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Autore: Nana_13    19/05/2019    0 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Terra dove sorge il sole (Parte 2)


Sedute in cima a una piccola roccia, Rachel e Claire si godevano il tramonto sul deserto. La luce del sole tingeva di rosso quel mare di sabbia, delineando i profili delle dune al di là dell’oasi.
Dopo lo spiacevole episodio con il padre di Tareq, Cordelia era rimasta molto provata e aveva preferito restare in casa con Laurenne. Per lei era stato traumatico non tanto l’essere stata costretta a bere sangue umano, quanto il fatto che il suo corpo l’avesse rigettato. Non era riuscita a mandarlo giù. Inspiegabile per qualcuno che per anni se n’era nutrito senza problemi e forse era stato questo a convincerla definitivamente di non essere del tutto se stessa.
Per rincuorarla Laurenne le aveva promesso che si sarebbe data subito da fare per trovare una spiegazione al fenomeno. Dal canto suo, Rachel sperava che oltre a questo avrebbe anche trovato un modo per riavere Juliet, la cui assenza si faceva sentire. Era come se una parte di loro fosse stata portata via e chissà per quanto tempo ancora avrebbero dovuto sentirne la mancanza.
Pensando che fosse indelicato parlarne davanti a Cordelia, aveva atteso che si addormentasse per riprendere il discorso con Laurenne, mettendola a conoscenza delle loro ipotesi sul portale, di come forse le destinazioni si fossero confuse e questo avesse avuto a che fare con quanto accaduto a Juliet.

“Tu che ne pensi?” le aveva chiesto, ansiosa di sentire il suo parere.

Lo sguardo perplesso della sciamana si era posato d’istinto su Cordelia, che dormiva beata su un mucchio di cuscini in un angolo della stanza. “Lo escludo. Tra l’altro è impossibile cambiare destinazione a un portale, si tratta di magia antica, troppo potente. È più probabile che vi siate sbagliate voi, piuttosto che qualcuno l’abbia manomesso.”

“Quindi l’unico indizio che abbiamo è il veleno con cui l’ha colpita Mary.” Disse Claire, afflitta.

La sciamana scosse la testa pensierosa. “Ve l’ho detto, è improbabile che c’entri qualcosa. Comunque il fatto che io non conosca un veleno con effetti del genere non significa che non possa esistere. È presto per dirlo, devo fare altre ricerche.”

Da tali conclusioni, era chiaro che la faccenda non si sarebbe risolta in breve tempo e con quella consapevolezza erano uscite di casa, desiderose di riprendere fiato dopo quella giornata lunga e sfiancante.

“Non avevo mai visto un tramonto così bello.” osservò Claire, facendo riemergere Rachel dai suoi pensieri.

“Già.” annuì malinconica. Con gli occhi seguì il profilo del sole scomparire dietro l’orizzonte, per lasciare spazio alla notte. “Noi non dovremmo essere qui.”

“Ray…”

“Pensaci!” la interruppe. “Mentre noi ci godiamo il tramonto, Mark e Cedric saranno rinchiusi chissà dove. Magari torturati, o addirittura…”

Claire la fulminò con lo sguardo. “No. Non dirlo.”

In fondo, Rachel le era grata per averle impedito di continuare. Presa dallo sconforto, distolse l’attenzione dall’orizzonte. “Questa storia mi sta facendo impazzire. Ogni minuto che passiamo bloccate qui è un’agonia.”
Trattenne la rabbia, stringendo i pugni. “Sai quanto odio non sapere. Vorrei solo che qualcuno mi dicesse che sta bene, che…”

A quel punto, non riuscì più a continuare e tutta la disperazione che aveva cercato di reprimere in quei giorni esplose. Le parole le si bloccarono in gola, mentre sentiva gli occhi inumidirsi. Non si era mai sentita così inutile in vita sua. L’idea di tornare a Bran da sole era impensabile e chissà quanto tempo ci sarebbe voluto per convincere la tribù ad aiutarle, ammesso che avrebbero mai accettato di farlo.
Accortasi che piangeva, Claire le si avvicinò, cingendole le spalle con un braccio. Sapeva di non essere molto abile in quei frangenti. Di solito era Juliet quella brava a consolare, ma ora c’erano solo loro due e dovevano farsi forza a vicenda.
Rimasero abbracciate per un po’, in silenzio, ammirando gli ultimi bagliori del giorno, finché Rachel non sollevò di nuovo la testa. Tirando su col naso, si asciugò le lacrime.

