Storie originali > Epico
Segui la storia  |       
Autore: Vincentpoe    17/05/2019    1 recensioni
Una storia, divisa in più capitoli, che parla di morte, e di una giusta vendetta da parte di un guerriero non morto, nei confronti di un traditore del popolo vichingo
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nella sala del trono nel castello era stato indetto un sontuoso banchetto, per festeggiare la sconfitta dei Norreni: sulla tavola imbandita si poteva trovare la carne dei più pregiati pollami e ogni altro tipo di squisitezza dalle terre più lontane, e i bardi, giunti da ogni parte del paese, intonavano canzoni sul Re flagello dei pagani la sconfitta dei Norreni, e Raghnar, il traditore sedeva proprio a fianco del Re dell’Essex, vicino al trono; Al collo teneva il crocifisso d’oro, simbolo della sua fedeltà ai Sassoni, e la mano spesso li andava sulla scarsella, laddove teneva le monete d’oro, ricevute con il tradimento nei confronti del suo popolo. La sua mente gustava quelle che sarebbero state le sue future ricchezze, ora che era divenuto vassallo del Re dell’Essex, eppure, nonostante la vittoria, qualcosa lo turbava; ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva lo sguardo colmo di rancore di Bjorn, poco prima che spirasse, trafitto dalle frecce inglesi.
Decise di scacciare quei pensieri cupi, in quella notte di festa. Mangiò dalla tavola del re, bevve fiumi di vino,  e alle volte il suo sguardo ricadeva sulle serve che passavano fra i tavoli. Ora che era visto come un eroe avrebbe potuto comprarsi tutto ciò che desiderava con l’oro, terre, castelli, servitù pronta ad obbedire ad ogni suo singolo capriccio, avrebbe sposato una nobildonna sassone, e avrebbe generato una stirpe di conquistatori, che sarebbe tornata a Nord, e avrebbe reso le terre dei norreni sotto il potere della Britannia, e lui ne sarebbe stato il sovrano indiscusso; “Jarl Raghnar”, già si immaginava con lo scettro in una mano, la corona in testa e la croce nell’altra mano, simbolo di un nuovo ordine che perdonava chiunque passasse dalla sua parte, e schiacciava come insetti i ribelli .E mentre fantasticava sul suo futuro non si accorse, ne lui, ne tutta la coorte che il tempo fuori era cambiato. Nubi di tempesta provenivano dal mare, e l’oscurità della notte veniva illuminata per pochi secondi da lampi, che sparivano, e subito lasciavano il posto ad un cupo brontolio. Furono le guardie sulle mura ad accorgersi che qualcosa, nell’ambiente era cambiato: la squadra di ricerca, che aveva il compito di stanare eventuali norreni, fuggiti sulla costa, sarebbe dovuta tornare già da un paio d’ore, ma il comandante della guarnigione liquidò la cosa, giustificando il loro ritardo come una conseguenza del maltempo che si stava avvicinando, eppure una strana sensazione contagiava i soldati sulle mura, come un brivido sulla schiena, che preannunciava un’incomparabile sventura.
E la sventura, presto, si abbatte su di loro.



I cani erano irrequieti ed aggressivi, ringhiavano al cielo, le bestie da pascolo si erano raggruppate tutte in un solo punto, i cavalli scalpitavano e divennero ingovernabili, tanto che fu necessario sprangare le stalle, per evitare che scappassero, il vento si era alzato, e tempestava le mura del castello, fischiava attraverso le finestre, e portò una pioggia pesante sulla fortezza. Fu una giovane guardia sulle mura che vide qualcosa, come un’ombra, che camminava nella brughiera devastata dalla tempesta. Si sentì un nitrito, e videro un cavallo inglese giungere al galoppo al portone, con un cavaliere che reggeva lo stendardo del re dell’ Essex. Venne informato il comandante della guarnigione, al caldo nella caserma, del cavaliere con i colori dei sassoni “sicuramente un messaggero dagli esploratori, che giustifica questo ritardo” pensò il comandante, sollevato per l’evolversi degli eventi. Egli liquidò la guardia, dando ordine di aprire il portone, non volendo uscire lui stesso sotto quella tempesta, e la guardia fece aprire il portone, non preoccupandosi neppure di chiedere al messaggero chi fosse. Quest’ultimo  venne fatto entrare nel castello, ma non parlava ne rispondeva alle domande dei propri compagni, restava seduto, immobile sul cavallo, con il capo chino. chiese la guardia sul portone, ma non ottenne risposta dal cavaliere. Tutti erano impegnati a guardare il loro compagno, ansiosi di ricevere risposte, e nessuno si accorse che un’ombra nera si era formata in cielo, coperta dalle nuvole, che lentamente scendeva verso il castello La guardia mandata dal comandante, esasperata, diede uno strattone al braccio del cavaliere.
