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Autore: Snaso102    21/05/2019    0 recensioni
Mahiyoko // Spoiler di SDR2 e DR3
Ai tempi del Neo World Program, quando le due stavano stringendo amicizia, non si fidavano veramente di nessun altro. Avevano quindi deciso che in caso di bisogno, se avessero avuto qualcosa di davvero importante di cui parlare, avrebbero utilizzato un codice segreto per comunicarlo all’altra. In effetti, ripensandoci, si trattava di una scelta davvero bambinesca, si disse Mahiru.
Il loro codice si sarebbe dunque basato su un leggero movimento del piede, da eseguire mentre si stesse congedando il resto del gruppo, e avrebbe avuto il significato di “voglio parlare da sola con te, raggiungimi entro la prossima ora nel posto in cui sto andando adesso”. In effetti, si trattava di un caso alquanto specifico, tanto che nemmeno Mahiru stessa si sarebbe aspettata di avere mai occasione di sfruttare; eppure ora eccole lì, da sole nella camera della rossa, riunite da lei stessa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Hiyoko Saionji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Mahiru balzó in piedi non appena ebbe aperto gli occhi, consapevolissima di quanto fosse importante essere puntuale, quella mattina in particolare. Uscí dal letto, corse nel bagno femminile, miracolosamente vuoto, e si preparó in fretta e furia, uscendone meno di venti minuti dopo, nel suo solito outfit, prontissima ad affrontare la giornata. Percorse dunque il breve corridoio che portava alla stanza della simulazione ed entró immediatamente, trovandosi faccia a faccia con un Izuru piú sereno del previsto.
«Oh, buongiorno! - le disse, con un abbozzato sorriso - Come mai qui cosí presto?» Tuttavia, sembró essersi dato una risposta prima ancora di dare alla rossa il tempo di aprire bocca, continuando quindi a parlare: «In effetti, è ovvio che tu sia arrivata subito. Oggi si tratta della tua migliore amica, no? Del resto anche Fuyuhiko mi aveva messo molta fretta, ieri - allargó il suo sorriso prima di terminare il discorso - Peró se vuoi che inizi con la procedura dovresti uscire subito. Sai che Alter Ego non puó avviarla se ci sono altre persone nella stanza, quindi...» Indicó l'ingresso con lo sguardo, suggerendole una seconda volta cosa fare.
Mahiru, prima ancora di avere il tempo di ricambiare il buongiorno, si era quindi già trovata costretta ad uscire dalla stanza delle simulazioni, non prima di aver fatto un leggero inchino, un misto di ringraziamento e di scuse. Quel nuovo Hajime era cosí, purtroppo: non avendo ancora trovato un equilibrio tra il sé stesso originale e il perfetto Izuru, aveva una personalità parecchio ballerina, che a volte lo portava a brevi monologhi autoconclusivi come quello appena pronunciato. Ma la ragazza si scrolló ogni pensiero di testa alzando gli occhi al cielo e bofonchiando un: «Bah, i ragazzi...»
Nel frattempo, la porta che separava Mahiru dalla camera si serró e la ragazza si ritrovó, per la seconda volta, ad attendere il lento passare del tempo. Quando si era svegliata lei, i compagni le avevano raccontato le meccaniche del procedimento di Izuru: lui si immergeva nel proprio contenitore e, grazie ad Alter Ego, si collegava alla mente della persona in questione; da lí, grazie ai suoi poteri, subentrava nei vari stati del subconscio del compagno, annientandoli, se necessario, fino a che non fosse riuscito a scuoterne talmente tanto le fondamenta da risvegliarlo. Il resto del gruppo, dal canto suo, non poteva fare nulla se non aspettare che il processo terminasse. L'attesa stessa aveva una durata variabile: nelle quattro volte che l'avevano applicata, la procedura aveva richiesto dai diciotto ai novanta minuti e Mahiru, in particolare, ce ne aveva messi cinquantatré. Nonostante la sua relativa rapidità, il procedimento rimaneva alquanto complesso e stancante, motivo per cui Hajime poteva usufruirne solo una volta al giorno.
