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Autore: AmeliaRighetti    15/05/2019    1 recensioni
La mia convivenza con Sherlock Holmes.
J. Watson
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 3


 


 

Il quarto giorno di residenza al numero 221B di Backer Street mi svegliai riposato e senza i consueti indolenzimenti dei quali solitamente soffrivo a causa della ferita alla spalla destra.

Mi resi presentabile ed uscii dalla stanza pervaso da una sensazione di serenità. Ricordo che ebbi il tempo di pensare che quella sarebbe stata una splendida giornata, subito prima di ritrovarmi a camminare circondato da una puzza densa ed acre di carne in putrefazione.

Aggirandomi per la casa cercai immediatamente di risalire alla fonte dell'odore che, nel frattempo, mi induceva una sgradevole sensazione di nausea.

Trattenendo il fiato, mi mossi velocemente, ispezionando una stanza dopo l'altra e scoprendo, con grande disgusto, che l'odore aveva nidificato in ogni centimetro della casa.

Finalmente mi avvicinai all'ultima stanza ed un crescente odore di marcio mi confermò che dall'altra parte della porta, che si trovava di fronte a me, vi era la causa di tutto.

Di colpo la porta si spalancò, passandomi ad un palmo dal naso. Subito oltre la soglia vi era il signor Holmes, completamente ricoperto di sangue. Con la mano destra brandiva una lunga lancia, anch'essa sudicia e puzzolente.

-Buongiorno, John. Non indietreggi, suvvia. - disse Holmes vedendo il mio corpo completamente sbilanciato all'indietro -questa lancia non è di certo per lei.

-È la puzza, Holmes. Non la lancia. La puzza, questo schifosissimo odore. Apra le finestre, santo cielo!

-Per poi ritrovarci sommersi dalle mosche? No, grazie!

In quell'istante lo vidi. Oltre il signor Holmes, dall'altra parte della stanza, appeso al gancio da parete che solitamente ospitava un sacco da boxe, vi era il cadavere di un grosso maiale, rivolto a testa in giù.

-Vede, John. Nemmeno una mosca, neanche una. Se aprissi una finestra saremmo invasi in meno di cinque minuti.

-Cosa sta facendo, Holmes? Me lo può dire?

-No.

-Questa è anche casa mia. La puzza si sente in tutta la casa, anche nella mia stanza che non è mai stata aperta da ieri sera. Esigo una spiegazione.

Holmes appoggiò la lancia al muro e si diresse verso l'uscita della stanza.

-Sto aspettando una visita, John. Mi piacerebbe che partecipasse anche lei, se non ha nient'altro da fare.

Ed uscì.

Dopo circa mezz'ora, Sherlock Holmes resuscitò dalle sue stanze, pulito, profumato e completamente in ordine.

Il campanello suonò annunciando l'arrivo del visitatore.

Holmes mi presentò a Stanley Hopkins, un giovane investigatore di polizia, sulla trentina.

Vidi subito che il nostro ospite aveva la fronte aggrottata e l'aria pensierosa.

La sua postura era rigida ma i suoi occhi erano rapidi e molto svegli.

Io ed Holmes ci accomodammo su due poltrone ed invitammo Hopkins a fare lo stesso sul divano.

-Quali novità? -chiese Holmes impaziente.

-Siamo fermi signor Holmes. Completamente.

-Non avete fatto nessun progresso?

-Non proprio. Vorrei che mi aiutasse, signor Holmes. Vede, è la migliore occasione che il capitano mi abbia mai dato. È un caso importante e sono solo stavolta. Vorrei fare bella impressione e chiudere tutto in fretta. Però sono a corto di risorse e soprattutto di risposte.

-Ebbene, Hopkins, io ho già letto con cura la descrizione di tutti gli elementi che possedete. Cosa ne pensate della borsa da tabacco trovata sulla scena del crimine, non è un indizio?

Hopkins guardò Holmes con aria sorpresa, poi fece un breve respiro.

-Era della vittima, si. C'erano le sue iniziali dentro ed era in pelle di foca ma l'uomo era un cacciatore di foche e balene.

-Ma non aveva una pipa. - asserì Holmes.

-No, signor Holmes, non abbiamo trovato nessuna pipa. Il fatto è che fumava molto poco ma potrebbe aver tenuto, a mio parere, del tabacco per i suoi amici.

-Senza dubbio questa è una teoria che potrebbe essere considerata, tuttavia non abbiamo tempo e le confesserò, Hopkins, che se avessi condotto le indagini personalmente sarei partito proprio da quella borsa da tabacco. Ora, il mio amico qui presente, il dottor Watson, non è al corrente di tutto ciò che riguarda il caso che state seguendo, quindi vi chiedo la cortesia di ripetere le informazioni essenziali ancora una volta, dall'inizio.


