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Autore: MissAdler    19/05/2019    9 recensioni
Benedict e Martin hanno avuto una storia d'amore diversi anni fa, finita poco prima del matrimonio con Sophie. Dopo liti, parole pesanti e silenzi interminabili, un'intervista di Martin smuove definitivamente qualcosa nel cuore di Ben.
Perché, in fondo, loro quel filo non l'hanno mai reciso.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Benedict Cumberbatch, Martin Freeman
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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And so he spoke, and so he spoke
that Lord of Castamere
But now the rains weep o'er his hall
with no one there to hear
Yes now the rains weep o'er his hall
and not a soul to hear

 

George R. R. Martin

 


 

Non hai risposto.

Eri pienamente consapevole che evitarlo fosse il tuo ennesimo atto di vigliaccheria, eppure non ce l'hai fatta. Non in quel momento, non di fronte a quella porta, non mentre cercavi di capire se fossero lacrime o soltanto pioggia a scivolarti sulle guance.

Chadwick.

Eri certo di cosa volesse, sapevi che l'indomani ci sarebbe stata la première di Endgame e che non ti eri ancora degnato di confermare la tua presenza. Così come sapevi che non saresti stato in grado di fingere anche con lui, amico a tutti gli effetti, perché eri certo che ormai avesse capito tutto, che in fondo soltanto un idiota non si sarebbe domandato la ragione del tuo spiccato interesse in merito al film che l'aveva visto protagonista e ai suoi colleghi di cast, uno in particolare, ovviamente.

Dio! All'improvviso ti eri reso conto di aver esagerato con quelle domande inopportune, con quella curiosità velata eppure palese, come se conoscere qualche insignificante aneddoto sull'interprete dell'ironico e sarcastico Everett Ross riuscisse in qualche modo a fartelo sentire meno distante ed irraggiungibile. Come se il tuo pensiero di lui, tramutato in parole, potesse divenire magicamente tangibile.

Eppure non avevi dubbi che lui avesse fermamente rifiutato di prendere parte all'ultima avventura degli Avengers, sapevi per certo che la decisione era stata sua, che avrebbe benissimo potuto comparire almeno in un paio di scene, se solo avesse firmato per il capitolo conclusivo.

La prova definitiva che non volesse più avere nulla a che fare con te, neanche se indossavi un mantello rosso e ti sentivi ancor più ridicolo di quanto non fossi in realtà.

Ed è semplicemente andata così.

Il suo Ross e il tuo Strange non si sono mai incontrati, nemmeno per combattere l'ultima epica battaglia per il futuro dell'universo.

 

 

'Benedict, qual è stato il tuo momento preferito nei film Marvel?'

 

'Ogni singola scena di Black Panther in cui Everett Ross si muove, parla o semplicemente respira.'

 

Non l'hai detto davvero, ovviamente, ma in parte hai risposto con sincerità, nominando quel film e piazzandoci vicino anche un paio di titoli a caso, strategicamente, per camuffare quell'affermazione forse troppo onesta, probabilmente abbastanza decifrabile, sicuramente inopportuna, che lui non può non aver afferrato.

Forse dovreste semplicemente smetterla di lanciarvi frecciatine durante le interviste, è fin troppo patetico, anche per te.

 

***

 

Maggio 2019

 

 

“Lascia, faccio io.”

La voce sottile di Sophie ti riporta al presente, mentre le sue dita ti sfiorano il bavero della giacca bianca, ritraendosi di scatto, come se il tuo eccentrico abito total white fosse bollente, per tornare a toccare la tua preziosa spilla con cautela, armeggiando per qualche secondo con la chiusura, mentre i suoi occhi evitano i tuoi con un'abilità ormai consolidata.

È bella, tua moglie. La sua figura esile, il sorriso luminoso che per un certo periodo hai trovato dolce e perfetto. Hai creduto davvero che lei lo fosse per te, hai voluto crederlo con ogni fibra del tuo essere, l'hai desiderato anche nel momento in cui, rabbiosa ed esasperata, ti aveva sbattuto in faccia che potevi restare con quell'ometto nevrotico anziché trascinarla in un ridicolo matrimonio di copertura. Perché Sophie non è mai stata stupida e di certo nemmeno un'ignara pedina nelle tue mani. Lei sapeva, eppure ha sempre sperato che ti passasse, che pian piano avresti dimenticato e lasciato andare. E l'avresti voluto anche tu, con tutta l'anima, ma sai che non è mai stata una tua scelta, che quel filo rosso, annodato sotto la tua costola sinistra, che si dipana per le strade di Londra fino a Soho, fino a stringersi sul cuore di un uomo che non ti ha mai perdonato, che probabilmente ti odia, non può essere reciso, da niente e nessuno.

