Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe
Segui la storia  |       
Autore: Miss Halfway    20/05/2019    0 recensioni
REVISIONATA FINO AL CAPITOLO 5
«All'improvviso sentii un soffio gelido spirarmi sul collo, mentre una mano, altrettanto gelida, mi accarezzava i capelli e coi polpastrelli mi sfiorava la pelle. O forse no: quella mano dal tocco glaciale in realtà non mi stava affatto accarezzando i capelli ma me li stava semplicemente spostando delicatamente dal collo per scoprirmi la carotide, sfiorandomi appena. Continuavo a percepire un venticello fresco, nonostante ricordassi chiaramente di aver chiuso la finestra quella notte per via dei lupi che ululavano alla luna e gli spifferi di corrente andavano diffondendo nell'aria un profumo che avevo già sentito e che ormai conoscevo bene.» (cap. 11)
Streghe, vampiri, licantropi... Saranno solo vecchie leggende e sciocche superstizioni? O la realtà, in fondo, cela qualcosa di sovrannaturale? Cosa nasconde la biblioteca scolastica? Chi è il ragazzo misterioso e qual è il suo segreto?
In seguito alla morte della nonna materna, la quale lascia in eredità l'antica Villa dei Morgan, Meredith insieme alla sua famiglia allargata farà ritorno a Salem, sua città natale. Lì comincerà per lei una nuova vita alle prese con un potere sovrannaturale, sogni premonitori, bizzarre amicizie e il coinvolgimento in uno strano triangolo amoroso...
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
15) Luna Piena.


    Heric guidò per circa un quarto d'ora fra le trafficate strade di un caotico venerdì sera a Salem e parcheggiò poi l'auto davanti a un piccolo pub, The Shadow's, non molto distante dal centro e situato in una zona non particolarmente raccomandabile della periferia. Ma ero in sua compagnia ed insieme a lui non avevo nulla di cui temere.
    «Beh, che te ne pare?» mi chiese scortandomi fino all'ingresso e aprendo la porta per farmi accomodare dentro come un vero cavaliere.   
   
«Sei sicuro che possiamo entrare in un pub?» gli domandai perplessa.
    Heric ammiccò e, con tono fiero, asserì di conoscere chi vi lavorasse e che per questo motivo non ci avrebbero mai chiesto il documento d'identità. Eravamo minorenni, o per lo meno io lo ero. D'un tratto, mentre ero intenta a guardarmi attorno, si avvicinò la cameriera e capii subito a chi si riferisse quando affermò di conoscere qualche dipendente quel locale: Madeline lavorava lì. La vampira ci squadrò con aria un po' contrariata e ci fece accomodare ad un tavolo per due. Sebbene dall'esterno, per via della zona appartata in periferia in cui era ubicato, sembrasse un luogo sconsigliabile e di dubbia fama frequentato da loschi individui, all'interno in realtà si nascondeva una vera perla arredata con gusto e, nonostante fosse venerdì sera e fuori in centro quasi regnasse il caos del fine settimana, l'atmosfera lì era piuttosto tranquilla e rilassata, con musica da lounge bar non troppo alta e luci soffuse. Pensai tra me e me come mai un vampiro lavorasse e per giunta in un bar ed Heric, come se mi avesse letto nel pensiero, mi disse prontamente che quella per Madeline era una sorta di copertura.
    «Copertura?» ripetei con tono interrogativo un po' spiazzata.
   
«Beh, in qualche modo dobbiamo pur sopravvivere. Più che altro, serve a Madeline per procacciare.»
    «Cosa intendi per "procacciare"?» non era infatti la prima volta che utilizzava quel termine con me e non ero per niente sicura di averne colto la giusta sfumatura, o meglio, non ero certa se semplicemente si riferisse a nutrirsi o a nutrirsi di esseri umani o ad ucciderli per nutrirsene.
   