Mentre la fotografa rimuginava sulle meccaniche dei poteri di Izuru, nel frattempo, sentí una serie di passi farsi sempre piú vicini, finché non vide il resto dei suoi amici manifestarsi in blocco di fronte a lei. Vide fra loro una serie di facce piú o meno sorridenti ma erano tutti, grossomodo, visibilmente stanchi. Fu proprio Mahiru la prima a salutarli, con uno smagliante sorriso ed un cenno della mano: «Buongiorno, principesse! Dormito bene?» Le rispose subito il piú pimpante dei sette, non che fosse difficile capirne il motivo: «Benissimo! Come mai tutto questo interessamento? Hai forse una qualche intenzione nascost-» Ma non fece in tempo a finire la frase che Fuyuhiko gli aveva già tirato uno schiaffo sulla nuca, smorzandogli il fiato e zittendolo all'istante. «Ignora Teruteru, sta solo essendo... Beh, sé stesso. Anche io ho dormito bene comunque, grazie per averlo chiesto» Disse poi con un sorriso. Peko, affianco a lui, annuí in silenzio, con la sua solita espressione di neutrale passività. Non tardarono ad arrivare sorrisi ed assensi anche da parte dei restanti tre: Kazuichi con i suoi denti aguzzi, Sonia regale e delicata come non mai, Akane stupidamente sincera. Byakuya, invece, aveva un'espressione appena abbozzata ed era evidentemente pensieroso. «Buongiorno, Mahiru. Da quanto tempo sei qui? Come mai cosí pimpante se, a giudicare dalla cucina perfettamente ordinata, non hai nemmeno mangiato?» La rossa gli rispose subito, con una lievissima sfumatura rosea che era appena andata a dipingersi sul suo volto, quasi impercettibile: «Beh, oggi è il turno di Hiyoko... Non potevo starmene con le mani in mano, sono dovuta per forza correre qui appena possibile!»
Fu solo a quel punto che, finalmente, anche l'impostore le sorrise, limitandosi poi ad una risposta secca: «Avrei dovuto aspettarmelo, hai ragione.» Il riecheggio di quelle parole sulle pareti del corridoio fu l'ultimo suono udito dai presenti per svariati minuti; si erano infatti subito zittiti, timorosi di poter ostacolare in qualche modo la concentrazione e il lavoro di Izuru. Il tempo scorreva inesorabile, con i sette ragazzi che si guardavano intorno, come a cercare qualcosa in quel triste corridoio che fosse meritevole della loro attenzione. Alla fine, si ritrovarono a fare la stessa cosa del giorno prima - e, probabilmente, dei tre giorni precedenti: fissarono lo sguardo sull'enorme porta di fronte a loro, ansiosi di vederla aprirsi. Mahiru stessa non riusciva a pensare ad altro che a quel momento: non appena avesse avuto il permesso di oltrepassare l'uscio, avrebbe finalmente rivisto Hiyoko. Erano passate poche settimane, ma per la fotografa era stata un'eternità, quasi un'agonia non poter stare con lei tutto quel tempo; da quando era stata risvegliata, non faceva altro che pensare alla danzatrice e a come sarebbe stato rivederla. Tra una teoria e l'altra, erano trascorse, seppur molto lentamente, svariate decine di minuti, in cui inevitabilmente i compagni avevano ricominciato a parlare, seppure a bassa voce. L'unica rimasta effettivamente in silenzio era Mahiru stessa, troppo immersa nei suoi pensieri per far caso al fastidio intorno a lei. Quando finalmente udí, forte e chiara, la voce di Alter Ego, che annunciava di star chiudendo il programma, la ragazza percepí immediatamente il proprio battito cardiaco iniziare ad aumentare e si mise a giocherellare nervosamente con le proprie dita. Poco dopo, la porta automatica cominció ad aprirsi lentamente, allo stesso, teatrale modo in cui si era aperta le altre due volte.
Fu un attimo. Lo sguardo di Hiyoko aveva fulmineamente incrociato quello di Mahiru ed era evidente che la bionda non avesse bisogno di altro: scansó con forza Hajime, che era affianco a lei, per lanciarsi in avanti, percorrendo in un istante quei pochi metri che le separavano e stringendo quindi la fotografa tra le sue braccia senza dire una parola. Mahiru, superata la sorpresa iniziale, non esitó a ricambiare l'abbraccio, lasciandosi completamente andare quando delle timide lacrime si affacciarono dalle cornici dei suoi occhi, ormai lucidi. Fu proprio la rossa la prima ad aprire bocca, con voce leggermente tremante: «È passato cosí tanto tempo...» Hiyoko, per tutta risposta, la strinse piú forte, senza tuttavia proferire parola; procedette piuttosto a lanciare un'occhiata minacciosa al resto dei compagni, che stavano assistendo in silenzio alla scena.