Il taffetà rosa pastello ti sfiora le ginocchia un attimo prima che lei alzi lo sguardo sul tuo viso, lasciandoti scorgere rimasugli di rimpianto, affetto e rassegnazione nelle linee sottili che le increspano la pelle chiara attorno agli occhi.

 

***

 

Piove.

Ti perdi ad osservare le gocce che corrono in diagonale sul finestrino dell'auto, scomponendosi in puntini bagnati sempre più piccoli, mentre l'auto sfreccia veloce sulla corsia di sorpasso.

I drappeggi dell'abito di Sophie occupano quasi tutto lo spazio disponibile, relegandoti all'angolo del sedile posteriore. La tua fronte schiacciata sul vetro appannato, il volto illuminato dalle luci della città, cerchi senza troppo successo di riavvolgere il nastro della serata, mentre lei volge lo sguardo il più lontano possibile da te.

Vi hanno applaudito, acclamato, siete stati i più eleganti di tutti, forse anche perché avete aggirato il tema del party, barando spudoratamente e vincendo a mani basse.

Il re e la regina del Met Gala.

Togli il cappello e lo lasci in bilico sulle tue ginocchia nodose, strizzi le palpebre e provi un'altra volta a fare ordine nei pensieri. Non sai nemmeno a che punto della serata hai iniziato a bere, probabilmente quando un tizio a caso ti ha fatto notare che la tua spilla ricorda vagamente la gemma del tempo del Dottor Strange e tu hai pensato che fosse un vero 'capitan ovvio', considerando che quello smeraldo ti è costato quasi cinquantamila sterline e che l'hai palesemente scelto per quella ragione. Un tizio talmente inopportuno da farti notare che sarebbe una vera figata se provassi ad utilizzare la gemma per tornare indietro nel tempo e allora: 'cosa cambierebbe della sua vita, se potesse azzerare il passato, mister Cumberbatch?'. *

Come se potessi tranquillamente fare una confessione del genere al primo giornalista di gossip che ti trovi davanti.

È già abbastanza difficile ammetterlo a te stesso, eppure in quel momento ti sei ritrovato a farlo, silenziosamente, mentre tua moglie ti prendeva per mano per trascinarti dinnanzi ad una schiera di fotografi.

Quel castello.

Quel gigantesco, pacchiano, fatiscente castello di menzogne che hai eretto per celare la tua vera natura, quei saloni ampi e desolati, quegli angoli scuri e quell'aria pesante, tossica ed irrespirabile che sa di marcio.

Questo cambieresti. Se tornassi indietro non poseresti nemmeno un mattone, nemmeno un sassolino per erigere quei muri, perché la verità è che non ti sei costruito un castello, bensì una prigione. E che sia dorata all'esterno non conta, dal momento che dentro ti ci sei incatenato, certo di poterti sentire al sicuro, ignorando che saresti inesorabilmente imputridito nelle tue bugie.

Sì, probabilmente è dopo aver formulato mentalmente questa risposta che hai mandato giù il primo drink, il secondo, l'ottavo, il diciannovesimo...fino a ritrovarti a ballare come un idiota su quella canzone di MC Hammer che tanto detesti, con gli occhiali da sole a nascondere lo sguardo vacuo e con la sensazione di muoverti a rallentatore, mentre tutto intorno a te prendeva a girare vorticosamente come in un turbinio psichedelico.

Anche adesso senti che il mondo continua a roteare senza posa, mentre tu te ne stai immobile, a cercare un equilibrio che non riesci ad afferrare, soffocando un conato di vomito mentre Sophie entra in casa senza dire una parola e tu continui a fissare, con aria imbambolata, l'autista che ti ha aiutato a scendere dall'auto e che ora ti rivolge un saluto che non riesci a cogliere, lasciandoti quindi barcollante e confuso all'inizio del vialetto di ghiaia, consegnandoti un ombrello che risolutamente decidi di non aprire.

 

***

 

Chiudi la porta della cameretta senza far rumore, i bambini dormono, Sophie si è ritrovata costretta a chiederti, con lo sguardo basso e le labbra tese in una smorfia imbarazzata, di aiutarla a togliere quell'ingombrante trappola rosa pastello a forma di meringa, poi si è infilata sotto la doccia, coprendosi goffamente il petto con entrambe le mani.