«Significa procurarci il sangue. Io ho scelto di vivere nella maniera più normale possibile, Maddie ogni tanto si concede del sangue umano e qui al bar ha la possibilità di conoscere tante persone più che altro di passaggio.»
    Insomma, quel che voleva dirmi in realtà e in maniera molto spiccia era che Madeline lavorasse come cameriera con lo scopo di abbordare uomini da cui avrebbe succhiato loro il sangue. Heric, però, era troppo educato e per bene per essere così diretto ed esplicito. Quel che fondamentalmente mi lasciava interdetta era se la sua adorata cugina Maddie (non l'aveva mai chiamata così prima d'ora) uccidesse o meno questi poveri uomini malcapitati. Non feci in tempo a domandarglielo, probaibilmente non avevo neanche il diritto di chiederglielo e di entrare troppo a fondo nei loro affari di famiglia di vampiri, che un finto colpo di tosse interruppe i nostri discorsi.
   
«Volete ordinare?» sentenziò Madeline con atteggiamento sempre più sgarbato. Sicuramente, come Jeremy, non approvava affatto la nostra frequentazione che via via stava sfociando in qualcosa di più serio.
   
«Io il solito» le rispose Heric fissandola per un momento come se stesse comunicando telepaticamente con lei. Io invece ordinai un semplice cheeseburger.
    I nostri piatti arrivarono presto, in fondo non c'erano tanti clienti e non dovettimo aspettare troppo a lungo. Heric scelse una bistecca al sangue, poco cotta, praticamente cruda quasi come se l'animale fosse stato appena macellato e il sangue continuasse a sgorgare a fiotto. Il mio cheeseburger era decisamente più appetitoso anche perché ormai erano settimane che non mangiavo qualcosa di grasso e sostanzioso.
    Consumammo le nostre pietanze lentamente ed in silenzio, poiché eravamo comunque entrambi ancora timidi, scambiandoci solo qualche tenera occhiata di tanto in tanto tra un boccone e l'altro. 
Mi sentivo osservata: Heric mi squadrava, quasi stesse analizzando ogni mio movimento, evitando però il contatto visivo.
    «Ti dirò un segreto» bisbigliò a un tratto poggiando le posate sul tavolo. Lo fissai in attesa che riprendesse il discorso rivelandomi tale misterioso segreto.
    «Questo è principalmente un pub di vampiri» sgranai gli occhi incapace di proferire alcuna parola in risposta alla sua affermazione.
   
«La proprietaria di questo posto è un'anziana vampira, nel senso che venne trasformata quando da umana aveva già più di cinquant'anni intorno al 1950. Arya è una leggenda per noi. Lei è forse l'unico vampiro sulla faccia della terra che non ha mai ucciso un essere umano. Sarà che, data la tarda età in cui venne trasformata, ha accumulato una tale saggezza e rispetto per la vita che uccidere e far del male non sono mai stati parte della sua natura, né umana né sovrannaturale.»    
    Non capivo perché mi dicesse queste cose, se per coinvolgermi nella sua vita da vampiro o per semplice informazione. In quel momento ogni persona in quel locale mi sembrava un vampiro pronto alla caccia ed io mi sentivo l'unica preda umana. Ma ero con Heric e, come ho detto, in sua compagnia non avevo paura di niente.
    «Devi sapere- proseguì il suo racconto sempre a bassa voce -che esiste una sorta di distinzione fra noi vampiri: coloro che, come me, Madeline e Arya, vivono cercando di condurre un'esistenza e uno stile di vita più normale possibile e coloro che invece sono dei veri e propri cacciatori assetati di sangue. Questa zona nella periferia di Salem non molto lontana dalla mia Villa è frequentata da molti vampiri del Paese mentre la zona opposta, dove vi è la riserva vicino casa tua...beh noi non siamo ammessi lì. È una legge non scritta che ormai rispettiamo da secoli.»    .
    «Mmh, perché non siete ammessi nella riserva? E poi come fa questa anziana donna vampiro, Arya, a sopravvivere? Anche lei ha un ciondolo?!» domandai curiosa.
    Heric fece cenno di no con la testa affermando che solo pochi eletti ne fossero in possesso, abbassando il capo come a voler indicare il proprio status privilegiato, e, ignorando la mia prima domanda, continuò la storia sull'anziana vampira.
   «Arya è sopravvissuta da umana ad entrambe le Guerre Mondiali lavorando come infermiera di campo, a poco più di vent'anni aprì questo locale nel pieno periodo del proibizionismo importando whisky dal Vecchio Mondo. Sa il fatto suo e ha chi lavora per lei non potendo uscire alla luce del sole. Infatti, se mai ti capitasse di tornare qua non ordinare mai un Bloody Beast o un Bloody Human» ridacchiò. Il suono della sua risata era contagioso, le sue storie incredibili e coinvolgenti ed era bello, diamine quanto era bello, quante vicende ed esperienze aveva vissuto mentre io ero solo un'ordinaria ragazzina del sud piombata in una città mistica ed esoterica che si era appena scoperta essere discendente di una strega. La felicità, la gioia e l'emozione che provai nell'essere insieme ad Heric e nell'ascoltare le sue avventure svanirono all'instante quando mi soffermai a pensare al fatto che io fossi in realtà così banale ed insulsa, e iniziavo a chiedermi cosa ci facesse lui con me o cosa un vampiroci potesse mai trovare in me. E poi il tempo, il tempo era un altro problema irrisolvibile: io sarei invecchiata e lui no. Lui se ne sarebbe andato ed io sarei rimasta qui, mi avrebbe lasciata e avrebbe vissuto ancora centinaia di anni mentre io sarei marcita sottoterra.
    Heric notò che cambiai umore e avvicinò la sua mano alla mia, che prontamente ritrassi senza neanche volerlo.
   
