Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Riflessi    18/05/2019    3 recensioni
Draco lo sapeva che quella donna -prima o poi- l'avrebbe fatto morire...
D'odio, o d'amore.
Che, in un modo o nell'altro, lei non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Hermione Granger era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter: una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o forse chissà, l'avrebbe invece salvato dal profondo abisso della solitudine!
SEQUEL DE "LE FIABE OSCURE"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 9
-Ogni umana incertezza
-


 

"Hermione, aspetta!"
Confuso, Draco provò a fermarla, correndole appresso fra le strade della città... ma lei parve non sentirlo, troppo occupata a scappare da lui. L'uomo si passò le mani sugli occhi per togliere l'acqua depositata sulle ciglia, poi scoprì la fronte mandando indietro i capelli fradici ed aumentò il passo. A dispetto del suo essere sempre schifosamente sofisticato, Draco stavolta non si curò affatto dei vestiti bagnati che gli pesavano addosso: a lui bastava che lei lo ascoltasse. Hermione però, continuò ad allontanarsi spedita, con in viso un'espressione che lasciava trapelare tutto il disgusto che provava.

Sembrava di essere tornati indietro di quindici anni, quando volavano fatture nei corridoi di Hogwarts.
E l'anima di Draco iniziò a piangere, come il cielo di Londra.

Per favore, ascoltami...
è finito il tempo in cui ogni mia parola faceva a pezzi la tua bellezza, la calpestava con ferocia, e la gettava via come uno straccio vecchio pur di godere della delusione dei tuoi occhi meravigliosi.
Io voglio solo guarirti da ogni mio insulto, leccare il tuo sangue, curare la tua diffidenza, lavare via qualsiasi tristezza.
Lasciati amare...
io sarò maleducato e insensibile come sempre;
superbo, disonesto, crudele.
Ma di fronte al tuo viso, bello di quella bellezza che possiede solo chi è puro,
giuro che mi farei tuo schiavo. Fino alla fine dei giorni.


Draco procedeva sotto la pioggia come un cretino, con il rischio di fare la figura del molestatore di fanciulle, nella tenue speranza che lei dimostrasse per l'ennesima volta la sua sconfinata clemenza. Ma Hermione, contro ogni previsione, camminava veloce lungo il marciapiede, ignorandolo di proposito... e allora Draco bestemmiò a denti stretti, rivolgendosi spudoratamente a Dio.
Gli si rivolse con il cuore incazzato, come ogni uomo che volge il pensiero al creatore quando non sa a chi dare la colpa... quasi come se quell'entità astratta fosse un capro espiatorio da sacrificare, colui da incriminare per ogni peccato commesso, per ogni avversità.
Un bersaglio su cui sfogare ogni frustrazione, ogni dolore, ogni umana incertezza.
Ma in fondo, cos'era Dio, per lui? Forse niente... Draco non ci credeva più da tempo, nella sua effimera presenza, o magari Egli c'era, nascosto in qualche angolo dell'universo, però aveva deciso di abbandonarlo per dedicare il suo tempo a rendere gloriosa la vita di qualcun altro.

Una volta, mentre erano abbracciatti stretti stretti a guardare le stelle su uno dei balconi del manor, Hermione gli aveva spiegato che, scientificamente, Dio esisteva eccome. Ma non era proprio ciò che i babbani credevano...

"Dio è ogni cosa, Draco: Dio è l'aria, la terra, l'acqua, il fuoco, Dio è tutti gli elementi. Dio ci circonda, ci avvolge, si infila nei polmoni per farci respirare. Dio è dappertutto. Ma le azioni che l'uomo compie, con coscienza -o incoscienza- sono un suo frutto: il suo e basta. Dio non ha il potere di liberarci da ogni male, il male è una nostra creazione... Egli, in realtà, non sa neanche cosa sia."
Poi si erano baciati con lentezza, senza la solita frenesia. Quella era stata la prima volta in cui si erano accorti che le loro bocche unite, avevano il sapore migliore del mondo, che quel calmo dar piacere ai sensi, li legava più del fondersi impetuoso dei loro sessi, e che l'intimità più profonda poteva nascere anche solo dall'incontro delle loro labbra.
"Pensaci, Draco!" Aveva ripreso a sussurrare Hermione, accucciata fra le sue braccia: "Dio ci ha regalato la vita, le meraviglie che ci circondano, il cielo, il sole che ci scalda, l'amore, il giudizio. Eppure, noi continuiamo a pretendere da lui sempre di più! Gli esseri umani sono profondamente egoisti. Non trovi?"
Draco non aveva risposto, ma le aveva sfiorato le gote con la punta del naso, le aveva respirato sulla pelle, le aveva dato mille piccoli baci sul collo, sui capelli, e l'aveva tenuta fra le sue braccia per tutta la sera, finché l'umidità della notte limpida e stellata li aveva fatti scappare dentro, per continuare ad amarsi in altri modi, molto più terreni.


