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Autore: MeliaMalia    15/05/2019    2 recensioni
Ambientata dopo Endgame. CONTIENE SPOILER.
SPOILER DI ENDGAME!
Però Gamora si sente ugualmente disallineata da se stessa. Per lei i cambiamenti sono tanti. Sono troppi.
Ha trovato una sorella. Nonostante la stesse cercando nello sguardo di Nebula da anni, ritrovarsene all’improvviso una al proprio fianco l’ha destabilizzata.

Dopo la battaglia con Thanos, Gamora sparisce dai radar dei guardiani. Peter desidera ritrovarla, ma scandagliare una Galassia non è semplice neppure quando sei l'uomo più disperato e determinato al suo interno.
Genere: Avventura, Commedia, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO PRIMO








“I like to see you
But then again
That doesn't mean you mean that much to me”
10cc – I’m not in love









La battaglia con Thanos infuria. Non c’è un attimo da perdere. Ciò che li separa – che la separa – da una morte orribile è la flebile speranza di riuscire a sconfiggere il titano pazzo e l’immenso esercito da lui raccolto negli anni.
Eppure Gamora esita un istante.
Per fortuna quello della battaglia è un ambiente che le è familiare, nel quale può muoversi lasciando l’istinto a guida delle proprie azioni.
La mente, quella è troppo distratta.
È stata trascinata nel futuro dalla scelta di suo padre. Non un futuro troppo remoto, sia chiaro, giusto nove anni dopo il loro presente. Un lasso di tempo ridicolo. Non ci sono invenzioni fantascienfiche, nuove razze scoperte o enormi cambiamenti nella società – fatta eccezione per suo padre che ha sterminato metà del creato, ma quella era una cosa già in agenda da tempo, no?
Però Gamora si sente ugualmente disallineata da se stessa. Per lei i cambiamenti sono tanti. Sono troppi.
Ha trovato una sorella. Nonostante la stesse cercando nello sguardo di Nebula da anni, ritrovarsene all’improvviso una al proprio fianco l’ha destabilizzata.
Non ha idea del perché. È stato come vedere una stella apparire all’improvviso, dal nulla. Piacevole, ma inaspettato. Una bella novità, ma, dannazione, solo un secondo prima lì c’era solo dello spazio vuoto, okay?
Hanno parlato. Hanno tradito Thanos.
Non che non fosse pronta a farlo. Aveva preso questa decisione dentro di sé da tempo, ormai. Ma doveva trovare il coraggio di compiere il primo passo. Invece le cose sono precipitate così in fretta da spintonarla nella giusta direzione senza lasciarle il tempo di realizzare appieno la cosa.
Così ha lasciato il comando al suo istinto, la sua parte guerriera, quel lato del suo carattere affinato con le urla e con il sangue dal patrigno. E tutto stava andando più o meno bene, quando ha visto quell’umano in pericolo. Ha sparato, per salvarlo.
Lui ha disattivato la maschera protettiva e l’ha fissata. E lei ha esitato.
Qualcosa nel suo sguardo l’ha fermata.
Una volta, anni e anni prima, quando sia lei che la sorella non raggiungevano in altezza i fianchi di Thanos, lui, di ritorno da una delle sue missioni di riequilibriatura, aveva portato loro un dono assai particolare. Non la solita arma esotica, ancora sporca del sangue di qualche nemico, non uno strumento di dolore e sofferenza per temprare il loro carattere ma... due Erdel.
Due cuccioli d’Erdel.
Pelosi, soffici come nuvole, tutti azzurri e bianchi. Erano tanto belli e da sembrare il miracolo d’un Dio particolarmente di buon umore. Sette zampette dotate di cuscinetti morbidosi, un corpo tozzo e tre code voluminose, al momento tenute basse, segno del terrore che i piccoli provavano.
E gli occhi. Ne avevano due paia per uno e li usavano per lanciare ai presenti sguardi capaci di sciogliere un iceberg. Coccolami, sembrava di leggere in quelle iridi azzurre come l’acqua sorgiva, coccolami, ho bisogno di qualcuno che lo faccia.
Erano così fuori luogo, in quell’inferno di lamiere e roccia dove il titano pazzo aveva stabilito di vivere.
Thanos aveva dato alle sue figlie il compito di prendersi cura dei nuovi arrivati. Nebula non aveva saputo nascondere un piccolo sorriso entusiasta all’idea. Era così diversa, all’epoca. Nessuna parte del corpo sostituita e ancora l’innocenza di credere che il destino avesse in serbo qualcosa di bello per lei.
Gamora non c’era cascata. Con ben due anni di vantaggio sulla sorella, aveva già capito per quali sentieri viaggiassero i pensieri del padre. Quando qualcosa proveniva da lui, più sembrava gradevole più si sarebbe rivelata orribile.