«Hey, è tutto a posto?»
    Gli risposi di sì annuendo semplicemente senza dire una parola.
Erano le undici e mezza ormai, dovevo tornare a casa. Le mie sciocche fisime mentali come al solito erano riuscite a rovinare un così bel momento. Dannazione! Avrei voluto fargli mille altre domande ma ormai l'atmosfera si era inevitabilmente incupita così pagammo ed Heric mi riaccompagnò a casa senza che entrambi proferissimo parola per tutto il tragitto.
    «Scusami, sono solo un po' stanca» dissi non appena parcheggiò la sua auto davanti casa mia come a volermi scusare del mio comportamento impassibile e quasi scontroso durante la serata. 
   
«Aspetta- sibilò Heric afferrandomi il braccio quando aprii la portiera -ti accompagno.»
 
    Heric mi scortò fino all'entrata di casa mia e rimanemmo per un attimo sull'uscio della porta.
    «Ho passato davvero una spendida serata» sussurrò mentre mi accarezzava il viso. Il suo toccò mi aveva come paralizzata e il massimo che potei fare fu abbozzare un sorriso. Avevo passato anche io una splendida serata, tralasciando le mie paranoie. Heric fece scivolare la sua mano su tutto il mio corpo, passandola prima sul collo spostandovi i capelli e facendo una leggera pressione sulla mia spalla per poi far scivolare la sua mano lungo tutto il mio braccio fino a stringermi il fianco per tirarmi a sé.
    Era il momento che aspettavo da settimane ormai, pensai:
«ecco, finalmente mi bacia!»
   
Heric si avvicinò sempre di più a me stringendomi più forte a sé con il suo braccio. Il cuore mi batteva all'impazzata ma proprio in quell'attimo la porta di casa mia iniziò a scricchiolare...
    «È tardi, non credi? Su entra
    La voce severa di Jeremy interruppe quel tanto sospirato momento di intimità fra me e Heric. Era come se si fosse appostato lì in attesa di dare il colpo di grazia a quella serata.
    Non lo avevo mai odiato così tanto come in quel momento. Un po' imbarazzato, Heric mi diede la buonanotte scoccandomi un bacio sulla guancia e si diresse verso la sua auto.
   
