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Autore: Mary P_Stark    20/05/2019    2 recensioni
Clearwater, Canada. 2018.
Il pellegrinaggio forzato di Irish Walsh ha una battuta di arresto a causa di un banale pneumatico forato. Ma, grazie a questo incidente - o al destino -, ciò le permetterà di scoprire particolari di un passato che non conosce e di una vita che non ha voluto ma che le è stata imposta da mani disattente.
Clearwater sarà il punto d'inizio di un viaggio di ri-scoperta di se stessa e delle sue radici ancestrali e, grazie ad altri come lei, depositari dell'antico sangue di Fenrir, i misteri di un passato comune e antico avranno finalmente una risoluzione.
Niente però avviene con facilità, e lunghe ombre si addenseranno su di loro, complicando un cammino di per sé già impervio. Starà ad Iris e ai suoi nuovi compagni di viaggio, riuscire a fare in modo che nulla interferisca con la scoperta della verità. - Segue le storie de La Trilogia della Luna
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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15.

 

 

 

 

Quando Devereux si risvegliò, alcune ore dopo, l’alba era ormai prossima e Iris, al suo fianco, appariva stanca e febbricitante.

Ancora una volta si era sfiancata e, quasi sicuramente, aveva perso più energie di quante non ne possedesse il suo corpo in quel momento.

Questo lo fece stare malissimo e, al tempo stesso, lo fece infuriare al punto tale che, irritato, le sbottò contro: «Ma è mai possibile che tu debba sempre ridurti così?!»

Iris si riscosse dal sonno pesante che l’aveva colta e, fissandolo stranita per diversi secondi, ricollegò ciò che era avvenuto durante la notte e, poggiandosi su un gomito, gorgogliò: «E’ così che mi dai il ben svegliata? Urlandomi addosso?»

Dev imprecò tra i denti, si levò in piedi per recuperare la sua maglietta e, dopo averla indossata con gesti rabbiosi, le ordinò: «Coraggio, alzati. Andiamo a comprare qualcosa da mangiare. Ora!»

Iris sgranò gli occhi per lo shock e, guardando il suo orologio – segnava le cinque e quarantacinque – esalò con un gracidio: «Ma dove cavolo vuoi andare, a quest’ora del mattino?!»

«Ci sono i supermarket aperti 24h, e poi alcuni bar sono già al lavoro. Devi mangiare adesso, e non voglio approfittarmi dei nostri ospiti, visto quanto mangi quando sei affamata» sottolineò lui, afferrandola a un polso per farla alzare.

Lei lo lasciò fare con uno sbuffo e, dopo aver recuperato una felpa dal suo bagaglio, si infilò infine le sneakers ai piedi e borbottò: «Tua madre ha ragione, hai…»

«…la stessa delicatezza di un piede di porco, lo so, lo so» brontolò lui, trascinandola fuori dalla stanza con un gran gesticolare di braccia.

«Non avrei usato queste parole, ma il senso è quello» chiosò lei, bloccandolo un istante per scrivere due righe e lasciarle sul tavolo della cucina. «Almeno non ci daranno per dispersi.»

Lui assentì secco e uscì dal loft cercando di non fare rumore. Una volta che ebbero raggiunto l’ascensore e le luci ebbero illuminato il viso cereo di Iris, Dev imprecò.

«Cristo santo, Iris… ma come ti sei ridotta?!» gorgogliò l’uomo, sentendosi dolorosamente in colpa per averla suo malgrado portata a quel livello di sfiancamento fisico.

«Sono messa così male?» mugugnò lei.

Dev non le rispose, non sentendosela di dirle quanto, le sue profonde occhiaie o l’aspetto emaciato della sua pelle, fossero sintomi primi di un prossimo crollo. Limitandosi ad abbracciarla con forza, mormorò tra i suoi capelli: «Guai a te se lo rifai. Lupa o non lupa, ti prendo a calci nel culo, sottiletta.»

Lei sorrise nonostante quella velata minaccia e, nello scostarsi da lui per fissare quel volto cupo e preoccupato, assentì. Dev aveva un modo davvero strano per farla sentire speciale, e questo era sia un bene che un male, per lei, ma era obiettivamente troppo stanca per pensare anche a questo, in quel momento.

Quando infine furono all’esterno, avvolti dall’aria fredda e umida di Londra, Iris lasciò di buon grado che Dev la sostenesse con il suo braccio, che le cingeva per intero i fianchi.

Era strano sentire il calore di qualcuno al proprio fianco dopo tanto tempo e, ancor più strano, percepire quello di Devereux, che alternava con lei stati di grazia a momenti di rabbia.

Era un uomo indecifrabile, capace di mille e più emozioni e, a fronte di un carattere difficile, dimostrava una purezza d’animo davvero rara.

