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Autore: Kuri Assai    14/05/2019    1 recensioni
Un'incontro accaduto per caso o voluto dal destino, fra un professore universitario e uno studente, accaduto in un corridoio dell'università che entrambi frequentano.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un trentenne stava correndo tutto trafelato per il corridoio, indossava una camicia bianca con le maniche arrotolate fino al gomito, un paio di pantaloni chiari che gli fasciavano strettamente le gambe. Si poteva dire che fosse un bel professore ma aveva un piccolo difetto: era tremendamente timido, quindi nonostante la bellezza che sfociava, non riusciva a parlare a dovere con una persona che in quel momento magari gli piaceva. 
Un rivolo di sudore stava scendendo sulla fronte, fortunatamente nel corridoio non c'era nessuno cosi poteva correre senza inciampare su alcun piede o libro lasciato per terra (meglio dire dimenticato), essendo anche un tipo parecchio sbadato. Durante la corsa gli occhiali gli stavano scendendo pian piano sul naso, impedendogli così di vedere nitidamente la strada, e cosi all'improvviso successe il fatto, come fosse un dispetto voluto dal fato. Non aveva proprio notato un piede spuntare fuori da una delle porte che c'erano lungo il corridoio, e irrimediabilmente vi ci inciampò. Durante la caduta, come un film al rallentatore, cercò di aggrapparsi a un qualsiasi appiglio per evitare di lasciarci la pelle, o meglio dire la testa, lì. Così prese l'unica cosa che c'era nei pressi, nientemeno che il braccio dello stesso proprietario del piede, trascinandolo così con sè a terra. Si udì un gran botto e una voce lamentarsi.

-Ahio! Ma chi cazzo corre in 'sto cacchio del corridoio?!

Il professore sbattè lo stesso la testa per terra, finendo steso a pancia in su, mentre il ragazzo nel tentativo di stare in piedi aveva malamente sbattuto il ginocchio per terra, finendo poi sul petto del più grande, senza più vedere nulla dal dolore.

-Ahi la testa, che dolore.. Scusa davvero, non ti avevo visto.

Il trentenne con una mano cercò di sistemarsi gli occhiali, che per un miracolo voluto da chissà quale dio (forse il dio degli occhiali, sempre se esiste uno) non erano caduti nè si erano rotti, per osservare il ragazzo che aveva sul proprio petto, ma vide solo una massa di capelli chiari disordinati. Cercò di mettersi seduto, puntando un gomito sul pavimento, ma gli doleva ancora la testa, obbligandolo a ritornare steso ancora per un po'. Il professore poteva giurare di riuscire di vedere le stelle girare accanto a lui.

-Ma chi cavolo sei tu?! Solo gli autorizzati possono stare qua! Non ti ho mai visto, quindi significa che non sei un cacchio di studente e neanche un cavolo di professore! E poi perchè cacchio stavi correndo?! E che caz...

Il professore era leggermente frastornato dalle parole che fuoriuscivano dalla bocca del ragazzo senza sosta, in tutto questo erano ancora entrambi a terra, l'uno sopra all'altro. Prima che il ragazzo potesse continuare a lanciare bestemmie a sinistra e a destra, e magari anche qualche incantesimo oscuro, cercò di scusarsi interrompendolo.

-Ehm, so di aver colpa, scusami davvero, però adesso potresti gentilmente alzarti? Cioè pesi... E mi fa male la testa.

-Uff, ora mi alzo, ma tu dovrai spiegarmi che ci fai qua! Ah, il ginocchio.

E il ragazzo, dopo aver borbottato ancora qualche parola, finalmente si alzò, puntando le mani sul pavimento per aiutarsi ad alzarsi dal petto del trentenne, evitando anche di caricare troppo il ginocchio dolorante. Appena si fu messo in piedi con fatica, gli tese una mano, con un cipiglio sul viso. Il maggiore, che ancora non aveva visto il viso del ragazzo, avendo notato solo una massa enorme di capelli, alzò lo sguardo curioso, puntandolo su di lui, e rimase a dir poco scioccato.

"Occhi azzurri, capelli color oro, e le mani sono cosi lunghe e sottili, come quelle di un violinista, o meglio di un scrittore, vedo che ha il mignolo sinistro sporco dall'inchiostro, tipico dei mancini. Sembra un angelo."

Il professore lo stava osservando ormai da alcuni secondi buoni, nel silenzio più assoluto. Finchè non fu interrotto.

-Ao che stiamo a fare? Quando cacchio avrai intenzione di alzarti? Non posso stare ad aspettare te, e che diavolo! Mi mancava solo questo! E ho anche una lezione! Maledizione, sono in ritardo!

"Mi correggo, un diavolo con le sembianze di un angelo."

E il professore, con uno sbuffare leggero, simile a una risatina per i suoi assurdi pensieri, prese la mano tesa del ragazzo, che per tutto il tempo non l'aveva abbassata, usandola per sollevarsi da terra. Ma all'improvviso, come un fulmine, una scarica elettrica pervase il corpo di entrambi, partendo dal fondo-schiena, percorrendo tutta la colonna vertebrale, arrivando poi al cuore, facendolo pompare velocemente. Mai a loro era capitato una scarica del genere, causata da una sola stretta di mano.

Il ragazzo sentì la mano del trentenne grande, confortevole, era piena di calli, di uno che scriveva molto. Gli sembrava cosi familiare, non voleva lasciarla, si sentiva a casa; non poteva mai e poi mai immaginare che anche l'altro stava in quel preciso momento provando sentimenti simili, anche se leggermente diversi. Ciò che pensava il professore era che la mano del ragazzo gli sembrava cosi piccola e sottile, poteva pure sembrare fragile ma aveva capito che era forte, e soprattutto notò che anche il giovane, come lui, era uno scrittore, seppur ancora non aveva i calli completamente formati, ma aveva sentito una specie di solco su un dito, che era il segno della penna premuta a lungo e per molto tempo.
E proprio come un fulmine lasciarono di botto la mano dell'altro, come a voler negare a ciò che per un secondo avevano provato, anche se sembrava fosse durato un'ora minimo.

Però ormai, con un semplice tocco delle mani, i loro destini si erano intrecciati, come due alberi che erano cresciuti lentamente, ma inesorabilmente, uno accanto all'altro, intrecciando i loro rami, le loro radici, come se sembrasse un unico grande albero.

Si guardarono negli occhi, occhi azzurri in quelli castani scuri del professore, non riuscivano a distogliere lo sguardo, e come un fiume in piena si avvicinarono, sbattendo con una violenza assurda le loro labbra, unendole per la prima volta, seppur il loro primo bacio sembrava cosi vecchio quanto la terra, cosi familiare a loro.

Erano due anime che si stavano intrecciando fra loro, incuranti del tempo e dello spazio, erano state separate dai secoli e finalmente si erano ritrovate grazie a un caso.

   
 
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