Dopo aver bestemmiato come un Troll delle montagne più inospitali dell'Europa centrale, Draco comprese che non poteva accusare sempre l'Onnipotente per ogni cosa che succedeva! Così gli chiese mentalmente scusa, zuppo d'acqua come un disperato, e riprese ad inseguire la donna con ancora più determinazione.

"Hermione, fermati!"
Dovette ammettere a se stesso però, che un po' si sentiva scemo, a rincorrerla così. Stava diventando a dir poco ridicolo con la sua fissazione di farsi amare a tutti i costi da Hermione Granger, la donna più pura ed onesta del mondo magico. Se solo lo avesse visto suo padre in quel momento, sarebbe andato nel primo angolo disponibile a vomitare... e mentre si immaginava Lucius rigettare sul marciapiede con la faccia schifata, Draco sentì la voce di lei urlargli contro facendolo sobbalzare:
"Smettila di seguirmi, Malfoy!"

Si era era voltata a guardarlo come una furia, stringendo spasmodicamente il manico dell'ombrello, e Draco si era bloccato per non andarle addosso:

"Si può sapere perché tu invece non vuoi fermarti ad ascoltarmi, maledizione?" Le rispose lui, sbigottito.

Hermione spalancò gli occhi per lo stupore:
"Mi stai chiedendo perché? Mi stai davvero chiedendo perché non voglio che tu ti avvicini a me, Malfoy? Dopo quello che hai fatto? Stai scherzando, spero!"

A quelle parole, Draco si oscurò istantaneamente. Gli parve addirittura che il temporale avesse aumentato di potenza, come a rendere più grave ed opprimente la realtà dei fatti.
E cioè che lei non sapeva.
Hermione non sapeva che qualcuno l'aveva ingannata: ecco perché non voleva ascoltarlo! Lei era ancora convinta che fosse stato lui a farle del male. Era arrabbiata, sicuramente delusa, lo stava odiando senza motivo e... e... e...

"Hermione! N-Non... Non dirmi che Potter e Weasley non ti hanno ancora spiegato niente!?!"

Tutta la grinta che Draco aveva in corpo, l'aveva abbandonato facendolo sgonfiare rapidamente come un palloncino bucato.

"Cosa diavolo c'entrano Harry e Ron, scusa? Di che stai parlando?" Gli rispose Hermione, interdetta ma comunque diffidente.

"Che maledetti stronzi!!!" Esclamò invece lui con enfasi, dando un calcio ad una cabina telefonica. Quei due l'avevano schiantato, pietrificato, legato a delle corde magiche, gonfiato di botte... ed infine l'avevano lasciato da solo ad affrontare l'ira ingiustificata di Hermione.
Sarebbe stata un'impresa titanica provare a raccontarle tutto senza farsi prendere per un pazzo doppiogiochista. Draco allora, respirò a fondo per placare l'agitazione, e parlò con calma, illudendosi di potercela fare anche da solo:
"Non sono stato io a venire nel tuo ufficio, oggi! Credo che qualcuno abbia usato la Polisucco o chissà che altro... devi stare attenta, Hermione! Dobbiamo scoprire chi è, e che motivi ha avuto per farlo!"