“Dovremmo rientrare. Laurenne si starà chiedendo che fine abbiamo fatto.”

Claire storse il naso. “Dobbiamo anche andare a quella stupida cena.”

Era tradizione, aveva spiegato Laurenne, che al ritorno dei guerrieri da una missione importante fosse organizzata una festa in loro onore e, visto che lei era una delle massime autorità, avrebbe dovuto partecipare al banchetto nella grande tenda di Jamaal. Il fatto che fossero le sue protette praticamente le obbligava ad accompagnarla e purtroppo non avevano trovato una scusa plausibile per evitarlo. D’altra parte fraternizzare col “nemico” poteva volgere a loro favore; se si fossero dimostrate carine e amichevoli, magari avrebbero trovato qualcuno disposto ad aiutarle o almeno starle a sentire e, chissà, mettere una buona parola con Jamaal quando sarebbe arrivato il momento.

Quando Laurenne le aveva messe al corrente della cena si erano stupite che si facesse ancora, dato quello che era successo. Lei però aveva spiegato che la situazione era più complicata di quanto non sembrasse ed erano parecchie le dinamiche in gioco. Jamaal considerava Cassim come un secondo padre, quindi preferiva mantenere sempre rapporti amichevoli con lui, anche per non entrare in contrasto con Tareq. Questo garantiva a Cassim una maggiore influenza sulle decisioni rispetto agli altri anziani. Comunque le aveva anche rassicurate che quella storia non sarebbe stata insabbiata e che sicuramente Jamaal avrebbe preso dei provvedimenti. Nel frattempo, avrebbero dovuto tutti fare buon viso a cattivo gioco.

Mentre percorrevano la via di casa, Claire ripensava a tutto questo. Nel villaggio le gente era allegra e festosa, e in giro si respirava un’aria diversa. C’era chi ballava, rideva e chiacchierava animatamente. All’angolo di una locanda vide una donna molto formosa rimbeccare quello che avrebbe potuto essere suo marito, che a stento si reggeva in piedi con tutto l’alcool che aveva bevuto.

“Ah, eccovi qua!” le accolse Cordelia tutta contenta quando le vide arrivare. Quel repentino cambio di atteggiamento le lasciò alquanto sorprese. Da che l’avevano lasciata in piena depressione per aver realizzato di essere un’altra persona, ora la ritrovavano serena e pimpante. Si era sistemata per l’evento aggiungendo una cintura e delle collane di pietre colorate agli abiti che le aveva dato Laurenne, e infine acconciandosi i capelli per rendere il tutto meno dozzinale.

Incredibile vedere come bastasse davvero poco per renderla felice.

Si avvicinò a Rachel, scrutandola dall’alto in basso e girandole intorno. Borbottava frasi sconnesse e alla fine si fermò davanti a lei scuotendo la testa. “Cara non ci siamo, i capelli sono un disastro. Per non parlare dei tuoi abiti.” disse sconsolata; poi la prese per mano e la trascinò in casa. “Vieni, cerchiamo di rimediare. Non puoi presentarti a cena conciata così.”

“Aspetta. E Claire? Anche lei non è presentabile.” buttò lì Rachel. Non voleva affrontare tutto questo da sola, così l’aveva messa in mezzo, beccandosi in risposta un’occhiataccia omicida da parte sua.

“Infatti il discorso vale anche per lei. Non che possa fare molto per quei capelli.” Sentenziò Cordelia, storcendo il naso.

Claire sbuffò e le seguì dentro, ormai rassegnata al suo destino.