Appena venne strattonata, il cavaliere cadde al suolo, e tutti capirono perché non rispondeva alle loro domande: entrambi gli occhi li erano stati cavati, le orecchie  tagliate, probabilmente quando era ancora vivo, la gola era stata tagliata, e il cadavere si reggeva sul cavallo solo perché era stato impalato con lo stendardo, e quest’ultimo era stato fissato alla sella. La guardia, pietrificata da ciò che aveva appena visto, non ebbe il tempo di dare l’allarme che la nube oscura si abbatté sul castello.
 Erano corvi. Centinaia, migliaia di corvi assaltarono le mura, aggredirono le guardie graffiando, beccando, e scatenando un putiferio, diverse sentinelle caddero dalle mura, al suolo, morendo sul colpo, quella che prima era pioggia divenne una grandine pesante, che accecava e rendeva impossibile potersi muovere all’aperto. Il comandante sentì questo trambusto ed uscì dalla caserma a controllare. Varcata la soglia venne aggredito dai corvi, che con il becco cercavano di cavarli gli occhi, con fatica cercò di raggiungere le mura, dalla giovane guardia, che urlava aggredita dai corvi ed accecata dalla grandine. Non fece in tempo a chiederle cosa stesse succedendo, che un fulmine colpì in pieno la guardia, folgorandola sul posto. Decine di fulmini iniziarono a piovere dal cielo, folgorando le persone e bruciando le case. Il Generale cercò riparo sulle mura e, una volta rintanatosi in uno dei bastioni con alcuni dei suoi uomini, si ritrovò faccia a faccia con al sua morte. Da fuori, sulle mura, una oscura figura si avvicinava, con un elmo vichingo calato in testa, la spada e la scure strette nelle mani.
-Un norreno- urlò il generale -è lui la causa di questo. Dio ci punisce per non averli ammazzati tutti nella baia, uccidetelo- Ordinò ai suoi uomini. Essi, intimoriti dalla figura che velocemente si avvicinava a loro, presero comunque in mano le loro spade e lo caricarono. Volarono fendenti e affondi, ma nessuno sembrava colpire il guerriero, che si muoveva con velocità sovraumana. Presto le guardie caddero sotto i fendenti del guerriero nordico, e rimase solamente il generale, che terrorizzato, cadde in ginocchio e chiese pietà. Il guerriero per tutta risposta lo prese per il collo, e lo scaravento giù dal bastione.i corvi, videro un succulento pasto cadere dagli spalti e si piombarono su di lui in centinaia, tanto che il generale smise per qualche secondo di cadere, tenuto a mezz’aria dalla massa nera e piumata che lo aveva avvolto. Alla fine ciò che i corvi lasciarono cadere furono solo la sua armatura, ed il suo scheletro spolpato.
-La Morte non ha alcuna pietà- replicò Bjorn.



La gente all’interno del castello si rifugiò nella chiesa, e il prete, con le mani giunte in preghiera, inginocchiato di fronte la grande croce di legno, implorava perdono. Le ombre si avvicinarono alle vetrate e spiarono all’interno della chiesa, un forte vento spalancò le porte e un’oscurità tangibile vi entrò, risucchiando i cittadini, si diresse verso l’altare, e con un fendente tagliò a meta la croce, il simbolo del tradimento. Nella chiesa non rimase più nessuno, se non il silenzio di una falsa divinità che elargiva perdono in cambio dell’oro.
