Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: BeaterNightFury    20/05/2019    0 recensioni
Ho letto da qualche parte che anche la persona più piccola può cambiare il corso del tempo.
Nessuno ha MAI detto se in meglio… o in peggio.

Ventus ha 16 anni, una meravigliosa famiglia adottiva, e un sacco da imparare sui mondi.
Terra e Aqua hanno responsabilità e sogni, e forse un po' il bisogno di comportarsi da giovani.
Lea ha una sorellina per cui è tutto il mondo, Isa ha un cane, Zack ha una ragazza e un amico da aiutare.
Sora ha troppa felicità per il suo bene, Riku ha la testa dura, e Kairi qualcosa che dovrebbe ricordare.
Insieme ad altri, condividono una sola storia.
(La trama è vagamente ispirata alla vecchia fanfiction "Til Kingdom Come" che ho scritto con i miei amici, ma questa considera canon la trama e gli eventi di Kingdom Hearts 3, quindi potrebbero esserci degli spoiler più avanti)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Warning:
Se ancora NON avete giocato a Kingdom Hearts 3 e NON avete letto i Rapporti Segreti, in questo capitolo ci sono espliciti riferimenti ad essi, se non proprio un paio di citazioni prese quasi pari pari. Spoiler a vostro rischio e pericolo, ma non dite di non essere stati avvisati - ormai il gioco è uscito da quasi quattro mesi.

 
Legacy – Capitolo 4
Chi Guarda Le Guardie
 
Dopo il mezzo disastro del primo giorno, Lea iniziò a trovare più facile prendersi cura di Shiro.
Già sapere il suo nome era un passo in avanti, ed era anche rincuorato dal fatto che Zack sapesse chi erano i suoi genitori e aveva promesso che sarebbe andato a cercarli.
La sera del primo giorno, una volta tornato a casa, Lea si era anche messo a cercare assieme alla nonna i vestiti che Kairi aveva portato quando aveva un anno, per portarne un po’ al castello la mattina dopo.
Era ancora stranissimo vedere Dilan e Aeleus lasciarlo passare, ma fu ancora più strano vedere, entrando nella stanza della bambina tenendo Kairi per mano e con in spalla un borsone di abiti piegati, che Shiro non era sola.
C’era un uomo nella sua stanza – uno che Lea non aveva mai visto prima – ma che aveva i suoi stessi capelli bianchi e le somigliava visibilmente. Era chino davanti a lei, che era seduta sul letto, e sembrava mormorare malamente una canzone.
«… ma i patti erano chiari… un coccodrillo a te… e tu dovevi dare un gatto nero a me…»
Lea rimase ritto sulla soglia, trattenendo Kairi perché non si muovesse, in silenzio.
«Buon… giorno…» mormorò quando l’uomo ebbe finito di cantare. Shiro stava ancora battendo le mani e ridendo.
Guardando il tipo in faccia, Lea dovette rapidamente concludere che si trattava di un ragazzo padre. Non sembrava essere molto più anziano di lui, e aveva l’aria stanca e confusa.
«Uhm, mi chiamo Lea. Sono il babysitter di Shiro.» Lea trascinò un piede sul pavimento. «Questa qui è la mia sorellina Kairi. Devo portarmela dietro o dovrei pagare io un babysitter.»
Il padre di Shiro passò lo sguardo in silenzio da lui a Kairi, poi si mise in piedi e uscì dalla stanza, tenendosi la fronte con una mano e quasi spingendo Lea di lato.
Il ragazzo lasciò andare Kairi e si sedette sul lettino accanto a Shiro.
«Scommetto che quella socievole è tua madre, dico bene funghetto?»
«Lea, nonna dice che non si fanno i sarchesmi!» Kairi quasi marciò verso di lui.
Shiro sicuramente non aveva capito che Kairi aveva completamente sbagliato la frase, e quasi sicuramente non aveva neanche capito il motivo del rimprovero, ma guardò Kairi e prese a ridacchiare.
«Va bene, ce l’avete con me.» Lea si mise in piedi e aprì il borsone. «Posso farmi perdonare da voialtre? Adesso ci cambiamo e poi andiamo a giocare in giardino.»
Ne trasse come prima cosa un pacco di gessetti.
«Guarda qui cosa ho per te, Kai.»
Nel vedere i gessetti colorati, il broncio di Kairi si dissolse, e per poco non li strappò di mano a Lea prima di correre per la stanza facendo i salti di gioia.
Il piano di Lea era semplice: per quanto Shiro fosse difficile da gestire, col fatto che non fosse del migliore degli umori la maggior parte del tempo, se avesse fatto giocare le bambine appena fuori dal castello, dove ai civili era comunque concesso arrivare, nessun Dilan e nessun Aeleus avrebbe obiettato alla presenza di Isa, Cloud e Aerith. E, per quanto Kairi adorasse disegnare per strada con il gesso, Lea sapeva di averla già in pugno.
Mentre Kairi era impegnata ad esaminare la scatola di gessetti e a vedere quali colori ci fossero, Lea prese uno dei vestitini dal borsone, un pannolino pulito da un mobile là vicino, cambiò il pannolino a Shiro (cosa le avevano dato da mangiare? Urgh.) e le mise addosso i vestiti puliti.
Buttando il pannolino sporco, Lea iniziò a pensare a come farne, possibilmente, una bomba puzzolente da usare su Braig, ma dismise l’idea. Isa e gli altri lo stavano aspettando fuori, e non intendeva affatto perdere tutta l’estate nell’unica zona del castello che gli era permessa.
Prese Shiro in braccio e Kairi per mano e si avviò verso il giardino.
Non appena fuori, Kairi gli lasciò la mano e prese ad aprire la scatola dei gessetti, iniziando a disegnare linee, una campana, e varie figure a stecchi che indicò gradualmente come lei stessa, Lea, Shiro, e “la signora cavaliere che combatteva i mostri”.
