.

La scuola ha cercato di mettere una pezza ad una situazione già burrascosa, in più, non si poteva certo dire che fossi una studentessa brillante. Ero irrequieta, però. E ciò mi permise di circondarmi di ogni sorta di teppisti o scapestrati; ragazze e ragazzi, in particolar modo ragazzi, incuranti del proprio destino e delle regole, spesso troppo annoiati o feriti per comportarsi diversamente. Non sono stata espulsa e sono riuscita a sopravvivere. Con ogni probabilità, tutto ciò non sarebbe accaduto senza l'intervento di Adele.


Chi è Adele? Il mio angelo custode, oserei dire. L'unico punto fermo della mia esistenza.


Rhett uscì dall'appartamento della donna, o almeno quello che un tempo lo era. Dopo il disastro finanziario, non c'era da stupirsi se Elsie avesse optato per una sistemazione più economica. Non che l'affitto di quel bilocale in periferia non lo fosse, ma parlando con il proprietario, Rhett si era fatto una certa idea. Sembrava che l'uomo non si fidasse abbastanza della sua inquilina o del compagno della sua inquilina e aveva usato ogni mezzo, nei limiti della legalità, per poterla cacciare. Alla fine, alzare la pigione lo aveva ripagato. Non era stata una visita del tutto inutile, però: aveva scoperto che Elsie aveva una sorta di fidanzato, un mezzo delinquente, a quanto pareva ed il nome dell'ultima persona che aveva pagato la mensilità: Adele Lindgren.

-Ho intenzione di andare a vivere da sola, papà- disse Cloe. La reazione di Marcus Montague si rivelò essere tremendamente simile a quella che aveva avuto alcuni anni prima, a seguito dello stesso annuncio da parte sua e, in seguito, a quello ben più grave, almeno dal punto di vista del capofamiglia: il figlio prediletto, la luce dei suoi occhi, non aveva alcuna intenzione di donare alla famiglia un erede. Anzi. Per un certo periodo di tempo, si era addirittura divertito a lasciar credere al vecchio di avere preferenze "altre". Come aveva previsto, Roscoe, quella noiosa piaga che si ritrovava come gemello, gli aveva rimproverato aspramente quel tiro mancino, mentre Cloe, che lo idolatrava, da brava adolescente ribelle, rideva con lui delle preoccupazioni dei genitori, in parte ammirata ed invidiosa, consapevole che l'asticella delle possibili provocazioni da sottoporre ai genitori si era alzata ulteriormente. Solo la sottile manipolazione di Reuben, che aveva giocato sul suo amor proprio, l'aveva convinto a dire la verità al padre. Niente e nessuno avrebbe mai potuto rubare la sua libertà e quello sarebbe successo, se si fosse sposato. Il suo lussuoso appartamento, infatti, a differenza della casa colonica di Reuben e della villa di Roscoe, non si sarebbe mai riempito di grida, pianti e risate infantili. Fin dalla più tenera giovinezza, Rhett non riusciva a vedere se stesso come ad un bravo casalingo.


La vita da adulta non faceva per me. Non riuscivo a trovare nulla che mi soddisfasse, sembrava quasi che io fossi destinata ad un enorme vuoto cosmico. Ciondolavo tra un lavoro precario all'altro, in attesa di una rivelazione. Ed in un certo senso è arrivata. Come un calcio ben piazzato o uno "Stupeficium" troppo vigoroso. I miei genitori non sarebbero più stati gli stessi. Qualcosa li aveva attaccati, portandoli al coma.

Tutte le mie certezze di sono erose, non avevo più nulla di stabile. Ho capito in quel momento quanto l'idea stessa di mamma e papà fosse importante per me, non mi importavano più gli abbracci mancati e i regali sbagliati, frutto del loro disinteresse. Se prima avevo ancora la speranza di poter diventare parte di loro, un giorno, questa mi era stata tolta. "Sono sola al mondo, questa volta per davvero", continuavo a pensare ossessivamente.

Tutta la mia eredità, compresa la casa, è diventata funzionale ai loro bisogni. O meglio, a pagare la clinica che si occupava di loro. Anche per questo voglio trovare quei bastardi: per non sconvolgere la loro attuale pace.