«Ecco. Cominciamo da qui» le disse lui, indicandole un bar in Camden Road.

«In che senso, cominciamo?» domandò lei, sbiriciando il suo volto in ombra. Non aveva idea di cosa gli stesse passando per la testa, ma sembrava molto determinato a non ricevere no come risposta.

«Non puoi ingozzarti solo qui. Desterebbe sospetti» sottolineò Devereux, sospingendola all’interno del grazioso bar in stile Old England.

Lì, l’uomo ordinò la tipica colazione inglese, bacon e uova, abbondando con entrambi gli ingredienti e, oltre a ciò, fece portare del caffè in abbondanza e del latte al cioccolato.

Quando gliene chiese il motivo, Dev le rispose: «Ho notato che il cioccolato sembra darti energie immediate, e ne hai davvero bisogno.»

L’aveva osservata così attentamente, per essersene reso conto?

La cosa la lasciò un po’ sconcertata ma, non volendo replicare alle sue attenzioni, mangiò e bevve con piacere quanto ordinato.

Naturalmente, spazzolò tutto in un paio di minuti e, mentre Dev ancora stava ultimando il suo piatto di pancake, lei ordinò anche una fetta di torta alla crema e sorrise all’uomo, già sentendosi meglio.

Anche Devereux le sorrise e, dandole un buffetto sul naso, mormorò: «Hai già ripreso colore. Bene. Ma non è ancora finita, sappilo.»

***

Quando rientrarono nel loft di Joshua, Iris stava ancora sbocconcellando una pasta ripiena alla crema mentre, tra le braccia, teneva un enorme sacchetto della spesa debordante di scatole colorate.

Devereux, al suo fianco, ne reggeva altri due e, quando fecero il loro ingresso, diverse paia d’occhi li fissarono sconcertati prima di portare la loro attenzione sulla spesa.

Gretchen si esibì in un sorriso divertito e, affacciandosi dalla cucina, disse: «Non c’era bisogno di uscire in piena notte, se avevi fame, Iris. In casa abbiamo cibo in abbondanza, anche per casi come questo. I lupi hanno fame a qualsiasi ora del giorno, perciò facciamo sempre scorta.»

«Non volevo pesare troppo sulla vostra dispensa» replicò lei con candore, ammiccando divertita.

«Beh, visto che vi siete dati così da fare, avete in mente qualcosa di buono da preparare?» domandò a quel punto Gretchen, curiosando con lo sguardo la spesa che i due poggiarono sull’isola in cucina.

«Polpette di patate e speck» propose Dev, lanciando un sorrisino divertito a Iris, che scoppiò a ridere e assentì.

«Devo immaginare che siano molto buone» celiò Joshua, comparendo dal suo studio con una carpetta tra le mani. «Temo, però, che potrò assaggiarle solo a cena, visto che oggi sarò impagneto tutto il giorno. Io ora vado al lavoro, ma ci rivedremo stasera.»

Ciò detto, Joshua uscì salutando tutti e Gretchen, indicando a Iris di seguirla in cucina, lasciò quindi Dev agli sguardi attoniti della figlia e a quelli ironici di Lucas e Rock.

«Non fatevi venire in mente niente di sconcio, in quelle vostre testacce, è chiaro?» brontolò Devereux, buttandosi letteralmente sul divano e intrecciando rabbioso le braccia sul petto.

«In che senso, sconcio, papà?» domandò con candore Chelsey.

Lucas e Rock ridacchiarono per diretta conseguenza e Dev, sospirando, si passò una mano sul viso per l’esasperazione e borbottò: «Ma perché devono capitare tutte a me?»

***

Impegnata a dare una mano a Iris in cucina, Gretchen colse l’occasione di parlare un po’ con la giovane quando il gruppetto in salotto decise di guardare qualcosa in TV. Sorridendo quindi alla sua ospite, domandò con cortesia: «Tutto bene, stanotte? So che gli eventi di ieri possono essere stati traumatici, per te e i tuoi amici.»

«Beh, è stato un autentico colpo al cuore, e un altro al cervello. Non pensavo davvero che potesse esistere una società così complessa all’interno del tessuto connettivo umano, e di cui praticamente nessuno è a conoscenza» ammise Iris, mescolando la purea di patate assieme ai dadini di speck e formaggio.

«Può essere qualcosa di davvero destabilizzante e, per confermartelo, potrai chiedere  direttamente a Lady Fenrir. Lei ha avuto un battesimo del fuoco davvero incredibile, quanto a passaggio dal mondo umano a quello mannaro» asserì Gretchen, sorridendole comprensiva.

«Ma perché la chiamate Lady Fenrir? Se non erro, Fenrir era un maschio, no?»

