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Autore: MonicaX1974    21/05/2019    0 recensioni
Harry e Chloe.
Lui deluso dalla vita, lei con un immenso dolore nel cuore.
Lui pensa solo a divertirsi, lei cerca di ritrovare la speranza.
In un susseguirsi continuo di ammissioni e negazioni, rivelazioni e trascorsi burrascosi, Harry e Chloe riusciranno a trovare un modo per trovare il loro nuovo inizio?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho decisamente sottovalutato la determinazione che vedo nei suoi occhi verdi, la stessa che mette in tutto quello che fa, e in quello a cui tiene di più. L'ho visto crescere molto da quando l'ho conosciuto, e forse è l'unico di noi due ad aver fatto dei veri progressi, perché io, in questo preciso momento, con il suo sguardo di rimprovero a tenermi inchiodata, mi sento persa.

Dal momento in cui è entrato nella mia stanza non ha guardato altri che me. I miei due amici sono usciti in silenzio, lasciandoci soli, e ancora adesso lui non fa altro che guardarmi, mentre io guardo lui, che indossa il suo solito cappotto nero, con i capelli legati e le mani in tasca, sicuramente strette a pugno, con la stessa forza con cui tiene serrata la mascella.

È arrabbiato... è arrabbiato con me, o forse è deluso, o magari entrambe le cose. Resta fermo, rigido nella sua posizione, ad un paio di passi dalla porta d'ingresso della mia stanza, senza staccarmi gli occhi di dosso, e io vorrei trovare il coraggio di parlare, di chiedergli qualsiasi cosa pur di non restare in questa situazione di stallo, ma il suo sguardo è così furioso che sento la bocca completamente sigillata, come se non fossi in diritto di dire nulla, e magari è proprio così.

«Mi spieghi cosa diavolo vuol dire questa stronzata?!» È lui a rompere il silenzio, con un tono di voce molto duro e molto freddo. Toglie la mano destra dalla tasca e mi mostra un foglio accartocciato che io riconosco subito: è la lettera che gli ho scritto prima di partire.

«Mi dispiace...» riesco a pronunciare con un filo di voce, indietreggiando fino a scontrarmi con la finestra.

«Ti dispiace!? Che significa che ti dispiace!?» Lui fa un passo verso di me, tenendo stretto tra le dita quel foglio. Il suo sguardo mi ferisce, la sua voce alta e le sue parole anche, ma forse me lo merito.

«Volevo dimostrarti che sono forte quanto te...» gli dico a fatica, perché, adesso, tutte le parole che ho scritto in quella lettera mi sembrano sbagliate.

«E per farlo c'era bisogno di scappare di nascosto!?» Il suo tono di voce continua ad essere provocatorio, il suo sguardo sembra volermi scavare dentro, come fosse alla ricerca delle risposte che non sono in grado di dare a voce.

«Volevo fare da sola, avevo bisogno di farlo da sola...» rimarco con forza le parole, per tentare di fargli capire la mia necessità di provare ad essere più indipendente.

«Fare cosa esattamente!? Continuare a scappare!? Perché è questo che stai facendo, Chloe, lo sai, no!?» So bene quanto abbia ragione, ma non sono mai stata disposta ad ammetterlo, nemmeno ora che mi sta guardando così intensamente.

«Non sto scappando, Harry...»

«E nemmeno puoi farlo, perché in qualunque luogo andrai non potrai mai scappare da te stessa... perché è questo che stai facendo, e non c'è posto al mondo in cui tu possa nasconderti...» Nessuno me l'ha mai detto, è la prima volta che la verità mi viene sbattuta in faccia con una sincerità tale da lasciarmi senza parole.

Harry ha ragione, sto scappando da me stessa, l'ho sempre fatto e sto continuando a farlo senza nemmeno rendermene conto. Ero convinta di essere migliorata in questi mesi, di aver fatto dei progressi, ma la realtà è che non sto bene, non ancora. In tutto questo tempo non ho fatto altro che accantonare tutto in un angolo della mia testa, come si farebbe nascondendo la polvere sotto al tappeto. Harry ha avuto la capacità di alzare quel tappeto e far riaffiorare un'altra volta tutto quanto.