Nella coorte si era intanto scatenato il panico: La gente veniva spinta, buttata a terra, pestata; tutti si accalcavano verso il portone, per guadagnarsi una possibilità di fuga da quella che sarebbe diventata, a tutti gli effetti, la loro tomba.
Le lanterne si spensero di colpo, e presenti sentirono qualcosa avvicinarsi molto velocemente dal corridoio: i sopravvissuti al massacro avvenuto all’esterno corsero dentro il castello, chi ricoperto di sangue altrui, chi cercava di trattenersi le viscere con le mani, chi aveva perduto il lume della ragione e correva senza alcuna metà, come un animale in trappola, e ad inseguirli c’era un’ombra, che piombò dentro il salone e continuò il massacro dell’esterno. Arti vennero tranciati da lame di ombra, e una spada spettrale ripetutamente affondava nelle carni dei Sassoni. Uno ad uno, tutte le persone dentro al castello furono massacrate, tutte complici del tradimento di Raghnar; l’unica creatura che forse Bjorn non uccise fu il figlio nato da poco del Re, che venne avvolto dalle ombre e portato nel regno degli Inferi, per servire alla corte di Hela come schiavo.
Uno degli ultimi a cadere fu il Re, che con le mani chiuse in preghiera cercava di corrompere lo spirito vendicatore con argenti e titoli, arrivò persino a cedere la sua stessa moglie allo spirito, pur di ottenere salva la vita; l’unica risposta che ottenne fu un fendente che gli spaccò in due la corona e la testa, fino a giungere ai lombi.



Mancava solo un’ultima persona da uccidere. Un traditore
Raghnar si era nascosto non appena il massacro aveva avuto inizio, conscio che non fosse un nemico terreno, ma qualcosa di molto più terribile di un esercito di guerrieri; si mise la corazza a piastre migliore che riuscì a trovare nelle stanze del Re,  verso dell’acqua santa sulle sue due spade norrene e si fece avanti, contro Bjorn; sebbene fosse stato un traditore in  vita, era pur sempre un vichingo, e sapeva che il suo nemico non si sarebbe fatto corrompere. L’unico modo per fermarlo era uccidere il Revenant.
I due vichinghi si scrutarono come due lupi pronti ad attaccare, nel salone tinto di sangue.
-sei venuto qui a morire un’altra volta?-  chiese Raghnar con scherno
-sono venuto qui a prendere la tua vita!- rispose Bjorn, e l’ultimo combattimento ebbe inizio.
Raghnar non era un Sassone, ma un guerriero vichingo tra i più capaci, cresciuto nelle asperità delle montagne del Nord, e si dimostrò in grado di tenere testa a Bjorn. Le spade cozzavano e l loro stridore si udì per tutto il castello disabitato. Lì in Britannia il potere del Dio cristiano era forte, tanto da rivaleggiare con quello di Odino, e le armi di Raghnar sembravano tener testa a quelle di Bjorn: L’armatura del traditore era di un acciaio di qualità superba, con una grossa croce sulla pettorina, che sembrava quasi proteggerlo dai colpi di Bjorn, mentre la spada impregna di acqua santa sembrava tagliare persino l’oscurità che avvolgeva il Revenant e che sarebbe stato capace di ucciderlo, probabilmente
Bjorn tentò più volte un assalto su Raghnar, ma questi rispondeva con grinta, mentre quest’ultimo combatteva come un animale feroce, e i suoi attacchi si facevano sempre più vicini .  all’ultimo, una finta di Raghnar ed un successivo fendente aprirono uno squarcio sul torace di Bjorn, e l’acqua benedetta ebbe come l’effetto di un potente acido, facendo fare al Revenant un ruggito di dolore. Egli si accasciò e divenne vittima dei colpi di Raghnar, minati non ad ucciderlo, ma a farlo soffrire ancora di più.