La giovane strega lo guardò in silenzio per un lungo istante, poi... iniziò a ridere istericamente:
"La Polisucco è la scusa più idiota del mondo! Santo cielo, non hai un pizzico d'originalità nemmeno per giustificare le tue azioni abominevoli! Faresti una figura migliore se mi lasciassi in pace e basta, sai?!" Scollò il capo e terminò con un: "Ed ora vattene a casa, Malfoy!" Alludendo allo stato pietoso in cui si trovavano i vestiti grondanti dell'uomo; dopodiché riprese la sua marcia, ma Draco le si affiancò con ostinazione, camminando al suo stesso ritmo:

"Perché non vuoi credermi?" La sua voce tradiva tanto dolore, e pure se lei se ne accorse, non lo diede a vedere, riprendendo ad ignorarlo. Lui invece continuò a parlare, stavolta quasi con rabbia:
"Nemmeno dieci anni fa, quando ti odiavo come fossi la causa di tutti i miei guai di adolescente, ti ho fatto del male fisicamente, Hermione! Quindi dammi un motivo, un solo dannato motivo, per cui avrei dovuto farlo oggi!"

Nel fervore del momento, l'afferrò per un braccio, ma Hermione si staccò violentemente, gridando:
"NON MI TOCCARE!"

Gli occhi di Draco si adombrarono. "Cosa cazzo devo fare per farti capire che non sono stato io, dannazione?!"
"Non devi fare niente!"
"Ma io devo fartelo capire in qualche mod..."
"LASCIAMI IN PACE HO DETTO!"

Draco tentò l'ultima carta, nel panico più totale: "Potter e Weasley hanno le prove, di ciò che dico!"

Hermione si fermò di colpo, dichiarando con tono presuntuoso:
"Ah sì? Bene! Allora vorrà dire che me le mostreranno loro, queste benedette prove!"
E si allontanò tutta impettita.

Tum. Tum. Tum.
Il cuore di Draco prese a battere dolorosamente, a causa di quella risposta gelida, ed il rumore dei suoi stessi palpiti gli salì in gola, per poi esplodere nei timpani quasi a volerli rompere. Rimase fermo sotto il temporale, impietrito dall'intensa sfiducia che Hermione continuava ad avere nei suoi confronti, e l'ira lo inondò come un fiume in piena che spazza tutto ciò che trova, inarrestabile, implacabile.
Tum. Tum. Tum.
Draco però, nonostante la sofferenza, non potè evitare di sputare parole rabbiose per conservare almeno un briciolo del suo antico e tremendo orgoglio: "Non ti fidi di me? Non ti basta che te lo giuri io? Hai bisogno che te lo dicano i tuoi amichetti che sono innocente!? Eh!?! Rispondi, Hermione!"

Lei si voltò solo un poco, per dirgli, quasi sussurrando:
"Sì. Ho bisogno che me lo dicano loro, purtroppo!"

E se ne andò, lasciando Draco in mezzo alla strada, sotto la pioggia battente, mentre si chiedeva a cosa fosse servito lottare contro tutta la comunità magica per stare insieme a lei, se poi la diffidenza, il dubbio ed il sospetto sarebbero stati per sempre presenti, come dissennatori che aleggiavano sulle loro teste pronti a succhiargli via la felicità.


 
***
 

Gran Bretagna, anni settanta.

Il misterioso quadro dipinto dall'allora più grande mago oscuro di tutti i tempi, girò l'intero regno unito in un lungo e sanguinoso peregrinare. Passò nelle case del Norfolk, della Scozia, dell'Hertfordshire, ed in molti altri luoghi dell'Inghilterra. L'ingannevole bambino biondo in tutina azzurra, grazie alla sua aria malinconica che ispirava tenerezza, distrusse con la sua genuina cattiveria la serenità di diverse famiglie; terrorizzò gli uomini, fece impazzire le donne, portò via con sé i bambini, ed abitò gli incubi più orrendi di chiunque l'avesse ingenuamente posseduto nella propria dimora.
In quell'interminabile vagabondaggio poi, capitava spesso che qualche babbano completamente ignaro dell'esistenza della magia, percepisse qualcosa di inquietante nel quadro -anche se non ne comprendeva la reale pericolosità- e quando ciò succedeva, quelle persone provavano scioccamente a distruggere la tela con i mezzi comuni, senza alcun esito... allora li si vedeva farsi frettolosamente il segno della croce come se si trovassero di fronte ad un'opera diabolica, e correre nei mercatini dell'usato a rivendere il dipinto pur di liberarsene.