Non ho accettato la morte di Dylan e, tantomeno, l'ho superata. Sto vivendo la mia vita e il mio rapporto con Harry a metà; non lo merito io e non lo merita soprattutto lui, che sta mettendo tutto sé stesso in questa relazione. Questi pensieri, però, non fanno altro che far aumentare i sensi di colpa, perché ora ne ho anche nei confronti del ragazzo che sta in piedi di fronte a me, volato un'altra volta fino a Montréal da Boston solo per parlarmi. Non lo merito, non merito niente, ne sono consapevole e forse dovrei fare un passo indietro...

«Hai ragione, Harry... io... io non... io non ce la faccio...» La mia voce si abbassa. Ero convinta di essere andata avanti, ma forse non è così.

«Smettila di piangerti addosso e smettila di autocommiserarti! Non serve a niente questo tuo atteggiamento del cazzo». Harry alza di nuovo la voce e si avvicina a me, che resto immobile accanto alla finestra. «Ti piace così tanto ferire le persone che ti vogliono bene!?» Fa un passo in avanti e io stringo a pugno le mani, tanto da infilare le unghie nella mia stessa carne. «Sei un'egoista del cazzo, Chloe, ti importa solo di te stessa e di quello che provi tu! Ti sei mai fermata a pensare a quello che provano gli altri!?» Fa un altro passo verso di me, ma io non riesco a muovermi e nemmeno a ribattere a tutte le verità che mi sta scagliando contro. «A quello che provo io!?» Le sue parole, unite al volume della sua voce, diventato decisamente alto, mi fanno mancare l'aria, e mi odio un po' di più.

«Harry sta' lontano da me». Non voglio che si avvicini più di quanto non abbia già fatto in tutto questo tempo, non voglio trascinarlo sul fondo insieme a me, perché non sono così sicura di essere risalita. In questo momento non vedo altro che nero.

«Qual è il tuo cazzo di problema!?» La voce di Harry risuona in tutta la stanza, mi percuote l'anima e il cuore, poi lo guardo, quasi senza fiato, con gli occhi sbarrati e i pensieri che vorticano confusi.

Continua a provocarmi e non resisto più. Le sue parole hanno l'effetto di una palla da bowling lanciata con forza sulla superficie liscia della pista. I miei pensieri vengono tramutati in parole nella mia bocca e si allineano come birilli, fino a che quella palla li colpisce facendo strike e, inevitabilmente, pensieri e parole rotolano fuori dalle mie labbra.

«Il mio cazzo di problema è che ti amo!» E l'effetto che sortiscono le mie parole, è proprio quello di uno strike.

«No, Chloe, non... non può essere...» La sua espressione è turbata, quasi spaventata direi.

«Hai ragione, Harry, non può essere... io ti detesto perché ti stai prendendo tutto quanto... la mia testa, il mio cuore, e io lo sto dimenticando, Harry, per colpa tua lo sto dimenticando...» Ormai non trattengo più niente e scoppio in un pianto disperato, fatto di singhiozzi e lacrime che non posso più tenere per me, mentre lascio andare ciò che mi opprime l'anima.

***********

Harry

Piange, singhiozza, decisamente scossa, mentre si appoggia al mio petto, dandomi piccoli pugni che non mi farebbero mai male quanto vederla in questo stato.

La lascio sfogare, non mi muovo di un millimetro, incapace di reagire per le parole che ha appena pronunciato, e per il bisogno che ha di riversare su di me la sua rabbia, ma poi non riesco più a vederla continuare a consumarsi in quel modo a causa di quello che prova, e decido di fermarla.

Le mie mani sul suo viso, con una presa decisa, ma comunque dolce e non le do il tempo di capire cosa stia per succedere. «Ora basta!» Le mie labbra sono sulle sue, in maniera del tutto inaspettata e improvvisa; vorrei davvero poterle portare via tutto il dolore con questo bacio.