Intanto Laurenne si dava gli ultimi ritocchi davanti a uno specchio. Era molto bella, indossava un abito più pregiato e sfarzoso, si era tolta le collane di ossa e portava dei bracciali molto particolari e colorati. “Hai visto Samir?” domandò a Cordelia.

“Chi?” fece Rachel.

Laurenne non fece in tempo a rispondere che un bambino di circa otto anni arrivò dal piano di sopra, dicendole qualcosa in arabo.

Mahbub, abbiamo ospiti. È buona educazione parlare nella loro lingua.”

Il bimbo alzò gli occhi al cielo, poi Laurenne lo presentò a Rachel e Claire come suo figlio. Lui accennò appena un sorriso e poi scappò via.

“Scusatelo, di solito è più socievole.” disse Laurenne, scuotendo la testa.

Claire abbozzò un sorriso. “Tranquilla, non c’è problema.” Come carattere le ricordava sua sorella, ma cercò subito si scacciare quel pensiero dalla mente. Non era il caso di aggiungere altra malinconia a quella che aveva già.

“Non è un amore?” commentò Cordelia in tono lezioso, mentre finiva di sistemare l’acconciatura di Rachel.

“Ecco qua, perfetta.”

Rachel si guardò allo specchio, scoprendosi compiaciuta. Le aveva raccolto i capelli in due folte trecce, che poi aveva unito insieme con dei nastri. “Niente male.” commentò, mentre si rimirava da entrambi i lati. 

Lei annuì. “Ho fatto molta pratica ai miei tempi. Mi divertivo ad acconciare i capelli delle mie sorelle.” spiegò tutta sorridente; poi il sorriso si spense e sembrò quasi ripensarci. “Per la verità, solo Margaret si prestava a certe cose. Beth non era il tipo da fronzoli e merletti.”

Claire uscì dal bagno proprio in quel momento, dopo essere sfuggita alle grinfie di Cordelia per darsi una sistemata a modo suo. “Mi ci rivedo in pieno.”

Laurenne aveva preso le ultime cose e ora le aspettava sull’uscio della porta. “Bene, siamo tutti pronti? È ora di andare.”

Uscirono di casa e si incamminarono verso la grande tenda che era stata allestita al centro del villaggio, dalla quale proveniva un chiacchiericcio concitato.
Samir entrò per primo, ma, invece di fare lo stesso, Laurenne rimase un momento sulla soglia e si voltò verso di loro.

“Bene, siamo arrivate. Qui cenano i guerrieri e gli uomini più illustri della tribù, ma non abbiate paura.” le rassicurò, leggendo le loro espressione ansiose. “Finché siete con me, nessuno vi dirà niente.”

Chiarito questo, fecero il loro ingresso nella tenda. Dentro era davvero enorme e pieno di gente che sedeva festosa su grandi cuscini, disposti attorno a tavoli bassi con vassoi di cibo e calici di vino. Numerose lampade colorate pendevano dal soffitto a illuminare l’ambiente.

Videro Samir seduto a un tavolo dove c’erano altri bambini con le loro madri, che Laurenne salutò non appena fu entrata. In un primo momento, nessuno sembrò accorgersi della presenza delle ragazze, continuando a conversare e a mangiare senza badare a loro; poi qualcuno le notò, seguito da un altro, finché ogni chiacchiera si spense e un silenzio indagatore scese sui presenti. Rachel e le altre tentarono di dare meno nell’occhio, nascondendosi dietro Laurenne e facendo le indifferenti, ma ormai le avevano viste. Non sapevano cosa aspettarsi da quella gente.

Per fortuna, il saluto provvidenziale rivolto a Laurenne dalla voce tonante ma gioviale di Jamaal le salvò dall’imbarazzo. Si alzò dal tavolo principale e le raggiunse, accogliendole con inaspettata allegria e porgendo una coppa di vino alla sciamana. “Mi sono preoccupato vedendo Samir entrare da solo.”