In quegli stessi anni intanto, nel mondo magico, un giovane Tom Riddle -che amava farsi chiamare Lord Voldemort- aveva appena rivelato a tutti il suo enorme potere, un potere tanto grande da surclassare quello di un altro mago oscuro che, fino a quel momento, aveva detenuto il primato: Gellert Grindelwald! Gellert Grindelwald che, invece, continuava a perire lentamente nella sua cella di Nurmengard, convinto che il quadro fosse stato seppellito dai carcerieri come suo volere... senza più alcun obiettivo, tranne quello di aspettare il suo sconosciuto rivale dai lineamenti serpentini, e poter finalmente morire di una morte degna.


 
***
 

Tiri vispi, Diagon Alley. Ottobre 2008.

Le campanelle appese sulla porta del negozio di scherzi tintinnarono violentemente quando Draco entrò come una furia, senza un minimo d'educazione. Ron non fece in tempo neppure a lamentarsi dell'improvvisa irruzione, che si ritrovò, nel giro di due secondi, attaccato al bancone della cassa con una bacchetta di biancospino da dieci pollici puntata alla gola, e gli occhi glaciali di Malfoy incollati ai suoi.

"Weasley! Quant'è vero Dio te lo faccio fallire questo negozio di merda, se non la finisci di fare l'imbecille!"

"Ma che cazzo vuoi, Malfoy?" Gli rispose Ron con rabbia. Anche se, a dire il vero, una mezza idea gli era venuta... e poi ci avrebbe scommesso tutti i galeoni incassati quel giorno che il motivo per cui Draco Malfoy aveva gli occhi iniettati di sangue, riguardava Hermione!

"Che cazzo voglio? CHE CAZZO VOGLIO? Sono andato a Grimmauld Place, e tua sorella mi ha detto che Potter ha avuto un'emergenza al lavoro! Quindi era compito tuo parlare con Hermione di quello che era successo! Voglio sapere perché non l'hai fatto!"

Ron allora sputò fuori, indignato:
"Ehi... ma c'era per caso un contratto scritto in cui io giuravo solennemente di andare dalla mia migliore amica a perorare la tua causa, Malfoy? O abbiamo stretto un voto infrangibile in cui mi impegnavo a decantare le tue lodi? Dimmelo! Perché sai... credo di essermelo perso!"

Draco si limitò a guardarlo con l'aria schifata, oltre che parecchio rassegnata, poi aggiunse amaramente:
"Che fottuto stronzo che sei."
"Bada a come parli, mangiamorte!"
La bacchetta di Draco si piantò più a fondo nella gola di Ron:
"Ripetilo..."
Il ragazzo però, deglutì senza aprire bocca, e l'erede maledetto dei Malfoy si fece viola in volto:
"Ripetilo, ho detto!"

Ma prima che succedesse l'irreparabile, all'improvviso Draco si sentì strattonare indietro con forza, e Ron riottenne la libertà grazie al fratello George, che era corso fuori dal retrobottega non appena aveva sentito la confusione.
"State calmi per l'amor di Merlino! E tu Malfoy, abbassa la bacchetta!"

Per fortuna, con l'intervento tempestivo dell'unico gemello sopravvissuto, i due ebbero il buon gusto di ricomporsi, limitandosi a dei soli, intensi, sguardi ostili.

Era questo forse, l'unico svantaggio dell'età adulta: dover rendersi conto di ogni contesto, ed adattarvisi con intelligenza e maturità. Fossero stati ancora quindicenni, ora Draco e Ron si sarebbero tirati addosso ogni sorta di fattura fino allo sfinimento, infischiandosene di luogo, buona educazione ed opinione pubblica. Proprio come facevano a scuola.

"Si può sapere che cosa è successo?" Li interpellò George che, nel frattempo, aveva scagliato un Colloportus all'ingresso del negozio, per evitare che i clienti si ritrovassero coinvolti in una rissa, o peggio: che qualcuno di essi, più ficcanaso degli altri, raccogliesse indiscrezioni da rivendere a qualche testata magica... come se i giornali non parlasero già abbastanza di Draco Malfoy e di Hermione Granger, ultimamente!

"Chiedilo a quel fenomeno di tuo fratello!" Gli rispose Draco pieno di stizza.