Lea lasciò andare Shiro, iniziando a chiedersi se Kairi le avrebbe lasciato usare il suo vecchio triciclo, e diede un’occhiata fugace alla scalinata, sperando di vedere presto Isa, magari con dei gelati.
Cosa non avrebbe dato per un…
Qualcuno stava salendo le scale. Ma non erano ragazzi.
Lea scattò istintivamente verso Kairi e Shiro, restando vicino alla prima e prendendo per una manina la seconda, ma si rilassò quando vide le uniformi scure delle guardie che pattugliavano la città.
E avrebbe riconosciuto i capelli argentati, l’aria superiore, e la katana del Capitano Sephiroth anche al buio pesto. Se c’era qualcuno davanti a cui si fidava a lasciare due bambine libere, erano quegli uomini.
Dilan e Aeleus, tuttavia, non sembravano della stessa opinione. Dilan marciò verso di loro, lancia in resta, come ad impedire loro il passaggio.
«La guardia cittadina non ha niente da fare qui, Sephiroth.»
Un altro ufficiale cittadino, che Zack aveva indicato a Lea come Genesis, fece un passo in avanti ed affiancò il capitano.
«E le guardie del castello non hanno affari nella piazza.» Genesis ribatté. «Come vi spiegate sia stato uno di voi a rinvenire le tracce dello scontro? La vostra giurisdizione è questo castello, e chi vi abita. Eppure Braig era lì, a raccogliere i superstiti, quasi come sapesse di trovarli
Dilan quasi trasalì, ma si ricompose subito. «Da quando un abitante del Giardino, una guardia di Lord Ansem, deve rispondere alle guardie cittadine su dove si trova?»
Le altre due guardie erano facce conosciute per Lea. Uno di loro era Angeal, e l’altro Zack, ed entrambi gli rivolsero un’occhiata complice. Zack aveva un Moguri di peluche ciccione e spelacchiato sotto ad un braccio, e Lea iniziò a chiedersi il perché.
«Va bene, non scoppiamo in risse davanti alle bambine.» Angeal si intromise tra Sephiroth e Genesis. «Vogliamo solo parlare. E Zack forse ha delle informazioni su Shiro – su da dove viene e sulla sua famiglia.»
«Avrei anche Mister Kupò…» Zack sorrise imbarazzato.
Fece alcuni passi in avanti e si avvicinò a Shiro.
«Ciao, piccola.» Si chinò davanti a lei. «Questo è Mister Kupò ed è un mio vecchio amico. Solo che adesso che lavoro nelle guardie resta solo a casa mia tutto il tempo. Puoi fargli compagnia tu?»
Porse il Moguri di pezza a Shiro.
Per un momento, Shiro guardò Zack con aria sospetta, poi allungò una manina e toccò il naso di Mister Kupò.
«Tì…» Shiro pigolò.
Zack le fece un sorriso da un orecchio all’altro e le mise Mister Kupò nelle braccia.
«Mi raccomando, ho fiducia in te. È un compito importante che ti sto affidando. Questo vecchio brontolone è un mio caro amico e non voglio che senta la solitudine.»
Probabilmente Shiro non aveva capito una parola di quello che Zack stava dicendo, ma aveva capito il tono, e quando il ragazzo le mise il peluche tra le braccia, lei prese a stringere forte con tutto l’affetto che un bambino di quell’età poteva avere con un nuovo amico.
«Vogliamo andare, Zack?» Angeal lo sollecitò ad entrare.
«Uhm, subito!» Zack ondeggiò le braccia e scattò in piedi, poi seguì il suo mentore verso il portone del castello. Accennò un saluto a Lea e Kairi e sparì, poi fece di nuovo capolino fuori dalla porta.
«So che Cloud, Aerith e Isa stanno venendo qui con una scorta di gelato. Lo so perché ho pagato io il Signor De’ Paperoni. Aspettatemi
 
Tutto procede come da piano.
Xehanort è tabula rasa e sotto il mio controllo. La bambina è stata portata qui e dovremo solo aspettare che il suo destino si compia.
Lo ha nel sangue, dopotutto. Il Keyblade l’ha scelta, forse dal giorno in cui è nata, forse anche da prima.
Dubito che Xehanort ricorderà il ruolo di padre che aveva il ragazzo che l’ha cresciuta – ma il nipote della vecchia bibliotecaria sembra aver conquistato la sua fiducia abbastanza da consentirmi di tenere la bambina lontana dal padre.
Occorre cercare qualcun altro che si prenda cura della mocciosa quando l’estate sarà finita – tremo al pensiero di quello che la vecchia rimbambita potrebbe farmi se dovessi sottrarre il suo prezioso nipotino alla scuola.
E c’è un’altra minaccia al piano. Zack, l’apprendista guardia.
Non sono sicuro di come ne sia venuto a conoscenza, ma sa troppe cose che non dovrebbe sapere. Stavolta Lord Ansem non era reperibile, chiuso nei laboratori ad occuparsi di Xehanort, ed è stato Even ad ascoltare i deliri di quell’impiccione d’un ragazzino.
Se vedesse Xehanort, se parlasse con Ansem, i piani del vecchio trombone sarebbero estinti ancor prima di cominciare.
Occorre ridurlo al silenzio in una qualche maniera. Lui, e quella patetica scusa per un corpo di polizia che è la guardia cittadina.
È l’ora che imparino quel che succede quando si gioca a fare gli eroi.
 
Quell’anno, l’autunno arrivò prima del previsto.
Radiant Garden al suo risveglio aveva un che di poetico, e mentre Isa, lasciato Bolt nel giardino di casa sua, si incamminava per la strada di scuola in mezzo alla città ancora silenziosa, non poté che pensare che forse era proprio ora.
Non gli dispiaceva l’estate, ma gli era mancata un po’ la routine dei giorni di scuola, specie ora che Lea aveva avuto gran parte del suo tempo sottratto dal lavoro che la nonna gli aveva trovato.
