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Autore: NyxTNeko    19/05/2019    2 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 17 - Un piccolo debito crea un debitore, uno grande un nemico -

- Aspettate, madre - la interruppe Napoleone che corse ad aprire la porta - Ecco ora potete passare

La donna uscì, seguita dal figlio, il quale piegò il braccio destro e lo rivolse alla madre con l’intenzione di accompagnarla. Quell’atteggiamento gentile e premuroso le ricordò il suo Carlo...in Francia Napoleone aveva imparato un po' di buone maniere, ed era diventato educato, seppur fosse ancora impacciato e goffo. Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a quel livello. Era sempre stato un ragazzino rustico e poco rispettoso delle regole di convivenza sociali, mal sopportava gli atteggiamenti ossequiosi e ipocriti - Dimmi la verità, Nabulio - esordì di getto la madre mentre passeggiavano per le vie della città - C’è una donna di cui non mi hai parlato che ti ha fatto mutare così repentinamente?

Napoleone alzò il sopracciglio sorpreso e sorrise leggermente, il fiuto femminile non sbagliava proprio mai - Potete frenare la vostra gelosia con naturalezza, perché sono state solo storie brevi di cui non dovete assolutamente preoccuparvi, madre - le rispose con sincerità il ragazzo.

- Quindi un tocco femminile c’è stato e non mi hai detto nulla - esclamò Letizia scoppiando a ridere - Che furfante che sei!

- Madre, voi sarete sempre e solo la mia donna - le disse per tranquillizzarla, ridacchiando a sua volta. Non si era certo dimenticato del complicato momento passato dalla madre con la morte di Carlo e dalla quale sembrava esserne uscita più forte e tenace di prima, senza concedersi ad un altro uomo. Nonostante tutto era rimasta fedele e sincera con se stessa e con suo marito.

- Voi uomini non vi smentite proprio mai! Tutti così! Dite di lodarci, di amarci, giurate addirittura di non abbandonarci mai, ma poi appena incontrate una bella donna le piantate gli occhi addosso e la servite come se foste servi imbambolati, non curandovi più di quella che vi ha messo al mondo! - si lamentò istintivamente Letizia.

Il ragazzo rimase colpito dalle parole e dal tono con cui la sua adorata madre le aveva pronunciate. Il senso di colpa lo invase e si rifletté sul suo volto lasciandolo sgomento e ammutolito per molto tempo. Quella donna alla quale aveva voluto più bene di se stesso, alla quale aveva giurato di non turbarla, di non affaticarla, gli mostrò, impetuosamente, tutta la sua sofferenza e tutta la sua solitudine.

Altro che promesse! Ma quali giuramenti! Come il padre l'aveva lasciata al suo destino. Con la necessità di una serenità futura, entrambi avevano pensato solamente a badare ai propri interessi, dimenticando o meglio, fingendo di non pensare che in un’isola quasi sconosciuta, selvaggia, perché così era vista agli occhi dei francesi, c’era una donna, una moglie, una madre che lottava con se stessa e i bambini per sopravvivere.

Letizia si pentì immediatamente di quel pensiero espresso ad alta voce non appena vide il volto scuro e teso del figlio, che stava combattendo per non crollare - Perdonami, Nabulio io non volevo... - iniziò a dire. Fu fermata, però, dall'occhiata veloce e terribile che le lanciò. Letizia ebbe paura.

- Madre, non aggiungete altro - disse Napoleone controllando i propri impulsi. Si mise il cappello per coprire la fronte dal sole cocente, ma soprattutto per nascondere la sua espressione terrificante, che aveva involontariamente rivolto alla madre, spaventandola - Quanto manca al campo di gelsi? - chiese poi cambiando discorso.

Tuttavia, la donna era ancora scossa da quello sguardo fulminante, non udendo la domanda che le aveva rivolto. In un solo brevissimo istante aveva percepito tutto il macigno che Napoleone portava sul cuore e si sentì quasi male, però non crollò, né barcollò, ormai era abituata agli scossoni emotivi, agli imprevisti. Solo che l’impeto dirompente con cui quei sentimenti cupi ed oppressivi l’avevano invasa, la fece restare senza fiato, era la prima volta che provava un'emozione così totalizzante.