Ron sbuffò platealmente ma poi, sbattendo le braccia sui fianchi come un bambino troppo cresciuto, esclamò:
"E va beeeene... vaa bene! Non prenderti pena, Malfoy! Ora ci vado, a parlare con Hermione! Così la finisci di rompermi i coglioni!"

Draco chiuse gli occhi, lasciando trasparire dal volto pallido una stanchezza interiore che era peggio di qualsiasi affaticamento fisico; in realtà... lui non era andato da Weasley per ordinargli di correre a spiegare tutto ad Hermione!
Draco doveva ammettere -almeno a se stesso- che l'aveva fatto più che altro per sfogare la frustrazione, e per quella radicata ed inconscia abitudine di prendersela ogni volta con il roscio: Ronald Weasley in fondo, era sempre stato il suo bersaglio più facile, il ragazzino più vulnerabile fra tutti, il più comodo da attaccare -soprattutto quando lo derideva a causa della situazione economica disastrosa della sua famiglia- e perché mirare su Harry gli era sempre stato terribilmente più difficile.

"Lascia stare Weasley... non ce n'è bisogno. Gli spiegherà tutto Potter con calma quando avrà tempo." Disse Draco con tono fiacco, amareggiato. Purtroppo, si rese conto di esser rimasto talmente scottato dalla reazione che Hermione aveva avuto incontrandolo fuori dal Ministero, che non aveva più nessuna importanza se Weasley andasse o meno a chiarirle la situazione, e a dirle che non era stato lui a picchiarla.
A cosa sarebbe servito?
Sapere che Hermione, nonostante tutto, ancora si ostinava a non fidarsi di lui, aveva mandato a monte ogni sua speranza di felicità. Dopo una simile rivelazione, si era convinto che non aveva più senso lottare. L'idea di dover continuare a farlo ogni minuto della sua vita per ciò che era stato in passato, e per i pregiudizi di tutti -compreso pure chi diceva di amarlo- lo aveva logorato.
Dannazione... stava pagando di più lui per l'errore di essersi piegato al marchio nero, che i mangiamorte assassini chiusi ad Azkaban da dieci anni!

La malvagità, per definizione, significava "propensione al male", quello stesso male che aveva diffuso Voldemort come una piaga mortifera, quello che i suoi adepti avevano praticato ed esaltato per anni.
Ma quali erano le reali colpe di Draco? Erano due, in fondo! Solo due: la prima era stata quella di ritrovarsi coinvolto in quella follia delirante, di esservi cresciuto dentro e, di conseguenza, di aver dato per scontato che fosse normale; la seconda, di non aver mai negato che, all'epoca del terrore, gli era piaciuto parecchio crogiolarsi in quell'atmosfera di falsa superiorità.
Purtroppo, vivere nella convinzione di essere migliore degli altri, è una sensazione fantastica per un adolescente! Inutile negarlo. Draco poi, come ogni altro ragazzino della sua complicata età, poco conosceva il significato della parola "modestia" e allora finiva di farsi odiare -oltre che per la superbia e la perfidia- anche per lo sfoggio sconsiderato di quella ricchezza che sapeva bene di possedere per diritto di famiglia.

...Ma se solo qualcuno avesse provato a riflettere ed immedesimarsi... forse l'avrebbe capito, che lui era diventato tanto arrogante e pieno di sé per motivi che erano estranei alla sua reale volontà!
Però, nessuno l'aveva fatto. Tutti coloro che si definivano giusti e buoni non avevano neanche timidamente tentato di comprendere che un ragazzino di tredici anni non poteva certo ragionare con la sua testa, e che si era fatto influenzare, ingannare, da ciò che quotidianamente viveva sotto i suoi occhi.

La malvagità non era solo quella dei mangiamorte che si dichiaravano spudoratamente di fronte a tutto il mondo, ma spesso si nascondeva anche negli animi che fingevano di esser virtuosi e dediti al bene. Quel tipo di malvagità, secondo Draco, era addirittura peggiore.

Ed ora era stanco. Tanto stanco.
Aveva bisogno di tornare a ripararsi dalle brutture di un mondo che non lo aveva mai voluto per davvero, di rinchiudersi nella sua affidabile solitudine, e di proteggere il suo cuore dai sentimenti umani, capaci solo di procurare sofferenza.
Sofferenza indicibile.