Il ragazzo si strinse nella giacca della divisa e accelerò il passo. Non stava bene arrivare in ritardo il primo giorno di scuola. Non nella sua posizione.
C’erano soltanto pochi studenti davanti ai cancelli, specialmente ragazzi dell’ultimo anno e qualcuno della sua classe. Isa e Lea, assieme a Zack, avrebbero cominciato il quarto anno delle superiori, il penultimo prima dei diplomi.
«Buongiorno!» Zack arrivò, salutando allegramente nonostante l’aria assonnata. Aerith era con lui, e gli teneva la mano.
«Ciao, Isa!» Aerith, con indosso un’uniforme nuova di zecca e un cartellino con il suo nome che indicava la sua appartenenza al primo anno, quasi sembrava starsi trascinando dietro il suo ragazzo. Notò subito la recente aggiunta all’uniforme scolastica di Isa. «Il servizio d’ordine? Wow, complimenti!»
Isa si strinse nelle spalle e accennò ad un sorriso. Quando aveva ricevuto la telefonata alcuni giorni prima era stata una piacevole sorpresa.
Aveva ritirato la stola rossa che lo designava come membro della pattuglia studentesca senza menzionarlo a nessuno se non ai suoi genitori, e adesso che i suoi amici ne sarebbero venuti a conoscenza, era il momento di affrontare l’imbarazzo.
«Whoa, basta che non mi metti in castigo, amico. Sarebbe abbastanza imbarazzante se una guardia scolastica pizzicasse una guardia cittadina!» Zack fece un sorrisetto nervoso.
«Beh, tu non metterti in condizione di venire preso.» Isa non fece una piega.
«Avete visto Cloud?» Zack chiese. «Sono stato da lui l’altro ieri, era un fascio di nervi. Spero non si sia sentito male.»
«Mi ha detto che sarebbe arrivato con Tifa. Abitano nella stessa strada.» Aerith precisò. «… perché sei andato da lui?»
Rimase in silenzio per un momento. Lo guardò negli occhi.
«Zack, non dovevi
Zack si limitò a ridacchiare e a passarsi una mano tra i capelli.
«E perché no?» ribatté. «Dai, Aerith, mi hai detto tu stessa che lui e la mamma non se la passano benissimo. Era il minimo che potevo fare!»
«Cosa avrebbe fatto?» Isa chiese ad Aerith in tono inquisitorio.
«Niente di tanto straordinario.» Zack intervenne. «Gli ho lasciato la mia vecchia divisa di quando avevo la sua età. I sarti della scuola costano un po’ troppo per sua madre.»
Aerith stava per ribattere qualcosa, ma si zittì quando vide che erano in arrivo altri studenti. Cloud era in mezzo a loro, assieme ad una ragazza dai capelli corvini che Isa riconobbe come la sua amica della squadra di baseball. Per qualche ragione, era riuscita a farsi vendere dei pantaloni anziché la gonna a pieghe che avrebbe dovuto essere assegnata alle ragazze.
Le maniche della camicia e i pantaloni della divisa di Cloud erano un po’ rimboccate, e la camicia e il gilet gli pendevano un po’ dalle spalle, ma il ragazzo stava sorridendo. Aveva il nodo della cravatta sciolto.
«Hey, Porcospino!» Zack quasi gli corse incontro. «Sei pronto? Hai paura?»
«Ciao, Zack.» Cloud rispose in un tono appena più alto di un mormorio. «Mi puoi… dare una mano?» Si indicò la cravatta.
«Ahem…» Zack divenne rapidamente rosso. «Uhm, hey, Isa, qua la guardia sei tu. Puoi aiutare Cloud con la cravatta?»
«Scusami, e tu come avresti fatto?» L’amica di Cloud, che il cartellino identificava come “Tifa”, alzò contro Zack un sopracciglio accusatore.
«Mio padre mi ha fatto il nodo e io me lo allento e stringo ogni giorno.» Zack diede in una risatina colpevole.
«Bella roba.» Tifa alzò gli occhi al cielo, mentre Isa cominciava ad armeggiare con la cravatta di Cloud. A lui certe cose venivano quasi come seconda natura – suo padre lavorava al tribunale civile di Radiant Garden come giudice, ed era una vita che Isa lo aveva osservato vestirsi elegante per le udienze.
«Dai, Tifa, non tutti hanno un papà che ha il tempo o che sia tanto bravo.» Zack sbuffò. «Neanche mio padre è tanto bravo. Poi dai, Isa c’ha il papà che lavora al tribunale, il mio è giardiniere.»
«A proposito di padri.» Tifa fece un sorrisetto. «Ma il professor Braska, quello che insegna storia, è vero che si è sposato con una fata?»
Isa finì di annodare la cravatta a Cloud e fissò Tifa con una faccia schifata.
«Di tutte le domande che potresti fare su di lui, fai proprio quella?» le chiese. «Io mi preoccuperei di più su quanto possa essere puntiglioso con le date e gli eventi.»
Gli studenti continuavano ad arrivare. Isa condusse Cloud e Tifa nell’angolo del cortile dove si stavano radunando i ragazzi del primo. Dopo di loro e di Aerith arrivarono altri – un ragazzino castano che la targhetta identificava come “Squall”, Cecil e Claire della squadra di baseball, e un sacco di altri nuovi nomi che, Isa si rese conto con un certo sconforto , probabilmente avrebbe dovuto memorizzare.
E Lea era in ritardo.
«Dove credi che sia Miccia?» Zack alzò un sopracciglio. «Pensi che il vecchio Braig lo voglia far ancora lavorare al castello?»
«Oh, ne dubito. Sua nonna gli staccherebbe la testa a morsi.» Isa scosse la testa. «Già Lea ha abbastanza gatte da pelare con Kairi, figuriamoci se sua nonna gli lasciasse tenere a tempo pieno un’altra bambina.»