«Poiché hai un’anima senziente dentro di te, potrai capire meglio di altri questo particolare» dichiarò Gretchen. «La nostra Brianna porta dentro di sé l’anima immortale di Fenrir, il capostipite della razza. Per questo, noi l’abbiamo soprannominata Lady Fenrir.»

Iris smise di mescolare per un attimo, facendo tanto d’occhi prima sentire letteralmente caderle la mandibola per lo sconcerto.

«Mi prendi in giro?» gracchiò la giovane.

«Niente affatto. E, ben presto, scoprirai fino a che punto siamo invischiati con dèi ed eroi» la mise in guardia Iris. «Siete solo all’inizio, e credimi, il bello deve ancora venire.»

Iris accennò un sorrisino nervoso e, ripreso che ebbe a mescolare l’impasto per le polpette, borbottò: «Allargare la visione d’insieme. Devo solo allargare la visione d’insieme. E’ facile, no?»

«Ce la puoi fare, Iris. Te lo prometto» le disse Gretchen, sfiorandole la schiena con una carezza.

Iris la trovò subito rinvigorente e, a tal proposito, domandò: «E’ normale per i lupi cercare il contatto fisico? No, perché io e Lucas ce lo siamo chiesti spesso. Sì, insomma, io amavo gli abbracci di mia madre e quelli dei bambini di cui mi prendevo cura ma, in generale, non sono mai stata molto portata per i contatti casuali. Lucas, a sua volta, non era certo un bambino appiccicoso, ma poi, beh… pare essere cambiato.»

«Eccome se è normale! Per noi è naturale come respirare, perciò non ti stupire se ti verrà voglia di un abbraccio o di una carezza. E’ insito in noi» la rincuorò la donna. «E’ anche normale avere un appetito più abbondante del normale, e non mi riferisco soltanto al cibo.»

Avvampando in viso, e non certo per il calore prodotto dai fornelli accesi, Iris esalò: «No, beh, ecco, … Devereux e io non ci siamo allontanati per quello…»

«Quindi, l’odore di sangue che ho percepito, non era…» domandò dubbiosa Gretchen, ora confusa.

Sospirando, lei ammise: «Speravo che cambiare aria vi avrebbe sviati, ma a questo punto… Dev mi ha chiesto di ferirlo perché non vuole lasciare sola la figlia in questa nuova vita, e io l’ho accontentato. Non me la sentivo davvero di dirgli di no. Spero di non aver infranto qualche regola, o che…»

«No, affatto. Si possono mutare gli umani e, a giudicare dall’odore di Devereux, non è un neutro, perciò il mutamento avverrà di sicuro alla prossima luna piena. Resta il fatto che è un procedimento rischioso, e niente affatto garantito.»

«Potrebbe… morire?» esalò sconvolta Iris, lanciando un’occhiata disperata all’indirizzo di Dev, in quel momento impegnato a discutere con Rock sulla struttura della casa.

Gretchen la avvolse in un abbraccio e, confortante, aggiunse: «Lady Fenrir lo aiuterà, non temere. Ora, sappiamo come fare a richiamare la bestia con maggiore sicurezza. Inoltre, Devereux è un uomo adulto, e il cambiamento risulta più facile, alla sua età.»

«Non potrei perdonarmelo, se gli succedesse qualcosa» mormorò Iris, contro la spalla della donna. «La sola idea che Chelsey possa perdere anche lui…»

Gretchen la strinse maggiormente a sé e, nonostante l’assurdità della situazione, Iris trasse conforto e beneficio da quel tocco.

Era così strano abbracciare una persona conosciuta solo da poche ore, eppure le sembrava così naturale! Era davvero cambiata, da quando le era stata inferta quella ferita!

«Siete in buone mani. Davvero» la consolò Gretchen, scostandosi da lei per poi aggiungere: «Per ogni evenienza futura, comunque, sappi questo. Più si è giovani e più il mutamento è pericoloso. Lo stesso si può dire per le gravidanze. Più la lupa è giovane, sia per età anagrafica che per età di mutazione, più è pericoloso rimanere incinte. Non possiamo mutare per tutta la durata della gestazione, perché il feto non potrebbe cambiare come noi, e morirebbe, perciò ci è vietata la nostra forma animale per nove mesi. Non è un caso se, durante le nostre fasi fertili, compiamo subito dei controlli ginecologici. Il rischio di perdere un bambino è altissimo.»

Iris sbatté le palpebre, rabbrividendo di fronte a quelle informazioni gratuite quanto non previste e, nell’annuire nervosamente, mormorò: «Non c’è pericolo, davvero. Ma grazie per avermelo detto.»

Gretchen si limitò a sorridere e, aprendo il forno, ne estrasse una teglia e disse: «Preparo il tutto per infornare le polpette.»