Lei non oppone alcuna resistenza, mi bacia con forza. Le sue mani si distendono immediatamente sul mio petto, poggiando i palmi sulla mia maglia, al di sotto del cappotto, per poi stringerla tra le sue dita, che si chiudono a pugno per tirarmi a sé quanto più possibile, e io continuo a divorare le sue labbra con le mie, mentre sento aprirsi un enorme varco nel mio cuore. Quello che lei ha aperto per farsi strada, arrivando dritta al centro e prendendone completo possesso.

Chloe continua a piangere. Nonostante la passione che sento sprigionarsi tra di noi ad ogni secondo che passa, sento le sue lacrime continuare a scendere sul suo viso e, forse, non bastano più le mie dita a raccoglierle. Mi allontano dalle sue labbra per baciare il suo viso, tutto quanto, per provare ad assorbire almeno un po' dei sensi di colpa che sono sicuro non le diano tregua.

Dopo un po' inizia a calmarsi, la sento completamente abbandonata fra le mie braccia, ed è adesso che decido di parlare. «Vieni con me...» le sussurro all'orecchio.

Mi allontano quel poco che basta per guardarla negli occhi arrossati, le asciugo le lacrime che continuano a scendere lungo il suo viso.

«Che vuoi fare, Harry?» mi domanda con voce tremolante, mentre è ancora aggrappata con le sue mani alla mia maglia, stretta tra le sue dita.

«Mettiti il cappotto» le dico con un tono gentile, ma deciso. Questa cosa deve finire, e deve finire oggi, quindi non me ne andrò da Montréal fino a quando le cose non andranno come voglio che vadano.

Si allontana di malavoglia, ma lo fa, poi indossa il suo cappotto e la sciarpa. Le chiedo di seguirmi al piano di sotto. I suoi genitori e i suoi amici sono in cucina, ma nessuno ci ferma quando ci vedono uscire. Arriviamo fino alla sua auto e mi metto alla guida, facendola sedere al lato passeggero.

«Dove vuoi andare?» mi chiede, dopo aver agganciato la cintura di sicurezza ed essersi voltata nella mia direzione.

«Sai bene dove voglio andare» le rispondo, mettendo in moto la macchina.

Il tragitto è silenzioso, tranne per le sue indicazioni che mi aiutano a raggiungere la mia meta, ma non ho fatto altro che pensare alle sue parole per tutto il tempo.

Mi ama... mi ha detto che mi ama e io sono stato zitto, anzi no, ho fatto di peggio, le ho detto che non era possibile che mi amasse. Che cretino! Ma il fatto è che mi ha preso totalmente alla sprovvista. Io ero così arrabbiato con lei per come si stava comportando, per avermi, in un certo senso, abbandonato un'altra volta, che non pensavo affatto che fosse il momento per dire una cosa del genere. Forse sono state le mie provocazioni ad indurla a confessarmi ciò che prova, e io continuo a guidare con un unico pensiero: mettere fine alla sua fuga da sé stessa.

Arriviamo a destinazione, parcheggio, e scendiamo dall'auto. La vedo prendere un gran respiro mentre resta a guardare la grande cancellata di fronte a noi. Sarà difficile per entrambi, ma è assolutamente necessario. «Andiamo» le dico, prendendola per mano, per poi incamminarmi all'interno.

Ricordo bene il percorso spiegatomi da Kurt e raggiungiamo la nostra meta senza alcuna esitazione. Mi fermo di fronte alla lapide di sua nonna, giusto il tempo per darle modo di farlo da sola, e aspetto. Un minuto, poi due, tre, cinque, ma quando mi rendo conto che i suoi piedi non hanno alcuna intenzione di muoversi, decido di intervenire.

Chloe reagisce solo quando viene provocata o forzata, non vedo perché questo momento dovrebbe essere diverso.

