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Autore: Freelion7    21/05/2019    0 recensioni
Come al solito, quella mattina il cielo londinese era totalmente plumbeo. L’aria era umida e qualunque cosa era avvolta in un sottile strato di brina. Era inverno e, logicamente, faceva freddo. Quel tipo di freddo che faceva solo desiderare una coperta calda, ma soprattutto asciutta, del the e poco altro. Tutto ciò che serviva a rendere la giornata straordinariamente ordinaria, monotona ed irritantemente noiosa. Era terribile. Non c’era un’altra parola per descriverlo. Non un caso, non una distrazione. Odiava il natale, si… col fatto che a Natale siamo tutti più buoni nessuno uccideva nessun altro. Noia. Noia. Noia.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Settembre 2025, Londra

 

John sorrideva come uno scemo. Era riuscita ad invitarla fuori a cena. Ok, non erano proprio soli, per farla accettare aveva dovuto invitare anche la sua amica e Sherlock. Però era già un ottimo punto di partenza. Si era detto che con lei sarebbe andato con calma e così stava facendo. Si sentiva proprio bravo.

 

Sherlock per la millesima volta della serata si chiese perché mai si fosse lasciato coinvolgere in quella cosa che comprendeva di dover avere a che fare con ben tre esseri viventi di cui due pressoché sconosciuti e di genere femminile, di cui una appetibile ennesima preda del coinquilino. Con gli occhi al cielo, si chiuse il terzultimo ed il penultimo bottone della camicia. “Pronto” bofonchiò svogliato. Che almeno Jawn lo sapesse: lui non era favorevole a quella cena.

 

“Ma dobbiamo proprio andarci, Bruni?” le chiese. Non aveva voglia di fare da terza incomoda e francamente per stare con quello spilungone arrogante e presuntuoso avrebbe saltato più che volentieri.

 

“Per favore, vieni… J ha invitato anche te, in fondo, no?” la editor sperava davvero che la dottoressa non le avrebbe dato buca, non avrebbe saputo cosa fare “magari troviamo un bel delitto per via per te” le probabilità non erano propriamente a favore, ma non si poteva mai sapere, nè smettere di sperare. Si lisciò la gonna sopra al ginocchio dal taglio sobrio “Dici che ho esagerato?” Ma perché si stava ponendo tutti quei problemi? Non era un appuntamento, nè lo sarebbe diventato!

 

“Senti, sei perfetta, ok? Gli piacerai. Io invece?” si guardò allo specchio. Camicia viola, giacca nera, pantaloni eleganti… se doveva andare per forza allora ci sarebbe andata in grande stile e avrebbe aiutato la editor con il rimorchio del blogger. Sì sì stava veramente annoiando in quel periodo.

 

“Chiunque tu voglia far cadere ai tuoi piedi, consideralo già caduto” sorrise Brunella aggiustandole il colletto affettuosa. Sapeva di essere fortunata a poterle dedicare qualche piccola attenzione senza perdere una mano, quando non direttamente la vita. Ricontrollò l’indirizzo del locale dove avevano appuntamento un’ora dopo “Taxi o mezzi pubblici?”

 

“Pubblici. Voglio rivedere Londra.” sorrise e prese il cappotto e la sciarpa. Sorridendo uscì di casa in fretta: almeno avrebbe rivisto Londra, doveva diventare la sua città in qualche modo.

 

“Mezzi pubblici siano allora” la editor, come di consueto, si infilò in borsa la sua personale dotazione minima, che a detta di chiunque non lo sarebbe stata affatto, ma non si poteva mai sapere, no? Chiuse la porta di casa ed uscì nell’aria umida della città.

 

John la aspettava impaziente come non mai. Continuava a guardare taxi e bus nella speranza di scorgerla, ma per ora ancora nulla. È vero che erano in anticipo di qualche minuto… ok, venti minuti per la precisione. Non era suo solito essere in anticipo, ma quella volta era diverso.