Trascorsero svariati secondi prima che la fotografa decidesse di sciogliere l'abbraccio, riconoscendo che ci sarebbe stato tempo di salutarsi meglio dopo. A quel punto si mise in disparte e lasció che gli altri ragazzi si avvicinassero alla bionda, salutandola anche loro, in un modo o nell'altro. Qualche minuto dopo il gruppo, forte della nuova arrivata, si spostó con tranquillità verso quella che avevano definito come "sala comune", sebbene Mahiru si tenesse ancora abbastanza distante, immersa in una marea di nuovi pensieri. Da lí, la mattinata trascorse velocemente, tra racconti, battute, risate e gli immancabili, casuali e continui insulti di Hiyoko - e la fotografa era probabilmente l'unica ad averne sentito la mancanza. Paradossalmente, peró, fu proprio quest'ultima la prima ad alzarsi, al termine del pranzo organizzato da Teruteru, e a fare ritorno alla propria stanza. Vederla congedarsi così presto aveva naturalmente lasciato i presenti allibiti, chi più e chi meno, ma non Hiyoko, sulla quale lo sguardo di Mahiru si era soffermato leggermente più a lungo mentre salutava i compagni. Arrivata in camera sua, speranzosa di essersi espressa bene, la fotografa si gettò supina sul letto, puntò lo sguardo sul soffitto e aspettò.
L’attesa fu però più breve del previsto; dopo appena qualche decina di minuti, la ragazza sentì bussare. «Avanti», disse semplicemente, osservando la porta aprirsi subito dopo. Ad affacciarsi fu esattamente la persona sperata: una figura alta, aggraziata ed elegante entrò nella stanza, serrando prontamente l’ingresso alle sue spalle. «L’hai usata veramente… la tattica che ti ho insegnato io» «Certo che sì – rispose subito la rossa, che nel frattempo si era portata in posizione seduta – me l’hai insegnata per un motivo, no?» Al sorriso timido della fotografa, Hiyoko rispose con un’espressione di piena gioia: «Te la sei ricordata! Non credevo ti importasse così tanto - il suo volto si spense un po’ – né che ci sarebbe davvero stata un occasione di usarla…»
Fu Mahiru a palesare il sorriso, stavolta. “Occasione”? Beh, sapeva perfettamente di cosa la ragazza stesse parlando. Ai tempi del Neo World Program, quando le due stavano stringendo amicizia, non si fidavano veramente di nessun altro. Avevano quindi deciso che in caso di bisogno, se avessero avuto qualcosa di davvero importante di cui parlare, avrebbero utilizzato un codice segreto per comunicarlo all’altra. In effetti, ripensandoci, si trattava di una scelta davvero bambinesca, si disse Mahiru. Ma del resto la loro coscienza e le loro memorie, allora, erano davvero infantili, rispetto a tutto quello che era accaduto nel mondo reale, quindi alla fotografa piaceva pensare a quel periodo come una sorta di seconda, seppur brevissima, infanzia. Riguardo al codice segreto, però, era allora sorto il tipico problema: che segno usare, come fare a passare inosservate nel farlo? Hiyoko le aveva quindi parlato di questa “tattica” che aveva sperimentato in tanti anni di danza: siccome, quando qualcuno sta parlando, l’attenzione di un ascoltatore ed osservatore è sempre focalizzata sul volto e sui gesti delle mani della persona in questione, molto difficilmente si fa caso ad eventuali altri movimenti; la chiave per qualsivoglia messaggio segreto, secondo la bionda, era sfruttare questo punto di “debolezza”. Il loro codice si sarebbe dunque basato su un leggero movimento del piede, da eseguire mentre si stesse congedando il resto del gruppo, e avrebbe avuto il significato di “voglio parlare da sola con te, raggiungimi entro la prossima ora nel posto in cui sto andando adesso”. In effetti, si trattava di un caso alquanto specifico, tanto che nemmeno Mahiru stessa si sarebbe aspettata di avere mai occasione di sfruttare; eppure ora eccole lì, da sole nella camera della rossa, riunite da lei stessa.
«Abbiamo stabilito questa regola per un motivo, no?» scherzò quindi la ragazza, il sorriso della quale iniziò a spegnersi subito dopo. «Piuttosto… immagino ti stia chiedendo il motivo di tutta questa urgenza, vero?»