Un momento.
Ma certo, Kairi!
Isa per poco non si prese a schiaffi da solo. Era il primo giorno di scuola per tutti. Compresa una certa bambina che, quel giorno, avrebbe cominciato la primina.
Fu proprio, infatti, mentre suonava la campana che decretava l’apertura dei portoni, che Lea, con il colletto della camicia sbottonato, la cravatta che gli pendeva dal collo, e il fiato corto per la corsa, si piantò a fermarsi davanti a loro con le mani sulle ginocchia.
E, davanti a lui, Isa si limitò a sorridere, a farlo tirare su, e ad abbottonargli la camicia. Non ci sarebbe stato verso di costringerlo a sistemarsi la cravatta, era già tanto che non se la fosse annodata alla fronte.
Stava iniziando un altro anno, e mentre entrava nella scuola assieme ai suoi amici, con una nuova responsabilità che gli si leggeva sull’uniforme, e sulle labbra uno dei suoi rari sorrisi, Isa non poteva che pensare che era proprio l’ora.
 
Dopo l’invasione dei mostri dell’estate prima, gli scontri nella piazza, e la comparsa del fantomatico Xehanort e della piccola Shiro, sembrava che la situazione a Radiant Garden si fosse fatta nuovamente tranquilla.
Passarono Halloween e Natale senza nessun episodio degno di nota, a parte quando la maschera da licantropo di Isa mandò la povera Kairi a nascondersi sotto il letto.
Babbo Natale fece il giro delle case, e Cloud ne rimase più che contento quando vide sotto il suo albero una lunga, pesante mazza da baseball nuova. Chiese i provini per la squadra del liceo non appena le lezioni ripresero, e anche grazie a un po’ di allenamento con Zack, riuscì ad ottenere un posto.
Ultimamente, la guardia cittadina non sembrava avere problemi di alcun genere: negli ultimi giorni erano sulle tracce di un uomo grasso, viscido e perennemente con un sigaro in bocca che era stato segnalato appostarsi appena fuori dalla scuola media e avvicinare alcune scolare con intenzioni che lasciavano poco spazio ai dubbi.
Cloud si era proposto a Zack come esca viva, ma erano giorni che il suo amico rifiutava le sue offerte di aiuto.
«Lo so che vuoi aiutare, Porcospino, ma non mi perdonerei se ti accadesse qualcosa per causa mia.» Zack passò a Cloud la palla e attese il rilancio.
«Accadermi?» Cloud si strinse nelle spalle, prese la palla dal guantone e la lanciò verso Zack. «Che potrebbe farmi? Non sarebbe troppo difficile. Potrei ancora passare per una bambina se mi impegno per bene. Aspetto che si metta mano alle mutande… e gliele strappo
Non si riferiva alle mutande.
«Cloud, non posso fartelo fare. Sei…» Zack prese la palla al volo e la lasciò cadere ai suoi piedi.
«Troppo piccolo? Troppo debole? Andiamo, Zack, dammi un po’ di fiducia. Sul serio!» Cloud si tolse il guantone e fece per lanciarlo via, ma si fermò quando dalla tasca di Zack partì un forte squillo.
«Angeal? Sì, sono a casa di Cloud. Sto bene.» Il ragazzo più grande si portò il telefono all’orecchio e rispose immediatamente. Per quanto inizialmente fosse calmo, forse anche scocciato, un attimo dopo sgranò gli occhi e si fece pallido come un cencio. «Cosa? Genesis? Angeal, ma sei serio?»
Rimase in silenzio per alcuni momenti, con la voce ovattata di Angeal che gli spiegava qualcosa dall’altra parte del telefono.
«Va… bene. Ci vediamo al castello, sì, cerco di arrivare non appena posso, no, non ho la spada dietro, la vado a prendere? Va bene… va bene.»
Riagganciò la chiamata e rimase per un momento a fissare lo schermo, poi guardò Cloud.
«Genesis è sparito.»
 
«Ragazzi, mi dispiace avervi coinvolti in questa storia, ma qualcuno qui deve ascoltare e sapere.» Zack prese posto sul divano cigolante del soggiorno di Lea e incrociò le braccia.
Erano appena usciti da scuola, e casa di Lea era l’unico posto sicuro che fosse vuoto – la nonna era al lavoro e Kairi era, fortunatamente, a casa di un’amichetta.
Assieme a Lea e Zack c’erano Isa, Aerith e Cloud, ed erano ancora tutti quanti in uniforme scolastica, anche se Isa si era tolto la stola della sicurezza.
«Riguarda la chiamata di due giorni fa?» Cloud, seduto vicino a lui, fu il primo a parlare. «Potevi parlarcene prima.»
«Anche i muri hanno orecchie, Cloud, non è a scuola che ne voglio parlare.» Zack si fissò le mani, poggiate sulle ginocchia. «Ragazzi… voi siete i miei amici. È di voi che mi fido qui, al di fuori di Angeal e delle guardie cittadine.»
Per la prima volta in molto tempo, Lea sentiva una nota di vera preoccupazione nella voce di Zack.
«Prima di tutto, chiunque sia questo Xehanort…» Zack aggrottò le sopracciglia. «Shiro non è sua figlia.»
«Aspetta, che?» Lea non lo lasciò finire di parlare. «L’ho visto, socio. Le somiglia. E quando lui le ha cantato la ninna nanna, lei ha reagito. Più volte
«Lea, può anche essere solo perché la melodia era familiare.» Isa gli precisò. «Zack, hai delle prove di quello che dici?»
Zack fece sì con la testa.