«Buonanotte a te» gli dissi mentre Jeremy gli chiudeva la porta in faccia.
    Per tutta la notte fantasticai su quel quasi bacio fra me ed Heric. Le mie sciocche fissazioni sulle differenze abissali fra me e lui e sull'inevitabile scorrere del tempo si affievolirono e fui pervasa da un senso di felicità e di eccitazione. Chissà come doveva essere baciare un vampiro? O andare a letto con un vampiro? Era ciò possibile, insomma, anatomicamente parlando considerata la sua natura sovrannaturale di non-morto?




    Il tempo che tanto consideravo il principale nemico nella mia relazione non mi dava torto e sembrava trascorrere, in compagnia di Heric, ad una velocità talmente rapida che ne persi la congizione. Ogni giorno era un'avventura, una scoperta, un brivido di follia. La mia vita procedeva comunque apparentemente normale, così tanto normale che, tra vedere Heric e studiare (purtroppo la fine della scuola era vicina!), non avevo quasi avuto tempo da dedicare alla magia, alla scoperta del segreto indicibile di Jeremy, alla ricerca del mistero che si celava all'interno della biblioteca scolastica e a tutti i rompicapo sovrannaturali che fino a poco prima mi assillavano. La nonna, però, non potevo certo dimenticarla, non potevo non farle giustizia, non avrei seppellito la sua esistenza in un mucchio di bugie. Ero convinta che non avesse avuto alcun infarto né lei né le altre anziane donne di recente venute a mancare e che nemmeno le giovani ragazze sgozzate da uno strano animale fossero state realmente sgozzate da un vero e proprio animale.
    In quelle ultime settimane ci furono infatti altre misteriose morti, non solo a Salem ma anche nelle contee vicine, stesse dinamiche e sicuramente stesso movente.
    Comunque sia, dovevo studiare: il test di biologia non era solo una scusa per poter uscire di casa quando ero in punizione, avevo davvero un test ed in più, soprattutto, io e il mio compagno di studi, ovvero Jeremy, dovevamo assolutamente consegnare il progetto di chimica e la relazione entro lunedì 19 aprile in modo da esporlo il mercoledì della stessa settimana durante le ore di lezione pomeridiane. Io e
il mio fratellastro avevamo un intero weekend per terminare il nostro compito: io spiegai a Heric che, sebbene non avessi una vita eterna davanti, dovevo assolutamente terminare l'anno con buoni voti senza farmi bocciare sennò mia madre avrebbe accorciato ancora di più la mia breve esistenza e lui capì che così in fondo avremo potuto passare insieme tutta l'estate. Jeremy invece no, non riusciva più a staccarsi da Alexis e avevano instaurato un rapporto a dir poco morboso, come se lui fosse il suo cagnolino. Ormai però non ne ero più gelosa, non mi curavo più di loro fino a quel pomeriggio...
    Era sabato e fuori pioveva a dirotto nonostante la primavera fosse già nel pieno della sua stagione. Mancavano due giorni soltanto alla consegna della relazione ed invano cercavo di collegare e sistemare i miei appunti e confrontarli con quelli di Jeremy, ma proprio la sua scrittura mi era incomprensibile, anzi indecifrabile. Stanca e spazientita di dover fare solo io il lavoraccio mentre Jeremy se ne stava comodamente in camera sua a far nulla, aprii, senza bussare, la porta della sua stanza e li vidi: lui e Alexis, a letto insieme.
    Rimasi quasi impietrita dallo choc  facendo cadere sul pavimento gli appunti che tenevo fra le mani. Iniziai a scusarmi chiudendo la porta e sigillandomi nella mia camera dall'imbarazzo mentre Jeremy mi imprecava dalla stanza affianco.
    «Dici che l'abbiamo traumatizzata?» bisbigliò neanche a voce tanto bassa al che Alexis lo ammonì, tra una risata e l'altra, di non essere così cattivo. Li detestavo.
    Vederli insieme mi aveva provocato un tale disagio e una tale vergogna che non riuscivo a spiegarmi. Ancor meno riuscivo a spiegarmi il senso di gelosia che mi pervase nuovamente. Non capivo se fossi gelosa del fatto che avessero una relazione completa vera e propria o se fossi, per qualche inspiegabile motivo, gelosa di Jeremy.
    Tentai invano di concentrarmi sullo studio ma ormai non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine di loro due. A cena facemmo entrambi finta di niente, non riuscivo neanche a guardarlo in faccia e pure Jeremy sembrava un po' a disagio. Non che ci fosse qualcosa di cui vergognarsi, in fondo era più che normale ce avessero la propria intimità, ma proprio non mi riusciva di vederli insieme, non più. Oramai ero dell'idea che lei avesse un qualche effetto negativo su Jeremy, non me la raccontava giusta.
    Quella sera, come capitava da un po' di tempo a quella parte, Heric venne a farmi visita per avvisarmi che nei giorni successivi non ci saremmo visti e non sarebbe venuto a scuola. Non mi spiegò il perché della sua assenza. Sicuramente si trattava di una qualche questione da vampiri di cui ancora non si sentiva pronto a parlarmi.
    Prima che se ne andasse, però, avevo io qualcosa da dirgli ma non sapevo come e quali parole usare senza essere fraintesa o apparire patetica ai suoi occhi.