 

Sherlock era seccato a dire poco. Una cena alla quale non era interessato in una sera nella quale non sarebbe voluto uscire ed anche in anticipo! Quella non gliela avrebbe perdonata tanto in fretta!

 

L'editor aveva trascinato l'amica in un localuccio al caldo, in attesa dell’orario dell'appuntamento. Erano arrivate con mezz'ora di anticipo. Accidenti a lei ed i suoi anticipi compulsivi. Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra e vide John fremente di attesa, il ristorante dalle luci calde, le macchine che sfrecciavano in velocità. John fremente di attesa? “Mati, sono io o…” accennò fuori col mento.

 

“Vai a chiamarlo. Prima iniziamo e prima finiamo.” disse con assoluta rassegnazione. Già vedeva il moro che le rompeva l'anima,che odio. Si mise a giocare con la collana raffigurante la molecola della caffeina.

 

La editor pagò la consumazione di entrambe ed uscì.

 

John si girò prima ancora di essere chiamato. Aveva riconosciuto il suoi passi leggeri. Le regalò un sorriso enorme e caloroso “Buonasera.”. Era partito. I neuroni lo avevano abbandonato e c'era poco da fare.

 

Come avesse fatto il dottore a girarsi prima ancora che lei aprisse bocca, rimaneva agli occhi della giovane un mistero. “Ciao J, siamo un po’ in anticipo, lo so, spero non sia un problema. È un mio difetto di fabbrica per così dire” si scusò impacciata.

 

John la guardò con occhi persi e innamorati “nessun difetto. È piacevole trovare una ragazza così giovane e bella che non si atteggia da prima donna. Lo apprezzo molto.”è sorrise cordiale e decise che in qualsiasi modo sarebbe finita quella cena lui l'avrebbe continuata a vedere, con o senza benedizione del suo coinquilino.

 

Sherlock sospirò esasperato. Jawn aveva gli occhi da pesce lesso, la sua editor anche e la sua amica lo stava sfidando insistentemente con gli occhi. Vestita come lui. Come si permetteva di copiarlo?!?

 

Erano. Vestiti. Uguali. Era un dramma. Era inaccettabile. “Come ti permetti di copiarmi?” sibilò a poco da lui per non farsi sentire dall'amica. Non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Non quella volta.

 

“Io? Copiare te? Non essere ridicola! Sono nato prima di te, sei tu ad avere copiato me. Non ti permettere più, chiaro?”

 

La studentessa lo guardò esterefatta. Ma che diamine c'entrava il fatto di essere nati prima?! Niente. Assolutamente niente. “Senti senti il bambino più viziato di Londra, cosa credi che mi faccia piacere essere vestita come te? Non sei al centro del mondo!”

 

“Hai appena ammesso di essere vestita tu come me e non io come te, per il momento mi basta” sorrise soddisfatto il detective. Sherlock 1, ragazzina 0.

 

Brunella si era incartata. Cosa avrebbe dovuto dire al bel -lo aveva pensato davvero?!?- giovane che le stava di fronte? Non era brava in quel genere di cose, ecco. “E-entriamo?” balbettò appena accennando al locale.

 

Da bravo galantuomo, il blogger le offrì il braccio. “Prego, entriamo?” il sorriso si fece ancora più caloroso e ampio. Quella gonna le stava da urlo, le fasciava I fianchi alla perfezione. Chissà se sherlock si stava divertendo… NoN, non gli importava per nulla in realtà….

 

“Ma sentila, la drama queen! Sei tu ad avermi copiato caro mio, non il contrario. E comunque la sciarpa non si mette così, genio” senza pensarci troppo gliela sistemò.

 

Con un secondo di esitazione, la editor accettò il braccio offertole dal suo autore. Sperava davvero che Mati e Sherlock non si uccidessero, almeno non troppo, anche se non nutriva troppe speranze in materia.

 

Come se nulla fosse John porto la sua editor all'interno del locale. Era u. Posto caldo e appartato. “Scegli dove vuoi sederti.” le disse galante. Voleva vederla felice e soddisfatta.