 
***


Yorkshire, Inghilterra. Fine ottobre 2008. Qualche tempo dopo.

Il suo andare a ritroso nel tempo per giungere fino al primo proprietario del quadro maledetto e trovare quindi un senso a tutto ciò che il piccolo demone guardiano rappresentava, aveva portato Hermione alla casa di riposo Saint Oswald, una struttura immersa nel verde della contea dello Yorkshire, dove si accingeva a porre un paio di domande ad uno degli ospiti presenti, dietro l'autorizzazione del direttore, che l'aveva guardata a lungo e poi le aveva detto quasi sottovoce:
"Lei è una strega?"
Hermione aveva sgranato gli occhi, ed il dottore l'aveva rassicurata:
"Stia tranquilla, lo sono anch'io! E si accorgerà che vi sono anche diversi ospiti maghi, nella struttura... Però devo avvisarla di non utilizzare alcun tipo di incantesimo sui miei pazienti, tantomeno il Legilimens. Ho notato che ha effetti debilitanti, se non proprio devastanti, sulle loro menti!"
Lei aveva annuito sollevata ma poi, curiosa come sempre, non aveva potuto evitare di domandare:
"Mi scusi ma... come fate a far convivere nello stesso luogo maghi e babbani senza violare lo statuto di segretezza?"
Il dottore aveva fatto spallucce, per poi rispondere:
"Gli anziani sono tutti un po' folli e smemorati! Quando qualche vecchietta afferma di essere una strega, gli altri si mettono a ridere ed il giorno dopo nessuno se lo ricorda più!"

L'argomento cadde in un imbarazzante silenzio, poi il direttore del Saint Oswald accompagnò Hermione nella sala comune della casa di riposo, dove il pomeriggio gli anziani venivano riuniti per la merenda, e la lasciò per andarsi ad occupare delle visite giornaliere ai pazienti più sfortunati che non potevano alzarsi dal letto.

Le indagini di Hermione erano partite da Augustus Jenkins, poi erano passate per il commerciante che gli aveva venduto il dipinto, in seguito erano arrivate ad una donna di nome Daiana Boghen, dopodiché ad un uomo che abitava nel Norfolk, un'altro a Knebworth House -nell'Hertfordshire- fino a coinvolgere diverse altre famiglie babbane e magiche che lo avevano posseduto nel corso del tempo, come quella degli Happerton in Scozia.
Era arrivata a ricostruire ogni spostamento del quadro fino al '73, e si sentiva orgogliosa come quando a scuola la McGonagall lodava il suo talento davanti a tutte le altre case, facendo logorare d'invidia i Serpeverde.
Pochi passi ancora, e sarebbe arrivata al fatidico 1972, data di realizzazione della tela malefica... e finalmente quel fitto mistero si sarebbe svelato.

Dopo aver osservato bene tutta la sala comune, Hermione prese posto su di un divanetto beige e sorrise rassicurante al vecchietto accanto a lei. Egli però sembrava confuso, forse addirittura imbarazzato, per aver ricevuto la visita di una persona che non ricordava affatto di conoscere: probabilmente si stava chiedendo se avesse cominciato a soffrire anche di Alzheimer, oltre a tutti gli altri acciacchi dovuti all'età...
Il vechietto in questione si chiamava Edward Fannet ed aveva ottantacinque anni; da giovane aveva vissuto con la moglie nel quartiere londinese di Mayfair, erano entrambi babbani, ed anche loro avevano posseduto il quadro...

Allegramente, la strega si presentò:
"Mi chiamo Hermione Granger, signor Fannet! E no, non mi conosce! Scommetto che stava facendo mentalmente l'elenco di tutte le nipoti che ha..."

Edward Fannet si mise a ridere annuendo, e ad Hermione fece tanta tenerezza. Tutto, in realtà, le stava facendo tenerezza, in quel posto: aveva notato benissimo le infermiere che aiutavano le persone a mangiare, ad andare in bagno, addirittura a camminare; e dopo un paio di minuti era riuscita anche a riconoscere i pazienti maghi, nonostante fossero sprovvisti di bacchetta. Il direttore, prima di lasciarla, le aveva detto che quello strumento magico era troppo pericoloso per essere gestito dalle loro menti inferme, e lei si ritrovò a dargli ragione, nonostante la tristezza che le procurava l'idea.