«Okay» mormorò Iris, non del tutto convinta che Gretchen avesse creduto alle sue parole.

Forse, aveva pensato che il suo strano rapporto con Dev avesse retroscena di un certo tipo, o più semplicemente aveva sentito il suo odore sull’uomo, e aveva immaginato il resto.

Di una cosa, comunque, era certa. Conciata com’era, non avrebbe attirato nessun uomo – o lupo –, poco ma sicuro. Era ben lontana dall’essere la donna attraente di un tempo e, con lo squarcio che ora si ritrovava sul petto, non avrebbe di certo fatto appassionare nessuno.

Non che pensasse di cercarsi un compagno, in quel momento, ma vedeva bene quel che c’era riflesso allo specchio, e non era nulla di interessante.

Un uomo possente e affascinante come Dev avrebbe potuto puntare a ben altro, se gli fosse interessato trovarsi una compagna.

Inoltre, lei doveva prima di tutto capire di che farsene della propria vita, invece di pensare anche lontanamente a un uomo con cui condividerla.

***

Stavano ancora terminando il pranzo, quando i licantropi presenti nel loft dei Ridley percepirono un’ondata di potere senza pari, unita al profumo più buono e avvolgente che avessero mai percepito in vita loro.

Gretchen riconobbe subito quell’aroma squisito e, sorridendo spontaneamente, si levò in piedi per raggiungere la porta d’entrata e mormorò: «Brianna vi sta dando il benvenuto, a quanto pare. Di solito tiene a bada il suo fascino di lupa e wicca ma, per voi, ha fatto un’eccezione.»

«E’ lei?» esalò Lucas, scrollando le spalle come per liberarsi da una contrazione nervosa.

«Esattamente. Fa venire voglia di correre verso la porta per mangiarla, vero?» ironizzò Gretchen, volgendosi per un momento verso Lucas per sorridergli divertita.

Iris si ritrovò a passarsi le mani sulle braccia con fare nervoso, mormorando: «Mi piacciono gli uomini, ma per lei farei un’eccezione. Giuro su Dio.»

«Cosa senti?» domandò interessato Dev, seduto al suo fianco.

«E’ come cioccolata fusa unita al gelato più buono che tu abbia mangiato, oltre alla granella di nocciole migliore del mondo» tentò di spiegargli, intrecciando le mani per non doverle usare per grattarsi le braccia. In quel momento, sentiva il desiderio pressante di scorticarsi e, al tempo stesso, di gettarsi addosso alla fonte di quel piacere immenso.

Dev fece l’atto di mettersi a ridere, ma lo sguardo sinceramente commosso di Iris lo bloccò, portandolo a domandarle: «Non mi stai prendendo in giro, vero?»

Iris scosse il capo e Chelsey, emozionata, mormorò: «Ha il sapore della pizza più buona dell’universo.»

«E così abbiamo scoperto le vostre debolezze alimentari» chiosò Gretchen, appoggiata alla porta in attesa che giungessero i suoi ospiti. «Lucas?»

«Senza alcun dubbio, stufato di carne con purè» ironizzò lui, sorridendo poi a Rock come per scusarsi.

Gretchen allora chiosò: «Pasta all’amatriciana.»

Ciò detto, aprì la porta, sorrise al gruppetto che stava uscendo dall’ascensore proprio in quel momento e disse: «Ora che ti sei presentata, sfacciata che non sei altro, ritira la tua aura o ci farai morire!»

Una risata argentina si unì al gorgoglio di un bambino e, immediatamente, quell’ondata di potere si annullò, lasciandoli per qualche istante inappagati e scontenti.

Quel momentaneo fastidio, però, scemò e, quando Gretchen si spostò per far entrare i nuovi arrivati, Iris e compagni poterono scorgere con una leggera sorpresa una giovane dai capelli castano dorati e occhi gialli come le ambre.

Alta e longilinea, la giovane tratteneva la folta chioma in una treccia, che cadeva su una spalla ed era il principale oggetto di piacere del bambino che teneva in braccio.

Bimbo che, non appena avvertì la presenza di altre persone, si volse con un sorriso caloroso e li scrutò tutti con i suoi profondi occhi smeraldini.

Dietro il simpatico duo, simili ad armadi a muro, fecero la loro apparizione un uomo dalla chioma corvina, cui il bambino somigliava molto, e uno biondo, dall’aspetto di un vichingo.

Una donna dalla lunga chioma liscia e bruna, e un nordico dalle braccia tatuate fino ai polsi, chiusero la fila.

Iris li fissò senza parola, trovando l’ultimo arrivato il più grande e grosso tra i tre uomini appena giunti. A ogni buon conto, nessuno di loro dava l’idea di essere soltanto umano. Da loro trasudava una forza ferina davvero senza pari, anche se quella dell’uomo tatuato aveva qualcosa di strano e di vagamente stordente.