 

Sherlock trattenne a stento lo stupore. Cosa aveva osato fare la ragazzina?!? Un punto, suo malgrado, glielo dovette concedere.

 

Brunella, come suo solito, optò per il posto più piccino ed appartato, appoggiata al muro con le spalle alla porta. Almeno tre delle sue conoscenze -fra cui mati stessa- preferivano poter guardare la porta, quindi lei si sedeva dall'altra parte. “Grazie” si tolse la giacca dalle spalle e si sedette. Chissà come si sarebbero disposti gli altri tre commensali

 

John le scostò la sedia e le si sedette di fianco. La. Luce le disegnava sul viso dei chiaroscuri eccezionali, la rendevano ancora più bella. Le mise dietro l'orecchio un ciuffo ribelle. “Sei molto carina vestita così”.

 

Matilde si girò e vide che i due piccioncini erano già andati dentro.

 

Sherlock entrò senza aspettare ancora. Prima cominciava la cena, prima sarebbe finita. E magari sarebbe successo qualcosa, sperò, tipo un omicidio. Sarebbe stato necessario fosse almeno duplice per raddrizzare la serata.

 

Brunella dal canto suo non riusciva a capire se quella fosse normale routine -un commento gentile di cortesia- oppure un autentico complimento e se fosse mirato verso un qualche obiettivo o no. “Grazie” mormorò “Anche tu stai bene così” aveva un debole per quel maglione sabbia, lo stesso di mesi prima.

 

Matilde prese posto di fronte all'amica senza pensare che a quel punto il detective le sarebbe stato vicino. L'importante in quel momento era tener d'occhio John. Lo squadrò da capo a piedi.

 

Sherlock si trovò senza possibilità d'appello di fianco alla ragazza insopportabile e di fronte a Jawn-occhio-da-trota. Alla serata mancavano giusto Anderson e la Donovan e poi sarebbe stato un totale e completo disastro.

 

La editor guardò prima l'autore, poi il detective. “Siete mai stati qui?” in parte era per rompere il ghiaccio, in parte per avere consigli. La cucina inglese era una sconosciuta dalla pessima fama.

 

Il ragazzo annuì sorridendo “Si mangia bene. Soprattutto la pasta. Lo so che sembra strano ma è così.” si girò completamente verso la sua editor e abbassò la voce facendosi più intimo “ho pensato che ti avrebbe fatto piacere mangiare qualcosa di casa…”

 

Matilde ruotò gli occhi al cielo. Ovvio. Come se la cucina londinese potesse essere anche solo mettere di fianco a quella italiana.

 

“La cucina inglese è buona” puntualizzò il detective all'indirizzo della dottoressa, avendo intuito la direzione dei suoi pensieri. Era irrilevante che non avesse mai mangiato n da un originale italiano, non addomesticato ai gusti inglesi, non contava assolutamente nulla, ecco!

 

Brunella non sapeva che aspettarsi. Cibo italiano a Londra. Di solito mangiare il cibo della propria terra natia era una pessima idea, a meno che il cuoco non fosse un conterraneo e sapesse di poter fare le cose come originali.  Decise che si sarebbe comunque fidata dell’autore. Suggeriva pasta? Pasta sarebbe stata.

 

John guardò perplesso l'amico, non aveva infatti capito i pensieri della studentessa, ma in fondo non gli sarebbero interessati minimamente. Prese un menù “Ti va se lo guardiamo insieme? Così ti do qualche consiglio”. Aveva occhi solo per la sua bella dai capelli corvini e gli occhi azzurri.

 

“la cucina londinese? Stai scherzando? Cosa avete voi? English breakfast, meat pie, pudding, porridge e poi… ah già, e poi basta. “ rispose acida al moro riservandogli un'occhiataccia da mille punti. Come si permetteva quell’arrogante spaventapasseri semovente di parlare male della cucina italiana paragonando a quella inglese? Come?!

