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Autore: Alley    18/05/2019    6 recensioni
“Una volta Cersei mi ha definito il più stupido dei Lannister.” (...)
“E aveva ragione, se sei tornato per morire con lei.”
“Non è per quello che sono tornato.” Qualcosa dentro Tyrion si rilassa, come se tutto il peso del mondo avesse smesso di gravare sulle sue spalle. “Sarò anche stupido, ma non fino a quel punto.”

[rivisitazione della 8x05] [Jaime&Tyrion, Jaime/Brienne]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Tyrion Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Come hanno fatto a trovarti?”
 
Jaime solleva il braccio e l’oro luccica nell’oscurità, colpito dal riverbero delle fiamme che ardono al centro della tenda.
 
“Hai mai considerato di toglierla?”
 
“Una volta Cersei mi ha definito il più stupido dei Lannister.”
 
Tyrion sente una rabbia cieca montargli nel petto. È la stessa che lo aggrediva tra le mura di Castel Granito ogni volta che vedeva Jaime assecondare Cersei passivamente, svuotarsi di tutto per divenire un guscio vuoto che lei era libera di riempire a suo piacimento.
 
Il suo acume lo ha portato a raggiungere qualsiasi obiettivo si sia posto senza troppo sforzo: il fatto che non sia mai servito a liberare Jaime da quel giogo lo ha reso ugualmente inutile ai suoi occhi.
 
“E aveva ragione, se sei tornato per morire con lei.”
 
“Non è per quello che sono tornato.” Qualcosa dentro Tyrion si rilassa, come se tutto il peso del mondo avesse smesso di gravare sulle sue spalle. “Sarò anche stupido, ma non fino a quel punto.”
 
“Allora perché lo hai fatto?”
 
“Perché---” Si interrompe, Jaime, e punta lo sguardo sul focolare che scoppietta placido a pochi passi di distanza dal punto in cui è incatenato; Tyrion sospetta che la visione risvegli in lui il ricordo di altre fiamme, più alte e più potenti, feroci come il ringhio di quel drago che Daenerys è pronta a sguinzagliare. “---non potevo comportarmi come se tutto questo non mi riguardasse.”
 
Tyrion capisce: non si tratta di tornare, ma di conquistare un modo per andar via definitivamente. Jaime ha vissuto per tutta la vita ossessionato dall’idea di Cersei; non vuole che il fantasma di lei lo perseguiti allo stesso modo.
 
“Lei morirà---”
 
“L’hai già sottovalutata una volta…”
 
“---a meno che tu non la convinca a cambiare il suo piano d’azione.”
 
“La vedo difficile da qui.” Tyrion estrae la chiave che custodiva e gliela mostra per smontare l’obiezione. L’incertezza, però, pare albergare ancora nella mente di Jaime. “Sono mai riuscito a convincere Cersei a fare qualcosa?”
 
“Prova. Se non per te stesso o per lei, fallo per i milioni di abitanti della città. Innocenti e non.”
 
Sa che quella è una carta scorretta da calare; che è gettare sale su una ferita rimasta dolorosamente aperta nella carne di Jaime e che lui lo odierà per avergli provocato quella fitta di bruciore a tradimento.
 
Lo sa, ma non è il momento degli scrupoli, quello; è il momento di tentare il tutto per tutto.
 
“A Cersei non importa di loro.”
 
“Ma c’è un innocente di cui le importa.” Tyrion raggiunge la postazione di Jaime. Si siede di fronte a lui, e lo guarda. La realizzazione lo colpisce all’improvviso, come se negli ultimi anni ci fosse stata una maschera a celare il vero volto di suo fratello e in quel momento fosse stata sfilata di colpo, rivelando la verità oltre il velo: Jaime è invecchiato, e la cosa non ha a che vedere con il tempo che gli è trascorso addosso. Non solo, almeno. Tyrion è sicuro che formulerebbe lo stesso pensiero se si guardasse allo specchio. È questo che resta della gloriosa casata Lannister: una regina decaduta e due vecchi che inseguono una speranza disperata. “Convincila ad arrendersi per salvarlo: offrile una via di fuga.”
 
“Quel bambino è l’esatto motivo per cui non mollerà di un centimetro. Le cose più terribili le ha fatte per i suoi figli.” È una riflessione fatta a voce alta più che un tentativo di sottrarsi al piano: la freccia è andata a bersaglio e, dentro di lui, Tyrion ha già cominciato a temere il momento in cui rimpiangerà la precisione di quel lancio. “Cosa vuoi che faccia?”
 