La mia mano è ancora nella sua e inizio a camminare. Inizialmente sembra fare resistenza, ma poi mi segue, stringendo con forza le mie dita, fino ad arrivare di fronte alla lapide di Dylan, che ci guarda sorridente dalla sua foto incorniciata nel marmo. Mi volto a guardarla e anche lei sembra una statua di marmo, quasi non sbatte le palpebre e respira a malapena. «Forza, Chloe...» la incito a fare quello che doveva fare mesi fa, ma in questo istante sembra essersi assentata dal mondo.

Il suo sguardo è assente, sembra quasi sbiancata, le sue mani tremano, ma so che tutto questo non è dato dal freddo pungente di gennaio. Osservo anch'io il ritratto di quel ragazzo, un'immagine felice, ferma nel tempo. Sembra quasi perfetto, nel suo sorriso che trasmette serenità, e devo ammettere che mi sono sempre sentito minacciato da tutto ciò che lo riguarda perché lei, ormai, l'ha idealizzato, e sono disposto ad accettare questa competizione - seppur sleale - ma deve capire che, anche se non è proprio la stessa cosa, come ho messo io un punto alla mia storia e ho ricominciato da zero, anche lei deve farlo, e non per me, ma per sé stessa.

«È arrivato il momento... devi lasciarlo andare...» le dico, restando al suo fianco.

Sto provando a lasciarle il suo tempo, ma pare che questo sia uno di quei momenti in cui ha bisogno di essere spronata con un po' più di grinta. Lascio la sua mano, lei resta impassibile con lo sguardo fisso avanti a sé, mi porto alle sue spalle, metto le mani sui suoi fianchi e mi avvicino per abbracciarla, facendo aderire la sua schiena sul mio petto. Voglio che senta che sono qui con lei. La sento sospirare profondamente e sono sicuro che, ovunque sia stata in questi minuti, stia tornando qui.

«Devi dirgli addio, Chloe...» Mi appoggio con il mento alla sua spalla e la sento irrigidirsi alle mie parole.

«Non ci riesco, Harry...» Sento la sua voce che si incrina mentre parla. Posso solo immaginare cosa stia provando, ma deve capire che io sono qui.

Non lui, ma io.

«Sì che ci riesci, Chloe, devi farlo, o non ci sarà mai un noi. Dirgli addio non vuol dire che devi dimenticarlo, sai bene che non te lo chiederei mai, ma non sarai mai libera di amare davvero qualcuno se lui continuerà ad essere così presente. Non potrai mai amare nemmeno te stessa fino a che non lo farai, perché continuerai a distruggerti per i tuoi irragionevoli sensi di colpa». Sta piangendo, lo sento da come respira. La stringo un po' di più e le lascio un bacio sulla guancia. «Dylan non tornerà, ma tu puoi farlo... torna da me, Chloe... torna, e ripetimi quello che mi hai detto a casa tua...» Stavolta è lei a stringersi a me. Stringe le mie mani nelle sue, le porta ad avvolgere più stretto il suo corpo, poi respira profondamente e vorrei poter fare di più, vorrei riuscire a farla smettere di piangere perché non sono abituato a vederla in questo stato. Non piange praticamente mai, ma quando succede mi si spezza il cuore.

Sento allentare la presa delle sue mani e io faccio la stessa cosa con lei, poi mi lascia andare e la osservo mentre la vedo inginocchiarsi di fronte alla lapide. Accarezza la foto che Kurt ha fissato di lato, poi gli parla a bassa voce. Non voglio sentire quello che gli sta dicendo, così mi allontano un po' per lasciare loro questo momento, di cui credo entrambi avessero bisogno.

Resto in piedi, con le mani in tasca a tenere stretta la scatolina contenente la catenina che le ho comprato per Natale, e che non ho mai avuto il coraggio di darle, mentre la guardo straziarsi l'anima per un altro, che non è nemmeno più su questa terra. Non è facile da mandare giù, ma se può servire a portare ad un livello superiore il nostro rapporto, sono felice che lo stia facendo e che lo stia facendo con me.