Quando la porta fu chiusa alle loro spalle, Gretchen disse: «Lasciate che vi presenti Brianna McKalister, Lady Fenrir, wicca dei tre shires e Prima Lupa del branco di Matlock.»

Iris e compagni fissarono la giovane con occhi sgranati, senza riuscire ad aprire bocca e Brianna, scoppiando in una risatina argentina, esalò: «E poi ti chiedi perché dico sempre di non snocciolare così i miei titoli? Per forza che le persone non sanno che pesci prendere! Lasciate perdere ciò che ha detto. Sono solo Brianna.»

Ciò detto, lasciò a Gretchen il suo bambino, che accettò di buon grado lo scambio per giocare coi riccioli biondo-ramati della donna, e si avvicinò a Lucas con la mano protesa.

«Ben arrivato, Fenrir. E’ un onore conoscere il primo branco americano che si presenta a noi» disse poi Brianna, tutta sorridente e orgogliosa.

Lucas strinse la sua mano con una certa esitazione, replicando imbarazzato: «Beh, non so se possiamo essere considerati un branco, visto che siamo solo in tre, ma grazie per la splendida accoglienza.»

Brianna allora li guardò tutti, lasciò che il suo sguardo indugiasse per un attimo in più sul volto dubbioso di Devereux ma infine asserì: «In un branco vi sono anche gli umani, se essi conoscono e accettano la nostra natura, perciò ne fanno parte anche il tuo compagno e il vostro amico.»

Poi, rivolgendosi alla donna bruna rimasta nel gruppo di armadi a muro, Brianna aggiunse: «E’ lui l’uomo che abbiamo visto, vero, Beverly?»

«Assolutamente, Brianna. Non posso sbagliarmi. La visione era chiara, nella tua mente, perciò non ci possono essere dubbi» annuì la donna, accennando un sorriso a Dev, che si stava indicando con espressione sempre più confusa.

L’uomo tatuato al fianco della donna chiamata Beverly intervenne, e disse a mo’ di spiegazione: «Una Veggente di un branco amico ebbe una visione congiunta con Brianna, anni addietro, in cui compariva il tuo volto assieme a quello della bambina al tuo fianco, che immagino debba essere tua figlia, e quello della donna al tuo fianco.»

«La seconda volta, siete comparsi a Beverly, che è Veggente a sua volta, e i volti erano sempre gli stessi. La cosa è davvero rara, perciò abbiamo iniziato a pensare che ormai foste vicini, prossimi ad arrivare. Solo, non avevamo idea delle tempistiche» spiegò Brianna, parlando direttamente a Devereux. «Per questo, vi è stato detto che eravate attesi.»

«Beh… meglio così, visto che stavamo letteralmente navigando alla cieca» esalò lui, accennando un mezzo sorriso.

Gretchen annuì soddisfatta e domandò: «Brianna, pensi tu al resto? Vorrei dare al tuo campioncino un po’ di succo di frutta. Sta adocchiando la bottiglia sulla tavola in cucina con aria piuttosto famelica.»

«Sì, grazie, Gretchen. Penso io alle presentazioni» assentì la giovane, con un risolino. «L’uomo corvino è mio marito Duncan, e Fenrir di Matlock. L’armadio biondo al suo fianco è il suo Hati, e mio patrigno, e si chiama Lance, mentre lo splendore tatuato alle loro spalle è Thor, il marito di Beverly e, tra le altre cose, un berserkr, o uomo-orso.»

Iris e compagni sgranarono gli occhi, a quell’ultima confessione e Lucas, del tutto sconcertato, esalò: «Ma… non ha l’odore di una bestia! Ha quello di un uomo, mentre voi siete chiaramente lupi!»

Brianna ammiccò all’amico e Sacerdote del Supramondo, replicando con divertimento: «All’inizio, anche noi avemmo qualche problema con questo particolare. Per farla breve, è tutto causato da alcuni feromoni emessi in forma umana. Ingannano l’olfatto di noi lupi. Comunque, vi basti sapere che noi lupi siamo amici dei berserkir.»

Iris si passò le mani sul viso, ormai pronta a un esaurimento nervoso, e domandò nervosamente a Gunnar: “Spiegami un po’… perché sapevo che lui aveva qualcosa di strano, visto che Lucas non lo ha riconosciuto?”

Combattei al loro fianco, Brianna. Forse, nella mia memoria sensoriale è rimasto il loro odore e tu lo hai associato a creature magiche, pur non sapendolo.

“E… quindi? Che puoi dirmi di loro?”