Controllare la clinica si rivelò una seccatura facilmente superabile grazie al suo innato fascino. Infatti, bastò sedurre una delle infermiere, per sua fortuna estremamente loquace, soprattutto dopo aver consumato un rapporto più che soddisfacente, a suo dire. Scoprì così che la generosa somma di denaro che Elsie versava regolarmente serviva alla cura e degenza dei genitori, Niklas e Ylva Nesbø, rinomati magizoologi colpiti da una misteriosa malattia. Sembrava che non ci fosse nessun altro oltre Elsie, anzi Esu, come le piaceva essere chiamata, ad occuparsi di loro.

-Siete cattivi, diabolici e ingrati. La vostra stupidità è superiore anche alla vostra testa dura!- ricordava ancora i rimproveri tremanti e le lacrime che minacciavano di scendere copiose sul viso di sua madre quando i suoi genitori vennero immediatamente convocati ad Hogwarts. Non si era trattato di un banale litigio, questa volta. Si trattava di una rissa pura e semplice: feroce, ferina e senza esclusione di colpi. Inevitabile.

Era nella loro natura, troppo dicotomica, così netta e alla ricerca ossessiva di un annullamento reciproco. A poco sarebbero serviti i rimproveri e l'affetto dei genitori; che nessuno di loro avrebbe mai giuticato imparziale, anche se Marcus non avesse mostrato una netta preferenza nei confronti di Rhett, che incarnava il suo ideale di maschio purosangue.  A nulla servivano i fratelli che a modo loro facevano da cuscinetto e contraltare a quell'eterna disputa.

Rivalità che, nel corso del tempo, si era diversificata. Roscoe si era adoperato per portare via al fratello tutto il prestigio familiare e, nel contempo, trovare il suo posto nel mondo prendendo quello di Rhett. Da parte sua, Rhett aveva preferito ritagliarsi la sua tela perfetta, che nessuno avrebbe mai potuto cambiare.



Folke si è rivelato la mia salvezza. Ricordate quando parlavo di bacchette? Beh, non è stato un esempio casuale, è quello che faccio, si potrebbe dire la mia vocazione. Amo sentire il legno delle bacchette tra le dita, capire come questo si debba sposare al nucleo e poi scolpirlo, seguendo nervi e screpolature naturali, finché la bacchetta stessa non mi sussurra che è tutto perfetto. Amo ogni aspetto del mio lavoro. Amo la segatura, la ruvidezza del legno e la cura maniacale che serve per ottenere il risultato che cerco.


Dopo una pausa ristoratrice, che gli servì non solo per fare il punto della situazione, che gli sembrava ancora alquanto nebulosa, Rhett decise di scoprire di più sul lavoro di Elsie. Nel rapporto che era arrivato al Minsitero della Magia inglese, gli accenni all'attività di Elsie erano sporadici e poco approfonditi. Al contrario, Jan Gustafsson, l'enorme vichingo che l'aveva accolto, si era rivelato riservato e utile al contempo. Non solo non sembrava intenzionato a nascondere informazioni, ma sembrava quasi indifferente alla sua inchiesta. Come se per l'Auror locale il caso fosse già bell'e archiviato. Si era aspettato di essere sommerso da ipotesi e teorie folli, invece, l'unico ambito che sembrava aver scalfito lo svedese era stata la cattiva pubblicità che la bottega di Folke ne aveva ricavato e che probabilmente non avrebbe potuto evitare in futuro. Secondo Jan, il buon artigiano non meritava altre grane, soprattutto non dopo l'inchiesta a cui era stato sottoposto. Infatti, dopo aver scoperto che Folke era un rinomato fabbricante di bacchette famoso in tutta la Scandinavia, praticamente una sorta di Ollivander dell'aspro Nord, era stato messo al corrente di alcune voci prima e di un paio di denunce poi che riguardavano il fabbricante di bacchette. Sembrava che, per ragioni ignote ancora da appurare, alcune delle bacchette vendute da Folke si ribellassero al proprietario, spesso provocando dei danni ingenti. La summa di tutte quelle chiacchiere gli venne chiarita quando, finalmente, Jan si prese la briga di informarlo che la donna su cui aveva chiesto di vedere il fascicolo, era stata prima apprendista e poi collega dell'artigiano.