Si rimette in piedi dopo qualche minuto, si ripulisce i jeans sulle ginocchia passandoci sopra le mani, poi si raddrizza restando qualche secondo in quella posizione. Alla fine, quando si gira verso di me, ha un sorriso tirato, ma sorride. Si passa le mani sul viso, per asciugare le ultime lacrime e stavolta sono io a non trattenere una piccola risata.

Lei mi si avvicina e mi guarda aggrottando le sopracciglia. «Che c'è da ridere?» mi domanda, evidentemente confusa.

Porto la mano destra sul suo viso e strofino delicatamente lo zigomo, che adesso presenta una striscia marroncina. «Dovrei fare come quelle mamme che si leccano le dita e poi le passano sulle guance del loro bambino che si è appena sporcato, ma te lo risparmio...» Continuo a passare il pollice sulla sua pelle, nonostante l'abbia già ripulita da ogni traccia residua di terriccio che si era portata lei stessa sul volto.

«Detestavo quando lo faceva mia madre...» mi dice, con un tono di voce che sembra essere più tranquillo, ma non posso comunque evitare di chiederglielo.

«Stai bene?» La mia mano, adesso, è sul suo collo. Lei si avvicina un po' di più e io torno ad abbracciarla.

«Sì... Sto bene... Harry io...»

«Non qui». Interrompo qualsiasi cosa stesse per dirmi perché, qualunque cosa sia, voglio che sia solo nostra.

«Hai ragione» risponde lei e credo abbia compreso perfettamente a cosa stessi pensando, ma poi mi sorprende. Si allontana da me senza, però, lasciare la mia mano. «Andiamo via da qui». Cammina svelta avanti a me e sono costretto ad accelerare il passo per starle dietro, fino ad arrivare alla macchina. «Adesso guido io» mi dice, allungando la mano verso di me per chiedermi le chiavi.

Infilo la mano in tasca e le consegno le chiavi con tutta l'intenzione di godermi questo momento. Saliamo a bordo, mettiamo la cintura, e mi volto ad osservarla, mentre lei sta cercando qualcosa sul suo cellulare. «Che stai facendo?» le domando curioso.

Si gira a guardarmi con un sorriso divertito. «Sto cercando dei posti in cui non sono mai stata» dice, tornando a guardare lo schermo del suo telefono. Non ho la minima idea di cosa voglia fare, ma non protesto e resto in attesa. «Adesso dimmi un numero da uno a cinque e sceglierò la nostra destinazione» dice ancora, privandomi della vista del display.

Mi piace questa sua iniziativa, mi piace che voglia fare qualcosa con me che non ha mai fatto, quindi sto al gioco senza farmi ulteriori domande. «Tre» le rispondo senza riflettere.

«New York!» afferma con tono trionfale.

«New York?» le domando, non troppo sicuro di ciò che ho sentito.

«Non hai mai sentito parlare di New York, Stevens?» mi chiede, senza distogliere lo sguardo dal suo cellulare. Sta ancora digitando qualcosa che non so, ma che vorrei tanto scoprire.

«Spiritosa... si può sapere cosa stai facendo?» Mi sporgo verso di lei, che però si sposta indietro impedendomi di sbirciare.

«Andiamo a New York!» asserisce con enfasi, poi blocca il cellulare, lo mette in tasca e gira le chiavi per accendere l'auto.

«Adesso?» le chiedo ancora incredulo.

«Certo che no! La mia macchina non ce la farebbe mai» afferma, immettendosi in strada. «Ho prenotato un volo per stasera».

Mi volto a guardarla e riesco a vedere quel piccolo sorriso che le illumina il viso. Un sorriso sincero che mi porta ad essere ottimista e a sorridere a mia volta. «Stai scherzando, vero?» Mi sta prendendo per il culo, è ovvio... è ovvio no?

«Non potrei mai scherzare su New York» afferma con convinzione. Ricordo che una volta avevamo parlato di posti in cui non siamo mai stati e lei mi disse che avrebbe tanto voluto andare un giorno a New York. «Hai scelto il numero tre, e il numero tre corrispondeva a New York». Il suo tono di voce è più sereno e lo sono anche io.