La danzatrice, per tutta risposta, si limitò ad annuire in silenzio, l’espressione più seria del solito. Sembrava quasi che avesse già capito dove l’altra volesse andare a parare. Mahiru, nel frattempo, cacciò un profondo respiro. Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo quando finalmente iniziò a parlare; sperò piuttosto che la danzatrice potesse comprendere il motivo della sua incertezza.
«Si tratta… di queste settimane. Quelle che abbiamo passato nel Neo World Program, con la sola compagnia del nostro subconscio» Si prese una breve pausa, neanche lei pienamente consapevole del perché, per poi proseguire: «Ti è stato spiegato come funziona, no? Izuru, per svegliarci, si è immerso fino allo strato più profondo e sepolto delle nostre menti…» «Tipo Inception…», sussurrò Hiyoko, probabilmente nel tentativo di alleggerire l’atmosfera. «Già, tipo Inception – rispose l’altra – con la differenza che i livelli da attraversare sono molti di più… Beh, insomma, è di questo che ti volevo parlare. Il mondo più intricato che il mio subconscio è riuscito, che Izuru stesso ha visitato e distrutto, era…» La pausa fra una frase e l’altra, stavolta, fu molto più lunga. Mahiru sospirò di nuovo, facendo appello a tutto il coraggio che riuscisse a racimolare per alzare lo sguardo, incontrando immediatamente quello dell’altra: «Era un mondo in cui tutti mi odiavano… tranne te. Tu sei l’unica che mi era rimasta affianco nonostante tutto. Eri stata tu a fermarmi quando… tentai il suicidio, lì.» Ecco, l’aveva fatto. Aveva sganciato la bomba. Mentre l’ansia della fotografa, invece che alleggerirsi, cresceva sempre di più, di fronte a lei Hiyoko sembrava essersi paralizzata. Era stata lei, stavolta, a non riuscire più a sostenere lo sguardo dell’altra. Passò più di un minuto di pesante silenzio, in cui entrambe le ragazze avevano gli occhi puntati, fissi verso il basso, consapevoli della gravosità della situazione. Poi, finalmente, la bionda riuscì a smorzare l’atmosfera, quasi in un sussurro: «Anche io ho vissuto un sogno simile…» «Aspetta… cosa?» «Nel mio, però, tu mi odiavi anche di più di tutti gli altri. Non riuscivi a sopportare la mia esistenza. Insieme mi stavate convincendo ad uccidermi, ma in qualche modo ho trovato la forza per andare avanti… forse era quella minuscola parte della mia coscienza che era consapevole della natura di quel mondo… e forse, nel tuo sogno, io incarnavo quel pezzo di coscienza… forse…» Fu interrotta da un improvviso abbraccio. A differenza di quella mattina, però, Mahiru non riuscì a trattenersi. Scoppiò inevitabilmente in lacrime, la testa poggiata nell’incavo tra collo e spalla della danzatrice, che nel frattempo aveva ricambiato la sua stretta. «Mi dispiace così tanto… - si scusò, tra un singhiozzo e l’altro – Mi dispiace di averti fatto male, mi dispiace di averti data per scontato, mi dispiace di averti fatto soffrire così tante volte e mi dispiace di non aver mai avuto il coraggio di parlarti prima…» «Perché… ti stai scusando di tutte queste cose? – rispose subito l’altra, visibilmente confusa da quelle parole – Non eri veramente tu, in quel mondo, e ci siamo parlate tantissime volte prima d’ora, o non saresti la mia migliore amica…» La fotografa alzò quindi la testa, strofinandosi gli occhi con il dorso delle mani nel tentativo di asciugare le sue lacrime «No… - si sforzò di tornare a guardarla negli occhi – Non hai capito… - si assicurò quindi di avere completamente l’attenzione della bionda – parlarti in un altro senso. Cioè, parlarti come sto facendo ora…» Dopo qualche istante di esitazione, ottenne un’ennesima, confusa risposta. «No, non sono sicura di starti seguendo», affermò l’altra ragazza, consapevole di star mentendo: stava seguendo il suo discorso eccome, anzi, aveva forse già capito la conclusione a cui stava per giungere. Mahiru si ritrovò a sospirare per l’ennesima volta, ma mai ne aveva avuto bisogno come in quel momento. Determinata, proseguì: «Beh, ormai mi conosci. Nel corso di due vite abbiamo entrambe