Il ragazzo, nel frattempo, continuava a passeggiare accanto a lei, in silenzio, contemplando la natura nel pieno dei suoi colori e profumi, nonostante l’estate fosse prossima alla fine. Il vento, che aveva smesso di soffiare, si alzò di nuovo, seppur lievemente, facendogli scivolare dolcemente i capelli sulle guance e sugli occhi coperti dall’ombra del bicorno.  

Quel pesante silenzio fu stroncato da Letizia - Nabulio caro, ecco il campo di gelsi - affermò fissandolo.

- Bene - rispose solamente lui, alzando lo sguardo. Vide un immenso campo di gelsi ancora piccoli, tutti in fila come soldati, le cui foglie stavano cominciando ad assumere i caldi colori dell’autunno. "Così questa sarebbe la pépinière!" sussurrò tra sé e sé, li osservava quasi rapito, era incredulo nel vedere quanti ce ne fossero in un solo terreno - Per mio padre sarà stato un grosso investimento - espose il pensiero alla madre inoltrandosi nella tenuta per osservare le loro condizioni.

- Sì - rispose la donna - Aveva letto un libro… scritto da un certo Boswell, credo che si chiami così, che venne sull’isola anni e anni fa, quest’uomo, in pratica diceva che le condizioni per la crescita dei gelsi in Corsica erano eccezionali e che in breve tempo avrebbero prodotto dell’ottima seta oltre che squisiti frutti

- Ah...sì Boswell…James Boswell che scrisse le Relazioni della Corsica con una dedica al patriota Paoli, lo lessi tempo fa e rimasi molto soddisfatto sul suo giudizio, sebbene fossi titubante all’inizio - la interruppe il figlio non appena udì quel nome - Quindi anche lui ne rimase incantato, così decise di compiere 'quest’impresa' piantando dei gelsi qui, su di un terreno di famiglia, se la memoria non mi inganna

- Esatto, apparteneva ad un lontano parente di Carlo, un uomo che si chiamava Geronimo, e da tempo era incolta - gli rispose con prontezza la donna - Nel 1782 ottenne la concessione per piantarvi sopra i gelsi...

- Non posso mettere in dubbio che la crescita sia ottima, però, ora madre dovete dirmi bene la questione, in modo da capire come gestirla...

- Da qui iniziano i problemi, Nabulio - lo fermò Letizia - È passato più di un anno da quando Carlo è venuto a mancare e tutt’oggi non siamo riusciti a pagare né la quota necessaria, né la mora...

Napoleone alzò la testa di scatto, spalancando gli occhi, quasi incredulo nell’aver udito ciò - Ma com’è possibile? Eppure mi avevate riferito che eravate riusciti a pagare una parte - sussultò infine.

- Sì - disse imbarazzata la madre, massaggiandosi il collo - Però... era vero solo a metà...prima che morisse il parlamento corso gli ha revocato il contratto per mancanza di manutenzione, cosa assolutamente non vera, e gli ha annullato il pagamento

- Cosa? - sbottò Napoleone sempre più incredulo e nervoso, da quello che Letizia gli stava riferendo capì che la situazione era più ingarbugliata di quanto potesse pensare - Ma a quanto ammonta la cifra? - chiese successivamente.

- Non la ricordo con esattezza, però, credo che ammontasse su poco più di 130.000 franchi - ammise dubbiosa, ma seriamente preoccupata.

- No, non ci posso credere - bisbigliava tra sé il ragazzo con una mano sul viso mentre si stropicciava gli occhi chiusi - È rimasto fino alla morte il solito sconsiderato spendaccione! Ora per colpa sua siamo in una montagna di debiti! Se non fosse morto e me lo ritrovassi davanti…non so proprio che…  - si girò e fissò la madre che era seriamente in pena per la loro triste condizione, oltre ad essere in pensiero per quel figlio così cambiato.