 

Il viso di Stanley Hopkins non suggerì nessuna smorfia, al contrario, le sue mani veloci estrassero un taccuino dalla tasca.

-Ho delle date che ci aiuteranno a comprendere meglio la natura del defunto. Capitano Peter Carey, nato nel 1920, aveva settant'anni al momento della morte, dunque. Audace pescatore di balene, nel 1968 comandava la baleniera Sea Unicorn di Mallaig. Dopo alcune brillanti spedizioni, si ritirò nel 1970. Comprò nel Sussex, vicino a Forest Row, una casetta chiamata Woodman's Lee. In quella casa ha vissuto per vent'anni e là è morto, una settimana fa. Nella vita, il signor Carey, era un puritano stretto, un tipo silenzioso e abbastanza tetro. La famiglia è composta dalla moglie, dalla figlia trentenne e da due domestiche. Mi hanno riferito che le domestiche venivano cambiate spesso. L'uomo beveva a dismisura a periodi intermittenti e nonostante l'età, quando la crisi alcolica arrivava, diventava una specie di demone fuori controllo. È stato visto mettere moglie e figlia alla porta in piena notte e malmenarle davanti ai passanti. In breve, dottor Watson, andrete lontano prima di conoscere un uomo più pericoloso di Peter Carey ed ho saputo che il suo atteggiamento era il medesimo quando era al comando della baleniera. Lo chiamavano Peter il nero e non di certo per la barba scura. Da vivo seminava terrore attorno a lui ed era malvisto da tutti i suoi vicini.

Holmes interruppe il monologo, accendendosi la pipa.

-Parliamo della scena del crimine ora, Hopkins.

-Molto bene. Carey si era costruito una piccola capanna in legno, ad un centinaio di passi dalla casa. La chiamava “cabina” e ci dormiva tutte le sere. In pratica era una baracca con una sola stanza di tre metri per due. In questa cabina non faceva mai entrare nessuno, tant'è vero che solo lui aveva la chiave e la teneva sempre in tasca. C'erano della piccole finestre su ogni lato ma erano coperte da delle tende semitrasparenti che non venivano mai aperte. Una di queste era rivolta in direzione della strada e chiedendo in giro ho scoperto che spesso i vicini si chiedevano cosa stesse facendo Peter il nero nella sua capanna. A questo punto della indagini si unì un muratore di nome Slater, che ricordò di essersi fermato a guardare la finestra , due giorni prima dell'omicidio, e di aver visto la sagoma di un uomo barbuto ma dalla barba corta, differente da quella di Carey, che Slater conosceva bene. Ci sono però un po' di metri tra la strada e la finestra ed il nostro testimone ci ha anche detto che proveniva da una bevuta al pub. In più questo fatto è accaduto il lunedì mentre il capitano è morto di mercoledì. Martedì, Carey, si fece vedere in giro ubriaco e sovreccitato, non smetteva di girare per la casa bestemmiando ed urlando, così le domestiche scappavano quando arrivava, per non incrociarlo. Solo in tarda serata scese alla sua cabina. Verso le due del mattino, sua figlia, che stava dormendo con la finestra aperta, sentì un urlo provenire dal giardino, ma Carey spesso urlava mentre era ubriaco o in preda agli incubi, così nessuno ci fece caso. Alle sette una delle domestiche vide che la porta della casetta di legno era aperta ma nessuno andò a vedere prima di mezzogiorno perché temevano l'ira del capitano. Un'ora più tardi ero già sul posto, assegnato al caso.

Stanley Hopkins fece una pausa, per poi proseguire.

-Parola mia, ho i nervi saldi, lo sapete signor Holmes, ma vi garantisco che mettere il naso in quella baracca mi ha scosso parecchio. Era piena di mosche e sia il pavimento che i muri erano imbrattati di sangue. La chiamava la sua cabina, e lo era. Una riproduzione di una cabina di una nave. C'era la cuccetta, cartine terresti, una fila di registri di bordo su uno scaffale, quello che ci si aspetta di trovare nella cabina del capitano. E proprio là, nel mezzo, c'era il cadavere. Nel petto aveva un arpione d'acciaio che lo aveva perforato da parte a parte conficcandosi nella parete. La sua barba puntava agonizzante verso il soffitto ed in viso aveva un espressione riconducibile solo alla tortura. Il petto era praticamente esploso. Insomma, dottor Watson, era infilzato come un insetto su un cartone. Io conosco i vostri metodi, signor Holmes, e li ho messi in pratica.

Prima che qualcuno calpestasse la scena ho esaminato il suolo all'esterno ed il pavimento all'interno ma non c'era alcuna traccia.

-Intendete dire che non l'avete vista? -chiese Holmes.

-Vi assicuro, signor Holmes, non c'era nessuna traccia.