La bottega di Folke era piccola ed ombrosa, in un certo senso, gli ricordava molto il negozio di Ollivander. Per una strana traslazione, entrare in quella bottega gli fece rivivere quei momenti di eccitazione e paura che aveva rappresentato l'acquisto della sua bacchetta. L'eccitazione correlata al fatto che, finalmente, agli occhi della società e dei genitori era grande abbastanza da poter padroneggiare la magia; la paura di non trovare la sua bacchetta, o peggio, scoprire che fosse stata tutta una sua fantasia, che in realtà lui non fosse un mago, ma un inutile magonò. Più o meno come nel negozio di Ollivander, anche qui, c'era qualcosa di inesprimibile nell'aria, un fremito che forse sarebbe passato inosservato a chi non fosse avvezzo a sporcarsi le mani, ma non a lui.

-Uff, fa veramente caldo, qui dentro. Non capisco come tu riesca a sopportarlo- Cloe l'aveva scovato, chissà come. Non ne era allarmato, in fondo, la sorella era una magigiornalista talentuosa. Fin dalla più tenera giovinezza si era scoperto affascinato da come alcuni oggetti prendevano vita, sotto le abili mani dei fabbri. Anzi, la prima cosa che aveva fatto, una volta entrato ad Hogwarts, era stata fondare e partecipare alle riunioni di un Club dedicato alla ceramica e alla creazione di oggetti in argilla. Non era stato particolarmente soddisfacente, ma era un inizio. Solo in seguito, dopo Hogwarts aveva cominciato ad interessarsi ai metalli e alla loro forgiatura. Gli sembrava di essere un piccolo demiurgo, con il potere di plasmare oggetti a suo piacimento. Era stata una passione folgorante, che rappresentava una parte importante della sua vita. Rifugiarsi nel suo scantinato, che aveva modificato appositamente e battere sul metallo incandescente fino a forgiare ninnoli o gioielli originali che avrebbe poi regalato alle sue conquiste o sparso per casa o ancora buttato via, era quasi terapeutico, per lui.
-Cosa vuoi?- Cloe era l'unica donna con cui non si sforzava minimamente di sembrare affascinante, forse perché con lei non aveva mai sentito il bisogno di fingere. La sua sorellina lo conosceva meglio di chiunque altro, forse meno di Roscoe, ma con la fondamentale differenza che lo capiva e accettava completamente.
-Capire perché non vuoi venire alla serata di Isobel. Prima che tu me lo dica: sì, so che è un evento noiosissimo, quasi una perdita di tempo, ma uscire un po' ti farà bene- azzardò la più giovane.
-Sto bene così- 
-La mamma ne sarebbe sollevata. Vive nel terrore che ti capiti qualcosa e saperti allegro e spensierato a bere e flirtare con le sue amiche, non le farebbe certo male. Anzi, fugherebbe per un attimo il sospetto che tu ti senta solo e abbandonato, non so come le sia balzata in mente una simile idea, tra parentesi- cinguettò, fintamente allegra. Cloe si guardò poi intorno, consapevole che il fratello non la stava ascoltando, non del tutto. Come al solito, la stanza era piuttosto disordinata, c'erano pezzi di metallo abbandonati ovunque, stampi e disegni sparpagliati su ogni superficie. Uno schizzo in particolare attirò l'occhio acuto della magigiornalista. Si trattava di un bracciale in ferro battuto, se aveva interpretato giustamente i simboli che ne indicavano fattura e tempo di lavorazione. Nonostante la pesantezza ed il costo risicato del materiale, dalla leggerezza delle linee sembrava molto più prezioso di quanto in realtà sarebbe mai stato. Aveva visto un oggetto simile appena il giorno prima, sul polso di Isobel. La moglie di Roscoe. Questo, finalmente, sembrava spiegare molte cose.
-Oh, Rhett. Proprio non riesci a stare lontano dai guai- mormorò tra sé, consapevole che qualsiasi suono si sarebbe perso nel martellio costante che, non capiva come, cullava suo fratello.


