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Autore: unforgivensoul    19/05/2019    4 recensioni
Diciannove agosto 1970: John Deacon compie diciotto anni e i suoi compagni di band gli organizzano una festa a sorpresa. Brian fa colpo, Freddie sembra introvabile, Roger perde di vista la sua gemella e si concede al divertimento più sfrenato. Il bassista, nel frattempo, si ritrova a dover condividere il proprio nascondiglio con una sconosciuta che, forse a causa dei troppi Martini bevuti, gli ricorda vagamente il suo compagno di band.
#Maylor
- Sequel della mia os Deaky-
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ore 20:45

 
Era trascorsa solo una manciata di mesi da quando John era diventato un membro ufficiale della band: una rapida audizione era stata sufficiente per classificarlo come il bassista più talentuoso, e giovane, con cui Freddie, Brian e Roger avessero avuto a che fare fino a quel momento; una lunga serie di prove, altrettante esibizioni dal vivo e le spiccate conoscenze di John nel campo dell’ingegneria elettronica lo avevano poi  confermato la scelta migliore.

La sera del diciannove agosto 1970 il bassista, fermo sul vialetto di casa, attendeva pazientemente che Roger lo passasse a prendere. Era il suo diciottesimo compleanno e lo avrebbero festeggiato, sotto sua esplicita richiesta, mangiando una pizza e bevendo qualche birra nell’appartamento che Roger e Freddie condividevano. Qualcosa di tranquillo, insomma: pochi amici stretti, un po’ di buona musica e nulla che minacciasse di mettere John al centro dell’attenzione.

Il suono di un clacson lo richiamò all’attenzione, facendolo scattare verso una macchina parcheggiata ben tre case prima della sua.

“John, eccoti!” esclamò Roger “queste villette sono tutte uguali, dannazione!”.

“E la tua vista è pessima” aggiunse il neodiciottenne, accomodandosi sul sedile del passeggero.

Il batterista liquidò l’argomento con un movimento spazientito della mano e, prontamente, ne introdusse uno nuovo mentre procedeva verso la propria meta, strizzando gli occhi di tanto in tanto per mettere a fuoco la strada.

Dopo un paio di incroci, però, John notò un cambiamento di rotta.

“Sei consapevole che questa non è la strada per casa tua, vero?” domandò, cauto. Che la vista del biondo fosse peggiorata?

“Oh, sì! Io e Fred abbiamo pensato di spostare tutto da Brian” rispose il diretto interessato, scrollando le spalle.

“Da Brian?!” John aggrottò le sopracciglia, stranito. I genitori del chitarrista erano i più severi che avesse mai conosciuto e la loro villa un tempio immacolato di ordine ed austerità, difficilmente il luogo adatto ad una festa, per quanto piccola.

“I Signori Bacchettoni sono volati in Italia proprio ieri pomeriggio per far visita ad una vecchia zia malata, o roba simile. Torneranno tra una settimana. Alias, possiamo evitare di passare il sabato sera confinati in quel buco che Fred si ostina a chiamare appartamento!” ammiccò Roger, emozionato all’idea.

Il bassista, dal canto suo, non riusciva a pensare ad un motivo valido per opporsi all’iniziativa: era una casa grande e bella dove sarebbero stati più che comodi.

Chiaramente, quello sprazzo di positività venne subito offuscato da una nuvola di rabbia e vergogna quando, poco dopo, fu sospinto oltre l’ingresso della residenza May da un Roger eccitato oltre misura e accolto da una moltitudine di persone, perlopiù sconosciute, con un sonoro “sorpresa!”.

Prima che potesse accusare di tradimento i suoi compagni di band, questi gli si gettarono al collo, augurandogli un buon compleanno e accampando le più disparate giustificazioni per non aver esaudito il suo desiderio di una festa tranquilla e con pochi invitati.

“Non è un compleanno qualunque, tesoro: oggi diventi un uomo!” puntualizzò Freddie, passandogli uno dei due bicchieri che stringeva tra le mani. “Martini Bianco, il tuo preferito”

Il festeggiato lo prese, ancora troppo frastornato dalla situazione per poter reagire. Buttò un’occhiata alle spalle del cantante: decine e decine di corpi ballavano, stringendosi l’uno all’altro, mentre un paio di ragazze, prematuramente brille, cercavano di arrampicarsi su un tavolo e spogliarsi del reggiseno. Alcuni invitati, tra i quali scorse anche Oliver – colui che, per primo, gli aveva fatto conoscere i Queen- stavano riempiendo svariati bicchieri e ripassando le regole di un gioco alcolico che John non conosceva. A completare il quadro vi era un ragazzino smilzo che correva a petto nudo per tutto il salotto, scatenando le fragorose risate degli amici.

John calò il suo Martini in un solo colpo.

“Wow” commentò Roger, ridendo. “Fred, prendigliene un altro! Un paio di questi e ti scioglierai anche tu, Deaky!”

“Ti sembro una cameriera, per caso?”. La risposta scocciata dell’interpellato non tardò ad arrivare.