-Caro mio, ho indagato su moltissimi crimini ma non ne ho ancora visto uno commesso da un uomo volante. Dal momento che il criminale ha due gambe, ci sarà certamente sul suolo, una abrasione, che purché minima, un ricercatore scientifico può vedere. È incredibile che quella stanza sporca di sangue non contenga nessuna traccia che possa aiutarci. Ho visto, tuttavia, che alcuni oggetti non potevano non essere notati.

Hopkins reagì ai commenti sarcastici di Holmes.

-Sono stato stupido a non chiamarvi subito, Holmes, ma ora non possiamo che andare avanti. C'erano molti oggetti nella stanza. Uno era l'arpione che era servito per il crimine. Era stato strappato dal muro. Sul manico c'era scritto S.S. Sea Unicorn, Mallaig.

Sembrava chiaro che il crimine era stato commesso in un momento di ira e che l'assassino aveva afferrato la prima cosa che gli era capitata sotto mano.

L'omicidio si è svolto alle due del mattino ma Carey era ancora vestito. Ciò suggerisce che avesse un appuntamento con l'assassino, il che è confermato dalla presenza sulla tavola di una bottiglia di rum e di due bicchieri sporchi.

-Si. -disse Holmes – Credo che queste due conclusioni siano accettabili. Avete trovato altri alcolici nella stanza?

-Whisky e brandy, ma a parer mio senza importanza, poiché entrambe le bottiglie erano ancora chiuse.

-La loro presenza ha tuttavia un significato. - disse Holmes -Parlateci ancora di questi oggetti che secondo voi sono rilevanti.

-Sulla tavola c'era la sua borsa da tabacco.

-Che parte della tavola?

-Era nel mezzo, foca grezza col pelo rigido ed una semplice linguetta di cuoio per chiuderla. All'interno c'erano le iniziali P.C. E conteneva circa 15 grammi di forte tabacco da marinaio.

-Eccellente, cosa c'era ancora?

Stanley Hopkins tirò fuori dalla tasca un taccuino coperto di tessuto. L'esterno era rugoso e rovinato, i fogli all'interno erano leggermente scoloriti. Sulla prima pagina vi erano scritte le iniziali J.H.N. e la data 1969.

Holmes lo appoggiò delicatamente sul tavolo e lo esaminò attentamente, mentre io ed Hopkins osservavamo a distanza.

Sulla seconda pagina vi erano stampate le lettere C.P.R. Ed a seguire vi erano molte pagine di numeri.

Alcune intestazioni riportavano luoghi come Argentina, Costarica, San Paolo e sotto ad ognuna di esse vi erano pagine di segni e cifre.

-Cosa ne pensate? -chiese Holmes

-Sembra che siano delle liste di movimenti di denaro e di valori. Pensavo che J.H.N. fossero le iniziali di un agente e che C.P.R. Fosse il cliente.

-E cosa ne dite di Canadian Pacific Railway? -propose Holmes.

Stanley Hopkins imprecò tra i denti cercando di non scomporsi.

-Che stupido che sono! È sicuramente così. Allora, J.H.N. Sono le iniziali che ci restano da indovinare. Ho già esaminato le liste di Borsa e gli archivi commerciali ma non ne trovo nessuno del 1969. Nemmeno tra gli agenti di cambio, neanche tra gli assistenti. Ho l'impressione che questo sia l'indizio più importante che abbiamo.

Sarete d'accordo, signor Holmes, che c'è la possibilità che quelle iniziali siano dell'assassino.

In più, il taccuino relativo ai movimenti di denaro ci fornisce un movente per il crimine.

Sherlock Holmes rimase completamente immobile, sorpreso da queste nuove prospettive.

-Sono costretto ad ammettere che siete brillante- disse Holmes -il taccuino, che non avevo ancora visionato, modifica l'idea che mi ero fatto. Ero arrivato ad una teoria in cui questo taccuino non trova posto. Avete provato a rintracciare alcuni dei valori menzionati?

-Stiamo indagando ma ho paura che la lista completa dei possessori di quei titoli non si trovi in questi uffici. Ci serviranno settimane, se non di più, signor Holmes.

Holmes indicò un punto della copertina del taccuino con il dito.

-Questo è sicuramente sangue.

-Si, vi ho già detto che ho trovato il taccuino sul pavimento.

-Questo prova, ovviamente, che la caduta del taccuino è postuma al crimine.

-Esatto, signor Holmes. Ci ho pensato e sono arrivato alla conclusione che sia caduto all'omicida durante una fuga precipitosa. Era vicino alla porta.

-Non c'è traccia di questo denaro tra le cose del defunto?

-No.

-Avete ragione di sospettare un furto, Hopkins?

-No, sembra che non abbiano toccato nulla, tutto era in ordine.

-È tutto molto interessante, devo ammetterlo. C'era anche un coltello, no?