Probabilmente quei due cosi celavano qualcosa di orrendo. Magari divoravano gli ignari nel sonno. Certamente erano pericolosi, in quale modo. In qualche soffice modo, ecco.
Tuttavia, avendo ricevuto un ordine diretto, se ne era presa cura. Per cinquanta lunghi giorni.
Quegli occhi.
Quegli occhi maledetti. In quel periodo furono sempre la prima cosa che vide al risveglio. Quattro pupille nere come la notte che la fissavano, innamorate. Bisognose. Con il passare del tempo, affettuose.
Per cinquanta giorni durante le sue attività quotidiane aveva sentito accanto a sé il fruscio dell’animale in movimento, perennemente accanto ai suoi piedi. Fedele e adorante.
Se la giovane veniva ferita durante l’addestramento, l’essere emetteva un verso acuto, addolorato, colmo di preoccupazione. Se lo lasciava solo per andare in luoghi dove esso non era ammesso, al suo ritorno l’attendeva una manifestazione di gioia tale da far sembrare che fosse appena arrivata una divinità. Per non parlare delle feste che le imbastiva al momento dei pasti. E non smetteva mai, mai di fissarla con quegli occhi colmi di gratitudine.
E infine aveva ceduto. Perché era solo una bambina e resistere a quello sguardo era stata un’impresa più grande di lei. Aveva ceduto e si era affezionata.
Dopo cinquanta giorni, Thanos aveva ordinato loro di ucciderli. Per temprare il loro carattere, sostenne.
Nebula, punita ferocemente solo il giorno prima per un errore compiuto durante l’addestramento, aveva eseguito l’ordine senza esitare. Una delle poche volte in cui risultò più veloce di lei.
Gamora aveva fissato quegli occhi pieni d’affetto e fiducia un’ultima volta; poi, afferrata l’elsa del pugnale che teneva appeso al fianco, si era mossa rapidamente, accontentando il padre.
Aveva pianto dopo, in solitudine, nascosta nella propria cuccetta. Giurando a se stessa di non cedere mai più davanti a uno sguardo così. Perché era solo una breccia per il dolore.
Guardò l’umano davanti a lei. Aveva occhi tali e quali a quelli dell’Erdel che era morto – che aveva ammazzato – anni prima. Non nell’aspetto e nemmeno nel colore, ma per messaggi che sembravano inviarle. Sorpresa. Felicità. Affetto. Disperato bisogno.
Gamora dimenticò le urla, il sangue e la battaglia che infuriava attorno a loro, incuriosita dallo sguardo che lui le stava rivolgendo.
Nebula aveva provveduto a raccontarle tutto, mentre la convinceva a tradire il padre. A quanto pareva, la Gamora del futuro aveva trovato una famiglia vera. E si era innamorata. Ascoltando le parole della sorella, si era domandata che aspetto potesse avere un essere umano capace di farle dimenticare ogni promessa fatta a se stessa.
Per quale creatura nobile, possente e meravigliosa lei aveva ceduto a un sentimento così forte?
Gli permise di avvicinarlo, per osservarlo meglio. A prima vista pareva un perfetto idiota. Aspetto da belloccio e un set d’armi noiosamente prevedibile. La sovrastava in altezza di poco ma non avrebbe avuto problemi a stenderlo in un corpo a corpo. Vestiva con un completo ravager e non sembrava possedere alcuna caratteristica speciale.
Le arrivò viso a viso e il suo sguardo parve raccontarle una storia. La loro. O meglio, la storia che aveva unito lui e la Gamora di quel tempo.
Il terrestre alzò un braccio e le sfiorò il viso con una mano. Fu un contatto non del tutto spiacevole, ma troppo invasivo, troppo intimo. Gamora s’irrigidì, infastidita.
“Credevo di averti persa” fu il bisbiglio che lui pronunciò, sognante. Sembrava così innamorato. Così felice di rivederla.
E la sua carezza non era così spiacevole come doveva essere.
Afferrò una mano e torse quella dell’uomo, senza pietà. Lo sentì urlare e lasciò la presa prima di rompergliela. Alzò il ginocchio e lo colpì due volte, laddove sapeva di fargli più male.
Lo fissò mentre crollava a terra, retrocedendo di un passo. Quegli occhi da Elder avevano forse messo nel sacco una versione di se stessa, ma non lei. Sentì Nebula raggiungerla in quel momento e l’apostrofò seccamente:
“È questo qui? Davvero?”
“L’alternativa era tra lui e un albero.” Fu la pratica risposta della sorella.
Lo abbandonarono e tornarono alla battaglia. Gamora giurò a se stessa che, se ne fosse uscita viva, la sua prima azione sarebbe stata quella di mettere quanti più pianeti possibili tra lei e quel tizio.







   
 
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