imparato molto l’una dell’altra. Sai che il rosso è il mio colore preferito, sai quanto ami i bambini, sai che amo i viaggi mentre odio i selfie… cioè, sai persino in che senso, per davvero, non mi piacciono i ragazzi… – enfatizzò volutamente quel semplice avverbio – Ed il motivo per cui sai così tante cose di me è che io ho completa fiducia in te. Una fiducia cieca, che non ho mai sviluppato per nessuno prima d’ora, e tutto questo perché… - si distaccò istintivamente dall’abbraccio, poggiando le mani sul letto - tu mi piaci, Hiyoko. Ed è così da talmente tanto tempo che ho smesso di contarlo» C’era un milione di altre parole che Mahiru avrebbe potuto aggiungere, ma sapeva di essersi già dilungata fin troppo. Con il cuore che le batteva a mille, continuò a guardare la ragazza, attendendo con ansia un qualsiasi tipo di risposta. La danzatrice, dal canto suo, era meno sconvolta di quanto l’altra si sarebbe aspettata: la sua reazione si era limitata allo spalancare gli occhi mentre, allo stesso tempo, era inevitabilmente un po’ arrossita. Adesso che Mahiru aveva finito di parlare, però, la bionda aveva riportato lo sguardo basso: era evidente un certo imbarazzo da parte sua, benché non facile da decifrare. Passarono a malapena tre o quattro secondi, ma mai nella sua vita la fotografa aveva sofferto così tanto un interminabile passaggio del tempo. Fu a quel punto che accadde qualcosa che difficilmente Mahiru sarebbe mai riuscita a credere: Hiyoko aveva risollevato la testa ed alzato le mani, che aveva poggiato tanto rapidamente quanto delicatamente ai lati del volto dell’altra ragazza; a quel punto, si era sporta in avanti, incastrando, finalmente, le proprie labbra con le sue. Nella sua inesperienza, la fotografa fece l’unica cosa che si sentiva di dover fare, chiudendo gli occhi e lasciandosi completamente andare, godendosi il suo tanto agognato primo bacio. Dopo qualche, intenso secondo, fu Hiyoko stessa a distaccarsi, rossa in volto come Mahiru non l’aveva mai vista, e a parlare: «Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato… Ma anche tu mi piaci. Mi piaci da impazzire. Ogni volta che ti vedo, sento le farfalle nello stomaco e, in ogni momento in cui non sono con te, sei al centro dei miei pensieri… sei la ragazza più gentile e dolce che io abbia mai conosciuto.»
La fotografa rimase a guardarla, ancora incredula e paonazza per tutto ciò che era accaduto. Era davvero possibile che i suoi sentimenti fossero ricambiati? Certo, Hiyoko non aveva mai mostrato il benché minimo interesse verso nessun altro – anzi, la sua personalità poteva facilmente essere scambiata come un odio generale per l’essere umano -  ma Mahiru era sempre stata convinta che la loro fosse una semplice amicizia: mai si sarebbe aspettata che le due potessero piacersi a vicenda. Stava succedendo davvero? Non era solo un altro sogno di un mondo distopico, non c’era nessuna vera realtà a cui fare ritorno una volta risvegliata? Per qualche motivo, nella sua mente esisteva un solo modo per verificarlo. Fu allora lei ad avvicinarsi all’altra, stavolta, ricongiungendosi con quest’ultima in un nuovo, più passionale bacio. Le fortissime emozioni che provava in quel momento non le lasciarono spazio a dubbi: ciò che stava vivendo era assolutamente reale. E lo sentì ancora più reale quando la bionda si fece pian piano più avanti, facendo indietreggiare l’altra fino a costringerla a stendersi. Il cuore di Mahiru stava ormai battendo all’impazzata e non poté che essere assalita da domande e dubbi su cosa stesse per accadere, che tuttavia si dissolsero appena Hiyoko tornò leggermente indietro con la testa per parlare: «Tutto questo… è ok per te, no?» «S-sì… decisamente sì – rispose l’altra – ma tutti gli altri?» «La porta è chiusa e non ci disturberanno. – un sorriso quasi malizioso comparve sul volto della bionda - Ha importanza pensare a loro?» Mahiru esitò un attimo prima di sorridere a sua volta: «No, direi proprio di no.»
   
 
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