Bjorn chiuse gli occhi e ripensò alla Valchiria sulla spiaggia, ai suoi compagni morti che adesso festeggiavano nel Valhalla, a sua moglie e a suo figlio, che non avrebbe più rivisto, e un nuovo furore cominciò a scorrere nelle sue vene; la terra tremo, stravolta dall'aura mistica del guerriero. Bjorn  smise di attaccare direttamente Raghnar, ma iniziò a schivare i suoi attacchi, portando l’avversario allo  sfinimento; con la sua forza sovrumana prese il grande tavolo al centro del salone, e lo lanciò contro il guerriero, che venne travolto. Poi Bjorn prese con i suoi tentacoli di oscurità i grandi bracieri appesi alle pareti e li rovesciò addosso a Raghnar prono, che iniziò a bruciare; l’armatura poteva proteggerlo dagli attacchi sovrannaturali di Bjorn, ma si comportava come il normale metallo nei confronti del fuoco, diventando incandescente, Raghnar urlo’ di dolore, mentre le sue vesti prendevano fuoco, e le braci gli ustionavano le carni; iniziò a rotolare per spegnere le fiamme, e nel farlo appiccò il fuoco agli stendardi del sovrano, ed in poco tempo il salone cominciò a bruciare.
Il vichingo traditore si tolse l’elmo, e subito Bjorn gli fu addosso, tempestandolo di colpi sul volto, fracassandogli il naso e rompendogli tutti i denti. Sfogò tutta la sua ira, lasciando il volto di Raghnar tumefatto. Ora era alla sua merce’, ma ciononostante la vendetta risultava amara per Bjorn, che si accorse di non essere solo con Raghnar, nel salone: si sentiva, su di sé, lo sguardo di un essere sovrannaturale, e poteva intravedere con la coda dell’occhio una figura cornuta osservarlo e ridersela.
-Loki…-  borbottò Bjorn, anche se in quella terra, quella divinità caprina era conosciuta con un altro nome. Anche Raghnar si accorse della sua presenza,  e sapeva che quella divinità era dalla sua parte, e se la rise, schernendo Bjorn
-cosa speri di ottenere con le tue azioni?> disse Raghnar <è questo il futuro che attende gli uomini, un futuro di traditori, di sangue e  di cupidigia, comandato da un grande Dio che perdona i torti per l’oro e le preghiere, mentre intanto un ingannatore prospera nell’ombra insieme ai suoi figli!. Io sono solo uno dei tanti! Ci sarà sempre un uomo come me che  tradirà i propri fratelli per il male!-



Mentre il castello bruciava, Bjorn alzò lo sguardo alle balconate, e vide una figura famigliare venirgli incontro. La Valchiria era venuta a prendere l’anima del Revenant, che aveva concluso il suo compito. I loro sguardi si incrociarono, e la Valchiria capì cosa stava per chiedere, per l’ultima volta il guerriero. Stupita dalla sua volontà, fece un cenno di assenso.
-Hai ragione, ci sarà sempre un uomo come te, ma ci sarà sempre un uomo come che ripagherà i torti perpetrati- rispose Bjorn, e si voltò, lasciando Raghnar in pasto alle fiamme.
Bjorn lasciò cadere la spada e l’elmo, che non servivano più e mentre le due divinità si guardavano con fare di sfida, egli ripensò agli occhi i sua moglie, che non avrebbe più rivisto, a suo figlio, che non avrebbe mai potuto veder crescere, ma lo stesso era sereno venne avvolto da una fosca ma delicata coltre di oscurità che lo trasfigurò in una nuova forma. Non fu un uomo a lasciare il castello in fiamme, ma un corvo, che volò nelle fosche tenebre notturne, e attraversò i secoli, giungendo da un nobile che aveva visto la propria famiglia uccisa da un vampiro, poi dopo aver versato altro sangue egli volò ancora attraverso lo spazio ed il tempo,  verso un corsaro che era stato venduto agli spagnoli, poi da un Moicano, ultimo della sua tribù, per vendicare il suo popolo, e volò ancora,e ancora, fino a quando ci sarebbe stato un uomo desideroso di vendetta, sarebbe passato e avrebbe donato nuova vita e poteri sovrannaturali, per ottenere giustizia, chiudere un ciclo, e ricominciarne un altro.

 per l’eternità. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Vincentpoe