Come se ce ne fosse bisogno. Come se non ti sentissi già abbastanza a disagio a condividere il letto con lei, a vederla struccata e in pigiama appena sveglia, ad essere presente mentre mangia, dorme, respira, come se già non pensassi di violare la sua intimità in ogni momento della giornata.

Una coesistenza che pareva funzionare fino a qualche tempo fa, quel quieto vivere, quella finzione ininterrotta, intervallata da periodi di serenità fittizia in cui l'autoconvincimento vi aveva quasi portato a crederci, di amarvi sul serio, illudendovi di poter recuperare qualcosa che non c'era mai stato.

È stata lei a svegliarsi per prima, a farti capire che non ti amava più, non per l'uomo che eri in realtà, non da quando tra voi si era aperta quella voragine profonda e impossibile da sanare. E tu sei stato costretto a guardare in faccia la realtà, a fare i conti con le tue scelte insensate e con la loro irreversibilità, cadendo preda di rimpianti e sensi di colpa che continuano inesorabilmente a consumarti.

Anche adesso, che rimani chino sul water con gli occhi chiusi e l'odore acido del tuo stesso vomito nelle narici, ascoltando il rumore del getto d'acqua nella doccia, la sua voce che canticchia un motivetto malinconico, ti senti pesantemente sconfitto, stanco e colpevole. Vorresti essere altrove, vorresti smettere di recitare, è l'ultimo pensiero che riesci a formulare prima che la tua mente scivoli nelle nebbie dell'incoscienza, mentre il tuo cuore si sbriciola un po' di più, sotto il peso di mille sbagli a cui non puoi in alcun modo rimediare, perché quella che porti sulla giacca è solo una spilla da cinquantamila sterline e tu non sei certamente lo stregone supremo.

“Benedict...”

Il palmo fresco della sua mano sulla tua fronte sudata ti fa alzare delicatamente la testa, riportandoti in parte alla realtà.

“Dai, tirati su. Sciacquati il viso.”

Così dicendo ti aiuta a rimetterti in piedi, reggendosi alla bell'e meglio l'asciugamano attorno al corpo. Ti lava la faccia con delicatezza, ti sfila la giacca e la cravatta, ti pulisce il vomito dalla camicia, con una condiscendenza quasi materna.

Ti fa sentire uno schifo. Muori dalla voglia di dirle che la ami con tutto te stesso, che ti dispiace per essere un pessimo marito e che averla accanto è la tua fortuna più grande. Vorresti mentirle ma tanto sai che non ti crederebbe, che ti conosce troppo bene per bersi altre bugie, che le faresti solo più male. Perciò biascichi un “grazie”, con la bocca impastata e gli occhi socchiusi, mentre lei ti accompagna in camera, lasciandoti lì, seduto sul letto a disprezzarti e commiserarti, con il volto pallido come il tuo completo da schiavista macchiato di giallo e le mani strette a pugno sul copriletto di seta.

Siete prigionieri entrambi, in fondo, tu e lei. Schiavi di condizionamenti e ambizioni senza senso, di un'ideale di vita che avete voluto ad ogni costo incarnare. Potreste mettere fine a tutto ma nessuno dei due sembra volersi spostare da dove si trova ora. Tu hai avuto il prestigio, lei un'occasione. Due opportunisti orgogliosi e infelici, incatenati a vita in questo limbo senza gioia e senza amore.

Un tuono squarcia il cielo, seguito da un lampo che illumina la stanza a giorno, strappandoti a quei pensieri cupi e instillandoti nella mente strani desideri. Come se ad un tratto fossi preda di uno strano incantesimo, quell'aria gelida che si insinua tra gli spifferi delle imposte ti solletica la pelle bollente, lambendo le pieghe del tuo collo raggrinzito ed attirandoti a sé, inesorabilmente.

Sophie si è chiusa di nuovo in bagno, sei completamente solo.

Ti alzi con le ginocchia ancora un po' malferme e spalanchi la finestra, rabbrividendo sotto le sferzate di un vento tagliente che ti schiaffeggia con dita di ghiaccio. Muovi qualche passo fino a ritrovarti sul terrazzino di marmo, i piedi scalzi sulle piastrelle bagnate. La pioggia cade sottile e fitta, seguendo traiettorie casuali, sotto la spinta di quelle raffiche spietate.

Te ne resti lì, immobile ed in maniche di camicia, leggermente curvo, a tremare ed infradiciarti senza un motivo apparente. Preghi che tua moglie non arrivi, che non ti veda, così da non interrompere qualunque cosa tu stia facendo, perché davvero non ne hai idea. Sai che vorresti restare lì, anche tutta la notte se ne avessi la possibilità, a sentire quella pioggia pungerti la pelle, quel vento che ti colpisce ovunque come mille lame d'acciaio.