-Si, il coltello era all'interno del proprio fodero, ai piedi del morto. La signora Carey l'ha riconosciuto, è sicura che appartenesse a suo marito.

Holmes rimase immobile, perso nei propri pensieri. Poi guardò Hopkins con attenzione.

-Verremo a dare un'occhiata.

Hopkins si mostrò visibilmente contento ma Holmes lo minacciò con l'indice.

-Sarebbe stato molto più facile otto giorni fa, ma anche ora, un mio sopralluogo potrebbe non rivelarsi vano. Watson, se avete tempo, mi piacerebbe avere la vostra compagnia per questo caso. Hopkins, se volete chiamare un taxi, saremo pronti in pochi minuti.

Impiegammo quasi due ore ad arrivare sul posto. Forest Row, un villaggio nell'est del Sussex. In una radura, di fianco ad una collinetta, vi era la casa del capitano defunto.

Vicino, visibile dalla strada, vi era la sua casetta in legno. Il teatro dell'omicidio.

La capanna era molto semplice: pareti in legno con un doppio tetto, una finestra dal lato della porta ed una nel lato apposto.

Hopkins estrasse la chiave dalla tasca ma si fermò, restando immobile.

-Qualcuno l'ha forzata!- disse.

Holmes esaminò la finestra.

-Qualcuno ha tentato di forzare anche la finestra. Chiunque sia non è riuscito ad entrare. Doveva essere un ladro con poca esperienza, d'altronde queste serrature non sono complesse da scassinare.

-Ieri tutti questi segni non c'erano, signor Holmes, ne sono sicuro.

-Penso che siamo molto fortunati, Hopkins. È molto probabile che il nostro uomo ritorni per ritentare la sua impresa. Ha tentato di entrare con la lama di un coltellino, ma non ci è riuscito. Cosa farebbe ora? La mia opinione è che tornerà stanotte, con uno strumento più adatto. Sarebbe un errore lasciarsi scappare questa opportunità, dovremo aspettarlo. Vediamo la cabina, nel frattempo.

Le tracce dell'omicidio erano state rimosse ma vi erano ancora molti aloni causati dal tentativo di pulire le macchie di sangue. Il mobilio era lo stesso della notte del crimine.

Per due ore, con grande concentrazione, Holmes esaminò la stanza in lungo ed in largo ma il suo viso rivelò che le sue ricerche erano state vane.

-Avete preso qualcosa dallo scaffale, Hopkins?

-No, non ho mosso proprio nulla.

-Hanno preso qualcosa, c'è meno polvere su quell'angolo dello scaffale che altrove. Forse un libro, o una scatola. Ebbene, più di così, non c'è nulla che per ora possiamo fare. Propongo di andarci a sdraiare in quel magnifico boschetto, in attesa del nostro visitatore.

Erano già passate le undici quando tendemmo la nostra imboscata.

Hopkins suggerì di lasciare la porta della casetta aperta ma Holmes considerò che avrebbe potuto destare sospetti. D'altronde una semplice lama avrebbe potuto scassinarla.

Ci nascondemmo dietro a dei cespugli tra il boschetto e la cabina del defunto capitano.

C'era qualcosa di tetro in quelle piante. Tuttavia potevo sentire la tensione che cresceva con il passare dei minuti. Restammo nel più completo silenzio. In attesa.

Ad un tratto, in lontananza, sentimmo alcuni deboli passi. Erano le due e mezza.

Un rumore deciso ci comunicò che il ladro era riuscito a scassinare la serratura. Una luce illuminò a tratti l'interno della casetta, alla ricerca di qualcosa.

Riuscimmo a vedere la sagoma di colui che sembrava essere solo un ragazzo, magro ed impaurito. Non poteva avere più di venticinque anni.

Lo vedemmo aprire un libro e poi sparire in un angolo della casetta.

Egli aveva appena riposto il libro nello scaffale quando Hopkins e Holmes gli bloccarono l'uscita.

-Ebbene, chi sei e cosa stai facendo qui? -chiese Hopkins con voce autoritaria.

Il ragazzo rimase immobile, visibilmente impaurito e dovette fare uno sforzo per riprendere il controllo.

-Siete dei poliziotti? Vi assicuro che non ho nulla a che fare con la morte del capitano Carey!

-È proprio quello che scopriremo.-disse Hopkins -Il vostro nome?

-John Hopley Neligan.

Holmes e Hopkins si scambiarono una rapida occhiata d'intesa.

-Cosa state facendo qui?

-Posso parlare con voi in via confidenziale?

-Certo che no! -sbottò Hopkins.

-Allora perché dovrei dirvelo? Se avete già deciso che sono colpevole?

-Perché se non avete nessuna spiegazione convincente da fornirci, potrebbe andare molto male per voi durante il processo.