Emise un profondo respiro e si riavvicinò a lei per cercare di consolarla e di darle forza, anche se in quel momento servivano più a lui che alla madre - Madre - esordì stringendola al petto, solo allora si rese conto di quanto fosse cresciuto, le sembrava così piccola adesso, l'aveva vista dal basso, all'altezza di un bambino - Ho bisogno di consultare le carte riguardanti la faccenda, torniamo a casa e ragioniamo con calma, questo caldo comincia a darmi fastidio alla testa... "Oltre a mio padre" aggiunse tra sé.

- Certo, Nabulio - sussurrò lei con un sorriso forzato. Forse avrebbe dovuto dire quanto quel problema fosse grave fin da subito al figlio.

Si voltarono per raggiungere la Casa dei Mulini e molto più velocemente rispetto a prima vi arrivarono, accolti sempre con grande calore dal resto della famiglia.

Per festeggiare il breve ritorno in patria di Napoleone fu organizzato un grande banchetto con ogni sorta di ben di Dio ottenuti dalle proprietà ancora floride e produttive: dal buon vino all’agnello bello corposo e succulento; dalle olive sott’olio al formaggio sia fresco che stagionato.

- Non dovevate - disse il ragazzo severo e corrucciato. Che cosa era saltato in mente di fare a tutti quanti in una situazione critica, dal punto di vista economico, come quella? Davvero volevano prosciugare ogni risparmio e risorsa per lui? No, non poteva permetterlo, non in un momento così delicato.

- E perché? - chiese Camilla un po’ stupita - È sempre bello quando qualcuno a noi caro ritorna a casa - precisò poi con gli occhi lucidi per la commozione e per la traboccante gioia.

- Questo è molto gentile da parte vostra e vi ringrazio ma non dovete dedicarmi queste premure, sono un ufficiale non dimenticatelo, non ho bisogno del superfluo e poi non possiamo permetterci spese eccessive che vanno al di sopra delle nostre possibilità economiche

- Ma sei anche un uomo - aggiunse la madre - E hai bisogno di una tregua, da quando sei arrivato non ti sei fermato un attimo neanche per respirare, non puoi pensare sempre e solo al dovere…

- È il mio compito madre - la bloccò con un’altra occhiata fredda - E poi ho solo qualche settimana di congedo

- Questo non giustifica il vostro rifiuto ad un invito - le disse Camilla.

Napoleone non aveva per nulla appetito, aveva mangiato qualche mela prima di sbarcare, e si sentiva sazio, ma non riusciva a scontentare la sua famiglia, che era stata così gentile con lui. Così, sebbene contrariato, accettò, con gioia di tutti fuorché la sua, di unirsi al banchetto. Gli antipasti a base di olive piccanti e alcuni salumi furono leggeri e riuscì a mangiarli con gusto e piacere, ritrovando nel palato antichi sapori che credeva aver dimenticato.

Quando vide il piatto con la costoletta d’agnello, dei pomodorini e qualche foglia aromatica non riuscì proprio a mandarlo giù, ne assaggiò un pezzettino e gli passò del tutto l’appetito. Era davvero squisito, non lo poteva mettere in dubbio, ma per lui era decisamente pesante, non era più abituato a mangiare porzioni ricche e corpose.

- Non mangi altro? - chiese Luigi con in mano una fetta di pecorino sul pane.

- No, mi è bastato solo l’antipasto e un po’ di vino - mormorò imbarazzato dall’osservare la voracità della sua famiglia - Mi si è chiuso lo stomaco

- Quindi posso prendermi il tuo agnello? - gli propose sottovoce il fratello mentre mangiava con gli occhi la porzione abbondante di Napoleone.

- Serviti pure - gli avvicinò il piatto - Mi raccomando non lasciare neanche le ossa! - ammiccò ridendo.

- Puoi contarci - gli rispose Luigi sorridente mentre addentava il succulento pezzo che il fratello gli aveva generosamente offerto.