Lei ricambiò il sorriso, accettando il vino e bevendone un sorso; poi Jamaal si rivolse alle ragazze. “Sedetevi dove volete e servitevi pure. Questa sera si festeggia!” Urlò le ultime parole nella sua lingua, voltandosi verso il resto della sua gente e sollevando il bicchiere per invitarla a unirsi a lui. Per tutta risposta, gli altri lo seguirono, alzando i calici e urlando di gioia.

Faceva un certo effetto vederlo in quella veste. Di primo impatto non avrebbero mai detto che fosse un tipo socievole e festaiolo, e la scoperta non poté che lasciarle piacevolmente sorprese.

Alla fine, Laurenne le lasciò per andare a sedersi con Jamaal al tavolo dei pezzi grossi. “Divertitevi.” si raccomandò sorridente, prima di seguirlo. Non diede alcun segno di preoccupazione, perciò decisero che neanche loro ne avrebbero avuta. In fondo, a nessuno sembrava importare che fossero lì, neanche a Tareq e suo padre. Anche se appena entrata Rachel aveva intravisto un’occhiata carica di sospetto da quella direzione, ora non ce n’era più traccia e i due avevano ripreso a banchettare come se nulla fosse.

Trovarono tre posti liberi in un angolo appartato accanto all’entrata e si sedettero. Sul tavolo c’era ogni ben di Dio, tra carne condita con spezie e salse, frutta di ogni tipo, cereali, riso e vino, così non persero tempo e iniziarono a riempirsi lo stomaco. Non mangiavano in modo decente da giorni, quindi non si preoccuparono più di tanto di sembrare sgarbate. Era tutto buonissimo, ma anche in caso contrario avrebbero divorato qualunque cosa, tanta era la fame.

A fine pasto, Claire si abbandonò a un sospiro soddisfatto, godendosi la sensazione della sua pancia finalmente piena. Di lì a poco, una voce femminile accanto a lei attirò la sua attenzione.

“Lo mangi quello?” le chiese, indicando un tozzo di pane vicino al piatto.

Sorpresa di sentir parlare la sua lingua, Claire si voltò, trovando due occhi nerissimi che la fissavano.

Appartenevano a una ragazza dalla pelle olivastra e i capelli neri raccolti in una treccia, che prima non aveva nemmeno notato. A occhio e croce doveva avere circa la loro età e, a differenza delle altre donne del villaggio, non indossava abiti femminili, bensì una divisa da guerriero. Il corpetto di cuoio, chiuso sul petto da lacci, le schiacciava un po’ il seno e, se non fosse stato per i tratti del viso e i capelli lunghi, avrebbe potuto benissimo essere scambiata per un maschio.

Dall’altra parte la ragazza si accigliò, già seccata per l’attesa. “Vorrei essere ancora giovane quando mangerò quel pane.” disse annoiata.

Claire allora si riscosse. “Oh. Sì, certo. Prendilo pure.”

Lei non se lo fece ripetere due volte e afferrò il pezzo di pane, addentandolo poi senza troppi complimenti.
I modi un po’ rozzi, quasi mascolini, con cui si comportava a tavola attirarono l’attenzione di Claire, che senza volerlo rimase a osservarla mangiare, finché la ragazza non se ne accorse.

“Beh?” fece in tono infastidito.“Qualche problema?”

“No, no. Scusa.” mormorò Claire, distogliendo lo sguardo intimorita.

La risposta sembrò soddisfarla e per un po’ continuò a mangiare in silenzio, ma non trascorse molto tempo che, dopo aver mandato giù un’abbondante sorsata di vino, tornasse alla carica. “Voi siete le ragazze che hanno trovato nel deserto, giusto? Quelle che stavano con gli algul.” osservò.

“Con chi?” chiese Claire, sollevando un sopracciglio.

Algul.” ripeté lei. “Vampiri, nella vostra lingua. Succhiasangue, sanguisughe…”

“Okay, ho afferrato il concetto.” ribatté spazientita. Non le piaceva il tono che stava usando. “E comunque ci stavano inseguendo. Non eravamo insieme a loro.” precisò.

