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Autore: Kaiyoko Hyorin    16/05/2019    1 recensioni
L'epoca Sengoku ha un fascino tutto suo, ma molte creature di quella stessa epoca non sembrano coglierlo minimamente, troppo impegnate a prevaricare le une sulle altre nella costante lotta per la sopravvivenza. Ma non vi è solo odio, sangue e morte in quel mondo, Inuyasha e i suoi amici lo hanno già capito. E se la storia non si fosse conclusa così come noi la conosciamo? E se il destino dovesse impedire a Koga di ottenere ciò che brama con tutto sé stesso?
TEMPORANEAMENTE SOSPESA!
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Dal testo:
[ L'odio e la rabbia avvamparono dentro di lei. Odio per ogni demone esistente sulla terra, per ciò che le avevano fatto in passato e che le stavano facendo in quel momento. In quel preciso istante, la mente offuscata dal dolore e dall'eco di una crescente disperazione, disprezzò con tutta sé stessa lo stesso sangue che le scorreva nelle vene.
Perché se non fosse stato per quello, non avrebbe mai finito per trovarsi in quella situazione.
]
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Koga, Nuovo personaggio | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.::[. NOTTE DI LUNA PIENA .]::.



All'improvviso Juri arrestò la propria corsa e con lei il lupo che la precedeva. Avevano già raggiunto il territorio della Tribù Yoro e lì, grazie alle bestie rimaste di guardia, avevano appreso lo svolgersi degli eventi. Così la mezzodemone si era fatta guidare di nuovo oltre i confini dell'area dei demoni-lupo per raggiungere il luogo in cui li avrebbe finalmente trovati.
Questo nella speranza che non fosse troppo tardi.
Ad un certo punto le orecchie le si rizzarono sul capo argenteo mentre si voltava di scatto verso destra, annusando l'aria.
Non poteva sbagliare: seppur flebile, quello era odore di sangue.
– Di qua! – esclamò, prima di riprendere a muoversi.
Il lupo le fu subito dietro, la lingua penzoloni ed il muso proteso in avanti, in quella corsa per il bosco.
Juri seguì l'odore portatole dalla brezza del tardo pomeriggio, allontanandosi da quella che era stata la sua meta originaria senza remore, giacché il suo istinto le diceva che era quella traccia olfattiva la pista giusta da seguire. Pregando che ciò che aveva colto per puro caso non fosse l'odore del sangue di Koga, intimò alle proprie gambe di spingersi oltre il limite, più veloce del vento stesso.
Non si preoccupò, stavolta, di lasciar indietro l'animale che l'aveva scortata sin lì, giacché era spinta da un'urgenza nuova e motivata.
Appena l'intensità dei raggi del sole calante aumentò, rendendo palese un mutamento della vegetazione e l'approssimarsi di un ampio spazio aperto di fronte a lei, la mezzodemone-lupo raccolse ambo le gambe sotto di sé e si diede la spinta, spiccando un poderoso salto che la portò a sbucare facilmente sopra il tetto verde scuro delle fronde degli alberi.
Raggiunta la massima elevazione ad un paio di decine di metri da terra, col vento a gonfiarle le pellicce ed i lunghi capelli d'argento, i suoi occhi ambrati si fissarono sull'ampia distesa di quello che doveva esser stato un prato ed ora era pari ad una distesa brulla solcata da profonde ferite.
E lì, illuminati dalla luce del giorno morente, le figure di Koga a terra e del mezzo-cane a sovrastarlo, puntandogli la sua strana spada davanti al volto. Bastò tale visione a farle digrignare le zanne in un ringhio che ben presto crebbe in volume al pari dell'accrescersi in lei di una rabbia ed una contrarietà incontrollabili.
Non avrebbe lasciato che gli facessero del male!
Mise mano alla propria spada, lasciando che quei sentimenti si riversassero fuori di lei in un urlo che le svuotò i polmoni.
KOOOOOGAAAAAAAAAAAA!!!!!!
La sua voce fendette l'aria, talmente incisiva da dar l'impressione di riuscire a cristallizzare quel momento, ed ella, l'adrenalina ad acuirle i sensi, vide chiaramente le teste di tutti i presenti voltarsi verso di lei, sui loro volti espressioni di assoluto stupore.
In particolare, quella di Inuyasha tradiva una confusione mista a tensione ed incredulità che le fece arricciare le labbra in un ghigno.
Sfoderando Zanka, quella mutò istantaneamente nella sua forma risvegliata, rispondendo ai sentimenti ed alle intenzioni che muovevano la ragazza lupo come se vi fosse un collegamento diretto. L'impeto di luce che ne scaturì venne scagliato in un unico, rapido movimento verso il mezzodemone-cane, fendendo l'aria in una mezzaluna dorata ad una velocità vertiginosa.
Vinta dalla forza di gravità, Juri si sentì richiamare a terra, lo slancio di quel salto ormai calato quasi del tutto, ma non distolse mai lo sguardo dai due contendenti.
Atterrando nell'erba con un'irruenza che sollevò ciottoli, polvere e zolle d'erba, vide distintamente Inuyasha schivare all'ultimo il suo attacco, ma le sue orecchie reagirono a ben altro suono.