Si nasce senza bacchetta, e si muore senza bacchetta. La magia è solo una condizione che sta in mezzo queste due fasi della vita.

Così, circondata dalle dolci pazzie di quei vecchietti, si fece raccontare finalmente dal signor Fannet tutto ciò che ricordava del periodo in cui aveva tenuto in casa il quadro e, soprattutto, il nome del posto in cui era stato acquistato.

Hermione se ne andò dal Saint Oswald che il cielo stava tramontando, e solo allora si accorse delle ore che erano trascorse da quando vi era entrata. Nonostante ciò, decise di evitare la smaterializzazione per non esaurire le ultime energie rimaste e, respirando a pieni polmoni l'aria di campagna, infilò le mani nelle tasche del trench e si diresse quietamente alla piccola stazione ferroviaria, per salire sull'ultimo treno della giornata.


 
***


Wiltshire, Inghilterra. Fine ottobre 2008.

Da più di un'ora una sagoma nera fluttuava a mezz'aria nel giardino di villa Malfoy: sembrava più un globo fatto di fumo nero, che si allungava, si gonfiava, e protendeva le sue spire torbide come in attesa di qualcosa.
La creatura oscura osservò la maestosa residenza nel completo silenzio, senza che nessuno degli abitanti si accorgesse di nulla, poi... forse soddisfatta del suo minuzioso studio, si dileguò con una velocità impressionante, diretta verso altre destinazioni.

Fu allora che Draco Malfoy, con la sua espressione severa ed eternamente pensierosa, si affacciò dalla finestra del suo studio, sopraffatto da una strana sensazione, ma si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia, perplesso: non c'era niente di strano, nell'aria.

Così, si allontanò dalla vetrata, abbassando le tende in un gesto brusco, e si ributtò sulla poltrona a rimuginare cupamente sulle sue delusioni sentimentali.

 

***
 

Treno per Londra. Fine ottobre 2008.

Il rumore ripetitivo del vagone che correva lungo il paesaggio verdeggiante, ebbe un effetto soporifero su Hermione, che provò a chiudere gli occhi poggiando la testa sul sedile, mentre i paesini illuminati per la sera passavano veloci davanti al finestrino.

La visita alla casa di riposo era stata pesante, anche se fruttuosa... la sua prossima destinazione ora sarebbe stata il mercatino di Portobello Road, dove la moglie del Signor Fannet aveva comprato il quadro, e arrivare così al nome del primo proprietario. Forse solo in questo modo, avrebbe scoperto da che tipo di maledizione fosse stato colpito l'oggetto. Hermione riteneva che conoscere la maledizione, era fondamentale per poterla annullare e liberarsi finalmente del piccolo demone guardiano. Fattura e contro-fattura. Funzionava così, in fondo. Erano le basi della magia.

Sospirando, bevve una lunga sorsata d'acqua dalla bottiglietta che si era portata dietro, ed i suoi pensieri deviarono verso altre mete, contro la sua volontà.

Draco Malfoy.

Ma perché diavolo doveva pensare a lui? No! No, no e no! Poteva pensare alla cena da preparare, alle bollette da pagare, al microonde rotto, al piccolo James che le aveva chiesto di comprargli delle crostatine canarine, o addirittura alla lavata di capo che avrebbe fatto al responsabile del settimanale delle streghe, per aver piazzato un paparazzo fuori casa sua con l'intento di scoprire se l'erede dei Malfoy l'aveva davvero scaricata come si vociferava da giorni.
Ecco, appunto! Era tornata di nuovo a lui con la mente.
No...
Allora: "Cosa poteva prepararsi per cena?! Nel frigorifero c'erano tre uova, e del formaggio!"
Ma niente da fare,  i suoi occhi si erano fatti rossi.
Forse doveva solo concentrarsi meglio, non poteva essere tanto sciocca da non sapersi distrarre!
"C'è pure del pollo, Hermione!"
Eppure, alcune lacrime dispettose le rotolarono sulle guance, come ad infischiarsene dei suoi miseri tentativi di svagarsi.
"Magari invece posso scaldarmi l'arrosto e farmi un'insalata!" Provò a pensare, ignorando il suo pessimo stato emotivo.
"Ma come faccio a scaldarmi l'arrosto se il microonde è rotto, maledizione!?"