L’espressione poco convinta che le rivolse ebbe il solo effetto di farle salire ancora di più i nervi. Stava per risponderle a tono, ma Rachel la precedette, evitando così che iniziasse una lite.

“Tu chi sei, invece?” constatò con un mezzo sorriso di cortesia.

La ragazza non rispose subito. Era chiaro che stesse valutando il da farsi. “Mi chiamo Najat e faccio parte del corpo di difesa.” disse infine, senza nascondere una punta di orgogliosa presunzione nella voce. “Non che siano affari vostri.”

“Perché non siedi al tavolo di quelli che contano, allora?” la provocò Claire, già stanca di quel suo atteggiamento.

Najat però non si mostrò infastidita e storse il naso, prendendo a giocherellare con un coltello lì vicino. “Tutti quei discorsi da adulti mi annoiano a morte. Preferisco stare per conto mio.” spiegò, per poi lasciarlo cadere sul tavolo e alzarsi. “Ci si vede in giro, amiche degli algul.” Rivolse loro un’ultima occhiata dall’alto in basso e se ne andò.

“Ma l’hai vista?” fece Claire, con aria sconcertata, mentre il suo sguardo la seguiva verso l’uscita e la vedeva salutare alcuni dei suoi compagni, chiassosi e già parecchio alticci. “Chi si crede di essere?”

“Lascia perdere. Non siamo nella posizione di attaccare briga con nessuno.” tagliò corto Rachel, bevendo un altro sorso.

La festa proseguì fino a tarda notte in un’atmosfera gioiosa e il vino scorreva a fiumi, tanto che ormai in pochi conservavano la loro dignità, mentre gli altri si abbandonavano a canti, balli ed esibizioni alquanto imbarazzanti.
Solo quando Laurenne trovò Samir profondamente addormentato su un piatto decise che era arrivato il momento di ritirarsi. Le ragazze furono sollevate di andarsene e trovare finalmente un po’ di pace dopo quella lunga giornata.
Camminarono il più in fretta possibile, perché l’aria della notte era gelida nel deserto e loro non erano coperte a dovere. Lungo la strada passarono nei pressi di un campo illuminato da torce. Era molto grande, aveva dei manichini di legno sparsi qua e là e una sorta di armeria in fondo, così intuirono fosse utilizzato dai soldati per fare pratica nel combattimento. Infatti, proprio in quel momento qualcuno aveva deciso di allenarsi. Agitava un lungo bastone sopra la testa, facendolo roteare con gesti precisi e allo stesso tempo eleganti, come in una specie di danza.

“Oh, c’è Najat!” disse Laurenne con un gran sorriso, avvicinandosi. Una volta riconosciuta la ragazza, Claire sentì spegnersi ogni entusiasmo.

Alla loro vista, Najat si arrestò. “Salve, Laurenne.” salutò ansante, fermando il bastone.

Lei ricambiò con un cenno del capo. “Mi è dispiaciuto non vederti a cena. Eppure i festeggiamenti erano per te, in parte. Ho saputo che ti sei fatta valere in combattimento.” mormorò per paura di svegliare Samir, che le dormiva in braccio.

“Non sono rimasta molto. Sai che non amo questo genere di cose.” Borbottò evasiva.

Era strano vedere come davanti a Laurenne sembrava aver perso tutta la spavalderia di poco prima.

La sciamana sorrise. “Oh sì, lo so bene. Ho perso il conto di tutte le volte che tuo padre mi mandava a cercarti, quando sparivi da bambina.”

Entrambe sembravano molto divertite al ricordo; poi Laurenne indicò le ragazze. “Hai conosciuto le mie protette?”

Claire squadrò Najat con aria di sufficienza e lei fece lo stesso.

“In un certo senso... Eravamo sedute vicine a cena, ma non ci siamo presentate come si deve.” Lo disse come se la cosa non fosse poi così importante.

“Hai ragione, che maleducate.” Ribatté Claire, sfoderando un falso sorriso. “Io sono Claire e loro sono Rachel e Jul- ehm, Cordelia.”