“Vado io, vado io!” intervenne Brian, per poi mimare un mi dispiace, ho provato a dissuaderli in direzione del bassista che, malgrado il disagio, sorrise all’assurda idea di convincere Roger e Freddie a rinunciare ad un’occasione per festeggiare. I due coinquilini erano nati per rincorrere il divertimento e quanto più questo era sfrenato e perverso, tanto più essi sembravano disposti a cedervi.

Appena la chioma riccia del chitarrista scomparve tra la folla, Freddie circondò le spalle di John con un braccio e accostò le labbra al suo orecchio.

“Pronto, caro? Abbiamo in programma di non lasciarti andare finché non ci ringrazierai di aver benedetto il tuo compleanno con il party più sensazionale di tutti i tempi” promise.

“Fossi in voi, non ci spererei troppo” borbottò l’altro, facendo vagare lo sguardo attraverso la sala.

“Tanto per cominciare… perché non andiamo a conoscere le dee che stanno ballando sul tavolo?” suggerì Roger con tono persuasivo.

Dee? A John sembravano solo due esibizioniste, prive della capacità di reggere l’alcol, oltretutto. Con una smorfia, mosse qualche passo verso la sala da pranzo: qualche minuto prima aveva adocchiato un angolo tranquillo dove avrebbe potuto passare inosservato. Cercò di farlo con disinvoltura, senza destare l’attenzione degli amici.

“Credevo stessimo aspettando tua sorella!” obbiettò il cantante mentre, senza spostare gli occhi dal proprio interlocutore, allungava una mano per afferrare il colletto della camicia di John e riportarlo dov’era.

Lo sfortunato in questione, piagnucolò, un’espressione sofferente stampata in viso.

“Sì ma non la vedo da quando sono rientrato…!” rispose il batterista, guardandosi intorno.

Roger aveva una sorella. Una gemella, per essere precisi. Tuttavia, stando a quanto gli avevano raccontato, i due si erano visti poco negli ultimi mesi perché lei, aspirante ballerina, era volata in America dopo essere stata scoperta da un talent scout durante un’esibizione a Londra.  John non l’aveva mai incontrata e non sapeva nient’altro sul suo conto a parte che il biondo le era particolarmente legato e che Freddie e Brian la conoscevano piuttosto bene ormai.  Avrebbe potuto chiedere, certo, ma ancora non si sentiva a proprio agio a porre loro domande personali, che non riguardassero la band o temi generici e di circostanza. Inoltre, era certo che presto o tardi si sarebbero incontrati e che qualsiasi sua curiosità sulla sorella misteriosa avrebbe potuto attendere fino a quel fatidico momento.

“Beh, sa badare a se stessa! Andiamo, su!” si risolse Roger, afferrando il bassista e trascinandolo verso la pista da ballo.

“Sì, prima che tenti di nuovo la fuga!”. Freddie squadrò l’amico, sfidandolo silenziosamente a trovare una giustificazione credibile.

“Mi stavo solo guardando intorno” si difese l’accusato.

“Ma certo, caro!” rise il cantante, annuendo.

“Ti assicuro”.

“Ti credo. Ma ora facciamo a modo mio, tesoro, ti va?” suggerì il frontman.

“Vuoi una risposta onesta?”.

“Solo se è positiva”. Freddie scosse la testa donando al più giovane un ampio sorriso, gli incisivi prominenti in bella mostra. John non avrebbe saputo dire quando il maggiore aveva smesso di nascondergli il proprio sorriso ma era grato che fosse successo: ogni imbarazzo tra loro si era sgretolato, lasciando il posto ad un’intima confidenza.

 

Ore 22:15

 
“NO! NO! NO! TU! POSA SUBITO QUEL VASO!” gridò Brian, spazientito, strappando il prezioso oggetto di cristallo dalle mani di un biondino che, ridendo, riprese la sua corsa verso il giardino.

“Brian, caro, devi rilassarti! Se rompono qualcosa…beh, ci penseremo domani mattina!” spiegò un Freddie palesemente alticcio e piuttosto accaldato a causa del troppo ballare.

“La festa sta degenerando, Fred! E io sto cercando di salvare parte della casa prima che anche l’ultimo cocktail che ho bevuto faccia effetto” dichiarò il chitarrista, altrettanto brillo.

“Piuttosto, Bri, chi era la rossa di prima?” domandò il cantante, alzando un sopracciglio, curioso.

“Diciamo che sono stato fortunato…” si limitò a rispondere il riccio, un sorriso compiaciuto stampato in volto.

“Buon per te, dita d’angelo!” rise il cantante, depositando una pacca sulla schiena dell’amico.

“Freddie!” lo rimproverò quest’ultimo, arrossendo.

“Che c’è?! Sai cosa si dice sui chitarristi…!” esclamò il frontman, scrollando le spalle, per nulla imbarazzato.

