Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Sandie    21/05/2019    3 recensioni
Genzo torna in Giappone lasciandosi alle spalle Amburgo e tutte le sue certezze crollate in pochi mesi.
Ritrovati la sua famiglia e gli amici di sempre, nel suo futuro ci sono le Olimpiadi di Madrid e decisioni importanti che apriranno un nuovo capitolo della sua vita. Un destino che condivide con Taro.
I loro percorsi si intrecciano con quelli di Kumi ed Elena: due ragazze che, come loro, dovranno costruire una
nuova vita, diversa da quella immaginata.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Taro Misaki/Tom
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo XIX

 

Il passato si arrende al presente

 

 

 

Taro ricevette il pallone da Izawa a metà campo, sulla fascia sinistra.

Cominciò subito a correre, evitando l'intervento di due avversari e saltando l'energico tackle di Takasugi.

Entrato in area di rigore, avanzò fino a trovarsi a tu per tu con Genzo.

Contrariamente alle attese, Taro non effettuò un tiro, ma un passaggio alla sua destra verso Kisugi che stava arrivando velocissimo.

Il portiere, sebbene sorpreso, riuscì comunque a cambiare direzione in tempo per fermare il potente destro dell'attaccante del Cerezo Osaka.

«Wakabayashi è davvero imbattibile.» commentò Izawa, mentre Genzo si rialzava con il pallone in un braccio, mentre con l'altra mano si sistemava il berretto.

«Puoi dirlo forte.» disse Teppei, detergendosi il sudore dalla fronte con una mano «Neppure con un assist di Misaki all'ultimo secondo e a due passi dalla porta riesco a fargli gol.»

«I suoi riflessi erano già eccellenti prima, ma ora sono ulteriormente migliorati.» gli fece eco Taki.

«Credo sia merito anche dei suoi allenamenti di pugilato e kickboxing. In quegli sport i riflessi sono tutto.» intervenne Takasugi.

«Alle Olimpiadi avremo una delle migliori difese del torneo, poco ma sicuro.» disse Taro rivolgendo il suo sguardo a un Genzo più silenzioso del solito, dirigendosi con gli altri ragazzi verso gli spogliatoi.

Mancavano ormai soltanto quattro giorni al loro ritorno al J-Village, per il raduno cui sarebbe seguita la partenza per Toluca, la sede scelta per il ritiro preolimpico.

I ragazzi di Nankatsu, ad eccezione di Shun ancora in vacanza a Kyushu con Madoka, avevano deciso di incontrarsi per un'ultima partitella al campo di calcio comunale, sotto il caldo sole mattutino di una primavera ormai quasi al termine.

 

«Tra pochi giorni ci siamo, ragazzi. E io non vedo l'ora di iniziare! Ho già i brividi.» esclamò Ryo, entrando nello stanzino comune dello spogliatoio, dove gli altri ragazzi avevano già cominciato a rivestirsi dopo la doccia.

«I brividi rischiano di venirmi se Kira schiererà te titolare, Ishizaki.» intervenne Genzo, con un sorriso sardonico.

«Ehi, guarda che ho già giocato da titolare e, a parte qualche errore, me la sono sempre cavata e qualche volta ho anche salvato il risultato!» protestò il difensore, incrociando le braccia, stizzito.

«Ma lo sappiamo bene, Ishizaki. Non hai ancora capito che ti provochiamo solo perché è troppo divertente vederti perdere le staffe?» ribatté Taki, tra i sorrisi e le risate degli altri ragazzi, che finirono per coinvolgere lo stesso difensore.

«Avrei voluto incontrare Tsubasa prima di partire per il Messico, ma a quanto pare arriverà in Giappone dopo che ce ne saremo andati.» disse poi Ryo.

«A proposito ragazzi, avete visto le ultime foto che ci ha mandato da Barcellona? Sanae ha un pancione enorme!» commentò Urabe.

«Sfido, sono due gemelli!»

«E così a ventun anni diventeranno genitori di due figli in un colpo solo. Sono felice per loro, ma non li invidio!»

«Non ti preoccupare Urabe, tanto non ti sposa nessuna!» scherzò Kishida, che schivò per un pelo l'asciugamano che Hanji gli aveva scagliato.

«Ehi, ti ci metti pure tu? Non mi posso più fidare nemmeno dei miei vecchi amici!» si lamentò indispettito, tra le risate di tutti.

«Quello che non mi aspettavo era Misaki con Kumi. Non avevo mai notato nulla, convinto com'ero che ci fosse del tenero tra lui ed Elena.» disse Teppei, guardando il centrocampista.

«Io vi avevo detto che eravamo solo amici, ma non mi avete mai creduto.» rispose, alzando le spalle.

«Per forza, dopo ogni partita vi allontanavate insieme! E poi ti incitava nelle partitelle, veniva spontaneo pensare che avesse un debole per te.»