Napoleone, il cui pensiero era rivolto alla pépinière, si sentì decisamente a disagio in quella situazione così spensierata ed allegra, si alzò, si scusò con tutti per il suo ritiro e si diresse verso lo studio del padre per cercare le carte che gli interessavano. Iniziò a perlustrare ogni angolo della stanza, tra le pagine dei libri di legge, di economia e di intrattenimento. Passò poi alla scrivania su cui c’erano un paio di fogli, dopo averli letti si rese conto che non erano quelli che gli servivano. Si ricordò dei cassetti, aprì il primo e consultò le carte presenti, passò al secondo, poi al terzo; alla fine li trovò in fondo ad altre carte del quarto cassetto, coperti da un foglio più spesso.

Per il resto della giornata non uscì dalla stanza, vi rimase per analizzare ogni dettaglio e eseguire calcoli su calcoli che rappresentavano il suo nutrimento. Gestire l’amministrazione della famiglia non era solo un dovere da compiere per lui, ma anche un'attività piacevole che stimolava la sua mente sveglia. Persino di notte, Napoleone continuò a studiare le carte, mentre stava già elaborando soluzioni per il problema.

5 settembre

- Nabulio - gli disse la madre dall’altra parte della porta - Esci è pronta la colazione

- Vi ringrazio madre, ma non voglio nulla - replicò prontamente.

- Solo pochi minuti, poi riprendi il lavoro, non tocchi cibo da ieri

- Non ho fame, state tranquilla - rispose prima di cadere in un profondo silenzio.

Letizia tornò nel salotto dove c’era la balia che stava sistemando i bambini, prima dell’arrivo dello zio maestro. Notò la sua espressione apprensiva e pensierosa - Letizia cara, immagino che questa faccia scura sia dovuta a Nabulio - intuì mentre aggiustava la cravatta bianca a Luigi.

- Sì - confermò e si sedette sulla poltrona spossata, spostò alcuni ciuffi ribelli - Sono contenta per l’interesse e la totale dedizione che mostra verso di noi, ma non mi rincuora il fatto che stia chiuso tutto il giorno senza fermarsi per nutrirsi, oppure solamente per prendere una boccata d’aria fresca

- Anch'io sono molto in pensiero per lui, Letizia, ma ormai è un uomo e soprattutto un ufficiale, hai sentito cosa ci ha detto ieri riguardo il pranzo... - le ricordò Camilla.

La balia percepì lo stato d’ansia e di agitazione che Letizia stava provando nei confronti di Napoleone e si preoccupò molto perché non era una donna che si lasciava dominare dal panico, anzi era sempre stata molto razionale, decisa. Doveva esserci qualcosa che occupava i suoi pensieri e non la lasciavano tranquilla - Cosa vi turba Letizia? - chiese la balia  fissandola dritta nei suoi occhi chiari privi di quella luce che li rendevano vivaci.

- E da ieri che percepisco una sensazione di distacco e di freddezza che Napoleone dimostra verso di me e di voi, come se qualcosa si fosse rotto tra noi

- Letizia è solo diventato un soldato…

- No ti sbagli, Napoleone è sempre stato più maturo della sua effettiva età, questo lo ha reso solitario e silenzioso, e ciò lo sai meglio di me… - iniziò, ma fu interrotta dal bussare della porta, lo zio Giuseppe era arrivato.

Lo fecero entrare e fu accolto sempre con gentilezza e reverenza. Da un anno a questa parte aveva preso i voti per diventare un uomo al servizio di Dio - Buongiorno a tutti - disse gioiosamente. 

- Buongiorno Giuseppe sei arrivato prima del solito! - gli fece presente la sorellastra alzandosi dalla poltrona.

- Eh sì, oggi il sole ha voluto farci visita precocemente così come il vostro caro Giuseppe Fesch

- Buongiorno maestro - risposero in coro i ragazzini, accompagnando il saluto con un piccolo inchino.

- Buongiorno ragazzi - ricambiò cordialmente.

- Ah, Giuseppe la stanza di Carlo è occupata!