Proprio il mio amore per la bottega di Folke, unita ad una serie di circostanze fortuite, mi ha portata al disastro. Mia madre è di origini babbane. Sì, sono una mezzosangue e la maggior parte dei parenti della linea materna non li ho mai neppure sentiti nominare. Per questo, quando sono stata informata da un notaio babbano che sarei entrata in possesso di una cifra favolosa, almeno per i miei standard, non sapevo cosa pensare. Ero confusa, ma questo non giustifica nulla. Insomma, passo gran parte della mia esistenza nella più totale confusione. Ero spiazzata. Ero sopraffatta. Per questo, dopo giorni, se non settimane di angosce, mi sono rivolta all'unica persona nella mia vita di cui potessi fidarmi e che mi avrebbe aiutata a raggiungere il mio obbiettivo, per quanto nebuloso esso sembrasse: incrementare il denaro in modo tale che bastasse a rilevare la bottega di Folke e nello stesso tempo mettere da parte la somma necessaria ad avviare una sperimentazione che potesse aiutare i medimaghi a capire cosa fosse successo ai miei genitori. Non pretendevo una cura, quanto, piuttosto, una spiegazione.

Conosco Sonne da tutta la vita e per questo, a volte, descriverlo è difficile. Come voi, Sonne è di buona famiglia. Come buona parte, se non tutti i miei amici, è avventato, spensierato, affamato. Ed è meraviglioso. Riesce come nessun altro a fugare tutti i miei dubbi e le mie ansie. Per questo, è stato la prima persona a cui ho pensato di chiedere aiuto.

                                                                                                                        ***
Danae non aveva capito come Archer era riuscito ad entrare in possesso di tutte quelle informazioni e in così poco tempo. Non che lei fosse un'esperta in materia di cose babbane, ma non credeva fosse tutto così facile. Inoltre, si era chiesta perché avessero puntato proprio quella giovane donna e perché proprio del denaro che era a tutti gli effetti alieno al mondo che erano soliti combattere e minare. Le piaceva pensare che fossero una sorta di giustizieri, che frodassero quella fetta di popolazione ingorda e sporca che infettava la società magica come forma di protesta, anche se così non era. Adrienne gliel'aveva detto più e più volte, nel corso del tempo. A differenza di Archer, che aveva alimentato il suo idealismo e tutt'ora continuava a farlo, Adrienne si era impegnata ad ancorarla alla realtà. Era grata ad entrambi e sapeva che senza di loro la sua vita sarebbe stata molto più difficile. Sicuramente più difficile di impersonare Hanne Handersen, spigliata e affascinante esperta alle pubbliche relazioni e nuova ossessione amorosa del rampollo di casa Skogmann. E contemporaneamente Lise, il contatto di Kenny. In quel lavoro, aveva solo due compiti: influenzare Sonne quanto bastava per convincerlo che l'uomo per cui lavorava, Francis Mnadake, fosse degno di fiducia e distrarre la loro vittima il più possibile. Aveva quindi deciso di agire su più fronti: innanzitutto, indebolire la relazione di Else con quel piccolo criminale borioso e crearle qualche grattacapo riguardo certi piccoli, loschi e rischiosi affari che il giovane mago pretendeva di chiamare "lavoretti", poi avrebbe pian piano minato la sua autostima. Su quest'ultimo punto, non credeva ci fosse molto da fare, dato che Else stessa era la sua alleata migliore. Ma sbatterle in faccia la felicità di coppia di Sonne non avrebbe certo fatto male.

Pochi giorni dopo, con la falsa identità di Lise Funkel, contattò Kenny Haig, spacciatore e contrabbandiere che intratteneva con Else una sorta di relazione. Relazione che si potrebbe definire eufemisticamente tossica da entrambe le parti, a voler esser generosi. Lo convinse a procurarle degli specifici aggeggi babbani, che Archer aveva chiamato "personal computer" e due chili di funghi magici. Risultato: Kenny aveva derubato la fidanzata, ne era sociata una lite furiosa che aveva costretto l'intervento degli Auror. Kenny era stato trovato in possesso di sostanze illegali ed Else era stata interrogata e convocata più volte in tribunale.

Chi, sottoposto ad una simile pressione, si sarebbe curato delle manovre del proprio consulente finanziario? 



Sonne mi procurò, attraerso la mediazione della sua fidanzata, il contatto di un consulente finanziario. Se non mi fosse bastata la parola della ragazza, forse la testimonianza di una sua fedele cliente, la contessa Ushakova, che si trovava a Stoccolma come ospite del Primo Ministro e che avrei incontrato ad un evento benefico a cui Sonne mi avrebbe gentilmente invitata, sarebbe stata più convincente.  

Hanne era un memento costante di quello che non sarei mai stata: spigliata, divertente, civettuola e baldanzosa. Era la prova vivente che Sonne non avrebbe mai potuto amarmi, non nello stesso modo in cui lo amavo io. Con queste premesse, potete immaginare come sia andata la serata.