«Ad averlo saputo, un pensierino su di lei lo avrei fatto.» ammise Mamoru, con un sorriso timido.

Genzo, che stava piegando un asciugamano, rimase per un attimo fermo e corrugò le sopracciglia. Taro, l'unico a guardare subito verso di lui e ad accorgersene, sorrise divertito.

«Scusa ma quell'estetista di Yokohama … Chiyoko. Che fine ha fatto?» lo punzecchiò Taki.

«Non ci sentiamo più. Non è mai stato niente di serio, comunque.» rispose il centrocampista, facendo spallucce.

«Elena se ne va tra poco più di una settimana, se non ho capito male.» disse Urabe, tornando all'argomento precedente.

Taro assentì.

«Sono contento di averla conosciuta. Si è inserita perfettamente nel nostro gruppo, ve la ricordate alla festa a casa di Ishizaki? Dopo poche battute sembrava già di chiacchierare come vecchi amici.» commentò Morisaki.

«Già e quando veniva a vedere le partite tifava come se fosse anche lei giapponese!» concordò Takasugi, incrociando le braccia.

«Sarebbe bello rivederla alle Olimpiadi. In fondo da Roma alla Spagna ci si mette poco, in aereo.» considerò Kishida.

«Beh, non è detto che non la rincontriamo, in futuro. Io la conosco da tempo e poi lei, Kumi e Yukari sono diventate amiche, quindi rimarremo in contatto.» affermò Taro «E se arriviamo in finale, credo proprio che a Madrid ci sarà anche lei.»

 

Dopo aver lasciato il campo, il gruppo condivise un tratto del percorso, per poi disperdersi verso le rispettive abitazioni.

Taro e Genzo si ritrovarono così a fare l'ultimo pezzo di strada da soli.

«Mi devi un favore, Wakabayashi. Se Izawa non avesse creduto che Elena stesse con me, te lo saresti ritrovato come rivale in amore.» scherzò il centrocampista.

Il portiere fece spallucce «Non credo avesse intenzioni serie.» disse, lapidario.

«Questa sera le parlerai?»

Genzo fece un cenno d'assenso. «Sai … sono un po' nervoso.» ammise.

«Me ne sono accorto. Stamattina non hai quasi spiccicato parola. Non che tu sia un chiacchierone, ma a parte la battuta su Ishizaki la tua voce non si è mai sentita.»

Genzo fece un lieve sorriso.

«È che non ho mai dovuto dichiararmi a una ragazza. Non ho mai dovuto confessare i miei sentimenti, né sono mai stato incerto sull'esito di una mia iniziativa. Con Elena è diverso … lei è diversa.»

Taro annuì. Capiva perfettamente quello che intendeva l'amico con quell'ultima frase. Se ne rendeva conto ogni volta che pensava a Kumi … nessuna ragazza lo faceva sentire a suo agio come lei.

Da quando erano tornati a Nankatsu, si erano incontrati praticamente ogni giorno e qualche volta era anche andato a prenderla con l'auto all'uscita dal tanki-daigaku.

Stavano vivendo l'inizio della loro storia con l'entusiasmo della loro giovane età ma giorno per giorno.

Già in quei mesi si era reso conto che Kumi era una ragazza radiosa, di indole ottimista ma capace anche di rimanere con i piedi per terra, come testimoniavano le sue scelte scolastiche e lavorative.

Sarebbe trascorso almeno un mese prima che si potessero rincontrare in Spagna e voleva passare quanto più tempo possibile con lei, per farle capire quanto tenesse al loro rapporto.

Era sicuro che l'influsso di Kumi avrebbe avuto effetti positivi anche su Elena.

Le due ragazze si erano incontrate spesso nelle ultime settimane e il loro rapporto di amicizia si era fatto ancora più stretto e confidenziale.

La sua amica italiana ormai non negava più i suoi sentimenti per Genzo.

Kumi stava cercando di convincerla a non rinunciare a viverli.

 

Elena guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio della sua camera da letto, contemplando con aria critica la sua figura fasciata in un tubino blu lungo fino a poco sopra il ginocchio, con un leggero spacco a lasciare liberi i movimenti delle sue gambe.

Era un abito che aveva acquistato in una boutique di Sydney, su pressione di Kumi e Yukari che avevano sottolineato quanto fosse perfetto addosso a lei.

Aveva pensato di indossarlo per la serata in discoteca, ma poi l'aveva ritenuto troppo elegante e aveva optato per un'altra mise.

Vi ripensò con un sospiro. Quella era stata la serata in cui il suo rapporto con Genzo era definitivamente passato dall'amicizia all'attrazione reciproca.

Si rese conto che stava scegliendo abbigliamento, acconciatura e trucco non solo in funzione della serata, ma pensando anche all'impressione che avrebbe avuto su lui.