    «Heric- esitai nuovamente per riprendere fiato e per formulare un discorso coerente e coinciso -perché non ci...provi con me?»
    «Cosa vuol dire?» domandò lui osservandomi curioso. «Non sono forse io ad aver fatto il primo passo con te?»
    «No dico, quel che intendo è perché non mi hai ancora baciata. Insomma, questa non sarebbe mica la prima volta per me! Né è la prima volta che vieni a farmi visita in piena notte, nella mia stanza.»
    «Meredith, questa non è una gara per la coppia più affiatata. So che in qualche modo ti infastidisce il fatto che tuo fratello, o fratellastro, abbia una relazione.»
    Heric avanzò di qualche passo verso di me e mi prese per le spalle fissandomi dritta negli occhi. «Non credere che io non sia attratto da te o che ti veda come un fragile oggetto. Aspettavo solo il momento giusto e qui, nella tua casa, non lo è per tutta una serie di motivi.»
    In un batter d'occhio Heric era sul davanzale della mia finestra pronto a fuggire via da me.
    «Buona notte Meredith. Fa' attenzione, a breve ci sarà la luna piena.»
    E poi, scomparve avvolto dal buio della notte.
    La mattina dopo non riuscivo ancora a guardare in faccia Jeremy sia per l'imbarazzo sia perché mi sentivo umiliata per le sciocche battute che lui ed Alexis fecero nei miei confronti, ed Heric, col suo fare da gentiluomo d'altri tempi di certo non aiutava ad affievolire le mie insicurezze, mentali e fisiche.
    Era così finalmente giunto il momento di preparare la mia prima pozione: la tisana della verità. Ero particolarmente emozionata all'idea e non ero sicura che il procedimento che stavo eseguendo fosse giusto visto che nel grimorio non era esattamente spiegato cosa dovessi fare. Misi così a bollire dell'acqua, un bicchiere per persona come era riportato nell'antico libro d'incantesimi, insieme agli ingredienti: 
5 petali di Viola del Pensiero, un rametto di Timo ed infine della Mandragora. Recitai poi a mente la formula che avevo imparato a memoria:


«Petali di Viola del Pensiero
per farti dire il Vero,
Un rametto di Timo
per farti confessar per primo,
Una manciata di Mandragora 
affinché non vi sia alcuna metafora
nelle tue parole, 
Un po' d'acqua corrente
per ripulirti coscienza e mente.
Che questo tuo mistero
così infame, infimo ed intimo
non sia più la tua àncora
e che la tua parola
sia così reale e coerente.»
  