Else sembrava un pesce fuor d'acqua, Adrienne provava una profonda compassione per quella giovane donna. Infatti, nelle vesti di un'anziana nobildonna si prodigò per rendere meno evidenti l'imbarazzo e lo spaesamento dell'altra. Cercò, per quanto possibile, di distrarla e renderle meno penosa la presenza di Danae che stava svolgendo anche fin troppo bene il proprio compito, monopilizzando l'attenzione di Sonne. Adrienne poteva immaginare cosa passesse per la testa di Else: perché in fondo, lei ed Hanne erano fisicamente molto simili, forse Hanne era giusto più alta. Sonne le era totalmente precluso perché Else era così Else... Sì, quei pensieri le si leggevano sul viso stravolto. In un certo senso, la dinamica che Danae era riuscita a creare, quella sorta di triangolo spezzato, era molto più interessante della serata in sé. Per il ruolo che era stata costretta ad interpretare, era come relegata sullo sfondo, una semplice osservatrice, una complice convincente. Aveva palesato la propria antipatia verso Hanne, guadagnandosi l'attenzione e la complicità di Else. Infine, sfruttando tutte le proprie doti attoriali, aveva fatto capire alla ragazza di essere uscita da un periodo di crisi finanziaria solo grazie al "buon Francis". Era stato molto semplice e di questo doveva ringraziare Danae. Non era sicura di cosa avesse fatto in concreto per portare Else a quel punto, ma ne era impressionata. Forse tutta la preoccupazione che da sempre nutriva nei confronti della socia era eccessiva. Ma Adrienne non era esattamente il tipo di persona incapace di smettere di preoccuparsi: sapeva che quello che Danae stava facendo ad una persona fragile come Else le sarebbe pesato, forse non durante quel lavoro o quello dopo ancora. E sarebbe successo prima o poi.


Francis Mnadake comparve in un momento particolare della mia vita, si presentò come un salvatore, riuscendo a convincermi che, piano piano, tutto si sarebbe rimesso in sesto. Per delle faccende personali che non c'entrano nulla con quello che poi è successo, ho seguito molto marginalmente le manovre finanziarie che mi aveva proposto. Non ho saputo di aver perso tutti i miei soldi fino al momento in cui il folletto della Gringott non mi ha mostrato il loro registro. Solo pochi giorni prima Hanne aveva lasciato Sonne, perciò il suo tempismo mi ha convinto che fosse coinvolta con la sparizione dei miei soldi. E avevo ragione, perché Hanne è la donna nella fotografia della Gazzetta del Profeta.

                                                                                                                      ***

Nella stanza calò il silenzio. Esu aveva finito di raccontare la propria storia ed era in attesa. In attesa di cosa, ormai non lo sapeva neppure lei.
-Saresti in grado di descrivere questo Francis?- chiese Marcus, piano. E mentre la ragazza parlava, armato di pergamena, inchiostro e piuma, cercò di farne uno schizzo.
-Wow... è piuttosto somigliante- mormorò Esu, studiando attentamente il disegno. Aveva cercato di celare la propria sorpresa, ma non doveva esserle riuscito proprio bene, perché Marcus si riprese la pergamena borbottando, con la chiara intenzione di gettarla via.
-Aspetta- lo fermò Kai -Jane Doe al momento è l'unica traccia che abbiamo. Se non lavora da sola, magari riusciamo a trovarla tramite questo nuovo attore-
Con uno scatto, Marcus gettò il disegno sul tavolo.
-Ma lo conosco, è Dominick!- esclamò Olimpia, quando vi posò distrattamente lo sguardo.
 







Angolo dell'autrice: Ce l'abbiamo fatta! Dato il ritardo cosmico, ho cercato di stringere i tempi il più possibile, spero di non aver fatto errori o strafalcioni assurdi e che il tutto sia leggibile.
Spero che questo lunghissimo capitolo vi piaccia e che non sia troppo confuso, anzi, se avete consigli in questo senso, sono tutt'orecchi. Come sono pronta ad accogliere quasiasi teoria e/o suggerimento.
Per il prossimo capitolo vi chiedo di votare 2 OC: 1 Vendicatore (tra i 3 rimasti) e 1 Auror.
Alla prossima!  

        
   
 
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