«Ho conosciuto i genitori di Shiro – i suoi veri genitori. L’estate scorsa, mentre ero ad allenarmi lontano.» Spiegò. «Si chiamano Terra e Aqua. Lui è sui vent’anni, ha i capelli castani e gli occhi azzurri. Di stazza ricorda un po’ Aeleus, anche se non è altrettanto grosso. Lei ha i capelli più o meno dello stesso colore di Isa, è sui diciotto anni, e sono certo che sia stata qui, a Radiant Garden, almeno una volta. Portano entrambi delle cinghie sopra i vestiti, incrociate a formare una X, e avevano dell’armatura sulle braccia quando li ho conosciuti.»
Al sentire la descrizione della X, Lea cercò lo sguardo di Isa, e si accorse immediatamente che anche il suo amico lo stava fissando.
«Ventus!» Isa fu il primo a parlare.
«Già, Ven...» Lea fece del suo meglio per non risultare il tardo tra i due.
Zack li fissò come se avesse appena inghiottito un limone.
«Un ragazzo di nome Ventus, che si fa chiamare Ven?» chiese loro. «Bassino, veloce come il fulmine, capelli  biondi e parlantina killer? E va in giro con una spada dalla forma strana?»
«E porta una X sopra i suoi vestiti formata da due cinture.» Isa concluse. «Sì, Zack, lo conosciamo. È stato qui l’estate scorsa.»
«Quindi sa di questo posto.» Zack si grattò il mento e sfregò un piede sul pavimento. «Ragazzi, non voglio menare il can per l’aia, ma la madre di Shiro, Aqua… so che è stata nella piazza e so che ha combattuto lì durante quella notte. Ho visto le sue tracce. La guardia cittadina era in allerta… Genesis, Sephiroth e Angeal sanno quello che gli ho raccontato, e stavano cercando di indagare. Ora Genesis è sparito. Ho parlato con gli altri, e stavamo decidendo sul da farsi… non sapevo se in un qualche modo avrei potuto dirigere Terra qui, o se è ancora in giro… ma se mi dite che Ventus sa di questo posto, se mi dite che vi conosce, forse abbiamo una speranza.»
Si mise in piedi.
«So di un posto dove Ventus ha promesso di tornare, ma dovrei andare lì e chiedere di lui. Nel frattempo… Angeal mi ha detto che nella sua ultima chiamata, momenti prima di sparire, Genesis aveva trovato una ragazza nella piazza centrale. Nello stesso posto dove ho trovato le tracce di Aqua.»
Rimase in silenzio per alcuni attimi, fino a quando Aerith non lo fissò e non risolse a parole l’arcano che Zack aveva lasciato.
«Braig! Pensi sia stato Braig?» gli chiese.
«Se soltanto fossi un po’ più grosso…» Stavolta fu Cloud a scattare in piedi, i pugni chiusi stretti. «Altro che un bernoccolo, dovevo sfondargli la testa…»
«Piano, Cloud, calmati.» Zack gli mise una mano su una spalla. «Statemi a sentire adesso, perché ho bisogno del vostro aiuto. Specie mentre sarò via a cercare Ven. Cloud e Aerith, mi serve che siate i miei occhi in città. Dobbiamo scoprire cosa è successo a Genesis. Se è davvero stato Braig. Lea e Isa, in un qualche modo sapete infilarvi nel castello, giusto? Angeal e Sephiroth non hanno accesso a parecchie zone del castello… e voi siete gli unici altri che conosco a conoscere il castello. Potreste usare la scusa di Shiro o entrare con un diversivo…»
«… posso coinvolgere Tifa, Cecil e Squall del baseball. Una bella finestra in frantumi con una pallonata.» Cloud intervenne con un sorrisetto.
«E punto per Cloud.» Zack gli diede una forte pacca sulla schiena.
Sulla carta, Lea si trovò a pensare, il piano era abbastanza semplice. Gli amici che Cloud aveva menzionato erano dei veri e propri cecchini con una mazza da baseball, e non ci avrebbero messo molto a sparare un buco in una vetrata.
Tecnicamente avrebbero persino avuto altri stratagemmi per una diversione, uno più vario dell’altro. Lea avrebbe potuto entrare nel castello semplicemente chiedendo di vedere Shiro, che pur avendo un’altra babysitter mentre lui era a scuola, era ancora tremendamente affezionata a lui e di tanto in tanto, secondo la nonna, urlava a gran voce di volerlo. Kairi avrebbe potuto correre fino al portone gridando di aver visto dei mostri.
«Oppure potreste fare un po’ di attenzione a scuola qualche volta tanto.» Isa intervenne. «Zack, ricordi che dal quarto anno parte il praticantato? Ah, no, per te non conta, sei già nelle guardie.»
«Per favore, Isa, non me ne parlare. Nonna già vuole che io faccia i documenti per la biblioteca.» Lea alzò gli occhi al soffitto. «E il corpo dei pompieri mi ha già mandato due o tre lettere per via di mamma e papà.»
«Né biblioteca, né pompieri, Lea. Spariamo più in alto.» Isa fece un sogghigno. «Il laboratorio di Ansem il Saggio?»
Lea scosse la testa.
«No, Isa.»
Non era di certo ad un lavoro come studioso in quel castello che Lea ambiva. Per quanto volesse scoprire cosa ci fosse nei meandri di quel palazzo, non voleva farlo come scienziato.
Voleva diventare… l’eroe della città. Come suo padre e sua madre lo erano stati, prima che una sciagura sotto la città se li portasse via per sempre.
«Non voglio sprecare la mia occasione. Mi capisci, non è vero?» Guardò il suo amico di sempre. «Per favore, abbiamo altri modi. Usiamo quelli.»
 
Lea entrò nei corridoi del castello con un sorrisetto sulle labbra. Come aveva pensato, Dilan e Aeleus non avevano obiettato minimamente quando aveva asserito di voler vedere Shiro.
La governante che se ne occupava mentre lui era a scuola o a studiare era abbastanza competente, la nonna gli aveva detto, ma Shiro continuava a voler vedere lui e a volte arrivava a piangere. C’erano state più volte durante gli ultimi mesi in cui Lea, nei pomeriggi una volta finiti i compiti e nei weekend, era stato a trovare Shiro e l’aveva portata a giocare in cortile assieme al resto dei suoi amici.