 “Torno a ballare, caro” aggiunse poi. “Quando finisci di mettere in salvo tutti i cimeli di famiglia, raggiungimi! Ti ho visto, prima: ti muovi come uno stoccafisso…urge il mio intervento!”.

Prima che Brian potesse ribattere, Freddie si dileguò tra la folla.

 

Ore 22:45

 
“John, amico! Guarda: ti ho portato un po’ di torta! Non puoi non assaggiarla, sei il festeggiato!” gridò Roger, avvicinandosi al suo orecchio per sovrastare la musica e indicando i seni delle due ragazze che lo affiancavano, le stesse che avevano offerto al pubblico maschile un piacevole intrattenimento fin dall’ inizio della serata.

Il neodiciottenne, che per quasi tutto il corso della festa non aveva abbandonato il fianco di Freddie, unico luogo in cui si sentisse davvero a proprio agio, osservò i loro corpi formosi, indugiando sui capezzoli turgidi che spuntavano da un velo di panna e glassa al cioccolato, e inorridì all’idea. Non perché non apprezzasse ciò che vedeva, si intende, ma perché la timidezza e l’imbarazzo che gli erano tanto familiari lo assalirono all’improvviso.

“Uhm, no, grazie” risposte, incerto, dandosi mentalmente dello sfigato.

“Ma come?! Su, non fare il timido e assaggia!” rise il batterista, posando una mano sul collo del più giovane e spingendogli delicatamente il capo verso il seno di una delle bionde che, notando la timidezza del bassista, prese a ridacchiare.

John si divincolò rapidamente dalla stretta dell’amico, snocciolando una scusa: “No, Roger! Io devo…andare in bagno! Sì, ho appena visto Oliver entrarci. Credo che stia male, meglio che vada a controllare”

In risposta ricevette un paio di occhi alzati al cielo e uno sbuffo.  “D’accordo, fa come vuoi!” si arrese il batterista, per poi rivolgere le proprie attenzioni ai seni delle due, seppellendoci il viso.

John, a disagio, si dileguò nella direzione opposta al bagno.

 Il re degli sfigati… ecco cosa sei, si maledisse.



Ore 23:15

 
John sbuffò, spazientito: trenta minuti trascorsi alla disperata ricerca di Freddie e nessun indizio su dove avrebbe potuto essere. Fermatosi ai piedi della scalinata che conduceva al piano superiore, il festeggiato si interrogò su quanto fosse maleducato abbandonare la propria festa.

Parecchio, suggerì una voce dentro di lui.

D’altra parte, non conosci quasi nessuno qui. E sei evidentemente a disagio senza uno dei tuoi amici accanto, si disse.

Esasperato dai suoi stessi pensieri, rivolse una rapida occhiata a Roger. Questi era occupato a bere birra da un imbuto, incitato da uno stuolo di ragazze eccitate: decisamente uno scenario in cui John non sarebbe riuscito ad inserirsi.

Visto? Non è roba per te questa. Sali al piano di sopra e restaci…starai meglio! La sua timidezza tornò a parlare, spingendolo a posare un piede sul primo gradino.

Sospirando, si risolse per un ultimo tentativo: cercò il riccio con lo sguardo, speranzoso. Lo trovò poco dopo, avvinghiato ad una ragazza dai capelli rossi e dai fianchi rotondi mentre cercava di muoversi a ritmo di musica, con scarso successo, per altro.

Con Brian e Roger impegnati e Freddie introvabile, la festa gli pareva solo un insieme di situazioni scomode in cui avrebbe potuto incappare da un momento all’altro: nuova gente con cui parlare, ragazze ubriache che imploravano di essere portate sulla pista da ballo, giovani pieni di se’ che si aggiravano alla ricerca di vittime per scherzi di ogni tipo e chissà che altro! John rabbrividì al solo pensiero.

Sali!  gli ordinò il suo istinto.

“D’accordo! Solo qualche minuto…poi riprenderò a cercare Fred!” si arrese, mormorando sottovoce la decisione presa.

 

Ore 23:20

 
John si fermò davanti alla camera di Brian e si guardò intorno, circospetto. Accertatosi che non ci fosse nessuno nei paraggi, entrò, richiudendosi la porta alle spalle. La stanza era avvolta da una luce fioca che creava un’atmosfera intima e riservata. L’ideale per un nascondiglio, constatò il ragazzo, per nulla stupito che la lampada posta sopra alla scrivania dell’amico fosse accesa. Probabilmente, il chitarrista se ne era dimenticato dopo una delle sue tante sessioni di studio: per quanto fosse responsabile, quando si trattava di astrofisica riusciva persino a scordarsi di mangiare.

Afferrato uno dei libri di Brian dal comodino, John se lo rigirò tra le mani, curioso, finché il suono improvviso di una voce femminile non lo fece sobbalzare.

“Se sei venuto per conto di David, sappi che non ho intenzione di tornare a casa con lui. Né di seguirlo di nuovo in America! E digli che è un ciarlatano e un porco maschilista!” dichiarò una ragazza bionda, con fare minaccioso. 

 
   
 
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