Raccolse due ciocche laterali e le fissò con un fermaglio.

Poi abbassò le mani e si guardò i palmi, sbuffando leggermente nel vedere le piccole vesciche che li deturpavano.

Tre giorni senza parallele non erano bastati a farle scomparire del tutto, nonostante le medicazioni.

Pensò a quando Genzo le aveva delicatamente prese tra le sue mani, accarezzandone i contorni.

Chiuse gli occhi con un altro sospiro. Ormai qualsiasi cosa le faceva venire in mente quel ragazzo.

Aveva anche passato una notte in bianco e pianto, per lui.

Il confronto con Asami, la serata della finale delle Nazionali juniores e vederlo andarsene con la giovane ereditiera le avevano fatto capire che si era innamorata. O meglio, l'avevano costretta ad ammetterlo.

Il dubbio non era più sui sentimenti che provava per Genzo, ma se si sentiva pronta a lasciarsi alle spalle definitivamente la sua relazione con Gianluca, non facendosi più bloccare dai suoi sensi di colpa.

Il suo proposito di aspettare il ritorno in Italia per capire cosa provava per lui stava andando in fumo, perché Kumi si era comportata da perfetto grillo parlante dicendole che lei in realtà sapeva benissimo quali fossero i suoi sentimenti per il portiere, soltanto non aveva ancora trovato il coraggio di riconoscerli.

Ma a che sarebbe servito tutto questo, se lui non aveva ancora posto fine alla relazione con Asami?

Incrociò lo sguardo di Kumi, seduta sul letto dietro di lei, che la guardava con un sorriso d'approvazione.

«Sei stupenda, Elena. Devi mettere quell'abito! Mi immagino la faccia che farà Wakabayashi quando ti vedrà.» disse, ammiccando.

L'insegnante sorrise leggermente e raggiunse l'amica.

«Oh, magari si comporterà da cavaliere. Ma domani è sabato, e se non sbaglio inizia la due-giorni da dedicare alla sua fidanzata.» affermò sprezzante, spingendosi con il busto leggermente all'indietro e poggiando le mani sul lenzuolo che copriva il materasso.

Kumi sgranò gli occhi e increspò le labbra, stupita e un po' seccata.

«Volevo aspettare che fosse lui a dirtelo, ma sentendoti parlare così non posso più tacere.»

Elena si voltò verso di lei, con aria interrogativa.

«Wakabayashi ha sì lasciato lo Yoyogi Stadium con la Ujimori per andare a cena con lei e poi a casa sua.» rivelò, mentre Elena abbassava lo sguardo e faceva un breve respiro.

«Ci è andato per dirle che la lasciava. L'ha lasciata, Elena, e poi è andato a dormire in una stanza al Park Hotel, sempre a Tokyo.» spiegò, osservandola mentre la sua bocca si dischiudeva e i suoi occhi si spalancavano. Poté vedere la gioia impregnare i suoi occhi azzurri.

«Lui non me l'ha detto …» mormorò, pensando a pochi giorni prima «O forse … era ciò che lui stava per dirmi prima che arrivasse mio zio …»

Kumi annuì.

«Fidati, è andata così. Il mattino dopo le Nazionali io e Taro abbiamo fatto colazione con lui proprio al Park Hotel. Quando gli abbiamo detto che tu credevi avesse passato la notte con Asami, era molto rammaricato e mi è sembrato anche irritato con sé stesso.» le afferrò un braccio, sporgendosi verso di lei «Ora dipende davvero tutto da voi.» la esortò, guardandola negli occhi.

Elena fece un leggero sorriso, poi chinò leggermente il capo «Ho paura, Kumi.» ammise, semplicemente.

La giapponese la guardò, poi scosse la testa ed emise uno sbuffo.

«"Ho paura", "Mi sento in colpa", "Mi piace, ma".» le fece il verso, stizzita «Basta! Io capisco che tu possa avere delle remore, ma non puoi andare avanti così per tutta la vita.»

«Non è semplice, Kumi.» replicò, aggrottando le sopracciglia e assumendo un tono un po' infastidito.

«Lo so! Ma rinunciare a una persona di cui sei innamorata per mantenere un legame con un passato che non c'è più, è deleterio.» ribatté prontamente.

«Tu e Wakabayashi non potrete mai più essere soltanto amici. I vostri sentimenti sono andati troppo oltre e non potete tornare indietro.» aggiunse perentoria, mentre Elena stringeva le labbra e deglutiva, senza sapere cosa rispondere.