    Poi, come suggerito nel diario della nonna, vi aggiunsi qualche petalo essicato di aconito.
    Con la scusa di voler di voler correggere il compito da consegnare e cominciare a ripetere l'esposizione del nostro progetto di chimica in vista di mercoledì, mi feci coraggio superando il mio imbarazzo e bussai alla porta di Jeremy (sperando di non coglierlo nuovamente in fraglante con Alexis!). Jeremy era solo che leggeva ed era palesemente a disagio per la scena di ieri. Non disse una parola ma sembrò stranamente apprezzare il mio gesto di avergli preparato una tisana.
    Lo fissai con attenzione immaginandomi chissà quale effetto potesse sortire e quanto tempo sarebbe stato necessario prima di fargli sputare il rospo. Jeremy annusò il vapore emanato dalla tazza con aria disgustata e ne bevette un sorso, un sorso soltanto e cominciò a tossire e ad imprecarmi contro.
   
«Ma che diamine è questo schifo?- urlò tra un colpo di tosse e l'altro sputando il liquido nella tazza -Vuoi avvelenarmi?»
    «È solo una tisana per aiutare a concentrarsi. Smettila di fare i capricci!»
    «Tu sei una pazza! Mannaggia a te e a queste sciocchezze da strega!»
   Corse in bagno a lavarsi i denti e butto la mia tisana nel lavandino continuando a blateare insulti nei miei confronti, contro le streghe e verso la magia.
    Il mio piano era dunque miseramente fallito. La quantità di tisana da lui ingerita era purtroppo insufficiente per poter essere efficace. Dovevo aver senz'altro sbagliato qualcosa e corsi su in soffitta a sfogliare il Grimorio perché forse mi era sfuggito un qualche dettaglio fondamentale. Rilessi l'introduzione, gli ingredienti e la formula da pronunciare e lì giù, in basso a fondo pagina, era scritto con caratteri minuscoli, quasi impercettibili, un bel "nota bene" che inizialmente avevo ignorato.


«Nota bene: aggiungere dell'aconito per rendere la pozione più efficace. Questa pianta è però tossica e una dose anche di poco superiore a quella indicata potrebbe essere addirittura mortale per gli esseri umani. Quando invece si ha a che fare con creature sovrannaturali, occorre aggiungere dell'aconito, detto infatti anche strozzalupo, per i licantropi, o della verbena per i vampiri. Il fiuto largamente sviluppato di queste creature della notte potrebbe captarne la presenza e potrebbero pensare che stiate tentando di avvelenarli. Bisogna dunque fare particolarmente attenzione.»


   
«Oddio!»   
    In quel preciso istante tutto mi sembrò chiaro e, come se fosse un puzzle, potei collegare tutti i pezzi: l'atteggiament0 irascibile di Jeremy nelle ultime settimane, il fatto che Heric, quando andammo a casa sua, disse che 
di norma gli animali non potessero entrare nelle case dei vampiri, il fatto che trovai Jeremy a vagare nudo nel bosco con del sangue addosso ma senza neanche un graffio sul corpo, il sogno su un branco di lupi che feci qualche notte fa e soprattutto il fatto che non avesse ingerito la mia pozione contenente appunto dello strozzalupo cominciando a tossire ripetutamente.
    Non era possibile, non poteva essere, non aveva senso. Niente aveva senso. Anche perché come avevo fatto a non accorgermi di nulla, a non accorgermi di ciò che gli stava capitando sotto il mio stesso tetto? No, era assolutamente impossibile. Assurdo.