– Sorella Juri!
Erano le voci cariche di entusiasmo e sollievo di Ginta e Hakkaku.
Un sollievo che ella condivise e le colmò il petto, ma che si costrinse a tenere a bada giacché aveva cose più pressanti di cui occuparsi. Senza voltarsi a guardarli, determinata a frapporsi fra il capo della tribù Yoro e il suo avversario, scattò in avanti.
Le occorsero soltanto un paio di rapidi balzi per arrivare dove voleva, ponendosi dinanzi al corpo ancora riverso a terra del demone-lupo ed assumendo una posizione difensiva, spada alla mano.
– Tu! Cosa sei venuta a fare, mezza randagia?! – esclamò il cagnolino con palese irritazione, ripresosi dallo stupore e fissandola dritto negli occhi. Le sue iridi dorate, di una sfumatura più fredda di quelle di lei, sembrarono intenzionate a perforarla da parte a parte, non riuscendo a celare la rabbia di lui.
Juri, seppur rimanendo corrucciata, espose nuovamente le zanne in un mezzo sorrisetto arrogante.
– Te l'avevo detto di lasciar stare ciò che mi è caro.. – ribatté a voce alta, sprezzante, prima di aggiungere – Non muoverti se ci tieni alla tua pellaccia, cane!
Come a sottolineare quella minaccia gli puntò persino la propria spada demoniaca contro, cosa che fece digrignare le zanne dell'altro in una smorfia furiosa.
Nella fase di stallo che seguì, uno scalpiccio di piedi in corsa le rivelò l'avvicinarsi a rotta di collo degli altri due demoni-lupo che aveva precedentemente ignorato.
– Sorella! Capo! – fu Hakkaku stavolta a chiamarli, concitato.
La ragazza lupo scoccò finalmente uno sguardo ai due compagni da sopra la spalla.
– Portatelo via – li intimò senza mezzi termini, alludendo al capobranco, e come i due fratelli sembrarono tentennare lei perse la pazienza – SUBITO!
E come poco tempo prima i due demoni-lupo scattarono sull'attenti ed ignorando le proteste del diretto interessato lo sollevarono di peso.
– No! Fermi, razza di idioti..! Juri.. Juri non puoi farlo!
Lei non reagì alle parole del capobranco, seppur le sue orecchie fremettero e ruotarono al suono della sua voce. Una parte di lei si sentì sollevata di sentirlo così combattivo, mentre l'altra quasi si lasciò andare ad una risatina sommessa giacché Ginta e Hakkaku lo trasportarono via, riuscendo a contrastare i suoi tentativi di liberarsi.
– Ehi! Aspettate! Non avete il diritto di intromettervi! – cercò di ribadire Inuyasha, ma Juri, tornando a volgere su di lui tutta la sua attenzione, non gli diede credito.
– Il vostro scontro termina qui! – ribatté, inflessibile, sostenendone lo sguardo accusatorio.
Lanciò una rapida occhiata alla posizione del sole, trovandolo prossimo al profilo delle montagne: non le restava molto tempo.
Sollevando di nuovo Zankazeyaku, mosse la lama in un arco parallelo al suolo che diede vita ad una nuova mezzaluna d'energia demoniaca, la quale sfrecciò nuovamente verso Inuyasha. Ma Juri non attese un istante di più: senza preoccuparsi dell'effetto della sua offensiva, si voltò di scatto e spiccò la corsa verso la fila di alberi che delimitava lo spazio aperto, nella stessa direzione intrapresa dai lupi.
Se la diede a gambe un attimo prima che la gigantesca arma della sterminatrice si abbattesse su di lei, andando invece a sollevare zolle di terra nel punto ove era stata solo un istante prima. Accorgendosene con la coda dell'occhio, la mezzodemone digrignò le zanne, ma non si voltò indietro. Batté in ritirata come molte altre volte prima di quella, ignorando l'intimidazione a fermarsi che le giunse dal mezzodemone-cane e guadagnando in un battito di ciglia il riparo costituito dalla vegetazione.
Aveva cose ben più importanti di cui occuparsi.


FERMA!
Inuyasha serrò i pugni lungo i fianchi con tanta forza da incidersi la pelle dei palmi, già proteso e pronto a scattare a sua volta all'inseguimento.
– Nom seguirla, Inuyasha! – lo bloccò la voce del monaco.
Voltandosi, il mezzodemone tentò di incenerire l'amico per averlo fermato.
– Perché, Miroku?!
Al seguito dell'uomo, Sango, Kirara e Shippo. Appena lo raggiunsero, il mezzodemone li fronteggiò, avvertendo ancora il proprio animo ribollire di rabbia per la conclusione di quello scontro.
Ma questa volta non fu Miroku a rispondergli.
– Guardati il braccio sinistro – gli suggerì la sterminatrice, con un cenno del capo in sua direzione.
Scocciato, il mezzodemone non perse il suo cipiglio seppur fece come gli era stato suggerito, e soltanto a quel punto sgranò gli occhi dorati. Con sorpresa, si ritrovò a fissare la manica sinistra della propria veste rossa lacerata ed una scia di sangue imbrattare la stoffa e scorrergli al di sotto, sino a staccarsi in goccioline scarlatte dalle nocche della mano artigliata.