Che sono guerrieri formidabili, e mi piace molto l’idea che siate amici perché, al solo pensiero di battermi contro di loro, mi verrebbe la pelle d’oca.

Iris rabbrividì di paura, nel notare l’ansia repressa di Gunnar e, nel lanciare un’occhiata dubbiosa all’indirizzo di Thor, che tutto sembrava tranne una persona pericolosa, borbottò: “Spero davvero che le creature strane siano terminate qui, altrimenti sbiellerò.”

Non ti conviene parlare così, Iris. Al mio tempo, si sapeva di tante altre creature e, anche se non posso sapere quante ne siano sopravvissute, potrebbero esservi altri…

Iris lo azzittì prima che terminasse e, stringendosi le braccia attorno al corpo tremante, mormorò: «Dimmi che non c’è nient’altro… ti prego…»

«Ehm…» tentennò Brianna, non sapendo bene che dire. «… diciamo che, per il momento, possiamo soprassedere sul resto. Perché non parliamo, invece, del motivo che vi ha spinti a cercarci?»

Fu così che Lucas disse loro del ferimento di Iris, della sua decisione di compiere un viaggio per scoprire qualcosa sulla sua nuova se stessa e del comportamento di Julia.

Rock intervenne a spiegazione ultimata, parlandole di sua nonna e delle sue capacità sciamaniche, confermando a Brianna le sue potenzialità come völva e, infine, fu la stessa Chelsey a prendere parola.

«Visto che sono una bambina, non potrò più avere amici veri finché non sarò grande?» domandò turbata.

Brianna la guardò spiacente e, sedendole accanto, la abbracciò e mormorò contro la sua chioma corvina: «Temo dovrai attendere qualche anno, così da scoprire a mente fredda di chi tu possa realmente fidarti. Ciò che so è che, quasi sempre, quando un Fenrir appare, presto o tardi altri lupi compaiono alla sua porta. Può darsi che qualche famiglia con figli si trasferisca nella vostra cittadina, o nei suoi pressi. Nel vostro caso, è accaduto assai lentamente perché temo che, nelle Americhe, la percentuale di licantropi civilizzati sia molto bassa, ma può accadere.»

«Licantropi… civilizzati?» ripeté Devereux, aggrottando la fronte.

«Lupi mannari che vivono ancora in seno alla società. Ho il forte dubbio che in America, per la maggiore, abbiano deciso di darsi alla clandestinità e vivere in natura, piuttosto che restare nel mondo umano e sottostare alla sue regole. Questo spiegherebbe l’esiguità di licantropi conosciuti e di branchi attivi sul vostro territorio» gli spiegò Brianna.

Dev assentì torvo e la giovane, spiacente, mormorò: «Pensi che la tua Julia abbia scelto questa strada?»

«Non è più la mia Julia da quando ha abbandonato la sua unica figlia…» replicò gelido Devereux. «…ma avrebbe senso ciò che hai detto, nel suo caso. Lei non amava le restrizioni e potrebbe aver scelto la macchia, piuttosto che la civiltà e una famiglia

Brianna annuì grave e, nel dare un buffetto sulla guancia a Chelsey quando si scostò da lei, disse: «Perché non vai a giocare un po’ con il mio Nathan? Sono sicura che apprezzerà molto.»

«Va bene» accettò Chelsey, levandosi in piedi per raggiungere Gretchen e il piccolo Nathan in cucina.

Seguendola con lo sguardo, Devereux mormorò preoccupato: «Pensi che anche lei potrebbe diventare… come la madre?»

«Mi sembra una creatura troppo socievole e solare, per mutare così radicalmente. Ha risposto all’abbraccio con naturalezza e non ha cercato di scansarsi, perciò penso non vi sia questo pericolo» scosse il capo Brianna, prima di aggiungere: «Ciò che mi chiedo ora è; perché hai il sangue corrotto?»

Lucas e Rock fissarono l’amico senza ben comprendere cosa Brianna intendesse dire. Iris, invece, reclinò colpevole il capo mentre Devereux reggeva silenzioso lo sguardo della wicca, ben deciso a non parlare.

«Andiamo nello studio di Joshua, è meglio. Bev, vieni anche tu» disse allora Brianna, levandosi in piedi. «Iris, seguici.»

Mentre il piccolo drappello risaliva le scale ad arco per raggiungere il piano alto del loft, Duncan asserì tranquillizzante al resto del gruppo: «Non vi preoccupate. Torneranno a breve. Nel frattempo, se hai delle domande da farmi, sono a tua disposizione, Lucas.»

«Beh, credo dovrò prendere appunti, perché sono un sacco» ironizzò quest’ultimo, facendo sorridere divertito Duncan.

«Credimi, quando scopri di essere la guida di un branco, non è mai facile per nessuno, neanche per chi è da sempre vissuto tra licantropi» cercò di rincuorarlo Duncan.