Il ragazzo accusò il colpo dovuto alle pesanti parole proferite da Hopkins.

-Ve lo dirò, d'altronde perché no. Però vorrei che questo vecchio scandalo non tornasse a galla. Avete mai sentito parlare di Dawson & Neligan?

Hopkins negò ma Holmes rispose, mostrandosi interessato.

-State forse parlando di quei due banchieri dell'Ovest che hanno creato un enorme fallimento rovinando metà dell'alta società della Cornovaglia?

-Esatto. Neligan era mio padre. Il vero responsabile, però, non era lui. Né il signor Dawson, che si era pensionato. Avevo solo cinque anni all'epoca, ma da quel momento in poi provai vergogna per quell'orrore. Ma tutto ciò che si è sempre detto su mio padre non è vero. Ha sempre creduto che se gli avessero dato il tempo per realizzare, le cose si sarebbero messe a posto e tutti i creditori sarebbero stati rimborsati. Partì per la Norvegia sul suo piccolo yacht, poco prima dell'emissione del mandato d'arresto. Giurò che sarebbe tornato a testa alta. Ma non abbiamo mai più avuto suo notizie. Lui e lo yacht svanirono nel nulla. Io e mia madre credevamo che fosse affondato. Tuttavia un amico di mia madre scoprì, qualche mese fa, che alcuni titoli che mio padre deteneva erano riapparsi sul mercato di Londra. Potete immaginare lo stupore. Passai mesi a cercare informazioni ed arrivai al proprietario di questa baracca, Peter Carey.

Così mi informai su di lui e scoprii che aveva comandato una baleniera che doveva tornare dal polo nel momento esatto in cui mio padre stava andando verso la Norvegia. Possibile che il capitano abbia incontrato lo yacht di mio padre? In questo caso, cosa sarebbe successo? Queste domande me le posi ma pensai che avrei potuto dimostrare l'innocenza di mio padre con la testimonianza di Carey. Arrivai fin qui per vederlo ma in quegli stessi giorni lui fu ucciso. Lessi sul giornale la descrizione dell'omicidio e lessi di alcuni vecchi libri di bordo. Ho tentato di aprire la porta ieri notte ma senza successo. Così sono tornano stanotte. Pensavo che leggendo sul diario di bordo di quell'anno avrei potuto capire cosa era successo a mio padre ma alcune pagine, proprio quelle, sono state strappate.

-È tutto? -chiese Hopkins.

-Si, è tutto.- disse il ragazzo.

-Non avete nient'altro da dirci?

-Nulla, signore, sono sincero.

-Non siete mai venuto qui prima della notte scorsa?

-No, mai.

-Allora come spiegate questo?- chiese Hopkins brandendo il taccuino con le iniziali del ragazzo.

In quel momento il sospettato crollò portandosi le mani al viso ed iniziando a piangere.

-Dove l'avete preso? Credevo di averlo perso in albergo...

-Basta! -disse Hopkins con tono minaccioso -Se vi resta qualcosa da dire potete tenerlo per il tribunale. Ora venite con me in centrale.

Poi continuò rivolgendosi ad Holmes.

-Signor Holmes, ringrazio voi ed il vostro amico per avermi assistito. La vostra presenza non era necessaria, avrei potuto sbrigarmela da solo, ma vi sono comunque riconoscente.


 

L'indomani Holmes mi raggiunse sul divano del salotto, a Backer Street, con fare sospetto.

-Ebbene, John, che ne pensate?

-Vedo che c'è qualcosa che non vi soddisfa.

-Avete ragione. I metodi di Stanley Hopkins non mi piacciono, mi aspettavo di meglio da lui. Dovrebbe sempre immaginare un'altra eventualità, un'altra spiegazione. É una regola basilare nell'ambito della indagini criminali. Eppure a lui sfugge.

-Qual'è l'altra strada?

-Quella che cerchiamo noi, John. È possibile che sia un buco nell'acqua ma la seguiremo ugualmente.

Holmes si alzò e prese dal tavolino una lettera che era arrivata poco prima. La aprì e scoppiò in una risata trionfante.
-Eccellente, John! L'altra eventualità si sta concretizzando. Telefonate all'ispettore Hopkins ed invitatelo per colazione, domani alle nove e trenta. E telefonate anche all'agente marittimo sulla Ratcliff Highway, chiedetegli di mandarci tre uomini, per le dieci di domattina. Fatto questo raggiungetemi al piano di sotto, questa storia mi ha infestato per dieci giorni, oggi propongo di rilassarci.

Eseguii le richieste di Holmes e lo raggiunsi al piano inferiore.

Per le ore seguenti assistemmo, protetti da un vetro oscurato, alla stessa scena ripetuta.