 

“Abbiamo anche il pesce fritto, le colazioni internazionali, i muffin, gli ulster fly, la crema inglese, scones e sandwich” puntualizzò il riccio con freddezza. Non esisteva che la lasciasse vincere, non esisteva proprio. Era pronto ad inventarsi portate di sana pianta pur di vincere.

 

Cosa avesse da consigliare un inglese in fatto di cucina ad un’italiana lo sapeva solamente John -ed anche Sherlock, a quanto pareva-  ma aveva fatto la sua scelta “Ordina tu, vediamo quanto hai indovinato alla fine” si sbilanciò la giovane.

 

John sorrise, sperava di fare bella figura. Scorse rapidamente il menù alla ricerca del piatto perfetto e lo trovò poco più in sotto dei secondi. Se la conosceva un minimo sapeva che le sarebbe piaciuto.

 

“Ok, hai finito di dire cavolate? Bene, allora inizio a parlare io: punto primo, il fish and chips non è vostro, è stato inventato da un Veneto che era in Inghilterra. Punto secondo la colazione internazionale, la english breakfast e la ulster fry sono la stessa cosa. Terzo, la crema inglese è una variante della crema pasticcera trovata per la prima volta in un quaderno di uno chef francese. Quarto gli scones sono scozzesi. Quinto nemmeno la zuppa inglese è vostra, è una rivisitazione della famiglia Estense.” concluse trionfante guardando Sherlock con aria da ti ho battuto.

 

“La cucina è una conoscenza discutibile. Occupa spazio inutilmente” puntualizzò il detective con aria di superiorità. Non sapeva se quello che la studentessa stava dicendo fosse vero, ma sicuramente non era disposto ad ammetterlo, ammesso e non concesso che lo fosse davvero.

 

Brunella non sapeva che aspettarsi, ma il passo ormai era fatto, inutile rimangiarsi la parola, oltre che impossibile. Orazio aveva ragione in fondo: nescit vox missa revertit. Sperò di non avere fatto una stupidaggine ed aspettò.

 

John vide I piatti fumanti arrivare. Le aveva preso la pappa al pomodoro. Una zuppa di pomodoro in cui si puccia il pane. Ora non gli restava che incrociare le dita. Guardò l'amica mentre le arrivava il piatto.

 

Matilde decise di lasciar perdere con Sherlock e di lasciargli la sensazione di aver ottenuto un pareggio, a essere gentile. Dio quanto lo odiava. Per fortuna il cibo era arrivato: avrebbe potuto mangiare e non guardarlo nemmeno.

 

“Non osare crederti superiore lasciandomi vincere” sibilò indispettito Sherlock. Avrebbe mangiato solo banhoff pie quella sera, gli serviva per non crearsi da sé un caso.

 

Brunella guardò il proprio piatto arrivare con curiosità e quando le venne servito, lo aveva già finito con gli occhi. Con entusiasmo da bambina felice, cominciò a mangiare a piccoli morsi “Hai indovinato”

 

Erano le uniche due parole che avrebbe voluto sentirsi dire. Si sentiva come un leone nel petto che ruggiva ho indovinato. Ho fatto colpo.  Finalmente in pace si poté dedicare al proprio cibo con la sensazione di essere nel posto perfetto con la persona perfetta.

 

Lo ignorò. Non aveva voglia di litigare né di dargli ascolto. Cominciò a mangiare, in silenzio, non gli avrebbe dato la soddisfazione di avere una risposta. Il cibo non era male, ma a confronto di quello italiano era nulla.

 

Dire che Sherlock fosse infastidito, sarebbe stato un eufemismo. Avrebbe voluto scuoterla fino a farla parlare, poi ucciderla e farla tacere, poi riportarla in vita e dimostrarle che aveva vinto lui, con tanto di linguaccia a coronare la seconda uccisione. Si dedicò alla propria torta praticamente iroso e sicuro che non avrebbe fatto apprezzamenti sul cibo italiano in sua presenza, né in quel momento, nè in qualunque altro in presenza della ragazza.