Strabuzzando lo sguardo, il mezzodemone sussultò.
– Ma che diamine...?!
Il dolore dello squarcio finalmente riuscì a superare le barriere erette intorno alla sua sfera cognitiva dal furore che lo aveva assalito sino a quel momento, già attenuatosi, facendogli digrignare i denti in una smorfia e costringendolo a riporre Tessaiga per andare a premere la mano destra su di esso.
Quella mezza randagia era riuscita a ferirlo con l'ultimo attacco.
Se fosse stato di un attimo più lento nel balzare via, Inuyasha avrebbe perso il braccio, se non peggio.
– Non è saggio combattere ancora, visto come è messo il tuo braccio – gli fece notare con lo stesso tono quieto e schietto di sempre Miroku.
– E poi il sole sta per tramontare: per quanto tu ci veda bene di notte, Sango e Miroku sono umani e io sono ancora un bambino.. sarebbe inutile tentare di riprenderli – rincarò la dose Shippo, indicando il cielo ormai tinto delle prime sfumature del tramonto. La luna piena era già alta nel cielo, pallida, quasi trasparente contro l'azzurro della volta.
Inuyasha piegò le labbra in una smorfia.
– Tsk.
– Torniamo al villaggio: la vecchia Kaede saprà senz'altro come curare quel braccio al meglio.
Il mezzodemone dovette suo malgrado acconsentire, serrando maggiormente la stretta sul proprio braccio ferito per arrestare più velocemente la perdita di sangue. Non era una ferita di chissà quale gravità, ne aveva passate di peggio, ma se fosse stato un graffio come tanti altri avrebbe già smesso di sanguinare.
Lanciò un'ultima occhiata nella direzione in cui i demoni-lupo erano scomparsi e con loro quella mezzodemone inopportuna e ficcanaso, l'espressione ancora contratta in una smorfia contrariata. Quindi, dopo un paio di secondi di silenzio, si avviò dietro ai suoi compagni.


Juri attraversò il torrente che col suo letto delimitava lo spazio aperto della tana degli Yoro in un unico salto che la portò ad atterrare sull'acciottolato dello spiazzo adiacente alle grotte. Appena
frenato lo slancio una serie di occhi incastonati su lunghi musi pelosi di varie tonalità di bruno si fissarono su di lei e, nel riconoscerla, più d'uno mosse la coda o le orecchie in sua direzione.
– Koga? – scandì lei.
Appena pronunciato il nome del capo dei demoni-lupo, uno degli animali si avviò trotterellando verso le grotte, precedendola. Juri lo seguì senza farsi attendere, percorrendo il sentiero accanto al torrente e raggiungendo la sporgenza rocciosa sin dietro la cascata.
Seppur fosse la prima volta che vi metteva piede, la mezzodemone non indugiò nel varcare l'ingresso alla caverna che era il riparo dei pochi membri della tribù Yoro ancora in vita e le occorse un solo secondo per individuare, nella penombra, le schiene di Ginta e Hakkaku. L'ambiente era rischiarato da un paio di lampade incassate nelle pareti, le cui fiammelle guizzavano al minimo spostamento d'aria, creando un gioco di luci ed ombre che contribuivano a rendere l'atmosfera più greve del dovuto.
Avvicinandosi con passo meno rigido, quasi non volesse turbare quel luogo con la sua semplice presenza estranea, Juri raggiunse l'oggetto della sua apprensione, fermandoglisi di fronte. Koga era seduto su un giaciglio posto nella parte più interna della grotta, modellato da paglia ed ossa e pellicce, e sembrava essersi arreso alle cure che gli stavano prestando i suoi due compagni.
Ginta, intento a fasciargli il braccio, appena la notò si fermò un istante, ma lei precedette sia lui, sia Hakkaku, sedutogli accanto.
– Come ti senti? – la sua domanda era rivolta a Koga, così come rimase su di lui il suo sguardo.
La serietà del proprio tono tradiva la preoccupazione nei suoi riguardi e, accortasene, non riuscì a non arrossire leggermente.
– Sto bene! – replicò seccato il demone-lupo in questione, riservando a lei lo stesso sguardo accusatorio e velato di promesse di vendetta che doveva aver rivolto agli altri due.
A tale reazione la ragazza non si scompose, anzi, si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito: se aveva la forza di fare l'offeso, stava meglio di quanto avesse temuto. Non fece in tempo ad aprire di nuovo bocca però che lui la interruppe sul nascere, riversandole addosso con disappunto evidente ciò che probabilmente si stavano chiedendo tutti.
– Piuttosto, cosa diamine ci fai qui? Perché sei tornata?!
Sotto quelle accuse poco velate, la mezzodemone si irrigidì un attimo nella sua posa eretta, prima di riempire i polmoni con un respiro profondo ed agire. Scivolò in ginocchio di fronte al demone, senza mai lasciare i suoi occhi azzurri, e quando restò seduta in quella posizione composta notò una nota dubbiosa farsi strada nell'espressione altrui.
Piegando istintivamente le orecchie verso il basso, Juri continuò suo malgrado a sostenerne lo sguardo indagatorio e perplesso, schiudendo le labbra soltanto quando l'aggressività latente del demone-lupo fu scomparsa dal suo volto.