La bambina, che secondo Even doveva aver compiuto i due anni nell’inverno, non si staccava un momento da Mister Kupò, portava ancora i vecchi abiti smessi di Kairi e Lea, e aveva imparato ad andare sul triciclo rosso appartenuto ai due fratelli, tenendo il Moguri di pezza nel cestino anteriore.
Il ragazzo aprì la porta e guardò nella stanza. Dove c’era stato un lettino di fortuna ora c’era una culla, il pavimento era coperto da moquette colorata che quasi scompariva sotto dei blocchi di costruzione.
Shiro era tutta intenta a costruire una torre, con Mister Kupò “seduto” accanto a lei, ma alzò subito lo sguardo quando vide la porta aprirsi.
«Fratellone!» la piccolina si mise in piedi e corse verso di lui, mandando all’aria parecchi blocchi e stringendogli forte le ginocchia.
«E ci risiamo!» Lea alzò gli occhi al cielo. «Shiro, te l’ho detto come mi chiamo…»
«Lea, Lea, elle e a, lo hai memorizzato? Ti do un biscotto se lo ricordi.» Shiro gli fece il verso. Non sapeva dire molte frasi, ma aveva senza dubbio memorizzato quelle due.
Da fuori venne il suono di un vetro infranto. Il piano di Cloud stava funzionando, a quanto sembrava.
A questo punto, il piano era semplice. O perlomeno in apparenza.
«Ti va di fare un gioco, Shiro?» Lea le chiese abbassandosi al suo livello. «Ora facciamo il gioco del silenzio. Ci facciamo una bella passeggiata nel castello, ma dobbiamo stare zitti zitti, perché se ci sentono in giro abbiamo perso e dobbiamo tornare al punto di partenza.»
«Zitti zitti?» Shiro pigolò.
«Come i pesci!» Lea si premette il dito sulle labbra. «Ma sai che ti dico? Anche Isa gioca con noi!»
Isa non era molto contento del gioco, però.
«Perché l’hai portata con te?» gli sibilò non appena li vide arrivare.
«Perché sanno che sono con lei.» Lea rispose con voce altrettanto bassa, mentre Shiro, in ottemperanza alla regola del silenzio, salutava Isa con la manina. «Questa è casa sua. Tecnicamente potrebbe essere dovunque.»
«Sì, ma se Braig è pericoloso come dicono…»
«Shiro qui è la principessa delle spie. Ti posso assicurare che se vede qualcosa che non va, qualcuno lo verrà sicuramente a sapere.»
«E come dovrebbe questo farmi stare tranquillo?»
Isa alzò gli occhi al cielo, ma non disse altro e si incamminò per il dedalo di corridoi che portava ai laboratori. Teneva una mano appoggiata alla parete destra, trascinandola sul muro e non staccandola mai dalla parete, in uno stratagemma che Lea riconosceva come il suo “trucco infallibile per non perdersi in un labirinto”.
C'era silenzio, quasi troppo.
Erano dalle parti di quella che doveva essere la stanza del computer, attraverso la cui porta si sentiva la voce di Lord Ansem interloquire con qualcuno dalla voce acuta e nasale a cui lo studioso si rivolgeva con il nome di Topolino.
Shiro mostrò segni di irrequietezza, e Lea fu rapido a coprirle la bocca con la mano, poi Isa indicò un altro corridoio e una rampa di scale che scendeva in basso, e i tre vi si dileguarono.
Il castello sotterraneo era quasi spettrale. C'era meno luce rispetto ai corridoi superiori, e dopo un paio di svolte, la mano che Isa teneva poggiata sulla parete destra iniziò ad incontrare grate.
«Moccio...» una voce rantolò da dietro una delle grate quando Isa ci passò la mano.
Il ragazzo trattenne un urlo e sobbalzò, cercando di capire chi fosse al di là della grata.
I suoi occhi si misero a fuoco su qualcosa, e immediatamente impallidì si morse il pugno.
Lea fu lesto ad affiancarlo e a cercare di vedere chi ci fosse oltre la porta.
Aveva i suoi sospetti. Sperava di sbagliarsi.
Non si sbagliava.
Seduto con la schiena abbandonata contro una parete c'era il tenente Genesis della guardia cittadina.
«Cosa vi è successo, signore?» Isa bisbigliò. «Siete un pubblico ufficiale… non hanno il diritto!»
«Perspicace come sempre, il figlio del giudice.» Genesis alzò la testa. Aveva gli occhi iniettati di sangue, crepe gli si stavano allargando sulla faccia e sul collo, e i capelli rossi gli si erano ingrigiti. «Scappate. Andate via.»
«Zack ha detto che avete trovato una ragazza nella piazza!» Isa insistette. «Dove l'hanno portata? Lo avete visto?»
«È stato Braig, non è vero?» Lea aggiunse.
«Brutto!» Shiro, dalle braccia di Lea, mugugnò stringendo i pugnetti.
Genesis si mise su dritto.
«È peggio di quello che temevamo.» Dietro la sua schiena c'era una sorta di ombra nera. «Braig. Xehanort. Non è solo al castello di Lord Ansem che mirano. È a tutto il regno. Ai mondi oltre questo.»
«Dobbiamo fare qualcosa…» Lea mugugnò.
«Cosa vi hanno fatto?» Isa sibilò di nuovo.
Genesis scosse la testa, abbandonando la schiena nuovamente contro la parete.
«Non mettetevi nei guai. Andate via
Alcune piume nere volarono nella cella.
«Avete detto che tutto il mondo è in pericolo…» Lea insistette. «La ragazza che stavate soccorrendo. Dov'è
Genesis si mise a ridere, un suono distaccato e senza gioia, la risata di un pazzo.
Lea rimpianse di aver portato Shiro con sé. La bambina sembrava tranquilla, ma non sembrava affatto stare divertendosi.