«Tu pensi solo a quello che succederebbe se gli dicessi di sì, accettando di amarlo e lasciarti amare da lui. Prova a pensare a come ti sentiresti se invece decidessi di rinunciare: lo faresti perché ti senti in dovere e non perché è la cosa migliore. Immagina il rimpianto che proverai ogni volta che lo vedrai apparire in tv o su qualche articolo … perché lui è un calciatore famoso e inevitabilmente ti capiterà di vederlo apparire su uno schermo o sulle pagine di qualche giornale. E oltretutto, mica penserai di rompere i contatti anche con me e Taro. Perché io ti scriverò, e non ci sarà un'e-mail o un messaggio in cui non ti nominerò Genzo Wakabayashi.» la ammonì con un dito alzato e aria minacciosa.

Elena spalancò gli occhi «Ehi, questo è terrorismo psicologico!» obiettò, pur divertita dal piglio dell'amica.

Kumi scosse la testa e le passò un braccio attorno alle spalle «No, cerco soltanto di farti capire che hai la felicità a portata di mano e per questo non devi scusarti con nessuno.»

 

L'auditorium dell'Istituto Shutetsu era ampio e fornito delle più moderne attrezzature per le luci e il suono. Il palco era esteso e adatto a ospitare esibizioni di ogni genere, dalla recita teatrale al concerto al numero di danza.

«È già pieno, ragazzi.» disse Taro, mentre si faceva spazio tra la folla, seguito da Kumi ed Elena.

«Dove stai andando, Taro?» gli chiese Kumi, notando che il suo ragazzo non smetteva di avanzare.

«Sto cercando dei posti in prima fila.»

«Ammesso che ce ne siano ancora, non è più corretto lasciarli ai genitori e parenti degli allievi?» obiettò Elena.

Taro socchiuse le labbra per risponderle, ma poi, aiutato anche da un lieve pizzicotto di Kumi su un braccio, si ricordò del patto concordato con Wakabayashi e si limitò a strizzarle un occhio, senza smettere di dirigersi verso le prime poltrone.

Un uomo di mezza età, probabilmente un segretario, si fermò davanti a loro.

«Lei è la signorina Rulli?» chiese, rivolto alla giovane italiana.

«Prego, si sieda qui.» le disse al suo cenno affermativo, indicandole uno dei posti in prima fila, proprio di fronte al palco.

«E voi siete il signor Misaki e la signorina Sugimoto, se non erro. Sedetevi pure qui.» aggiunse, indicando i due posti accanto, prima di andarsene.

Elena lo guardò con aria interrogativa, poi sedette, stupita.

Si voltò verso Taro e Kumi, che però sembravano soprattutto contenti di potersi godere lo spettacolo da una postazione privilegiata.

Si guardò intorno, perplessa, cercando con lo sguardo l'uomo che aveva tanto insistito perché si trovasse lì.

Dopo pochi minuti lo vide.

Entrò accompagnato da uomini e donne tutti più vecchi di lui, tranne un ragazzo che doveva avere all'incirca la sua età e con cui sembrava avere molta confidenza. Dovevano essere gli altri membri del consiglio direttivo.

Era vestito con un elegante completo in giacca e cravatta scuri, che evidenziavano il suo portamento e il suo fascino.

I loro sguardi si incrociarono e lui si arrestò un istante, lo sguardo tra lo stupito e l'ammirato, poi la salutò con un cenno del capo e un sorriso.

Indossava un elegante abito blu lungo fino a poco sotto il ginocchio, leggermente scollato e un paio di décolleté dello stesso colore ai piedi. Donava ulteriore eleganza alla sua figura e risaltava il suo aspetto nordico.

Era bellissima … se non fosse stato per il suo accordo con le ragazze, le avrebbe chiesto di venire via da lì e di passare la serata soltanto con lui.

Elena avvertì un piacevole turbamento, misto a timore che quello sguardo potesse vanificare l'effetto delle gocce di ansiolitico che aveva inghiottito prima di uscire.

Ma durò poco, perché tutti gli spettatori vennero invitati a sedersi.

Le luci vennero abbassate e lo spettacolo cominciò.

In entrambi albergava il rimpianto per non essere seduti l'uno accanto all'altra, ma d'altro canto, la lontananza non li avrebbe distratti da quanto stava per svolgersi sul palcoscenico.

 

Lo spettacolo era piacevole, ben concepito e realizzato.

Numeri di danza si alternavano a esibizioni di canto, a volte fondendosi.

Tutti i giovanissimi allievi, guidati dai loro insegnanti, si dimostrarono dotati di talento e capaci di trasmettere le loro emozioni al pubblico.

Nel corso di un intervallo tra un numero e l'altro che sembrava protrarsi più a lungo rispetto ai precedenti, Elena consultò il programma che le era stato consegnato dopo aver preso posto.

Mancavano poche esibizioni al termine dello spettacolo.

Le luci si attenuarono gradualmente, fino a creare una penombra.

Iniziò una canzone che Elena conosceva, ma che non era indicata nel programma.

"Reach" di Gloria Estefan … una delle sue preferite, che ascoltava sempre prima di ogni gara.

Si trattava del disco originale e non di una versione cantata da un'allieva dell'Istituto.