– Per restare – affermò, seria, combattendo il proprio stesso disagio nell'esporsi tanto al giudizio altrui, lasciandolo libero di guardarla e sondarla alla ricerca di ciò che voleva. Trattenne il vago tremito che quegli occhi, così penetranti e limpidi, così inumani, stavano causandole in quell'ispezione, mentre concludeva greve – ..non dovevo andarmene. Ho sbagliato.
Il silenzio che seguì quelle poche parole era denso di tensione; una tensione che permeava la mezzodemone in ogni singolo muscolo e che iniziava ad acuire la scomodità di quella posa in cui si era messa. Erano anni che non la adottava, giacché erano anni che non doveva chiedere niente a nessuno: gliel'aveva insegnata sua madre, ultimo baluardo di un'etichetta umana che aveva quasi del tutto accantonato.
Di fronte a lei Koga non fiatò, si limitò a scrutarla come se potesse col solo sguardo scavarle nell'animo, metterla a nudo e giudicarla, e la ragazza nonostante tutto glielo lasciò fare. Era profondamente determinata a dimostrargli di essersi ricreduta totalmente, non poteva sottrarsi a quell'esame.
Perché, in tutto il mondo, solo quel luogo sarebbe potuto diventare casa sua.
Solo il Clan dell'Ovest della potente Tribù Yoro sarebbe stato il suo branco.
Solo lui, Koga, avrebbe riconosciuto come capo.
Era questo che aveva infine deciso e non sarebbe mai più scappata da quella verità.
Con la coda rigida ed abbandonata a terra, premuta contro la gamba sinistra, Juri attese e, dopo una manciata di secondi di assoluto silenzio, finalmente l'espressione corrucciata del capobranco si sciolse in un sospiro. Il demone-lupo dieviò lo sguardo da lei, seppur conservando parte di quell'aria imbronciata.
Eppure qualcosa, forse il modo in cui aveva tremato un suo sopracciglio o la posa reclinata del capo corvino o, forse, la luce che fioca pareva donare alla sua pelle abbronzata un colorito più rosso sugli zigomi, le diede l'impressione che lui ne fosse in qualche modo.. sollevato.
L'emozione che le fece nascere in petto quel semplice sospetto aumentò i battiti del suo cuore, mentre la coda dietro di lei, indipendente dalla sua volontà, prese a ondeggiare cautamente sul pavimento in pietra.
– Ce ne hai messo di tempo – sbottò a mezza voce Koga, senza più guardarla direttamente, con quell'aria scorbutica e quasi offesa che ostentava deliberatamente, come se cercasse di nascondere qualcos'altro.
L'angolo destro delle labbra di lei si sollevò meccanicamente, così come le orecchie canine che le si rizzarono nuovamente sul capo: lui l'aveva perdonata.
Il sollievo che le nacque in petto fu spazzato via l'istante seguente da una vibrazione interiore, come un sussulto del sangue che altro non era se non una prima avvisaglia di ciò che la notte si sarebbe ben presto portata via. Voltando di scatto il capo verso l'ingresso della grotta, la mezzodemone si accorse che il suo tempo era ormai agli sgoccioli.
– Per stanotte niente sforzi, capo – si levò all'improvviso la voce di Ginta.
Il demone-lupo aveva appena finito il bendaggio al braccio dell'altro ed ora, con aria da saputello, si apprestava a fargli la ramanzina.
– Sì – rincarò la dose Hakkaku, rimasto quieto sino a quel momento – penseremo noi a fare la guardia.
Juri colse la palla al balzo e si mise già in piedi, annuendo.
– Esatto. Tu riposati – e verso gli altri due – Vado io per prima.
Quelli sembrarono accogliere quell'offerta con una certa perplessità, ma lei non li lasciò sollevare obiezioni e si avviò con passo deciso verso l'uscita. Fu la voce di Koga, ancora una volta velata di una certa contrarietà, a fermarla.
– Juri..?!
Di nuovo interpellata per nome, la mezzodemone si fermò un solo istante, il tempo di rivolgere un sorriso incoraggiante a tutti e tre.
– Non temete: ci rivedremo all'alba.
E senza aggiungere altro uscì.
Una volta all'aria aperta, il cielo del crepuscolo incombente la accolse nel suo fresco abbraccio montano, le vette ancora in parte illuminate dagli ultimi raggi del sole morente. Quando riabbassò gli occhi ambrati, il lupo che l'aveva seguita e ricondotta al branco le stava fermo di fronte, come in attesa, e lei suo malgrado si ritrovò a sorridere.
– Va bene, puoi venire con me – gli concesse.
Avrebbe allertato gli altri lupi e dato istruzioni affinché andassero a riferire agli altri componenti del branco se vi fossero stati pericoli incombenti, mentre lei se ne stava quieta e nascosta ad attendere che la notte passasse indenne. Non poteva fare altrimenti: da umana non avrebbe potuto proteggere adeguatamente il loro territorio.. il suo territorio.