Holmes aveva costruito una finta parete in modo che potessimo nasconderci. All'interno della stanza vi erano solamente un tavolo ed una sedia. I candidati, radunati da Holmes con la promessa di venti sterline a esperimento concluso, si sedevano uno alla volta. Di fronte a loro, sul tavolo, vi era una radio che dopo pochi secondi veniva portata via da un uomo che poi usciva dalla stanza.

In seguito presentammo a tutti i candidati una serie di sei fotografie raffiguranti altrettanti uomini e chiedemmo ad ogni candidato di riconoscere la persona che aveva rimosso la radio dal tavolo.

Holmes mi disse che nella serie che stavamo per mostrare non era presente il vero “colpevole”.

Una volta vagliati tutti i candidati, li dividemmo in tre gruppi. Al primo comunicammo che il soggetto da loro identificato aveva “confessato”. Al secondo comunicammo che tutti i sospetti continuavano a negare. E al terzo gruppo dicemmo che un'altra persona aveva “confessato”.

Le scoperte di Holmes furono strabilianti.

Più della metà dei candidati del terzo gruppo modificò la propria identificazione decidendo che il colpevole era quello che loro sapevano che aveva confessato.

Praticamente tutti i candidati del primo gruppo, forti della nostra approvazione, iniziarono a ricordare molti più dettagli del furto e del falso colpevole, raggiungendo altissimi livelli di sicurezza.

Dividemmo il secondo gruppo in due e comunicammo alla prima metà che alcuni sospettati continuavano a negare, mentre altri avevano confessato. Alla seconda metà dicemmo che solo un individuo specifico della serie aveva confessato.

La metà esatta di entrambi i sottogruppi decise che il colpevole era tra le fotografie mostrate.

Holmes mi spiegò che questo era un passo avanti molto importante nella sua ricerca sulle false testimonianze e che con questo esperimento eravamo riusciti a dimostrare che se un investigatore dice che una persona ha confessato allora si è portati a pensare che sia vero. E se è vero che ha confessato è anche vero che ha commesso il fatto.

In conclusione Holmes mi disse che i nostri candidati, di età ed intelligenza variabile, credevano più alle nostre parole ed alle nostre false dichiarazioni, piuttosto che alla loro personale esperienza.

La profondità dell'intelletto di Holmes mi sconvolse ma trovai l'esperimento estremamente illuminante. D'altronde, una mente fertile e rapida come quella di Sherlock Holmes non sarebbe potuta rimanere ferma nell'ozio molto a lungo.


 

Il mattino del mio sesto giorno di convivenza con Sherlock Holmes iniziò con il suono puntuale del campanello che annunciava l'arrivo di Hopkins per la colazione.

La signora Hudson si era gentilmente offerta di preparare un gustosissimo tè nero ed alcuni biscotti al burro fatti in casa.

-Credete di aver risolto il caso in modo corretto? -chiese Holmes.

-Non vedo perché no. Mi sembra che l'indagine sia più che completa.

-La vostra indagine non mi è sembrata neanche lontanamente concludente, Hopkins.

-Davvero? Cosa volete di più, signor Holmes?

-Voi davvero non mi starete dicendo che siete in grado di spiegare ogni dettaglio?

-Senza dubbio.- rispose sicuro Hopkins -Neligan è arrivato in albergo il giorno stesso dell'omicidio, con la scusa di giocare a golf. La sua camera è al piano terra ed è evidente che da li potesse uscire con facilità, senza essere visto. Quella notte ha incontrato Carey, hanno litigato e l'ha ucciso con l'arpione. Quando si è accorto del disastro che aveva fatto è scappato, lasciando cadere il taccuino che aveva portato con se per interrogare il capitano a proposito di quei titoli. Abbiamo trovato alcuni di quei titoli sul mercato di Londra, ma per gli altri si poteva pensare che fossero ancora in possesso di Carey. Neligan era certamente desideroso di recuperarli e probabilmente anche di agire correttamente. Ma la situazione gli deve essere sfuggita di mano. Mi sembra tutto evidente.

Holmes sorrise.

-C'è un inconveniente Hopkins. E sapete anche voi che se una teoria funziona non ci può essere un inconveniente. E viceversa. Avete mai provato a trapassare un corpo da parte a parte con un arpione?

Hopkins si mostrò senza parole ed Holmes continuò con il suo monologo.

-Sono dettagli importanti, a cui bisognerebbe prestare attenzione. Il mio amico John può confermarvi che ho passato buona parte di una mattinata a provare questo esercizio. Non è affatto facile e richiede un braccio allenato e robusto. Ora, il colpo è stato inferto con una violenza tale da trapassare il corpo e far conficcare la punta dell'arpione nel legno. Credete che quel ragazzo anemico sia capace di una simile impresa? Sarebbe lui l'uomo che beveva rum con Peter il nero? No, Hopkins. Dobbiamo cercare un individuo molto più prestante.