 

Brunella, all’opposto del tavolo, mangiava contenta. Adorava la zuppa di pomodoro più di quanto amasse la pasta al sugo. Il sugo alla pasta in compenso andava meglio ed il fatto che J avesse memorizzato questa informazione -glielo aveva mai detto, fra l’altro? O lo era venuto a sapere in altro modo?- la riempiva di uno strano calore, o forse -lungi da lei ammetterlo- era vederlo così soddisfatto.

 

John stava per offrire alla sua bella un buonissimo dolce, quando gli suonò il telefono. Era Gregory e… aveva un caso. Se da un lato era felice per l'amico, dall'altro lato ciò voleva dire che il suo appuntamento era finito. “Sherlock abbiamo un caso.”

 

Matilde si illuminò. Caso. Ecco quello che ci voleva. Scatto in piedi e rapida prese il cappotto, la sciarpa e il braccio dell'amica. “Veloce!” voleva arrivare prima dello spilungone. Non gli avrebbe permesso di rubarle lo spazio. Anzi, gli avrebbe dimostrato quanto era più intelligente di lui.

 

Caso! E sarebbe stato suo, non della ragazzina. Solo suo. Si vestì rapido ed agguantò Jawn per un braccio, lo spinse a pagare mettendogli una fretta incredibile. Non appena, un minuto scarso dopo, ebbe finito quell’operazione, lo trascinò sul secondo taxi disponibile, irritato che la dottoressina lo avesse battuto sul tempo ed avesse preso il primo.

 

L’editor non capì nemmeno come, ma un momento prima stava mangiando di fianco al militare e l’attimo seguente era in un taxi di fianco all’amica che le stava chiudendo al collo la sciarpa che lei avrebbe dimenticato nel locale. Quando era successo? Come? Guardò Matilde con aria confusa, in cerca di spiegazioni.

 

John sbuffava. Era stato trascinato via dal suo appuntamento e decisamente non in modo carino. Lo odiava quando faceva così. Guardava fuori dal finestrino pensando a tutto il tempo che avrebbe potuto usare per stare con la editor piuttosto che passarlo a guardare un cadavere.

 

Matilde era super elettrizzata. La gamba sinistra si muoveva velocissima indice di una grande “emozione” qualsiasi essa fosse. Se fosse molto agitata, molto su di giri, molto felice, insomma, qualsiasi molto fosse la gamba le si muoveva. Voleva arrivare prima di Sherlock. Era il suo unico obiettivo.

 

Quando Sherlock arrivò sulla scena del crimine, vedere la ragazzina all’opera fu fonte di disappunto. Come poteva Lestrade avere permesso ad altri di guardare da vicino la scena del crimine? Come aveva potuto?! Avrebbe risolto il caso prima lui, era deciso.

 

Brunella, quando erano arrivate sulla scena aveva tirato fuori la tavoletta che invariabilmente aveva con sé proprio per situazioni del genere. Diligente e pratica, iniziò ad appuntarsi tutto ciò che l’amica diceva, registrando anche per sicurezza, tanto il rapporto toccava a lei, già lo sapeva. Le dispiaceva solo per la serata.

 

John continuava a seguire Sherlock, sembrava che Dio lo avesse creato solo a quello scopo. La vide. Bella sulla scena del crimine. Forse il suo appuntamento non era del tutto finito nel cesso. Se fosse stato in grado di allontanarsi da Sherlock quel tanto che gli bastava avrebbe potuto ricucire l'uscita con la editor.

 

Matilde era una bambina felice. Dettava dettagli, scrutava il corpo e lo analizzava a fondo, precisa. Non le sfuggiva nulla. Aveva già tre ipotesi su il chi, il come, il quando e il perché. A quel punto si trattava solo di scegliere l'ipotesi che più le aggradava.

 

Sherlock stava elaborando anche più in fretta del solito e stavolta non per stupire, ma per battere Matilde. Non avrebbe mai ammesso la possibilità che succedesse il contrario. Aveva quattro ipotesi diverse sulle variabili e ne aveva anche già una preponderante.