“È davvero un piacere Najat, spero che diventeremo amiche.” squittì Cordelia eccitata.

L’espressione di Najat era tutto un programma ed esprimeva in pieno quanto fosse confusa da quello strano comportamento e dalla sua proposta. “S-si, lo stesso per me.” farfugliò, giusto per cortesia.

“Ora sarà meglio andare. Buonanotte, Nat.” La salutò Laurenne, facendo per avviarsi verso casa con le ragazze al seguito. “E basta allenarsi. Va a dormire anche tu, che è tardi. Continuerai domani.”

Per tutta risposta lei le rivolse un sorrisetto di assenso, ma, mentre andava, Claire vide con la coda dell’occhio che aveva ripreso a far roteare il bastone.

Una volta arrivate, la sciamana le guidò al piano di sopra, mise a letto Samir e poi mostrò loro dove avrebbero dormito. Accanto alla sua stanza, infatti, ce n’era una più piccola che apparteneva al bambino, ma che per il momento Laurenne aveva sistemato per loro. Le ragazze non avevano parole e non sapevano più come ringraziarla. Avevano anche provato a protestare, dicendole che si sarebbero accontentate di meno, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Augurò la buonanotte e se ne andò.

Rachel si guardò intorno e non le sembrava vero di poter dormire su qualcosa che non fosse il freddo pavimento di una cella. C’erano tre brandine imbottite e provviste di coperte e cuscini perché non soffrissero il freddo. Una visione davvero invitante. “È stata davvero gentile con noi, le dobbiamo molto.” commentò, mentre si preparava per andare a letto. Non vedeva l’ora di provarlo.

Cordelia annuì. “Sì, un tesoro davvero.” Disse, coprendo elegantemente con la mano uno sbadiglio.

Di lì a poco infatti si addormentò come un sasso e Rachel e Claire cercarono di imitarla, ma non riuscivano a prendere sonno. Dovevano ancora metabolizzare tutta la situazione.

Rachel osservava Cordelia dormire della grossa e per un momento quasi provò invidia nei suoi confronti. Avrebbe tanto voluto riuscire a prendere ogni cosa alla leggera come faceva lei. “Ancora non mi capacito di tutto questo. Come ci siamo arrivate? Poche settimane fa stavamo festeggiando il diploma e ora dormiamo in una casupola nel bel mezzo del deserto.”

Claire sospirò. La pensava esattamente allo stesso modo, ma allo stesso modo non aveva risposte. La mente la riportò a quella sera, quando Dean si era presentato bagnato fradicio alla sua porta. Forse, se allora si fosse rifiutata di farlo entrare… Ma era inutile ragionare con i se.
Scacciando via quei pensieri, si tirò su e, sedendosi su un cuscino, afferrò i pantaloni e trafficò con una delle tasche. “Guarda cosa ho trovato stamattina.” disse, tirando fuori il diario di Juliet.

Rachel si avvicinò e rimase stupita riconoscendo l’oggetto. “Ma dove l’hai preso? Credevo fosse rimasto in Montana con il resto della nostra roba.”

“Anch’io, finché non è scivolato dalla tasca dei suoi pantaloncini mentre si cambiava. Aspettavo solo il momento buono per dargli un’occhiata.”

Rachel non era del tutto convinta. Non stava bene leggere i diari altrui, erano oggetti troppo personali e intimi. “Claire, non credo sia una buona idea. Mi sembra scorretto.”

“Lo so, ma è tutto quello che ci resta di lei. Magari se lo leggiamo sarà come averla qui.”

Rachel ci rifletté un secondo e in effetti il suo ragionamento non era del tutto sbagliato. Juliet mancava moltissimo anche a lei e forse leggere le sue parole scritte in quel diario sarebbe stato come sentirla parlare. Cordelia aveva la sua voce, ma non era la stessa cosa. Così si lasciò convincere, si alzò per prendere un mozzicone di candela e insieme a Claire passò la notte in bianco immersa nel diario della sua migliore amica.


 
   
 
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