“Ricordi il punto in cui ci siamo incontrati? Il posto in cui tengono i teschi di drago, sotto la Fortezza Rossa: conducila laggiù. Continua a seguire le scale verso il basso, finché non finiscono. Arriverai a una spiaggia alla base della fortezza. Una barca a remi sarà lì ad aspettarvi. Allontanatevi dalla Baia. Se il vento è a favore, arriverete a Pentos.” Tyrion ripensa al tempo passato a Grande Inverno, alla serenità che Jaime emanava durante la sua permanenza e al senso di gratitudine da cui lui è stato invaso nel vedergliela addosso – sono felice che tu sia felice. “Dopo---”
 
“Dopo tornerò indietro” lo anticipa Jaime, interpretando i suoi timori. “Te l’ho detto: non sono così stupido.”
 
“Suona le campane prima di portarla via: sarà il segno della resa.” Tyrion infila la chiave nella toppa e la fa ruotare. Un ultimo dubbio lo assale. “Se non riuscissi a convincerla---”
 
“Mi inventerò qualcosa.”
 
Il suono della voce di Jaime lascia spazio allo scatto secco della serratura. Mentre Tyrion lo libera dal collare di acciaio, vecchie immagini di una cella angusta riemergono dal fondo della sua mente.
 
“Non avrei mai pensato di ricambiare il favore.”
 
“La tua regina ti farà uccidere per questo.”
 
“Se Daenerys prenderà il Trono senza spargere fiumi di sangue, magari mostrerà clemenza all’uomo che è stato possibile. Se così non fosse…” Tyrion si solleva, ed esita: ora che la morte non è più una chimera da esorcizzare con previsioni impavide ma una minaccia incombente è più difficile guardarla in faccia. “Migliaia di vite innocenti in cambio della vita di un nano non particolarmente innocente: mi sembra uno scambio equo.”
 
Jaime è libero, ma non si muove: è vecchio eppure, d’un tratto, Tyrion lo rivede bambino; rivede gli occhi buoni che ricambiavano il suo sguardo anziché rifuggirlo, l’indicibile tenerezza che li riempiva e che era un dono che Jaime riservava a lui e a lui soltanto.
 
“Se non fosse stato per te, non sarei mai sopravvissuto all’infanzia.”
 
“Sì invece.”
 
“Sei stato l’unico che non mi ha trattato come un mostro. Eri tutto ciò che avevo.”
 
Tyrion cede sotto il peso della sua stessa confessione: abbraccia Jaime e si abbandona contro di lui, riversando i singhiozzi che gli scuotono il petto nella stoffa all'altezza della sua spalla.
 
Non è il momento di piangere, ma, stretto tra le braccia dell’unica persona al mondo che abbia mai amato, e sull’orlo del più grande fallimento a cui sia mai andato incontro, Tyrion non può farne a meno.
 
*
 
“Non se ne parla.”
 
Tyrion sarà anche più intelligente di lui, ma non conosce Cersei altrettanto a fondo; d’altronde, loro due non sono la metà l’uno dell’altra, non hanno condiviso il ventre materno e il primo, inebriante assaggio di vita.
 
La resa è per i perdenti e Cersei non accetterà mai di esserlo. È sempre stata convinta di essere la più furba, la più capace: la migliore. Avvalorerà quella certezza vincendo o impedirà alla sconfitta di demolirla lasciandosi morire tra le fiamme di una città di cui la Regina dei Draghi erediterà soltanto le ceneri.
 
Le fiamme.
 
Jaime le vede guizzare attraverso la finestra che affaccia sui suoi ricordi, lingue di fuoco palpitante che crepitano e scalpitano e si estendono voraci, alla ricerca di prede da divorare.
 
Sbatte le palpebre per scacciare via le immagini: non vuole riviverle. Non vuole che quell’Inferno scenda in Terra.
 
La prima volta il prezzo per evitarlo è stato una reputazione irrimediabilmente macchiata, e Jaime è stato disposto a pagarlo; anche stavolta è pronto a saldare il tributo che gli verrà richiesto.
 
“Allontanati da lì” scandisce Cersei con durezza, gli occhi che sfiorano con uno scatto repentino le corde che basterebbe scuotere per liberare il suono salvifico delle campane. “O sarà La Montagna a spostarti dopo aver finito con suo fratello.”
 
È un ordine: sono sempre stati ordini, quelli che Cersei gli impartiva, anche quando li camuffava con preghiere dolci e fintamente acquiescenti. Jaime vi ha sempre risposto con la condiscendenza pronta di chi trova nell’obbedire un piacere più che una condanna.
 