 

Brunella si distrasse e prese a scrivere unicamente in modo meccanico quando si accorse che il detective era arrivato sulla scena e con lui il militare.

 

John guardò prima Sherlock poi la editor. Lasciò lì l'amico, tanto se la sarebbe cavata anche da solo, e si diresse a passo fermo e solido verso la ragazza. La guardò dritta negli occhi e le sorrise caloroso. Forse quel caso era più una manna dal cielo che una disgrazia.

 

Oh no, era lì. E stava anche cercando di risolvere il caso?! Questo era un oltraggio bello e buono. Voleva la sfida? Voleva perdere anche sul campo? Gli avrebbe dato quello che voleva. Si sforzò all'inverosimile fino a che non le rimase un'unica brillante idea nella testa.

 

Sherlock si lanciò verso l'ispettore Lestrade, con la soluzione stretta fra le labbra. Avrebbe vinto, ne era certo.

 

La editor non sapeva che fare. Parlare all'amica a quello stadio di competitività sarebbe stato totalmente inutile. Non sarebbe nemmeno stata sentita, probabilmente. Quando John le si avvicinò, gli si appoggiò senza smettere di scrivere, segnando separatamente i punti salienti do entrambi. Era straordinario guardarli all'opera.

 

Il blogger la strinse in un dolce abbraccio. Affondò il viso fra i suoi capelli. Erano così morbidi… “Mi dispiace per la nostra cena… mi farò perdonare, promesso.” le sussurrò all'orecchio dopo averle scostato un riccio nero.

 

La ragazza si guardò intorno alla ricerca del moro. Quando lo vide che stava correndo da Lestrade scattò in piedi. Non gli avrebbe permesso di vincere. Batterlo nella corsa era fuori discussione,ma forse una maggiore attenzione ai dettagli l'avrebbe salvata… infatti appena sopra l'inguine c'era qualcosa di veramente interessante. “Bruni! Veloce! Scrivi che il morto ha un tatuaggio della mafia cinese sul fianco quasi sull'inguine.”. Era certa che quello fosse un posto dove Sherlock non aveva guardato.

 

Sherlock tratteggiò i punti salienti dell'assassino all'ispettore Lestrade ad una velocità tale per cui il pover'uomo, che già era allenato a raccoglierne i frutti, non capì, con somma irritazione del detective stesso, che aveva fretta.

 

Brunella eseguì precisa. Col tempo aveva imparato a scrivere direttamente in bella i verbali delle indagini dell'amica, in corso d’opera, senza necessità di ulteriori elaborazioni. Avendo seguito anche il riccio ed avendo integrato, era uscita una relazione lunga e straordinariamente puntuale. “Ispettore, ecco a voi” sorrise cordiale all'ufficiale, passando davanti a Sherlock con aria tranquilla e consegnandogli il foglio intestato.

 

John non poteva credere ai suoi occhi. Sul serio Sherlock non si era accorto del tatuaggio? Gli sembrava impossibile. Guardò l'amico con un grosso punto interrogativo in viso. E poi era lui quello che guardava e non osservava?

 

Matilde era certa dell'esattezza delle sue parole e delle sue deduzioni. Guardò con aria vittoriosa il rivale. Doveva cercare qualcosa da dirgli che fosse arrogante il giusto “Tu guardi ma non osservi. “ gli sorrise. Non era stato attento per la fretta e ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Matilde gli prese il viso con una mano “Non fare quel musetto triste. Ti offro un buon tè.” gli lasciò il viso e rise.

 

Sherlock si sottrasse furibondo alla stretta ed alle sue parole. Non aveva mai sbagliato, mai! Arrivava una rivale -degna, doveva suo malgrado ammetterlo- e sbagliava su una cosa tanto semplice! Irritato, si allontanò nella nebbia londinese.

 

La editor si girò verso il militare -fu sufficiente girare il capo, siccome lo aveva attaccato alla schiena- “Sarà per la prossima volta, J” sorrise gentile.

   
 
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