Almeno fino a quando…
«Bimba!»
Shiro stava indicando una delle grate in fondo al corridoio, illuminata da un lucernario come se fosse stata sotto un qualche faro teatrale.
C'era una ragazza dietro le sbarre.
Sembrava appena più giovane di Lea e Isa, forse appena più anziana di Aerith, e aveva la sua stessa aria saggia.
Lasciato Genesis al suo delirio, i due ragazzi, con Shiro ancora in braccio a Lea, corsero alla cella della ragazza. Portava vesti color pastello coperte di polvere e stracciate in alcuni punti, aveva capelli dorati legati dietro la testa e lo sguardo smarrito.
«Ciao…» Lea fu il primo a cercare di interagire.
La risposta della ragazza, la stessa identica parola, fu appena pronunciata.
«Io sono Lea, e questi sono Shiro e Isa.» Lea sussurrò. «Lo hai memorizzato?»
La ragazza rimase in silenzio, muovendo soltanto gli occhi, fissando prima i ragazzi e poi la bambina.
«Bimba?» Shiro commentò.
«Credo voglia sapere come ti chiami.» Isa cercò di interpretare. «Lo ha fatto anche con me l’estate scorsa.»
«Oh…» La ragazza mormorò, poi prese a fissare il pavimento.
 
Chi era? Per quale motivo era stata imprigionata lì? Non seppe risponderci. Non ricordava nulla. Lei era un enigma, ma volevo aiutarla.
Continuammo con le nostre visite non autorizzate al castello, la maggior parte delle quali si interrompeva bruscamente quando venivamo scoperti all'ingresso. Le poche volte che riuscivamo a entrare parlavamo con lei. Quello era l'unico conforto che due bambini come noi potevano offrirle. Ma Lea aveva altre idee: voleva liberarla a tutti i costi.
Zack tornò dall’Olimpo senza alcune notizie di Ventus, ma fummo noi a recapitargli una pessima notizia: durante un pomeriggio di primavera in cui il cielo era stato completamente oscurato da un temporale, Angeal venne rinvenuto morto nelle cisterne dei giardini esterni.
 
Zack fu l’ultimo ad arrivare quel sabato mattina. I temporali incessanti dei giorni prima avevano lasciato il passo a dei leggeri piovaschi, ma il cielo era ancora plumbeo. Il ragazzo era zuppo, e grondava acqua dagli stivali, dai capelli, e dalla pesante spada che portava assicurata alla schiena, la spada che era appartenuta al suo mentore.
«Ti serve un asciugamano?» Il padre di Isa gli chiese aprendogli la porta.
«No, no grazie, Vostro Onore, non è niente...» Zack fece per scrollarsi la pioggia dai capelli e si tolse la spada dalla schiena, appoggiandola nell’ingresso.
«Uno, chiamami Ilyas, te l’ho già detto. Due, faresti meglio ad asciugarti invece. Alla città non servono guardie col raffreddore.» Il giudice insistette e gli ficcò un asciugamano nelle mani. Zack avrebbe voluto ribattere ulteriormente, ma qualcosa di peloso e pesante gli saltò addosso piantandogli le zampe sulle spalle e leccandogli la faccia.
«Sì, Bolt, ciao anche a te.»
In altre occasioni, Zack avrebbe lasciato perdere l’asciugamano e avrebbe iniziato immediatamente a fare il solletico al cane di Isa, ma mettersi a giocare era l’ultima cosa che voleva fare in quel momento.
Si sentiva vuoto.
«Gli altri ti aspettano in cucina. Isa ha fatto la cioccolata calda.» Ilyas gli fece strada verso una delle stanze. Attorno alla piccola tavola della cucina erano già seduti Isa, Lea e Cloud (che ci faceva lì Cloud?), ognuno con davanti una tazza che emanava vapore. Sia Lea che Cloud avevano i capelli più mosci del solito, senza dubbio per il maltempo. Tutti e tre erano scalzi.
«Isa, allora, posso stare tranquillo?» Il giudice rimase nel vano della porta. Zack notò che aveva un cappotto nelle mani.
«Nessun problema.» Isa, apparentemente impassibile, scosse la testa. «Sai quando torna mamma a casa?»
La sua domanda sembrava assolutamente normale, ma Zack riusciva a leggere tra le righe. Isa stava chiedendo a suo padre quanto tempo avrebbero avuto da soli.
«Credo che tua madre tornerà a casa per l’ora di pranzo.» Ilyas mormorò. «Ma temo che io potrei dover restare in tribunale fino a sera. Questa faccenda è una brutta storia
Si infilò il cappotto e lasciò la stanza.
«Ragazzi, state tranquilli. Ho già visto un sacco di storie come questa, e ve lo assicuro, il colpevole verrà fuori.» Si affacciò alla porta, come se avesse dimenticato qualcosa. «Radiant Garden può ancora dormire sonni tranquilli. Gli eroi ci sono ancora.»
Strinse un pugno e fece un sorriso, come per fare loro coraggio. Isa lo guardò e fece un sorriso triste, poi passò a Zack una tazza di cioccolata calda e gli fece gesto di sedersi.
Qualche istante dopo, non appena si sentì la porta aprirsi e chiudersi, e Bolt il cane trotterellò nella cucina e iniziò a fissare i ragazzi con una convincente aria da morto di fame, Isa si abbandonò sulla sua sedia, fece un sorriso amaro e dichiarò: «Signori, l’udienza è aperta
«Angeal è stato ucciso per colpa mia.» Zack disse immediatamente. «Gli avevo detto dove avete trovato la ragazzina. Volevo la portasse via.»
«Non dire così, Zack. Poteva anche rifiutarsi.» Cloud alzò lo sguardo dalla sua cioccolata. «Ha deciso lui di provarci.»
«E io sapevo che lo avrebbe fatto.» Zack ribatté sedendoglisi accanto.