Mentre Holmes parlava, le speranze e le sicurezze dell'ispettore affondavano lentamente.

-Ma non potete contestare il taccuino di Neligan che prova la sua presenza la notte dell'omicidio! -replicò Hopkins- credo di avere abbastanza prove per convincere una giuria, anche se siete in grado di trovare qualche falla. Inoltre il sospettato principale è in cella in questo momento, il vostro uomo dov'è, signor Holmes?

Holmes sorrise nuovamente.

-Dovrebbe essere sulle scale, se non mi sbaglio. Watson, presto, apra quel cassetto e prenda il revolver, lo tenga nascosto però.

Holmes si alzò in tutta fretta e prese un foglio battuto a macchina che appoggiò sul tavolo a faccia in giù.

La signora Hudson annunciò i tre uomini ed Holmes chiese di farli entrare uno alla volta.

Si presentò davanti a noi un uomo di circa cinquant'anni, basso e tozzo, con i capelli rossastri.

-Nome?- chiese Holmes sorridendo.

-James Burton.

-Mi dispiace Burton, il posto è già stato preso. Eccovi dieci sterline per il fastidio. Per cortesia, passate nella stanza accanto ed attendete un istante.

Il secondo visitatore era un uomo alto e magro, quasi secco. Si chiamava Hugh Pattins e fu congedato con le dieci sterline ed invitato ad attendere.

Il terzo signore era un uomo di aspetto notevole. Aveva un folta barba nera, non molto lunga. Egli ci salutò e si piantò di fronte a noi da vero marinaio, stringendo un berretto tra le dita.

-Il vostro nome?- chiese Holmes.

-Patrick Cairns

-Arpionatore?

-Si, ventisei stagioni.

-Di Mallaig, immagino?

-Si.

-È pronto a partire con una nave d'esplorazione?

-Certo.

-Cinquecento al mese vi bastano?

-Certo.

-Potreste partire immediatamente?

-Il tempo di preparare il mio equipaggiamento.

-Avete i documenti?

-Certo.- disse l'uomo estraendo dalla tasca una busta piena di fogli.

Holmes li guardò e glieli restituì.

-Siete l'uomo che cerco! Il contratto è sul tavolo, se lo firmate saremo a posto.

Il marinaio si spostò davanti al tavolo, voltò il foglio e prese una penna.

-Devo firmare qui?- chiese l'uomo chinandosi sul documento.

-Esatto, proprio li.- disse Holmes sporgendosi da sopra la spalla destra dell'uomo.

In quel momento sentii un scatto metallico ed Holmes ed il marinaio caddero a terra.

Sorpreso dalla fulminea cattura, l'uomo iniziò a dimenarsi come una bestia un gabbia.

Hopkins tentò di aiutare Holmes ma fu scaraventato a terra producendo un rumore sordo.

Benché il marinaio possedesse una forza smisurata, le sue intenzioni si placarono appena appoggiai alla sua tempia la canna fredda del revolver.

Holmes si affrettò a legargli le caviglie, mentre io lo tenevo sotto tiro ed Hopkins cercava di riprendersi.

I loro sguardi si incrociarono ed Holmes gli sorrise.

-Non so che dire, signor Holmes. Sembra proprio che abbia svolto l'indagine come un vero stupido. Anche adesso, capisco quale sia la conclusione ma non capisco come ci siamo arrivati.

-Forza, Hopkins. Si impara solo con l'esperienza. E la vostra lezione di oggi è che non dovete mai smettere di pensare ad un'altra eventualità. Eravate così preso dal giovane Neligan da non riuscire a pensare ad un altro assassino.

In quel momento la voce rauca e grave del marinaio si unì alla conversazione.

-Vorrei che chiamaste le cose col loro nome. Voi dite che ho assassinato Carey, io dico che l'ho ucciso. Fa tutta la sua differenza.

-Raccontate pure.- disse Holmes.