    Ora non mi restava che aspettare. Mancavano esattamente tre giorni e quattro notti al plenilunio e in quel lasso di tempo dovevo agire come se fosse tutto normale e tutto come prima, come se non avessi alcun sospetto di niente.
    Jeremy, dal canto suo, era ancora più scontroso del solito dopo i recenti fatti accaduti fra di noi ed ovviamente toccò a me sia terminare i compiti sia esporre il nostro progetto di chimica mercoledì davanti a tutta la classe spiegando perché, versando sul bicarbonato
dell'aceto, quest'ultimo cominci a fare le bolle. Ormai del voto non mi importava neanche più, volevo solo sentirmi libera e darmi pace. Mi sentivo però così sola. Erano ormai tre giorni che Heric non veniva a scuola ed era irraggiungibile al telefono, con Alexis i rapporti si erano incrinati sul nascere e anche con il resto dei ragazzi del gruppo di benvenuto, Nicholas, Matt e George, era impossibile legare: Nicholas perché ormai era diventato il fidanzato ufficiale di Ashley, Matt perché era fratello di Alexis e George perché aveva qualche rotella fuori posto ed era stato più volte scontroso nei miei confronti. Inoltre, dal momento che ero così sicura all'inizio che quello sarebbe stato il mio gruppo di amici di scuola e considerata la mia repentina relazione con Heric, non avevo fatto amicizia con nessun altro. Ero di nuovo catapultata nell'anonimato e nella solitudine come quando frequentavo il liceo di Coral Spring e non sapevo come fare per scavalcare il muro di astio che mi ero costruita attorno a me.
    Quel mercoledì infatti, subito dopo la lezione pomeridiana di chimica, decisi di andare a far visita alla nonna al cimitero, nel tentativo che lmeno lei in qualche modo potesse trasmettermi un po' di conforto e serenità. I fiori che le avevo portato tre settimane prima in occasione del primo mesiversario dalla sua scomparsa erano ormai appassiti, un po' come lo ero io. Mi inchinai a raccogliergli e ad accarezzare la lapide.

    In quel momento ebbi come l'impressione che qualcuno mi stesse osservando. Mi alzai di scatto in piedi guardandomi attorno e, alle mie spalle, comparve la figura di un ragazzo dall'aria quasi familiare.
    «Il tempo è il pilastro che sorregge ogni segreto- disse leggendo la citazione riportata sull'epigrafe della lapide della nonna. -Frase curiosa, non trovi?»
     Aveva una voce ipnotica così come ipnotici erano i suoi occhi cerulei. Rimasi ammaliata e imbamolata a scrutare ogni suo gesto e movimento impercettibile domandagli se, per caso, conoscesse la mia nonna.
    «Questo è un segreto sorretto dal pilastro del tempo» rispose l'enigmatico ragazzo in maniera sarcastica sorridendomi beffardamente. Un brivido mi percorse la schiena quando, passandomi accanto per andare via, mi sfiorò accidentalmente. Una gelida sensazione sul petto distolse la mia attenzione dalla sua figura che, a passo lento ma deciso, andava via e strinsi forte il ciondolo che portavo al collo. Quando mi voltai verso la direzione che aveva preso, lui non c'era più. Era scomparso, dissolto fra le tombe. Nella mia vita ora ci mancavano soltanto i fantasmi, gli spiriti e i poltergeist! Di questo passo a breve avrei senz'altro avuto un esaurimento nervoso.
    Salutai la nonna e mi incamminai verso casa. Il sole era quasi tramontato e non mancava ormai molto alla luna piena, la notte della verità.
    Quella sera a cena eravamo tutti riuniti ma era come se ognuno, con la mente, fosse da tutt'altra parte. Joseph era di malumore poiché un suo paziente era venuto a mancare, Ashley non si staccava dal cellulare e Jeremy teneva gli occhi fissi sulla televisione guardando di tanto in tanto fuori dalla finestra. Soltanto mia madre cercava un po' di risollevare l'umore piatto di quella cena cercando di far conversazione mentre io continuavo la mia recita ignorando Jeremy e non dando troppo peso ai miei sospetti nei suoi confronti durante la trepidante attesa della luna piena. 
    Mi cambiai e lavai per andare a letto: quella sarebbe stata senz'altro una lunga nottata così dopo la doccia mi preparai un bel caffè e scelsi un libro da leggere, ovvero il
De Creaturis
All'interno di quel breve trattato, erano elencate e descritte tutta una serie di creature magiche e mitologiche che fino a non molto tempo fa pensavo fermamente esistessero solo nella fantasia o nei poemi epici. Ma dopo aver appreso dell'esistenza dei vampiri, avrei persino creduto all'esistenza degli alieni, delle sirene e degli unicorni!
    Andai dritta alla sezione dedicata ai vampiri e ai lupi mannari che, in quel piccolo libretto, erano contenuti nel medesimo capitolo*. Secondo tale libro, il primo licantropo fu creato dal Dio Zeus che punì il Re di una qualche città dell'antica Grecia per avergli servito carne umana. Da questo sarebbero discesi altri lupi mannari sia per via ereditaria sia a causa di morsi o graffi. Secondo il De Creaturis, anche una strega sarebbe capace di trasformare un essere umano in un licantropo (o in un vampiro) e soprattutto la strega che lo avesse trasformato, o anche una strega molto potente, sarebbe in grado di annullare tale incantesimo, ma ad un prezzo molto alto.
    Proseguii la lettura fino a quando non giunsi a questi versi che, come lame taglienti, mi ferirono profondamente nell'animo.