Hermione singhiozzò, strofinandosi gli occhi bagnati con i pugni chiusi, fingendo che il più grande problema della sua vita, adesso, fosse solo un elettrodomestico mal funzionante.
Stava per cedere.
"Il microonde è rotto, Hermione... e questo fatto è decisamente più importante di Draco Mafoy, non trovi?!"
"No! Certo che no!" Niente era più importante del dolore che sentiva nel petto a causa sua. E allora iniziò a piangere a dirotto, rigraziando Merlino che nello scompartimento non ci fosse nessuno a sbirciare la sua disperazione.

Erano passate due settimane da quando il suo migliore amico le aveva spiegato tutto ciò che era successo a Villa Malfoy, ed Hermione non riusciva ancora a riprendersi.
Draco era innocente, e lei non gli aveva creduto.
A peggiorare il suo senso di colpa, erano stati i dettagli del racconto imbarazzato di Harry che, prima di ricorrere al Veritaserum, aveva aggredito Draco, lo aveva schiantato, pietrificato e picchiato insieme a Ron, ignorando le sue accanite dichiarazioni di innocenza.
Si era sentita morire nell'ascoltare quelle notizie, ed era letteralmente crollata sulla sedia della cucina con le mani sul volto, mentre ripeteva come un disco rotto le stesse parole.
Draco era innocente, e lei non gli aveva creduto.
L'unica cosa che aveva percepito nella confusione di quegli attimi, erano state le braccia amorevoli di Ginny che l'avevano stretta forte, come a volerle dare forza.
Draco era innocente, e lei non gli aveva creduto.
Non ebbe neanche la forza di prendersela con Ron che non era andato subito da lei a raccontarle la verità prima che succedesse un disastro. Era lei che, stupida, aveva creduto Draco realmente capace di farle una cosa simile! Come aveva potuto incolparlo tanto ingiustamente?
Senza rendersene conto, aveva dimostrato di non fidarsi di lui.
E cosa c'è di peggio di non fidarsi della persona che ami?
Hermione Granger si era comportata come una stronza piena di sé.

Chissà come poteva essersi sentito lui in quel momento! Vedersi rifiutato, disprezzato, odiato per una cosa che non aveva fatto, anzi: che non avrebbe MAI fatto! Metterle le mani addosso senza motivo... Mio Dio. Che sciocca era stata.
Eppure l'aveva visto, lo sguardo disperato di Draco, quel giorno fuori dal Ministero! Tutto il suo dolore, il tormento, e la confusione mentre lei lo trattava come fosse stato un mostro. Perché non aveva dato importanza a quei dettagli?

Hermione continuò a piangere, fra i singhiozzi che le scuotevano la coscienza.

Nonostante tutto l'amore che Draco Malfoy le aveva dimostrato in silenzio, Hermione si era fatta influenzare dai soliti maledetti pregiudizi. Perché? Soltanto perché lui non era un tipo che amava le parole sdolcinate? Quei "ti amo" che si vergognava a dirle? Soltanto perché continuava a non farsi andare a genio Harry e Ron? O perché non le nascondeva in alcun modo il suo carattere difficile?!  
Forse, la verità era che, nelle profondità più insondate della sua anima, semplicemente lei non aveva mai davvero creduto nel cambiamento di Malfoy.
Stupida.
Ed ora l'aveva perso.
L'aveva perso per davvero perché, da quel dannato giorno, Draco non aveva voluto più vederla -troppo amareggiato dalla sua mancanza di fiducia- e si era chiuso di nuovo nella solitudine, nella scontrosità e nella malinconia, isolandosi dal resto del mondo.
Lontano da tutti, lontano da lei...

Sfinita dal pianto, Hermione si soffiò il naso arrossato ma, sollevando lo sguardo verso il paesaggio che scorreva fuori dal treno, le parve di vedere nella parte esterna del finestrino, tante mani che si poggiavano sul vetro -come quelle del quadro maledetto- e, addirittura, il riflesso sfuggente di un bambino biondo che ghignava soddisfatto...




Continua...



   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Riflessi