Le luci si alzarono lentamente, rivelando cinque figure femminili che si affiancarono l'una all'altra per poi avanzare insieme sul palco, su cui notò che erano state disposte delle parallele asimmetriche e una trave.

Elena sgranò gli occhi, il fiato le si spezzò.

Erano Arimi, Mitsuyo, Shinobu, Hanako ed Emi …

Le cinque ginnaste si fermarono e alzarono le braccia, nel tipico gesto di saluto precedente ogni routine.

Istintivamente si voltò verso Genzo, che però era parzialmente coperto da altre persone sedute in mezzo a loro, che sembravano avere l'espressione attenta ma non troppo stupita.

Si sentì afferrare una mano e vide Kumi che le faceva l'occhiolino con un sorriso complice, lo stesso con cui la guardò anche Taro.

A turno, le ragazze eseguirono delle routine di corpo libero, parallele asimmetriche e trave.

Le serie di rovesciate ed enjambée, di combinazioni di salti raccolti, carpiati e avvitati catturarono presto l'attenzione e l'ammirazione degli spettatori.

Erano tutto ciò che lei e Mayuko avevano insegnato in quei mesi.

I loro sorrisi e la scioltezza e coordinazione dei loro movimenti davano l'impressione che tutto fosse eseguito con facilità e leggerezza, doti che da sempre distinguevano le migliori ginnaste.

Elena sorrise, fiera di loro.

Se fosse stata una gara vera, avrebbero ricevuto come valutazione un "dieci perfetto" o lo avrebbero quantomeno sfiorato.

 

Genzo si sporse leggermente, per cercare di vedere il viso di Elena.

I suoi occhi sembravano più larghi e brillanti, le sue labbra erano un poco dischiuse: stava assistendo con un misto di stupore e di ammirazione e orgoglio per la coreografia che le cinque ginnaste stavano realizzando con i loro movimenti e combinazioni.

Sorrise e tornò a guardare l'esibizione.

 

Alla conclusione, le ragazze vennero premiate con uno scroscio di applausi entusiasti.

Si presero per mano e, con Arimi al centro, avanzarono quasi fino al limite del palco e fecero un inchino.

Quando il pubblico smise a poco a poco di battere le mani, la giovanissima campionessa prese la parola.

«Sono Arimi Shimokawa, ginnasta dello Shiroyama Gymnastics Club. Grazie. Il vostro entusiasmo ci dimostra che abbiamo fatto un buon lavoro con questo numero collettivo. È stata un'idea nata quasi all'improvviso e con la quale abbiamo voluto fare una sorpresa a lei.» disse, indicando con una mano Elena, seduta proprio di fronte a dove si trovavano loro.

«La signorina Elena Rulli, una delle nostre insegnanti. Grazie a lei e alla signorina Mayuko Shiroyama siamo migliorate tantissimo, fino a classificarci al primo posto agli ultimi campionati Nazionali juniores. La loro competenza e la loro passione ci hanno fatto amare il nostro sport e portato ad essere tra le migliori ginnaste del Giappone.» proseguì, mentre Elena assisteva con aria incredula e commossa.

«La signorina Rulli tornerà in Italia tra poco più di una settimana. Abbiamo voluto salutarla a modo nostro, per ringraziarla di tutto quello che ci ha insegnato e per dirle che non ci dimenticheremo mai di lei!» aggiunse Mitsuyo.

«Signorina Rulli, venga sul palco con noi!» gridò Arimi, saltando giù e afferrandole le mani.

Elena tentò una debole protesta, ma alla fine si lasciò convincere, grazie anche a una leggera spinta di Kumi.

Salì sul palco, dove si posizionò tra Arimi e Shinobu, che le aveva afferrato l'altra mano. Si inchinò, con un sorriso commosso e le lacrime agli angoli degli occhi, mentre il pubblico ricominciava ad applaudire.

I suoi occhi incrociarono quelli di Genzo, che batteva le mani con un sorriso aperto, carico di affetto. Era così raro vederlo sorridere in quel modo … e i suoi occhi la guardavano con tenerezza e persino con orgoglio.

Un calore le si irradiò all'interno del petto: ecco perché le aveva detto che la sua presenza era importante. Aveva proposto lui l'inserimento del numero collettivo nello spettacolo … e l'aveva fatto per lei.

 

Lo spettacolo era terminato da circa mezz'ora e Kumi, Taro, Elena e Genzo avevano da poco lasciato l'Istituto Shutetsu.

Era una stupenda serata di fine primavera. L'aria era mite, il cielo nero era illuminato dalla luna piena e dalle stelle.

«Che meraviglia l'esibizione delle ragazze! E vi giuro che quando hanno ringraziato pubblicamente Elena e l'hanno chiamata sul palco, stavo per mettermi a piangere.» commentò Kumi.

