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Autore: Emmastory    20/05/2019    5 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Capitolo VIII

Presente e futuro

Silenzio. Calore e silenzio. Attorno a me non c’era altro, ed ero tornata a casa. Di nuovo accanto a mia madre, non avevo esitato ad abbracciarla, perdonando le lacrime che l’avevo vista versare, e lo stesso era accaduto con Sky, che riuscendo finalmente a gettare le armi e la metaforica corazza con cui si proteggeva, aveva anche lei affidato a un sussurro la felicità provata nel rivedermi, e lasciandola fare, avevo atteso che si sfogasse. Diverse come eravamo, avevamo certamente avuto nel tempo i nostri dissapori, ma per tutta la durata di quell’abbraccio, e forse anche oltre, quegli screzi passarono tutti in secondo piano. Li ricordavo ancora, ovvio, ma ciò non significava che gli dessi più chissà che importanza. Quando finalmente ci staccammo, mi fermai a guardarla negli occhi, e l’azzurro dei suoi si fuse con quello dei miei. “Mi siete mancate entrambe, davvero.” Ammisi, con la voce rotta dall’emozione e il cuore ancora intestardito da ciò che provavo. Veloce, batteva come impazzito, e per la prima volta in tanto tempo, la colpa, come scherzosamente amavo definirla, non era di Christopher. Mi aveva accompagnato nel viaggio di ritorno, e ora se ne stava tranquillo e in disparte, lasciando che mi godessi il tempo con mia madre e mia sorella. “Ci sei mancata anche tu, Kaleia, e non solo a noi.” Rispose poco dopo Sky, rompendo il silenzio creatosi nella stanza e riuscendo a cogliermi di sorpresa. Confusa, non seppi cosa dire, e alla vista di un altro mazzolino di viole proprio sul tavolino in legno del salotto, capii. A quanto sembrava, la mia non più così piccola amica Lucy aveva davvero avuto nostalgia di me nel tempo che avevo trascorso ad Eltaria, e quei fiori, evidente e tangibile simbolo della nostra amicizia, ne erano la prova. Nonostante la distanza e il tempo, non l’avevo certo dimenticata, e pur con il desiderio di rivederla, abbracciarla e stringerla fortissimo dentro di me, scossi la testa, e mantenendo la calma, tentai di dissimulare l’accaduto. Per quanto ne sapevo, Christopher ed io non saremmo rimasti lì per molto, e ad essere sincera, volevo davvero godere di ogni secondo utile. Così, con il sorriso sempre stampato sulle labbra, lasciai uscire Willow dal suo trasportino, e calma come sempre, la mia amica color dell’ebano strusciò la testa contro il mio palmo aperto, e miagolando appena, iniziò a fare le fusa. Fu quindi questione di un attimo, e la vidi cambiare posizione solo per rotolarsi in terra e mostrare la pancia. Un atteggiamento più tipico di un cane, che mi fece ridere come pochi. Guardandola, Christopher rise a sua volta, e ben presto, anche Sky si unì alla nostra ilarità. Divertita, mi distrassi per un attimo, e seguendo mia madre in cucina, mi sedetti a tavola con lei, e gettando un occhio all’orologio appeso al muro, scoprii che quella che le lancette segnavano era l’ora perfetta per una vera e propria tradizione di famiglia. Era tutto iniziato quando non ero che una piccola e innocente pixie, e come me anche Sky, ma se c’era qualcosa di cui discutere in famiglia, fosse questo un problema o anche una serie di buone notizie, ognuna di queste trovava la libertà davanti a tre tazze. Due di buon latte per noi, una di caffè per nostra madre. Crescendo, avevamo sostituito il latte con la stessa e scura bevanda di colei che ci aveva adottate, e in quel pomeriggio ancora pieno di sole, lei non tardò a prepararlo per tutti, compreso Christopher, che frenando l’entusiasmo di mia madre con un gesto della mano, si negò quel piccolo piacere. “Non per me, Eliza, ti ringrazio.” Le disse infatti, fermandola prima che riuscisse a riempire quella quarta tazza. “Sei sicuro? L’hai almeno mai provato? È buono, davvero.” insistette lei, affatto contenta di quella risposta e con la caffettiera calda ancora in mano. “Non ne dubito, ma non mi è mai piaciuto, sul serio.” Continuò il mio amato, calmo e sincero con sé stesso oltre che con lei. “D’accordo allora.” Si limitò a rispondergli lei, arrendendosi a quell’evidenza e portando in tavola tre tazze anziché quattro. Lenta e precisa, le posò una per una su un vassoio di metallo, che ben presto trovò il suo posto sul tavolo. Improvvisamente timida, non seppi se accettare o meno, e dimenticando l’etichetta, Sky non perse tempo, afferrando la propria e mandando giù il primo, caldo, sorso di caffè. “Nulla da raccontare, ragazzi?” ci chiese poi, voltandosi a guardarci e andando dritta al punto. Sorpresa dal suo interesse, fui grata e felice di quella domanda, e incoraggiata dalla stretta di Christopher sulla mia mano, parlai. “Sky, mamma, Eltaria è fantastica. Avevate ragione, ora non siamo soli, anzi, quel bosco è pieno di creature magiche, strani animali mai visti, e un villaggio simile al nostro. Finora non abbiamo avuto problemi, ci hanno accolti a braccia aperte.” Spiegai, con un seme di gioia nel cuore e nella voce. Orgoglioso, Christopher mi strinse la mano con forza ancora maggiore, e ignorando il leggero dolore che provai, mi voltai a guardarlo. Attimi più tardi, mi persi nei suoi occhi, e riportata alla realtà da un miagolio di Willow, mi riscossi, calmandomi solo dopo qualche sorso di caffè. Contenta e senza pesi sulle spalle, passai il resto della giornata con mia madre e mia sorella, e sedute sul divano, osservammo le ore rincorrersi fra una parola e l’altra. Dopo un tempo indefinibile, il silenzio calò fra di noi, e approfittando del momento, mi scambiai con Christopher un’occhiata d’intesa. Capendo al volo, lui non proferì parola, e completamente dimentica della presenza dei miei familiari nella stanza, lo baciai. Altri secondi scomparvero così dalla nostra vita, e innamorato perso di me, Christopher prese in fretta il controllo di ogni secondo di quel contatto, godendo del calore delle mie labbra, e quella volta, ne ero sicura, anche del loro sapore. In breve, la sera scese anche a Primedia, e con la mente il cuore pieno di lucenti speranze, abbattei l’ultima barriera che davvero mi separava dalla pace interiore. Finalmente l’avevo ritrovata, e felice come mai ero stata, fui certa di voler proseguire su quel cammino, grata di aver accanto la mia famiglia, e chi poteva dirlo, anche altri alleati nell’esteso arco di tempo fra presente e futuro.

 
   
 
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