«Sia i vampiri sia i licantropi sarebbero suscettibili all'amore come "punizione" della loro condizione. Subirebbero il fascino della mortalità e dell'umano ma il loro essere distruggerebbe ogni possibilità di relazione e di poter coltivare questo sentimento; sia per il vampiro sia per il licantropo l'amore è senza speranza alcuna.»
  

    L'amore è senza speranza alcuna, ed io ed Heric non eravamo di certo un'eccezione per quanto io volessi crederci. Ma ormai io ero dentro, coinvolta totalmente in questa relazione platonica. Platonica perché lo sentivo già distante, come se ormai il sentimento fosse tutto unilaterale.
    Un ululato ruppe il silezio di quella malinconica notte. A
 quel punto mi svegliai di colpo, aprii gli occhi rendendomi conto di essermi appisolata giusto una manciata di minuti con la luce accesa e il libro ancora aperto e corsi ad affacciarmi alla finestra. Nel buio tetro della notte, spiccavano come lucciole, gli occhi luminosi di un qualche animale. Corsi in giardino facendo le scale a perdifiato: Jeremy era lì, seminascosto da un albero e accovacciato per terra che si teneva la testa tra le mani.
    «Jeremy!- bisbigliai andandogli incontro -che stai facendo lì? Stai bene?
»
    «Vai via Meredith! Stai lontana!» si voltò verso di me. I suoi occhi erano diventati ancora più chiari, gialli e brillavano nell'oscurità. Da verdognoli che erano, diventarono ambrati come quelli di un gatto al buio. O meglio, di un lupo. E io li avevo già visti quegli occhi ambrati, nei miei sogni premonitori.
    «Perché sei lì, senza vestiti? Cosa stai facendo?» in realtà non era esattamente senza vestiti, indossava giusto un paio di boxer e sapevo benissimo cosa stesse facendo, anzi cosa gli stesse succedendo.
    «Mi sto...mi sto trasformando!» urlò con voce spezzata e sofferente.
    Poi come se ne fosse stato inghiottito, si 
addentrò nel fitto bosco.

  



Angolo autrice. 
*Al capitolo 12 trovate per esteso il "capitolo" relativo ai vampiri e ai lupi mannari che sta leggendo la protagonista. Non ho voluto riportarlo tutto  per intero perché è abbastanza lungo e soprattutto perché ho già riportato la formula magica già scritta nel capitolo 13.

Comunque, questo è un capitolo diciamo di transizione e riempimento e, tra l'altro, è il capitolo che ho odiato di più e che mi ha richiesto più tempo per poterlo scrivere. Infatti non ne sono molto soddisfatta. A differenza dei capitoli precedenti, qui vengono riassunti circa 20 giorni, partendo dalla sera del venerdì 9 aprile 2010 alla notte di mercoledì 28 aprile 2010. Questo perché la situazione fra i protagonisti è ora abbastanza stabile, almeno per quanto riguarda la relazione delle due coppie, e non volevo ammorbarvi con le solite scene scuola-casa-sogni. Inoltre mi occorreva assolutamente giungere a questa data, mercoledì 28 aprile 2010, per sfruttare la presenza della luna piena, e
credo che ormai abbiate capito il segreto di Jeremy...
Ciao e alla prossima :)
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe / Vai alla pagina dell'autore: Miss Halfway