Lucas assentì, ma in cuor suo non si sentì affatto tranquillizzato dal saperlo. Inoltre, era preoccupato dalle parole di Brianna. Cosa aveva voluto dire con sangue corrotto?

Devereux era forse malato?

***

Finalmente soli, e protetti dalle pareti insonorizzate dello studio di Joshua, Brianna domandò a Dev: «Ho percepito immediatamente l’odore peculiare del tuo sangue. Perciò ti chiedo; ti sei fatto ferire per tua figlia, senza sapere nulla del mondo in cui andrai a vivere?»

«Ne so a sufficienza per sapere che non la lascerò mai da sola ad affrontarlo, e prima che tu dica qualcosa contro Iris, lei era contraria, l’ho obbligata io» sottolineò Devereux, gelido in viso.

Brianna, allora, sorrise conciliante e asserì: «Calmati. Io non sono la custode della coscienza di nessuno, e ognuno è libero di fare come preferisce. Volevo solo dire che hai dimostrato molto coraggio, nel farlo, ma anche un eccesso di follia, forse. Avresti potuto rimanere umano e appoggiarla in ogni caso.»

«Preferisco essere io quello che solleva macchine, piuttosto che lei» sottolineò Devereux con uno sbuffo infastidito, facendo ridacchiare Iris, Brianna e Beverly.

«Oh, immagino che qualcuno si sia esibito» chiosò Brianna, ammiccando a Iris, che assentì. «Capisco le tue ragioni, perché anch’io ero una semplice umana, prima di divenire lupo. Non starò qui ad ammorbarti con la mia mutazione, poiché non è stata delle più normali, ma sappi questo; non è né semplice né sicura, ma ti assisterò nel cambiamento, in modo tale da chiamare la tua bestia nel modo più pacifico possibile.»

«Iris lo ha già fatto con Chelsey» sottolineò Devereux, guardando la donna al suo fianco con espressione ammirata.

Brianna, allora, fissò con autentico rispetto Iris e mormorò: «I miei complimenti. Senza neppure sapere cosa stava effettivamente succedendo?»

«Anche se all’epoca non lo sapevo, ero guidata dalla mia anima senziente. E’ un landvættir di nome Gunnar, e sembra saperne abbastanza di magie e stranezze» le spiegò Iris.

«Oh, nientemeno che un protettore scandinavo. Capisco, allora, perché ho subito pensato che tu potessi essere un Hati. È la sua aura ad avermelo fatto credere, ma immagino che tu non abbia la livrea nera» asserì Brianna, vagamente sorpresa.

«No, infatti. Ho il pelo grigio e nero, con qualche macchia bianca sulle zampe» le spiegò Iris, scrollando le spalle.

«Ho preferito parlarne qui, al sicuro dalle orecchie della piccola, perché immagino che questo cambiamento non fosse affatto previsto» ipotizzò Brianna, a quel punto.

Dev scosse il capo, replicando: «E’ una decisione che ho preso quando ho scoperto… tutto questo. Lucas è un amico, e mi fido di lui, ma sarebbe solo a prendersi cura di Chelsey. Quanto a Iris… beh, lei ha la sua vita a L.A. e non la obbligherei di sicuro a rimanere a Clearwater, dove noi abitiamo, soltanto per tenere compagnia a mia figlia.»

«Tutte motivazioni onorevoli» mormorò Beverly, annuendo più volte. «Se me lo permetti, però, vorrei controllare una cosa, così da aiutare la nostra wicca nel tuo prossimo Mutamento. Abbiamo scoperto che, se conosciamo meglio il passato di colui – o colei – che vuole mutare, è più semplice manipolare il suo futuro.»

Dev scrutò la donna dai chiari occhi color delle colombe e annuì cauto, domandando: «Farà male? No, perché non vorrei mettermi a urlare come un bambino. Pareti insonorizzate o meno, sarebbe un po’ imbarazzante, di fronte a tre donne.»

Beverly scoppiò in una calda risata, mentre Iris scuoteva il capo per l’esasperazione e Brianna si esibiva in un risolino.

«No, non temere. Sonderò il tuo sangue grazie a una sua goccia. Il contributo sarà minimo» lo tranquillizzò la völva, ammiccando.

Annuendo, Devereux allora si sedette e allungò una mano perché la donna potesse prelevare il sangue che desiderava.

Beverly non fece altro che allungare un poco l’artiglio, pungere il dito medio e suggere il sangue dalla sua pelle, prima di dire: «Ecco fatto. Ora dobbiamo solo attendere.»

«Devi fidarti molto. Non mi hai neppure chiesto se ho qualche malattia venerea» si arrischiò a dire Devereux, massaggiandosi il dito contuso.