«Senza nulla togliere agli allievi dell'Istituto, la loro performance è stata quella che mi ha emozionato di più. Loro sono bravissime e tu e la signorina Shiroyama le avete allenate davvero bene, Elena.» concordò Taro.

«Hanno creato una coreografia splendida.» ammise l'ex ginnasta, guardando Genzo che rispose con un sorriso.

«Volete andare da qualche parte, ragazzi? Al bar, alla gelateria …» propose poi Taro.

«Io preferisco andare a casa.» rispose Elena «Sono un po' stanca …»

Il ragazzo annuì, comprensivo.

«Posso immaginarlo. Allora noi andiamo al bar, che ne dici Kumi?»

«Tu che fai, Wakabayashi?» chiese la mangaka, sapendo già quale risposta aspettarsi.

«Credo che andrò anch'io a casa. Sono ore che ho addosso questo completo.» disse, allentandosi la cravatta.

«D'accordo, allora ci vediamo!» li salutò con un lieve ammicco, mettendo le sue mani attorno al braccio di Taro e avviandosi con lui, lasciando Genzo ed Elena soli.

 

«Tu e le ragazze mi avete fatto una bellissima sorpresa.» cominciò lei, dopo aver percorso alcuni metri.

«Sono venute a casa mia a chiedermi di lasciar loro libera la palestra dell'Istituto Shutetsu e di inserire il loro esercizio nello spettacolo. La vittoria alle Nazionali juniores ha avuto risonanza anche nella nostra scuola, per via della presenza di Mitsuyo e Hanako, e io sono riuscito a convincere i membri del consiglio direttivo e gli insegnanti di alcuni club sportivi a spostare gli allenamenti in altre strutture, sempre collegate alla scuola.»

Elena annuì. «Avrò un altro splendido ricordo. Ho passato mesi bellissimi con queste ragazze … sentirò la loro mancanza. È stata un'esperienza più importante e bella di quanto avrei immaginato.»

«Anche tu lascerai un bel ricordo. Ho sentito che Mayuko ha cercato di convincerti a rimanere.»

«Già. Ma io ho deciso quale direzione voglio dare alla mia vita. Voglio studiare e vivere in Italia o in Germania, e magari insegnare ginnastica in un'altra palestra per pagarmi gli studi. Mia madre mi ha chiamato ieri e mi ha detto di aver avviato l'Anerkennung per la domanda d'iscrizione alla LMU.»

Genzo fece un cenno d'assenso.

«Sei sicura di voler andare subito a casa?» chiese, dopo alcuni attimi di silenzio.

Elena assentì.

«Allora ti accompagno. Vorrei passare ancora un po' di tempo con te.» ammise.

Lei indugiò su di lui con lo sguardo, poi sorrise. Le spalle le tremarono.

«Hai freddo?»

«No … guarda, la casa dello zio è lì a pochi passi.» rispose, facendogli cenno con il mento.

«Se vuoi, puoi entrare a bere qualcosa.» gli disse, quando furono giunti davanti al cancello.

Genzo assentì e la seguì nel cortile.

Voleva passare ancora del tempo con lei … e soprattutto, doveva parlarle. Lo avrebbe fatto, qualunque cosa fosse accaduta. Tra di loro non doveva rimanere nulla in sospeso.

«Spero di non disturbare Carlo.»

Elena scosse la testa «No … lo zio è andato a Kyoto per assistere a un match e tornerà domani.»

Genzo trasse un respiro profondo.

Quello era il luogo e il momento. L'unico in cui potevano guardarsi negli occhi senza filtri né penombre, con la certezza che nessuno li avrebbe interrotti né disturbati.

 

Fortunately you have got

Someone who relies on you

We started out as friends

But the thought of you just caves me in

the symptoms are so deep

It is much too late to turn away

We started out as friends

 

Accarezzò brevemente Wilhelm, che gli si era avvicinato festoso, e seguì Elena in casa.

«Birra o Bacardi Breezer?» gli chiese, dopo che ebbe chiuso la porta - e Wilhelm - alle loro spalle.

«Meglio non esagerare con l'alcool … Bacardi Breezer.»

«Sono d'accordo.» sorrise la giovane, dirigendosi verso la cucina.

Prese due bicchieri e li riempì con una lattina di gusto limone della famosa bevanda.

Lui seguì i suoi movimenti rapidi e flessuosi, retaggio di anni di attività sportiva.

«È stato meraviglioso vedere le ragazze che facevano quell'esercizio, progettato con cura e realizzato senza sbavature. Hanno scelto gli elementi su cui abbiamo lavorato di più in questi mesi.» disse lei dopo che fu tornata nel salotto, porgendogli un bicchiere.

«Sì, è stato bello assistere alla bravura di quelle ragazze e all'entusiasmo del pubblico.» concordò «Ma è stato bello anche vederti così felice.»