“Vuoi tradirmi un’altra volta?” Adesso, il tono di Cersei ricorda quello con cui da giovane edulcorava le sue suppliche. “Dopo avermi lasciata per andare a combattere al fianco dei miei nemici. Dei nostri nemici.”
 
Cersei è convinta di avere ancora a che fare con la persona che le avrebbe esaudite a ogni costo; è convinta di avere davanti il Jaime che ha conosciuto e plasmato con la forma delle sue voglie e delle sue pretese, quello che la allontanava negli impeti di rabbia ma a cui bastava qualche parola condita di miele per riprenderla con sé.
 
Quello sempre pronto a tornare da lei.
 
È ciò che Cersei crede che abbia fatto; è ciò che ha cominciato ad attendere nel momento stesso in cui le ha voltato le spalle per partire alla volta di Grande Inverno.
 
È il finale che il mondo intero si aspetta per lui: Jaime Lannister, uomo senza onore, prova a spacciarsi per quello che non è combattendo per i vivi e poi retrocede allo stadio di partenza, confermando la sua vera indole.
 
Quel mondo, però, è lo stesso che gli ha affibbiato un’etichetta che non gli è mai veramente appartenuta.
 
“Credevo che contassimo soltanto noi due.”
 
Jaime si allontana dalle funi e un barlume di compiacimento sfavilla nello sguardo di Cersei; avanza fino a raggiungerla, fermandosi esattamente davanti a lei.
 
Si impone di non abbassare lo sguardo sul ventre gonfio che le vesti nascondono: non cede alla tentazione, ma una fitta di dolore lo attraversa ugualmente al pensiero di Myrcella e di Tommen e persino di Joffrey, del padre che non ha mai potuto né saputo essere.
 
“È così” le dice, e muove le dita verso la sua guancia, sfiorandone la pelle con le estremità placcate d’oro – torni dopo tutto questo tempo senza scusarti e con una mano sola e pretendi che niente sia cambiato? “Non conta nient’altro.”
 
Jaime devia la traiettoria del gesto: scorge negli occhi di Cersei la sorpresa che soppianta il trionfo quando la presa le si serra attorno al collo e poi stringe, con tutta la forza che in corpo, facendola finire con un urto contro la parete alle sue spalle.
 
Negli attimi seguenti, tutto si riduce a quella morsa d’acciaio e allo sforzo che Jaime riversa al suo interno; la realtà circostante è come avvolta in una bolla che la distanzia e la attutisce, riducendo i versi strozzati che Cersei emette a un sottofondo lontanissimo incapace di raggiungerlo davvero.
 
Poi, tutto finisce: Cersei cessa di dibattersi e Jaime allenta la pressione esercitata fino a quel momento, rivelando una serie di segni rossi lì dove le sue dita sono affondate.
 
Quando Jaime si ritrae, il corpo di Cersei si accascia come una bambola di pezza, una di quelle adornate di stoffe pregiate e di sfarzosi gioielli con cui si dilettava da bambina. Assecondando un moto che non riesce a reprimere, Jaime si fionda in avanti per sorreggerlo e accompagnarne la discesa; lo adagia sul pavimento, evitando che vi impatti bruscamente, e c’è qualcosa di antico e al contempo di totalmente nuovo nel modo in cui lo tiene stretto.
 
È lo Sterminatore di Re – di nuovo e per l’ultima volta.
 
*
 
Il suono delle campane si dispiega nell’aria di King’s Landing, serrando le fauci del drago di Daenerys Targaryen.
 
Jaime chiude gli occhi e vede l’immagine di quel fuoco che è divampato dentro di lui per tutta la vita: quando li riapre, però, c’è solo l’azzurro di un cielo che non crollerà sopra la sua testa.
 
*
 
Brienne lo accoglie con un sorriso fatto di sollievo e gli occhi gonfi d’emozione; appena Jaime scende da cavallo, gli si avvicina e gli prende il viso tra le mani.
 
È tutto uguale a quando l’ha lasciata eppure, allo stesso tempo, è completamente diverso: ora Jaime non ha bisogno di mentirle per andare incontro a quel destino che doveva compiere da solo; ora può abbracciare quello che è diventato e che, in fondo, è stato sin dal principio.
 
“Non sono più quell’uomo” dice, e lo fa per se stesso; Brienne non ha bisogno che le venga annunciato, perché è stata l’artefice di quel processo tanto quanto lo è stato lui. “Sono soltanto Jaime.”
 
“Lo so.”

































 
  
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