- Ah sì? E da chi? - chiese con stupore il ragazzo che aveva notato lo stato di agitazione di Letizia e mutò espressione per un brevissimo istante.

- Da Napoleone, è tornato ieri! Non te l’hanno detto?

- Sì - si ricordò - Me lo hanno riferito queste pesti qui, ma è impegnato adesso?

- Eccome! E da ieri pomeriggio che non esce da li, sta studiando le carte riguardanti la pépinière - gli spiegò Letizia.

- Peccato! Quando sarà un po’ più libero dagli impegni ditegli che vorrei tanto incontrarlo, mi piacerebbe fare con lui una bella chiacchierata come vecchi lupi di mare - riferì Giuseppe con un'espressione amareggiata ma allo stesso tempo ridente. Era davvero ansioso di rivederlo dopo tanto tempo, le due donne annuirono sorridenti, nonostante la scelta di vita era rimasto il solito ragazzo entusiasta e giovale.

Il problema da risolvere era quello di trovare una stanza adatta per poter ospitare i bambini, senza creare troppi problemi e, soprattutto, rumori e fastidi indesiderati generati dalla vivacità tipica della loro giovane età. Dopo averci pensato decisero che sarebbe stato conveniente per i piccoli stare all’aria aperta, il clima ancora mite e le temperature alte lo permettevano, inoltre avrebbero potuto essere più liberi e creativi.

Nel frattempo Napoleone aveva riflettuto a lungo su varie possibilità: l’unica che decise di perseguire fu quella di preservare il campo di gelsi. Non sarebbe stata una mossa ragionevole estirpare una fonte importante di ricchezza come i gelsi, se fosse riuscito a parlare con i membri del parlamento corso e ripagare tutta la somma, i loro guai finanziari sarebbero scomparsi.

Quando aprì la porta per uscire udì un silenzio tombale che lo lasciò sorpreso. Non potevano dormire ancora, sua madre gli aveva parlato prima e inoltre sapeva che mancava poco all’arrivo dello zio maestro Fesch. Si erano probabilmente stabiliti in un’altra stanza, ma quale? Senza troppi indugi, chiuse la porta dietro di sé e si avviò per trovarli e riferire alla madre la sua decisione.

Letizia era sempre più pensierosa e preoccupata, si diresse verso la stanza di Carlo per chiamarlo e convincerlo ad uscire da lì, per chiarire alcune questioni. Voleva sapere perché si comportava in maniera così fredda e distaccata con loro, quasi come se fosse timoroso di lasciarsi andare e di mostrare i suoi sentimenti. Doveva saperlo!

Ma quando arrivò e bussò alla porta non rispose nessuno.

Udì dei passi svelti e concitati che rimbombavano per tutto il primo piano e comprese che non poteva che essere lui, tuttavia non riusciva a capire da dove provenisse.

- Madre! - esclamò Napoleone dietro di lei.

Letizia si voltò e lo vide tutto ansimante, sudato e preoccupato - Nabulio - rispose abbozzando un lieve sorriso e corse per raggiungerlo. Svanì quando vide di nuovo quegli occhi terribili che le aveva rivolto ieri in un momento di cedimento.

- Vi ho cercato dappertutto, ma dove siete finiti? - chiese con un tono leggermente altero.

- Eravamo nel giardino, Nabulio...

- Ah…come mai?

- Mio fratello Giuseppe è arrivato prima del solito e per non disturbare il tuo lavoro ci siamo trasferiti fuori

- La prossima volta avvisatemi, madre - disse lui con gli occhi bassi - Scusatemi se ho alzato un po’ la voce ma ero preoccupato

- Giuseppe vuole vederti e parlarti - gli riferì Letizia.

Lui alzò la testa e la guardò fisso con i suoi occhi grigi, come se volesse una conferma.

- Sì, desidera farlo da molto tempo - annuì la donna notando la sua diffidenza, la lasciò decisamente perplessa.

Napoleone sorrise debolmente e, dopo averla salutata si diresse in giardino, senza darle nemmeno il tempo di replicare.

   
 
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