Gli occhi di Elena si allargarono, in un misto tra stupore e piacere.

«Ed è proprio per questo, che ho fatto di tutto per convincere gli organizzatori dello spettacolo a inserire quel numero.»

«Sei gentile.» mormorò, abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente.

Lui si mise davanti a lei e le sfiorò il mento con un dito, facendole sollevare il viso e incrociare i suoi occhi e le sue labbra piegate in un sorriso affettuoso.

Anche Elena sorrise, ma sarcasticamente, nonostante il piacere che le provocava quel tocco.

Kumi non aveva lasciato spazio a dubbi quel pomeriggio … ma finché non fosse stato lui a dirle come stavano realmente le cose, non sarebbe riuscita a crederci completamente.

«Se la Ujimori ci vedesse in questo momento avrebbe seri dubbi sulla solidità del vostro rapporto …» disse, scostando il dito di Genzo dal suo viso.

Il giovane alzò un sopracciglio, dapprima stupito dal suo improvviso cambio di atteggiamento, ma mantenne il suo contegno: lui si trovava lì proprio per parlarle anche di quanto accaduto quella sera.

«Mi sembra di cogliere una nota di gelosia in quello che dici, o sbaglio?» la provocò, mentre le restituiva il bicchiere ormai vuoto.

Elena si voltò di lato, per poi tornare a dargli rapidamente le spalle. Mise i bicchieri nel lavandino della cucina, poi tornò nel salotto e si accostò al tavolo, accanto al vaso degli Amaryllis.

«Ti sei scusato per non aver festeggiato con me, ma avevi un'ottima ragione per non venire, no?»

Genzo strinse la mascella, leggermente infastidito da quel tono ostile. Ma replicò con calma, rendendosi conto che ora sapeva perfettamente quali erano le parole con cui esprimerle i suoi sentimenti.

«Sì, effettivamente avevo un buon motivo per non venire alla vostra festa.» iniziò. «Dovevo andare a casa di Asami. Per dirle che intendevo chiudere la nostra storia.» proseguì, mettendosi di fianco a lei per guardarla in viso.

«L'ho lasciata, Elena.»

La ragazza strinse le mani attorno al legno del tavolo.

Le lacrime le stavano salendo agli occhi e il cuore sembrava volerle uscire dal petto.

Ma continuò a tenere gli occhi bassi.

Aveva bisogno di un'altra conferma.

«Elena per favore, voltati. E guardami.» la sollecitò, mettendole le mani sulle spalle ed esercitando una lieve pressione, per spingerla a girarsi.

Si trovarono di nuovo l'uno di fronte all'altra, lei tra il tavolo e Genzo.

«Asami è venuta all'hotel dove alloggiavo, pochi giorni prima della finale. Mi ha detto che tra voi c'è un legame troppo forte e solido perché potesse essere spezzato. E che non dovevo farmi illusioni su di te.» gli svelò, e stavolta fu lei a puntargli addosso uno sguardo penetrante e quasi inquisitorio.

Genzo spalancò gli occhi, sorpreso. Non sapeva nulla di quell'incontro. Ma non le chiese altri particolari. Qualunque cosa le avesse detto, in quel momento non aveva importanza.

«Ho parlato con lei e le ho detto tutto. Che non ero più coinvolto, che non aveva più senso continuare la nostra relazione. E che da tempo ormai penso a un'altra donna … la splendida ragazza che è qui di fronte a me.» le confessò, mentre i suoi occhi si spalancavano «Non so se hai superato i tuoi sensi di colpa, Elena. Ma non potevo continuare a stare con lei quando pensavo sempre più a te. E non potevo nemmeno lasciarti andare senza dirti quello che provo.»

Elena avvertì un colpo al cuore. Era vero … quello che le aveva detto Kumi … era tutto vero …

Lui la guardò.

I suoi occhi erano lucidi, luminosi, le labbra leggermente dischiuse. Era commozione …

Lei chiuse gli occhi, stringendoli e sorrise.

Avrebbe voluto rispondere qualcosa … ma non riusciva a trovare le parole adatte a esprimere le sue emozioni. Erano troppo forti, troppo intense, troppo inaspettate …

Genzo sollevò una mano, a portarle una ciocca di capelli dietro un orecchio e la fece scorrere piano sulla guancia.

Poteva scostarsi e dirgli di smettere, gliene stava dando tutto il tempo.

Ma non lo fece. Continuava a guardarlo, in attesa. Le labbra tremavano leggermente, così come il suo corpo.

«Ho paura di fare una cosa sbagliata, Genzo …» mormorò.

Il ragazzo le sorrise dolcemente.

«Tu cosa vuoi?» le chiese, mettendole di nuovo le mani sulle braccia, sfiorandole in una carezza.

Chinò il viso sul suo, e lei chiuse gli occhi.