«Non rischierei nulla. Non ci ammaliamo, né possiamo contrarre malattie umane. Abbiamo un solo nemico…» iniziò col dire Brianna.

«… il raffreddore» dissero poi in coro le tre donne, prima di scoppiare a ridere divertite.

«E io che pensavo di essere un caso a parte!» esalò Iris, asciugandosi una lacrima di ilarità.

«Purtroppo no. L’unico che ne è immune, tra quelli di mia conoscenza, è Duncan, ma lui ha un piccolo segreto. La sua discendenza è tra le più pure di tutta l’isola, e ha l’indubbio vantaggio di aver avuto degli avi di famiglie diverse tra loro, perciò il suo genoma è molto forte» spiegò Brianna, mentre Beverly sgranava leggermente gli occhi per la sorpresa.

Iris la guardò curiosa e domandò: «Qualche novità?»

«Direi di sì. A quanto pare, nella famiglia di Devereux ci sono stati almeno quattro casi di licantropia. Non so dire se nativa o indiretta, ma ho trovato il gene latente» asserì Beverly, dando una pacca sulla spalla a Dev. «Senza l’apporto del sangue mutato della tua ex compagna, Chelsey non avrebbe potuto cambiare soltanto con il tuo DNA, ma il gene è presente, perciò sarà più semplice chiamare la bestia.»

«Bene» mormorò l’uomo, reclinando il capo con aria stranita.

Brianna, a quel punto, ammiccò a Beverly e, in silenzio, le due donne lasciarono lo studio per permettere a Iris di parlare con tutta calma a un più che sconvolto Devereux.

«Non te l’aspettavi, vero?» mormorò lei, accucciandosi al suo fianco, visto che era ancora seduto.

Lui si limitò a scrollare la testa e Iris, dandogli una pacca sulla coscia, asserì: «Pensa a questo; sarà più semplice, no? Soffrirai meno.»

«Ho visto… sì, mentre Chelsey cambiava, che le ossa si spezzavano. E anche tu…» mormorò lui, guardandola con occhi insicuri.

«La prima volta fa male, ma credo che sia più per la paura, che per la cosa in sé perché infatti, le volte successive, quasi non ci si rende conto che accade» ammise Iris. «Considera che, di solito, le notti di luna piena cercavo di trovarmi sempre in un luogo appartato e lontano dalla civiltà, perché non ero in grado di contenere lei.»

Nel dirlo si toccò il torace, e Dev assentì.

«Scalpitava per uscire, eh? Mi è parsa una tipetta che sa il fatto suo» chiosò Devereux.

Iris a quel punto sorrise e, risollevandosi, disse: «Ti sei infuriato, quando ti abbiamo detto che avremmo sofferto, nel lasciarci fare quel che abbiamo fatto per alleviare il tuo dolore. Perché?»

«Me lo chiede anche…» brontolò lui, risollevandosi a sua volta per fissarla male. «Ma pensi che sia divertente sapere che una persona sta soffrendo al posto tuo?»

«Beh, è comunque carino sapere che ti sei preoccupato per noi... sì, insomma, per me. Per essere una palla da demolizione, sei molto premuroso» ammiccò lei, avviandosi per uscire dallo studio.

Lui allora ghignò al suo indirizzo, le si affiancò e, senza alcun preavviso, le diede una sonora pacca sul didietro, asserendo: «E tu devi ancora mettere su diversi chili, prima che io possa considerare interessante questo sedere. Non è male, ma può migliorare.»

Lei lo fissò malissimo per alcuni istanti ma, quando vide solo divertimento negli occhi di Dev e sì, un pizzico di qualcos’altro che Iris preferì non sviscerare, si limitò a sbuffare e borbottò: «Piangerai, quando tornerà splendido.»

«Ci conto» ammiccò lui, sospingendola fuori con rinnovata gentilezza.

Iris scosse il capo e, nonostante tutto, sorrise. Con Dev, dovevi proprio usare il manuale delle istruzioni per capire i suoi gesti. Ma era un divertimento, scoprire cosa si nascondeva dietro a ognuno di essi.






N.d.A.:  abbiamo avuto il nostro primo re-incontro con Brianna e soci, e la nostra wicca non si smentisce. Percepisce subito che qualcosa non torna e offre il suo aiuto per una buona riuscita della Mutazione di Devereux.
Abbiamo altresì modo di notare come le attenzioni di Dev si facciano sempre più marcate, ma come l'uomo sia anche restio a qualcosa di più del semplice interessamento nei confronti di Iris, mentre lei a sua volta è combattuta tra le mutevoli emozioni che lei prova nei suoi confronti e verso la sua famiglia.
Come si risolverà la questione?
  
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