Mentre quella considerazione le scaldava il cuore, la ragazza lupo saltò sull'altra sponda e si immerse nella vegetazione, seguita dall'animale che le era andato incontro. Non si preoccupò di lui, giacché ormai si era convinta che per quel lupo, al di là forse della sorpresa iniziale, non sarebbe stata considerata una minaccia, e soprattutto non avrebbe avuto dubbi sulla sua identità. Senza contare che un paio di fini orecchie ed occhi avvezzi alle tenebre in più non erano un male in quella circostanza.
Volgendo le proprie falcate verso monte, deviò in direzione Nord appena le salì l'intuizione su dove trascorrere la notte. Si sarebbe rifugiata alla sorgente d'acqua: lì, nel bel mezzo del territorio dei lupi, non avrebbe corso il rischio di incappare in demoni erranti, né sarebbe incappata in Ginta o Hakkaku quando fossero usciti a loro volta per il turno di ronda.
Non che non si fidasse di loro, ma si sentiva ancora in difetto nei loro confronti, per quella sua debolezza.
E, in ultimo, ne avrebbe approfittato per farsi un bagno. Non sapeva nemmeno come, ma durante il tragitto di ritorno aveva raccolto ragnatele e polvere che le si era appiccicata addosso, agevolati dal velo di sudore della sua pelle.
Subito dopo il suo addentrarsi nel boschetto che racchiudeva la polla sorgiva, l'ultimo raggio di sole lasciò spazio al crepuscolo.


La prima cosa che la sua mente elaborò nell'emergere dal suo sonno ristoratore fu il suono costante dell'acqua scrosciante. Quando provò a muoversi, l'indolenzimento dei muscoli lo fece irrigidire e lo colse un vago, fin troppo fastidioso, senso di sete.
Preda di quel bisogno primordiale Koga si alzò, andando meccanicamente a constatare la mancanza dei suoi due compagni all'interno della grotta. Evidentemente dovevano già essere usciti per la guardia.
Uscendo all'aria aperta, il demone-lupo si abbeverò direttamente all'acqua della cascata che copriva l'ingresso alla tana e poi, dopo aver soddisfatto la propria sete, tornò a drizzarsi, asciugandosi il mento col polsino del braccio destro.
La fasciatura che gli avevano fatto all'avambraccio ferito gli prudeva, ma sapeva che quella sensazione era dovuta al processo di guarigione, così, con un piccolo sforzo di volontà la lasciò stare. Invece, dopo un istante presosi per osservare l'ambiente circostante, si ricordò di Juri.
Inarcando un sopracciglio, annusò l'aria: l'odore di lei era pressoché assente.
Perplesso e vagamente inquieto, il giovane capo si mosse, andando ad ispezionare le varie aperture nella roccia, prima di tutte la grotta in cui la ragazza lupo era stata sistemata sin dal primo momento del suo soggiorno fra loro, ma invano. Della mezzodemone nessuna traccia.
Colto da una crescente inquietudine, il demone si portò una mano alla tempia, afferrandosi alcune ciocche corvine mentre tentava di venire a patti con sé stesso e la preoccupazione crescente. Non poteva essersene andata, era al di fuori di ogni logica.. ma allora dov'era finita?
Se Ginta e Hakkaku erano usciti, lei doveva aver già finito il suo turno.. perché non era ancora tornata?
Sollevò lo sguardo ceruleo sulla luna piena, ritrovandola alta e quasi abbagliante al centro del firmamento. Mancavano alcune ore all'alba, tempo più che sufficiente a lui per trovarla, così si mise sulle sue tracce, soffocando il subbuglio interiore che l'assenza di lei aveva generato.
Trovò la pista cercata in pochi minuti e seguendo il debole odore della mezzodemone ne ripercorse i passi nella vegetazione. Un paio di volte credette di averla persa e fu costretto a tornare sui propri passi, ma ben presto si accorse anche della presenza di una serie di impronte lasciate dalle zampe di uno dei suoi lupi, così quando quelle della ragazza scomparvero del tutto, egli non si scompose.
Incerto, tentennò un paio di minuti soltanto, giacché non vi erano certezze che l'animale avesse continuato sulla stessa strada di lei, ma le sue riflessioni vennero spazzate via da un nuovo sospiro di vento che gli scivolò sulla pelle e ne mosse la chioma corvina dietro la schiena.
L'odore che catturò in quella brezza notturna gli fece per un momento dimenticare il suo obiettivo: era odore di essere umano.
Immediatamente si volse verso la propria destra, fissando lo sguardo sull'altra sponda del torrente che aveva seguito verso monte sino a quel momento e, in particolare, sulla macchia d'alberi che svettava rigogliosa da quel lato. Riconosceva quel boschetto.
Spazzando via ogni futile interrogativo saltò agilmente oltre il corso d'acqua, approssimandosi con passo calmo e felpato agli alberi. Conosceva quel luogo come le proprie tasche e anche senza la luce argentea della luna avrebbe trovato il sentiero che si inoltrava fra la vegetazione, ma non fu tanto questo a guidarlo quanto l'inatteso suono che proveniva da quel luogo.
Nell'aria, la sottile nota ritmata di una voce melodica gli giunse alle orecchie.