-Conoscevo Peter il nero e quando ha tirato fuori il coltello l'ho infilzato con l'arpione. O io o lui, gli si leggeva in faccia, è così che è morto. Tutto è successo nel 1969. Peter Carey era il capitano della Sea Unicorn ed io l'arpionatore in seconda. Uscimmo dalla banchisa e rientrammo con vento contrario ed una tempesta del sud che durava da otto giorni, quando vedemmo una piccola barca che era stata spinta verso nord dalla raffica. A bordo c'era solo un civile. Il capitano decise di aiutarlo ed i due ebbero lunghe conversazioni nella sua cabina. L'uomo aveva con se un solo oggetto, una piccola cassa di ferro. Non ci ha mai detto il suo nome e la terza notte è sparito, come se non fosse mai esistito. Hanno detto che si era gettato o che era caduto in mare. Ma io so esattamente cose è successo. Io ho visto il capitano afferrarlo per le caviglie e farlo volare giù dal parapetto. Ebbene, ho tenuto per me questo segreto per vedere cosa sarebbe successo. Una volta rientrati nessuno indagò. Uno sconosciuto era morto accidentalmente e nessuno aveva motivo di aprire un'indagine. Poco dopo, Peter Carey, si ritirò. Mi ci vollero anni per scoprire dov'era. Pensai che nella scatola ci fosse qualcosa di valore per spingerlo ad uccidere un uomo e che avrebbe potuto pagare il mio silenzio. La prima sera fu abbastanza ragionevole. Era pronto a darmi quello che volevo, a patto che non parlassi con nessuno. Ma la sera dopo lo trovai ubriaco e malinconico. Si vedeva che aveva dei pensieri, che qualcosa non andava. Poi, di colpo, si è scagliato contro di me, sputando e bestemmiando, con il coltello alla mano. Non ha avuto il tempo di sguainare il coltello che l'avevo già trapassato da parte a parte. L'urlo fu orribile. Un rumore infernale. Ma nessuno si svegliò e nessuno venne a vedere. Così mi sono nascosto tra i cespugli ed ho visto un uomo entrare nella baracca. Si è spaventato a morte ed è scappato. Non so chi fosse ne cose volesse. Io ho continuato a camminare per un bel po', finché non sono arrivato alla stazione di Tunbridge Wells dove ho preso un treno per Londra. Ebbene, una volta esaminata la scatola ho trovato al suo interno solo dei documenti che non si possono vendere. Così ho visto l'annuncio che avete fatto mettere e sono venuto qui.

-Una deposizione completa.- disse Holmes accendendosi la pipa -Credo, Hopkins, che dobbiate mettere il vostro prigioniero in sicurezza, questa stanza non è adeguata a lui.

-Holmes, non so come esprimerle la mia gratitudine. -disse Hopkins.

-Ho avuto la fortuna di seguire la pista giusta fin dall'inizio. Se fossi inciampato sul taccuino, avrebbe forse potuto portarmi fuori strada. Ma tutto, dall'abilità con l'arpione, alla forza necessaria, al rum, fino alla borsa di foca. Tutto indicava un marinaio, un cacciatore di balene, per la precisione. Ricordate che vi ho chiesto se c'erano altri alcolici? Whisky e brandy abbiamo detto. Quanti borghesotti bevono del rum se possono bere altri alcolici? Era sicuramente un marinaio, sul viale dei ricordi, oltretutto.

-E come l'avete trovato?

-Da questo punto in poi la soluzione è semplice. Ho immaginato che il nostro uomo era probabilmente a Londra e che voleva lasciare la città il prima possibile, visto l'accaduto. Ho fatto varie telefonate nella giornata di ieri, fingendomi un capitano intento ad organizzare una spedizione artica ed ecco il risultato.

-Fantastico!- gridò Hopkins.

-Deve liberare il giovane Neligan prima di subito, Hopkins, credo gli dobbiate delle scuse.

Hopkins condusse il prigioniero in centrale, ringraziammo gli uomini nella stanza accanto per la loro attesa e restammo soli. Calò il silenzio.

Holmes impugnò il suo violino ed iniziò a suonare alcune note drammatiche.

In quell'istante un sasso ruppe il vetro della finestra che dava su Backer Street.

Holmes si precipitò ad osservare e andò su tutte le furie vedendo che il colpevole del fatto era solamente un bambino e quindi probabilmente non sarebbe stato possibile risalire al vero mandante.

Legata al sasso con uno spago vi era un foglio di carta. Holmes lo slegò e lesse ad alta voce.

-”Siamo due sorelle, ci vediamo costantemente ma non ci incontriamo mai. Sarò li.”

-Cosa significa?- chiesi ad Holmes senza capire cosa stesse succedendo.

Holmes non mi rispose e si precipitò a tagliare un angolo del foglio. Lo mise in una provetta ed aggiunse alcuni cristalli bianchi seguiti da un liquido trasparente. La soluzione divenne marrone in un istante.

-Quello è un reagente per l'emoglobina, Holmes?

-Esattamente, John. Questa è una sfida. Odio gli indovinelli, capisco che possa sembrare strano ma li odio. Ci hanno rotto la finestra per avere attenzione, il ragazzino è inutile essendo solo un fattorino, il foglio contiene un indovinello chiaramente diretto a me, o peggio, a noi. C'era una piccola macchia sul foglio ed il reagente prova la presenza di sangue.

-L'hanno mai sfidata, Holmes, prima d'ora?

-Certo, John, ma mai così apertamente. Ci sarà da divertirsi, io credo. Per il momento, ha ancora fame? Io si. Mi accompagnerebbe a fare una passeggiata lungo il Tamigi?

   
 
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