Senti il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni ma lo ignori stoicamente, deciso a restare fermo dove sei, a sentire quella pioggia fuori e dentro di te, a sperimentare cosa si prova a farsi sommergere ed affogare, in silenzio, da solo, senza che nessuno se ne accorga, consapevole di non essere ancora lucido e concedendoti solo altri due minuti prima di recuperare il senno.

 

***

 

I vestiti gettati a terra fuori dalla doccia, lo shampoo che odora di albicocca e ti fa bruciare gli occhi, rifletti incidentalmente sul fatto che l'acqua bollente non sia efficace come quella gelata, quando si tratta di darti sollievo.

Hai sempre amato la pioggia, il rumore delle gocce sui vetri delle finestre, l'odore di terra bagnata, le pozzanghere in cui saltavi da bambino. E quel senso di purezza, di espiazione che senti quando ti scorre addosso, fredda e trasparente, come se avesse il potere di lavare via ogni tuo peccato e di farti rinascere ogni volta.

In effetti stai un po' meglio, la nausea è quasi passata e la confusione mentale si sta diradando velocemente. Sei riuscito ad infilarti in bagno prima che Sophie tornasse di sopra con la tisana appena preparata e sai che dovresti inventare una scusa per giustificare il pavimento bagnato, ma sei troppo stanco per pensare ad altre scuse, per mentire un'altra volta in questa giornata di menzogne che è stata come una messinscena infinita.

Ti passi le mani tra i capelli cortissimi, massaggiandoli e aiutando il getto d'acqua calda a portare via anche l'ultimo residuo di schiuma, sentendo il telefono vibrare di nuovo, sussultando al pensiero d'averlo lasciato nella tasca dei pantaloni fradici.

In un attimo sei fuori dalla doccia, ti avvolgi nell'accappatoio e frughi tra i vestiti sul pavimento, recuperando lo smartphone ancora freddo e umido. Guardi distrattamente la schermata di blocco e immediatamente dimentichi come si fa a respirare.

 

02,34

Martin Freeman Con quel vestito stavi di merda.

 

02,57

Martin Freeman Lo sai, vero?

 

Boccheggi per qualche secondo, con l'accappatoio mezzo aperto e i capelli che gocciano ovunque.

Non riesci a muoverti ma senti che le tue labbra si stanno allargando in un sorriso involontario, automatico, inevitabile. E ti si allarga anche il cuore, quel muscolo ormai stropicciato e rinsecchito che ha scordato come si fa a palpitare e che si ritrova a farlo goffamente, facendoti male, riportandoti violentemente alla vita.

 

 

 


*questo non è mai successo, per quanto ne so. La spilla ricordava davvero la gemma del tempo ma non so se fosse una trovata di Ben e ovviamente non ne conosco il valore economico.

 

ANGOLINO DELL'AUTRICE CHE SI DOMANDA SE IN REALTA' SIA SUA LA COLPA DI TUTTA QUESTA PIOGGIA XD

Eccoci alla fine del secondo capitolo! Innanzitutto ringrazio chi è arrivat* fin qui, chi ha inserito la storia in una categoria e soprattutto chi recensisce. Un grazie anche ai lettori silenziosi, lo sono stata anch'io per un certo periodo e non per questo non ho apprezzato le storie che ho letto, anzi! 

Prometto, croce sul cuore, che il nostro Martino comparirà prestissimo in carne ed ossa e che l'angst sta per diminuire notevolmente. Chi mi conosce sa che difficilmente riesco a farne a meno e che il fluff non è certo il mio forte, però garantisco che migliorerà, che il povero, piccolo -mai una gioia-Ben sta per ritrovare un po' di dolcezza. 

Ringrazio Annina per aver corretto una imperdonabile svista nel primo capitolo, Daniela per aver tradotto per me l'intervista alla première di Endgame e più in generale i membri del gruppo Facebook JOHNLOCK IS THE WAY...AND FREEBATCH OF COURSE, che è come un angolino di gioia e leggerezza in giornate tanto grigie e piovose. Senza di voi questa storia, come tutte le altre che ho scritto su Sherlock, non avrebbe mai visto la luce, quindi grazie, grazie di cuore!

Non dico altro, se vorrete lasciarmi due paroline mi farà davvero piacere, lo sapete!

Baci baci

   

   
 
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