I sensi demoniaci all'erta, avanzò con la stessa sicurezza di quando si muoveva in pieno giorno, facendo attenzione a non fare rumore, giacché non desiderava farsi scoprire. Quando l'ultima, stretta serpentina del sentiero si srotolò sotto i suoi piedi, Koga arrestò il passo un attimo prima di superare l'ultima linea degli alberi, ma non per cautela.
Fu ciò che vide a bloccarne l'avanzata e a fargli trattenere istintivamente il respiro.
Dinanzi ai suoi occhi, sulla riva della polla d'acqua, la figura femminea di Juri gli dava le spalle. Un fascio di pallida luce lunare filtrava dall'apertura fra le fronde e si riversava sulla ragazza, donandole una sfumatura quasi eterea, surreale, mentre lei si lisciava i lunghi capelli d'argento con le mani. Indossava le pellicce che le avevano procurato qualche tempo prima, ma vi era qualcosa in lei che gli parve... diverso.
Alle spalle della ragazza, accucciato nell'erba, il lupo di cui aveva scorto le tracce in precedenza sollevò lo sguardo in sua direzione, accortosi per primo della sua presenza. Non appena Koga lo vide sul punto di reagire però, gli intimò con un gesto di non muoversi: non desiderava farsi scoprire, non a quel modo, giacché il suo istinto gli suggeriva fosse una situazione insolita e particolare quella a cui stava assistendo.
La voce che aveva udito sin dal principio e che risuonava ora limpida nell'aria era quella di lei, talmente tranquilla da canticchiare a bocca chiusa, riempiendo il silenzio con una melodia al demone totalmente sconosciuta.
In quella luce, in quel frangente, Koga non riuscì a far altro che osservarla in un assoluto silenzio per un po', trovandola totalmente diversa dalla visione che ne aveva lui nella sua mente e che aveva sempre avuto di lei.
Si accorse dello strano stordimento che quella scena aveva avuto su di lui solo qualche minuto dopo e per riflesso, come a cercare di scacciare quell'inspiegabile intorpidimento mentale, scosse il capo corvino. Intenzionato a porre fine alle indecifrabili emozioni che lo avevano assalito dal momento in cui aveva posato gli occhi azzurri su di lei, pose un nuovo passo avanti, ma fu a quel punto che quell'odore di essere umano tornò a farsi presente, portato da un nuovo alito di vento.
E allora, con gli occhi sempre più sgranati sulla figura della ragazza lupo, capì: era Juri l'umana, era da lei che proveniva quell'odore. Le candide orecchie di lupo, così come la sua coda, non c'erano più. Ecco in cosa gli era apparsa diversa.
Sconcertato per quella rivelazione, non si accorse di un rametto sul terreno e quando vi caricò il peso, questo si spezzò con un sonoro schiocco sotto il suo piede. Bastò quel rumore ad infrangere l'intera atmosfera, interrompendo quel vago canticchiare d'ella e facendola voltare di scatto nella sua direzione.
Juri fendette l'oscurità con due occhi talmente scuri da risucchiare la fioca luce notturna, mentre sul suo volto si mescolavano paura, sorpresa ed incertezza. Quegli occhi, quando finalmente si fissarono su di lui, si spalancarono sempre di più, mettendo in evidenza la sottile linea di demarcazione che divideva la sclera bianca dalle iridi blu.
Koga, imprecando mentalmente, fece un altro passo avanti con l'intento di rimediare, ma lei anticipò ogni sua intenzione. Con un balzo scattò in piedi e, dopo un solo momento di stasi per riprendere l'equilibrio, si lanciò verso gli alberi alla sua destra.
– Aspetta! – esclamò il demone-lupo, preso alla sprovvista.
Ignorando la sensazione di spaesatezza che gli attanagliò il petto si mosse a sua volta e, rapido, con un unico balzo si frappose fra lei ed il riparo costituito dalla vegetazione. Lo slancio fu tale ed il suo spostamento tanto repentino che, con un urletto, l'altra gli finì addosso, rimbalzando contro il suo petto. Il giovane capo l'afferrò appena in tempo per evitarle una brutta caduta, smorzando un'imprecazione fra le zanne.
Come la ragazza prese a dibattersi, al demone-lupo non rimase altra scelta se non rinsaldare la presa sulle sue braccia esili.
– Juri, smettila!
Non appena la sua voce si levò a sovrastare ogni altro suono, finalmente lei si immobilizzò, come se soltanto in quel momento si fosse destata da un incubo. Quando infine Koga la vide sollevare gli occhi ancora spalancati nei suoi, divenne del tutto consapevole della realtà delle cose: ogni traccia di potere demoniaco, ogni caratteristica fisica, in lei era scomparsa e persino la sua vista, paragonabile ora a quella di un semplice essere umano, doveva essere troppo debole per la fioca luminosità della notte.
– Koga..?
Lui annuì con un cenno del capo, ma poi, rammentandosi di ciò che aveva appena realizzato, si spostò leggermente a lato per entrare al di sotto di un pallido fascio di luna. Non appena la luce argentea rischiarò in parte i suoi lineamenti, ne avvertì i muscoli rilassarsi sotto le proprie mani artigliate. Lasciò passare un paio di secondi affinché ella metabolizzasse tutte le informazioni in suo possesso e poi, con cautela, allentò in parte la stretta sulla sua pelle chiara.
