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Autore: VALE__97    16/05/2019    0 recensioni
La crepa che si era spalancata all’interno degli Avengers era apparentemente insanabile e Steve Rogers cercava di raccogliere i cocci. Era a pezzi, lo eravamo tutti… Non c’erano né vincitori né vinti, avevamo tutti perso e ne eravamo ben consapevoli. Che cosa avremmo fatto da quel momento in poi nessuno lo sapeva, non mi serviva leggere le loro menti perché lo potevo benissimo intuire dalle loro facce affrante e pensierose.
«Che cosa facciamo capitano?» disse Sam rompendo il silenzio.
Steve alzò lo sguardo da terra. «Non chiamatemi più così»
~Raccolta di missing moments focalizzati nel periodo di tempo tra CivilWar e InfinityWar~
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers/Captain America, Visione, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7

You’re a terrible liar

Natasha

Mi voltai scrutando scettica il mio riflesso nello specchio e mi passai una ciocca di capelli tra le dita. Mi sarei dovuta abituare in fretta a quel nuovo colore ma i capelli rossi mi mancavano terribilmente. Anni fa questo genere di coperture erano una consuetudine, ma ora mi sembrava di non avere più il controllo della mia vita.

«Ti stanno molto bene.»

Mi voltai di soprassalto e vidi Steve appoggiato allo stipite della porta che mi fissava assorto.

«Sei un pessimo bugiardo Rogers!» dissi infastidita da quel complimento.

Fece qualche passo e si accostò a me. «Sono serio.» replicò lanciandomi uno sguardo fermo. Diceva la verità.

«A te invece non dona per niente la barba.» dissi con tono di sfida, indicando la barba ispida che gli ricopriva il volto. «Ti invecchia.» Non riuscii a trattenere un sorriso.

«In effetti...ho quasi 100 anni.» rispose lui ricambiando il sorriso. «Comunque sono qui per dirti che esco.» aggiunse in tono sommesso. Lo studiai per qualche secondo e capii che stava nascondendo qualcosa. Da qualche settimana si comportava in modo strano; riceveva molte telefonate e ogni volta lasciava la stanza per rispondere in solitudine, altre volte invece rientrava tardi, senza dire una parola.  

«Va bene.» feci.

Steve mi lanciò un’occhiata sorpresa. Si aspettava che - come sempre - gli chiedessi dove sarebbe andato ma non lo feci. Ogni volta mi rispondeva che andava a fare la spesa o ad allenarsi perciò decisi che l'avrei scoperto da sola.

 

~~<><><><>~~

 

Lo seguii per due isolati quando lo vidi guardarsi intorno ed addentrarsi in un locale. Non potei fare a meno di soffocare una risata notando il suo atteggiamento da ‘spia goffa’; non era tagliato per questo nuovo stile di vita. Guardarsi le spalle era più nel mio stile.

Aspettai qualche minuto ed entrai.

 

La voce amplificata degli annunciatori tuonò dagli altoparlanti posti agli angoli del locale. La sala, probabilmente adibita a concerti di vario tipo, era così ampia che poteva ospitare tranquillamente un centinaio di persone.

Cercai di trovare spazio tra la folla senza riuscire ad avvicinarmi. Da un lato della sala uno degli annunciatori dava il benvenuto al pubblico. «Stasera abbiamo un nuovo sfidante! Un vero e proprio astro nascente della lotta che, in pochi giorni si è classificato per la finale di oggi...» un riflettore illuminò l’ingresso e catturò lo sguardo dei presenti. «...vi presento...Nomad!»

Dalla soglia comparve Steve che, misurando la stanza a grandi passi, si fece largo tra la folla e raggiunse il suo avversario. Mentre gli spettatori applaudivano provai una sensazione di vertigini provocata dal mescolarsi della rabbia e della sorpresa nel trovarlo lì.

Quando la campana segnalò l’inizio dell’incontro mi voltai cercando l’uscita; non avevo intenzione di restare lì un secondo di più.

 

~~<><><><>~~

 

Sopraffatta dalla noia iniziai a calciare una lattina. Ero appoggiata al muro sul retro del locale da quasi un’ora, aspettando di veder uscire Steve. Il vicolo era umido e i cassonetti colmi di immondizia emanavano uno sgradevole odore. Qualche minuto dopo uno scatto accompagnò l’aprirsi della porta e Steve comparve sulla soglia. Lo raggiunsi a gran passi.

«Avevamo detto niente segreti fra noi! Io non ti chiedo dove vai e tu non fai cose stupide.»

Steve alzò gli occhi al cielo. «Mi hai seguito. Avrei dovuto aspettarmelo.»

«Ti comporti in modo strano da settimane.» dissi giustificandomi.

«Mi comporto come se qualcuno mi stesse dando la caccia ricordi? Questa non è una vacanza!» ribatté lui alzando il tono di voce.

«Quello che fai qui non è onesto!» esclamai.

«E’ difficile trovare un lavoro onesto se vai in giro con dei documenti falsi.»

«Potevi almeno provarci!»

«E cosa potrei fare secondo te? Il lavapiatti? Il cameriere?» sbottò lui.

«Perché no!?»

«Poi proprio tu mi vieni a parlare di onestà.» disse con tono offeso. Non capii perché improvvisamente stava accusando me e cercai di spostare il discorso nuovamente su di lui.

«Che vuoi fare con quei soldi?» mi guardò perplesso. «So che sono previsti dei compensi.» spiegai.

«Voglio mettere da parte i soldi necessari per andarcene da qui, e non impiegarci anni sarebbe gradito.» la sua rabbia svanì lasciando posto ad un tono più disteso.

«Andare dove?» chiesi sorpresa.

«Non lo so.» rispose lui con lo so sguardo vago.

«Bugiardo.» Rogers non aveva mai saputo mentire e, anche se non avessi mai ricevuto un addestramento da spie - che includeva saper individuare alcuni segnali involontari del corpo per capire se il soggetto dicesse il vero - avrei capito che ciò che stava dicendo era il contrario di ciò che pensava. Aveva un piano preciso.   

Si strinse nelle spalle «Io pensavo di trasferirci in inghilterra.» disse lui rassegnato. «Una volta lì potremmo finalmente riappropriarci di una vita normale. Ci faremo dei documenti falsi in modo da poter affittare una bella casa e ricominciare.»

«Quando pensavi di dirmelo? Se hai un piano che prevede di trasferirci in un altro paese abbiamo il diritto di saperlo e di dire la nostra.» dissi trattenendo il fiato.

«Non me lo avresti permesso. Sono stato io a mettervi in questo guaio e volevo trovare una soluzione da solo.»

Feci per rispondere ma per la prima volta mi ritrovai senza parole; non riuscii a trovare argomenti per continuare quella discussione, e forse non volevo nemmeno che proseguisse. Sospirai sconfitta e mi riappropriai della calma.

«Possiamo andarcene da questo posto? Non voglio puzzare di immondizia.» Cercai di mantenere un tono serio ma non riuscii a nascondere un sorriso.

Steve scoppiò a ridere e mi cinse le spalle con un braccio. «Andiamo.»

 

Spazio autrice

Inizialmente avevo deciso di raccontare la storia dal punto di vista di Steve e quello di Wanda ma dopo Endgame ho sentito il bisogno di dare più spazio all’amicizia di Natasha e Steve. Da qui l’idea di scrivere il capitolo dal suo punto di vista.

Fatemi sapere cosa ne pensate di questa scelta. :)

   
 
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