«E a cosa corrispondevano gli altri?» le domando, mentre si ferma al semaforo rosso.

Si porta un dito alle labbra e alza gli occhi verso l'alto, come se si stesse sforzando di ricordare, ed è lì che capisco in cosa consiste la sua presa per il culo. «Fammi pensare... le altre scelte erano New York, New York, New York e... a sì... New York!» dice, rivolgendomi uno sguardo assolutamente radioso.

«Lo sapevo che mi stavi prendendo per il culo...» le dico, poggiando la testa all'indietro e rilassandomi sul sedile.

«Ti stavo lasciando credere che avessi scelto tu, ma hai rovinato tutto». Il semaforo torna verde e lei riparte, mentre io chiudo gli occhi per il piacere di concentrarmi soltanto sul suono della sua voce che adesso è molto più tranquilla.

«Cantami qualcosa, Chloe». Non la sto guardando, ma sono certo che abbia quell'adorabile espressione confusa, quella che fa arricciando leggermente le labbra. «La prima che ti viene in mente...»

Mi concentro sui suoni, sui rumori e sulla sua voce che inizia ad intonare i primi versi.

I think I want you more than want  

And no I need you more than need  
I want to hold you more than hold  
When you stood in front of me  
I think you know me more than know  
And you see me more than see  
I could die now more than die  
Every time you look at me

 

Sono del tutto andato... non avrò mai il coraggio di darle il mio regalo, non dopo quanto è successo oggi.

When it's right it's more than right  

Those you feel it more than feel  
I could take this moment now  
Ride into the great with me

 

Me lo sta dicendo ancora e ancora, anche senza usare quelle due parole, ma sono certo che il messaggio che vuole farmi arrivare sia quello.

Well I've seen you in jeans with no make-up on 

And I've stood there in awe as your date for the prom  
I'm blessed as a man to have seen you in white  
But I've never seen anything quite like you tonight  
No, I've never seen anything quite like you tonight

 

E non c'è più modo che possa restare qui buono. «Fermati per favore» le chiedo aprendo gli occhi.

Lei accosta poco più avanti, io mi tolgo la cintura e, non appena la macchina è ferma, mi avvicino a lei così in fretta che quasi non se ne accorge. Le mie labbra sono sulle sue, ma lei resta per un attimo immobile, forse confusa dal mio gesto, ma non appena le mie mani sono sul suo viso, la sento sciogliersi in un momento.

Voglio ogni cosa di lei. La sua mente, la sua anima, il suo cuore, il suo corpo, è tutto mio e non so cosa darei in questo momento per potermi prendere tutto. «Se solo non fossimo in mezzo alla dannatissima strada...» dico a bassa voce, parlando direttamente sulle sue labbra.

«Prenota un albergo, Stevens». Adesso è lei a parlare sulla mia bocca in un modo in cui non aveva mai fatto prima, anche il suo sguardo è diverso. Il bacio stesso lo è stato, perché è stato assolutamente e completamente totalizzante.

Non lo so se sono io ad essermi auto suggestionato dopo tutto quello che è successo oggi, ma fra la sua dichiarazione, l'addio al cimitero, e la canzone che mi ha appena cantato, io potrei fare una pazzia in questo preciso momento. «Se continui così, ti chiudo dentro quella stanza d'albergo, e New York te la faccio vedere solo in cartolina...» La bacio ancora, respiro il suo respiro, assaggio le sue labbra come fosse la prima volta, con la stessa intensità di quel pomeriggio davanti al supermercato, ma la sua risposta a questo bacio supera ogni mia aspettativa.

«La cosa más importante es que te acuerdas el servicio en habitación...» Sussurra... In spagnolo... E il mio cuore sta letteralmente per esplodere.

«Voglio sentirtelo ripetere quando non avrai più nemmeno un indumento addosso...» E la bacio, ancora, e ancora, e ancora, desiderando di essere in tutt'altro luogo, desiderando che questo momento non finisca mai.     

   
 
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