Juri, le cui mani si sollevarono a loro volta per ricambiare quel tocco, aggrappandoglisi agli avambracci, parve prendersi il tempo necessario per studiarlo in quella vaga oscurità notturna, scrutandolo con quel suo sguardo corrucciato e scuro, di un blu profondo quanto le acque dell'oceano.
Nei suoi occhi, egli riconobbe un'espressività che non le aveva mai visto.. un'espressività fin troppo umana.
In essi il giovane capo lesse incertezza ed imbarazzo, ma anche un tremendo sollievo ed una fiducia che andavano aumentando di secondo in secondo. Quando ella accennò a rivolgergli un timido sorriso, per riflesso lui si ritrovò a ricambiarlo senza nemmeno rendersene conto.
– ..cosa.. – tentò Juri, ma la sua voce risuonò fin troppo esile e lei, accorgendosene, si schiarì la gola prima di riprovare – ..cosa ci fai qui? Pensavo che Ginta e Hakkaku fossero stati chiari sulla necessità di riposare.
Se ella aveva avuto l'intenzione di rimproverarlo, a Koga quelle parole risuonarono più fragili di un cristallo di neve.
Sbuffò, in una reazione che voleva essere ironica ma che gli scaturì più bassa ed intima di quanto volesse. Fu la sua voce per una volta a non tradirlo, quando infranse il silenzio calato fra loro.
– Non eri alla tana e sono venuto a cercarti. Cosa ci fai tu, qui. – scandì, inarcando un sopracciglio e mantenendo un tono controllato seppur velato di una vera nota di rimprovero, come a farle presente quale fosse il modo giusto per rinfacciare qualcosa a qualcuno.
La vide abbassare lo sguardo, l'espressione impacciata ed imbarazzata al contempo mentre prendeva tempo. A quel punto Koga notò, dalla sua posizione di superiorità, quanto i riflessi catturati dai lunghi capelli di lei fossero vividi, al di là del colore vagamente diverso: erano ancora pesantemente umidi.
– Io.. io..
Nell'attesa che si decidesse a parlare Koga continuò a fissarla e con una parte della sua sfera cognitiva si rese conto che effettivamente anche la chioma di lei, e non soltanto gli occhi, era diversa. Alla luce della luna gli erano sembrati d'argento, ma ora che poteva osservarla più da vicino gli apparivano di tutt'altro colore. Sembravano biondi, di un biondo chiarissimo come non ne aveva mai visto in nessun essere umano e forse nemmeno in un demone.
– ..io pensavo... di aspettare l'alba, per tornare – pigolò finalmente lei.
– E perché?
Juri ammutolì, quasi sussultando alla sua domanda tanto schietta e diretta, ma Koga rimase a scrutarla con ostinazione, in attesa che si decidesse a parlare. Fu a quel punto che avvertì sotto le mani una nuova vibrazione, un tremito leggero che proveniva proprio da lei e che, dopo un primo istante, gli rivelò la verità ancor prima che fosse lei a confessargliela.
– Non volevo mi vedeste così – gli rispose, la voce incrinata.
Quando sollevò lo sguardo cobalto nel suo, Koga lesse sul viso il conflitto che le stava infuriando nell'animo e, realizzando lui stesso il pieno significato delle motivazioni altrui, finì per serrare nuovamente la presa sulle sue braccia.
Per la prima volta lesse nel suo sguardo una profonda vergogna ed una paura che quasi lo spiazzarono. Digrignando automaticamente le zanne di demone, il giovane capo della tribù Yoro lasciò libero sfogo alla propria contrarietà.
– Per questo te ne sei andata.. – ringhiò.
La ragazza, bloccata nella sua stretta, sussultò spaventata.
– Koga.. mi fai male..
Stupida! – esplose, ignorandola, facendola di nuovo ammutolire mentre lui dava sfogo all'improvvisa irritazione che gli era nata in petto – Si può sapere perché non riesci a capirlo?! Il branco ha come primo dovere quello di proteggere i singoli membri, non importa in che circostanze! Se ce l'avessi detto credi che non l'avremmo accettato? O peggio.. che ne avremmo approfittato??
Si accorse di aver urlato soltanto quando calò di nuovo il silenzio, infranto solo dai piccoli singhiozzi provenienti dalla stessa umana che stringeva per le braccia. Fissò il suo volto arrossato e la prima lacrima che le rigò la pelle della gota sinistra catturò parte della poca luce dell'ambiente. Tentava di trattenersi, era evidente dalla sua espressione a tratti tesa, ma i sentimenti che la scuotevano erano troppo intensi perché riuscisse a contenerli.
– ..mi dispiace.. – uggiolò fra un singulto e l'altro – ..scu-scusa..
La tenne ancora ferma per le braccia per una manciata di secondi, scrutandola con attenzione, finché non si convinse della piena comprensione di lei. Allora allentò nuovamente la stretta e parte della tensione che gli aveva irrigidito le spalle e la schiena si sciolse con essa.
– ...ora lo sai – le disse soltanto, a basso tono.
Quindi la tirò a sé, sbilanciandola in avanti per costringerla a colmare la poca distanza che ancora li separava, racchiudendone il corpo fra le braccia.