Gli altri rimasero in silenzio, evidentemente non sapendo cosa dire. Bolt appoggiò il muso sulle ginocchia di Zack e prese a cercargli le mani con il naso, tentando di leccargliele.
«A proposito, Cloud, che ci fai qui? Ti avevo detto che...» Zack tentò di rimproverare l’amico.
«Ci siamo tutti in questa storia, no?» Cloud aggrottò le sopracciglia. «Ricordi che ha detto Genesis a Lea e Isa? Non è solo il castello di Lord Ansem. È tutta Radiant Garden. Se Xehanort riesce nel suo piano, ci lasciamo tutti quanti le penne. Kairi. Mamma. Aerith. Tifa. Il gatto randagio che cerca di entrarmi in casa dalla finestra. Zack, non mi puoi chiedere di stare al sicuro. Non lo sono in ogni caso
Zack lasciò sul tavolo la sua tazza e si fissò le mani.
«Cloud, non ti voglio chiedere questo. Tu sei...»
«Non lo abbiamo già fatto questo discorso?» Cloud si mise in piedi.
«Sei il mio migliore amico, Cloud.» Zack si alzò a sua volta. «Non ti posso chiedere di buttarti diritto nel pericolo. Non ne avrei il cuore.»
Cloud rimase fermo e zitto, sostenendo il suo sguardo.
«Tu sei il mio migliore amico. E io non avrei il cuore di farti andare da solo.» Fece un sorrisetto. «E ho anche scoperto che il mio vicino di casa, quel vecchio brontolone che ci urla sempre addosso quando facciamo finire la palla nel suo cortile, ha iniziato a costruire astronavi con quel materiale gommoso che cade dal cielo. Ne ha una o due in un hangar fuori città.»
Zack avrebbe voluto ribattere, ma era senza parole. Che Braig si fosse rifiutato di far ammettere Cloud nelle guardie cittadine perché sapeva che sarebbe stato così sveglio?
«Quindi, qual è il piano?» Lea vuotò la sua tazza d’un fiato e chiese.
«Dobbiamo agire di notte, quando meno se lo aspettano.» Zack si rimise a sedere. «Ho l’accesso al castello da quando Angeal è morto… sua madre è riuscita a lasciarmi il suo tesserino. Io e Cloud entriamo, Cloud pensa a Shiro e io penso alla ragazza nelle celle e a Genesis. Lea e Isa… credo che le telecamere nel castello ormai vi riconoscano. Fareste scattare qualche allarme. Aspettateci qua… fate la scusa di un pigiama party, qualcosa, ma perché Shiro passi la notte abbiamo bisogno di te, Lea. Sei l’unico tra noi che riesce a farla stare calma. Almeno finché non troviamo sua madre.»
«Oh, grandioso.» Nella voce di Lea si sentiva pesante il sarcasmo. «Sono Mary Poppins, gente
Bolt trotterellò verso Isa e gli balzò in grembo. Il ragazzo iniziò ad accarezzare il suo cane sulla testa.
«Non riesco a credere che lo stiamo facendo.» Mormorò. «Papà e mamma moriranno di paura se sparisco. E Bolt… e se smettesse di mangiare se non sono più a casa?»
«Isa, tutti abbiamo qualcuno che lasceremmo indietro.» Lea ribatté. «Cloud ha sua madre, io ho Kairi e nonna, Zack ha Aerith e i suoi genitori…»
«Aerith viene con noi.» Zack scosse la testa. «Ci aspetta dal vicino lunatico di Cloud. Sono… ahem, stato a dormire da lei ieri notte.»
Non era successo niente di particolare, ma Zack aveva avuto realmente bisogno di un posto tranquillo e una spalla su cui piangere. Peraltro, la situazione era talmente seria che neanche Lea si stava azzardando a scherzare, salvo la battuta inopportuna su Mary Poppins.
«E poi cerchiamo Terra, Aqua, e Ventus. Assieme.» Zack concluse. «Forse sono loro che ci possono aiutare. O forse siamo noi che possiamo aiutare loro, ma senza dubbio sanno qualcosa su chi sia questo Xehanort.»
Si rimise in piedi, guardando i suoi tre amici – i suoi tre compagni di avventura.
Un tempo, Zack aveva creduto che sarebbe diventato un eroe quando la folla nella piazza lo avrebbe applaudito. Quando i giornali lo avrebbero chiamato il giovane prodigio della città. Quando avrebbe salvato i gattini dagli alberi, i bambini dai criminali, quando avrebbe sbattuto i ladri in gattabuia.
Non aveva mai immaginato che essere eroi prevedesse restare in silenzio, mantenere segreti, arrivare a fare cose che minacciavano di fargli il cuore a pezzi.
Ma forse aveva capito il senso di essere eroi…
Nonostante avessero quasi tutti contro, Zack sentiva di stare facendo la cosa giusta.
 
Quella mattina fu l’ultima volta che vedemmo Zack e Cloud per molto tempo.
Non si fecero vivi all’appuntamento. Io e Lea restammo svegli tutta la notte, come pure Aerith a casa sua.
Non li trovammo alle loro case la mattina dopo, né a scuola il giorno successivo. Per le strade della città iniziarono a spuntare manifesti di persone scomparse – non solo loro, ma anche l’ultimo ufficiale di guardia, il Capitano Sephiroth.
Lea venne chiamato di nuovo da sua nonna per tenere d’occhio Shiro, che sembrava essere stata terrorizzata da qualcosa. Della ragazza nelle segrete, invece, non sembrava più esserci traccia.
Doveva essere successo qualcosa quella notte, ma cosa? Io e Lea sapevamo che c'era solo un modo per scoprirlo.
Ed è per questo motivo che oggi siamo all'ingresso del castello, non più come bambini che vogliono entrare in un luogo proibito, ma come nuovi apprendisti di Ansem il Saggio.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: BeaterNightFury