Un istante dopo, ogni distanza venne annullata.

Genzo mosse lentamente le labbra contro quelle di Elena, come se volesse farle riprendere confidenza con un approccio e un'emozione cui non era più abituata.

Erano morbide … così come la sua pelle.

La sua mano risalì e raggiunse il fermaglio con cui aveva raccolto i capelli e lo sfilò delicatamente, lasciandolo cadere sul tavolo.

Affondò le dita tra quei lunghi e ondulati fili di seta, continuando ad accarezzarle le labbra, in modo sempre più audace.

Si scostò per poterla guardare. I suoi occhi azzurri sembravano risplendere …

Aveva aspettato quel momento per tanto tempo, voleva che lei se ne rendesse conto.

Entrarono in contatto di nuovo e stavolta Elena dischiuse le labbra, lasciando che una sensazione di calore e di voluttà la invadesse.

Avvertì le ginocchia tremare …

Lui le passò le braccia attorno alla schiena, per sostenerla e per stringerla a sé, man mano che il loro bacio si approfondiva.

Lei sollevò le braccia, mettendogliele attorno al collo.

Si ritrovò così avvolta nel suo abbraccio, e persa nel fervore dei suoi baci.

Fece scorrere le sue dita sottili verso l'alto, fino a raggiungere e stringersi attorno ai suoi capelli, dietro la nuca.

Il corpo di Genzo fremette …

Ora Elena stava rispondendo, con una passione pari alla sua.

Avrebbero voluto prolungare quel momento all'infinito …

 

Si staccarono con riluttanza.

Elena accostò la fronte al mento di Genzo, riprendendo fiato e accorgendosi che anche il respiro del ragazzo era leggermente affannoso.

Gli posò una mano sul petto e avvertì i battiti accelerati del suo cuore.

Chiuse gli occhi e sorrise, mentre lui le sfiorava la fronte e la tempia con le labbra.

Si rese conto che era quello che aveva desiderato per settimane, forse mesi, senza trovare il coraggio di confessarlo a sé stessa.

Genzo continuò a tenerla stretta. Contemplò il suo volto leggermente arrossato, gli occhi trasognati e lucidi.

Si sentiva inebriato, quasi stordito. Non aveva mai baciato una ragazza con tanto trasporto.

Erano sensazioni nuove, di un'intensità a lui fino ad allora sconosciuta.

«Elena … lunedì parto per il raduno al J-Village e poi andrò in Messico con la squadra. Voglio passare questo finesettimana con te. Andiamo a cena, al mare, al cinema … dove vuoi. Purché possa rivederti.»

La ragazza si scostò leggermente e lo guardò, poi sorrise.

Le loro labbra si toccarono ancora e lei gli si abbandonò di nuovo, come se non avesse potuto esserci vita fuori dalle braccia e dalla bocca di Genzo.

 

 

 

 

***Note***

 

 

Questo è il tubino indossato da Elena, così come lo immagino. :-)

 

Anerkennung: termine tedesco che significa "riconoscimento".

I titoli conseguiti in Italia o in un altro Paese estero devono essere validati e riconosciuti in Germania attraverso una procedura chiamata per l'appunto Anerkennung.

Per immatricolarsi a un corso di laurea in Germania sono necessari principalmente due requisiti:

un titolo di studio di scuola media superiore o equivalente;

conoscenza della lingua tedesca, generalmente tra un livello B2 del Quadro Europeo, ad esempio per i corsi di laurea in lingua inglese, e un livello C2, come nel caso di corsi di laurea in traduzione e interpretariato.

Se si è diplomati presso un istituto estero, come ad esempio in Italia, si dovrà quindi lasciar tradurre il proprio attestato da un traduttore giurato e farlo riconoscere attraverso questa pratica.

Fonte: MadreinItaly.info

 

"Reach", la canzone di Gloria Estefan scelta dalle cinque ginnaste dello Shiroyama Gymnastics Club per il loro esercizio, è il tema ufficiale delle Olimpiadi di Atlanta 1996. Potete ascoltarla qui.

 

Le strofe inserite nel capitolo appartengono alla stupenda canzone "Sign Your Name" di Terence Trent D'Arby (oggi si fa chiamare Sananda Maitreya) contenuta nell'album "Introducing the Hardline According to Terence Trent D'Arby" del 1987.

Questa è la traduzione:

 

Per fortuna hai qualcuno

che ha fiducia in te.

Abbiamo cominciato da amici

ma il pensiero di te mi preme dentro

i sintomi sono tanto profondi

(ma) è troppo tardi per tornare indietro

Abbiamo cominciato da amici.

 

Altre parti del testo verranno inserite nei prossimi capitoli, perché lo trovo praticamente perfetto per la storia di Genzo ed Elena.

 

 

Grazie a tutti coloro che stanno leggendo questa storia!

Sandie

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sandie