Lei gli si premette addosso senza ribellarsi e fu proprio come quella notte in cui l'avevano scoperta tremante e reduce di un incubo nella grotta in cui riposava. La lasciò sfogare, posando il mento sul suo capo e rinsaldando quell'abbraccio, lasciando che da lui ella traesse la forza ed il conforto di cui aveva bisogno in quel momento.
Il calore emanato dalla ragazza lupo iniziò a diffonderglisi sotto le pellicce ed il pettorale, pervadendolo in una sensazione piacevole che contribuì a risvegliare in lui un rinnovato istinto di protezione nei suoi confronti. Distrattamente si chiese quanto tempo era trascorso dall'ultima volta che aveva abbracciato a quel modo una femmina ed il pensiero di Kagome, in un angolo della sua mente, gli si affacciò con una naturalezza ed un distacco inspiegabili per uno che era stato rifiutato poco meno di due settimane prima. Eppure da allora erano accadute talmente tante cose da far sembrare quei pochi giorni un'eternità.
Inizialmente non vi badò, ma dopo un po' si rese conto di un paio di occhi che lo fissavano a poca distanza e volse lo sguardo sul lupo che, ad una decina di metri, se ne stava accucciato in attesa. La consapevolezza di essere osservato all'improvviso gli fece accelerare il cuore al centro del petto ed un disagio sempre più acuto iniziò a pervaderlo.
Imbarazzato ed infastidito dalla limpidezza e dalla pacatezza di quegli occhi, corrucciandosi in volto fece un cenno secco del capo alla bestia, la quale dopo un istante si alzò e diede loro le spalle. Non appena fu scomparso, seppur ancora corrucciato, Koga si sentì meno sotto pressione e poté tornare a dedicarsi alla mezzodemone, la quale sembrò tuttavia ritrovare il controllo di sé proprio in quel momento.
Come la sentì tentare di scostarsi da lui, il giovane capo inarcò un sopracciglio, ma la lasciò allontanarsi abbastanza da poterla scrutare nuovamente in volto. Indagatorio, ne notò gli occhi ancora lucidi di lacrime e il rossore intorno al naso venne messo in secondo piano da un tentativo di sorridere d'ella.
– ..ti ringrazio, Koga.
Quel semplice, genuino ringraziamento, abbatté e stuzzicò quel poco di orgoglio che gli era rimasto, facendolo arrossire e distogliere inspiegabilmente lo sguardo dal suo. Quegli occhi blu all'improvviso erano divenuti troppo limpidi, troppo umani, perché un demone come lui potesse incrociarli senza sentirsi a disagio.
Sbuffò, come se così facendo potesse chiudere lì il discorso, e l'avvertì trattenere un piccolo moto di ilarità in risposta.
Al colmo del disagio, dimenticando che ella non vantava la sua stessa vista demoniaca, sciolse finalmente l'abbraccio in cui l'aveva trattenuta, facendo un passo a lato per guadagnare i propri spazi.
– Sù, torniamo alla tana – la esortò, riuscendo ad esternare un tono più distaccato.
Juri annuì e gli si accostò proprio mentre lui era sul punto di avviarsi, facendolo bloccare in ogni movimento al semplice tocco della sua mano sul suo braccio. Tornando a fissarla dall'alto della sua statura, Koga la trovò tranquilla in attesa e lui dovette fare uno sforzo per rammentarsi del proprio ruolo di capobranco.
– Portami a casa – gli disse lei.
Bastarono quelle tre parole a fargli gonfiare il petto d'orgoglio ed un'altra emozione senza nome.
Senza aggiungere altro annuì con un cenno del capo, quindi, sollevandola senza preavviso fra le braccia, scattò lasciandosi dietro soltanto i resti di un turbinio di vento.



...continua.



Ciao a tutti!
Bentrovati! Eccolo qui, il capitolo decisivo! Come alcuni di voi avevano sicuramente intuito dall'andamento del capitolo precedente, in questo si è vista la nostra Juri raggiungere e intromettersi nello scontro in atto, salvando la pelle al nostro lupacchiotto preferito!
Per non parlare della scoperta del suo segreto.
Nel riscrivere questa parte ammetto di aver dato sfogo alla mia vena fluffosa... spero non sia stata eccessiva XD se è così un po' mi scuso, ho comunque cercato di restare fedele al personaggio di Koga da quel lato. In fin dei conti, anche nell'anime è sempre stato un tipo da gesti espliciti, con tutte le volte che prendeva le mani di Kagome e il resto. Chissà con Juri come sarà..? Lo vedremo!
Intanto vi anticipo purtroppo che prossima settimana dovrete attendere sabato per leggere il prossimo aggiornamento, ma la lunghezza è leggermente superiore alla media e spero possa bastare come consolazione! Intanto vi ringrazio per continuare a seguirmi e ne approfitto per ringraziare anche chi ha aggiunto la mia storia alle seguite e alle preferite.
In particolare ringrazio Elerim per il suo gentile commento nel capitolo precedente ^^ spero che vogliate continuare a darmi vostri pareri, è piuttosto importante per me: ci tengo che ne venga fuori una bella storia, quindi non fate complimenti!
Vi auguro un buon weekend e alla prossima!

baci e abbracci

Kaiy-chan
   
 
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