Fanfic su artisti musicali > Slash, Myles Kennedy & The Conspirators
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Autore: Soul Mancini    21/05/2019    4 recensioni
[IN REVISIONE dall'11/01/2021!
Accenni ai componenti di Guns N' Roses e Alter Bridge.
Mylash - Slash x Myles]
Nove capitoli, nient'altro che una serie di momenti che si susseguono, piccoli slice of life per raccontare una storia. Un'amicizia nata nel 2009, quasi per caso, da una bizzarra collaborazione.
Un'amicizia che però cela qualcosa di più, qualcosa di difficile da accettare, qualcosa di dolce e al contempo doloroso.
DAL SECONDO CAPITOLO:
«Una voce inaspettatamente dolce e delicata, colma di profonda emozione, si sparse per la stanza, irradiata dalle casse ai lati del computer. Mentre la ascoltavo rapito, non potei fare a meno di chiedermi se seriamente appartenesse al ragazzo con cui avevo parlato al telefono. Pareva così diversa, così passionale, potente e vellutata allo stesso tempo.
Non avevo mai sentito nulla del genere.»
NOTE:
- All'interno dei capitoli si susseguiranno i POV di Slash e Myles. Non preoccupatevi, sarà semplice capire la voce narrante ^^
- Il primo capitolo si è CLASSIFICATO QUATTORDICESIMO al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Myles Kennedy, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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III

 
Back To Where I Belong

 
 

 
You'll have to carry me back from Cali
I don't care if you think I'm to blame
You'll have to carry me back to where I belong
You'll have to carry me back from Cali
The angel city where the devils play
You'll have to carry me back to where I belong
 
Yeah...
If you can hear me tonight
If you can hear me tonight
If you can hear me tonight
If you can hear me tonight
I've lost my way, I'm so alone
And all I want is to come home
 
 
Il cursore che indicava lo scorrere del brano si avvicinava rapido all’estremità destra dello schermo. Io e Myles ascoltavamo in silenzio la nostra Back From Cali, fresca di mixing; doveva essere ancora rifinita in alcuni punti, ma tutto sommato era pronta.
Ed era molto convincente.
Mentre le ultime note risuonavano nella stanza, scambiai uno sguardo complice e soddisfatto con Myles. Nel frattempo lui sorrideva raggiante e annuiva di tanto in tanto.
Mi accostai al pc per chiudere la finestra del lettore multimediale e poi mi voltai nuovamente verso di lui. “Allora?”
“Allora?” ripeté, stringendosi nelle spalle.
“Il risultato finale ti convince?” lo interrogai.
Lui piegò appena la testa di lato, facendo oscillare i suoi capelli. “Io sono qui per servirti, questo è il tuo album. A te piace?”
Dio solo sapeva quanto desiderassi giocare con quelle ciocche ribelli, per poi sistemargliele dietro l’orecchio. Non sapevo definire quello che mi capitava da quando avevo incontrato Myles per la prima volta: mi veniva difficile stargli lontano, lo trovavo adorabile; certe volte non riuscivo a staccare gli occhi dal suo viso, prestavo attenzione ai suoi gesti e trovavo che avesse un carattere splendido.
Tutto questo non mi piaceva affatto: mi era capitato tante volte di interessarmi in quel modo a delle ragazze, ma erano sempre state delle donne, appunto. Ero certo di non essere attratto dagli uomini, quindi quella faccenda doveva concludersi al più presto, mi dovevo dare una calmata.
“Slash, ci sei? Non mi hai ancora risposto” mi fece notare Myles in tono divertito, riportandomi alla realtà.
“Eh… sì, la domanda. Qual era?” caddi dalle nuvole, un po’ imbarazzato.
Lui scoppiò a ridere e mi batté un’amichevole pacca sulla spalla. “Ti piace la canzone?”
“Certo, che domande.”
Myles d’un tratto si incupì e si lasciò sfuggire un sospiro; aveva abbassato lo sguardo e giocherellava con una ciocca di capelli.
“Ehi… che c’è?” gli domandai preoccupato.
“Niente, stavo pensando che presto dovrò tornare a casa e mi dispiace, mi stavo abituando a questa routine e Los Angeles mi piace molto” ammise.
“Puoi rimanere qui quanto tempo vuoi, non ti mando via” gli dissi d’istinto. Non lo feci presente, ma l’idea che presto se ne sarebbe andato faceva male anche a me.
“Sarebbe bello, ma non posso: sto lavorando al mio album solista e ho bisogno di concentrazione. Però, se ti va, ogni tanto posso tornare a trovarti.”
Sorrisi. “Te l’ho detto, per me non c’è nessun problema! Allora, Kennedy, resti per cena?” gli proposi, giusto per sviare il discorso e risollevargli l’umore. Ormai quella di pranzare e cenare insieme era diventata un’abitudine.
“Oggi non posso, ho già preso degli impegni con alcuni amici. Ma prima di andare ti devo dare una cosa.” Myles mise su un’espressione enigmatica e si diresse verso la poltroncina dove aveva riposto la custodia della sua chitarra.
“Una cosa? A me?” mi sorpresi, non capendo dove volesse andare a parare. “Mi hai comprato un regalo?”
“Più o meno, se così lo vuoi definire” borbottò lui con una risatina.
Poco dopo tornò da me con due custodie di CD tra le mani e me le consegnò. “Da parte mia e dei ragazzi” spiegò.
Mi rigirai i dischi tra le mani con profondo interesse: erano gli album degli Alter Bridge. “Wow.”
“Il primo è One Day Remains, è del 2004, mentre Blackbird è del 2007. Mi sembrava carino regalarteli, dato che non conosci tanto bene la mia band” spiegò, indicando prima una e poi l’altra custodia.
“Grazie, li ascolterò stasera stessa” mormorai, accennando un sorriso. In realtà ero fuori di me dalla gioia e avrei voluto stringere Myles in un abbraccio, ma mi tenni distaccato. Già mi trovavo in una situazione di merda e il cervello mi si ingarbugliava quando stavo con lui, dovevo limitare i nostri contatti fisici.
“Stasera? Non ne hai abbastanza di me?” scherzò Myles.
Non ne avevo mai abbastanza di lui.
Scossi il capo. “Ma io sono curioso” mi giustificai con una risata.
“Va bene, va bene!”
 
La prima cosa che feci quella sera appena rientrai in casa fu inserire One Day Remains nello stereo. Le due canzoni che Myles aveva registrato con me non mi bastavano più, ero curioso di scoprire cos’altro era in grado di fare.
Come constatai leggendo i titoli sul retro della custodia, il primo brano si chiamava Find The Real e aveva un sound abbastanza aggressivo ma non eccessivamente pesante – almeno questa fu la mia prima impressione.
Quando Myles cominciò a cantare, il mio cuore perse un battito: la sua voce era così energica e potente… no, non mi stancava mai. Come poteva pensare che ne avessi abbastanza di lui?
Mi sentivo in colpa a lasciarmi trascinare da quei pensieri, non avrei mai e poi mai dovuto ascoltarli. Ma non ero mai stato bravo ad appigliarmi alla ragione, la maggior parte delle volte agivo d’istinto, di cuore.
Mentre la prima traccia dell’album volgeva al termine e cedeva il posto a One Day Remains, presi una decisione: avrei chiesto a Myles di accompagnarmi nel tour di promozione dell’album. Del resto era in grado di cantare qualsiasi cosa.
 
“Allora, c’è quella canzone di cui mi sfugge il nome, era più o meno al centro dell’album… ecco, e mi è rimasta in testa.”
Myles passò un polpastrello sulle corde della chitarra acustica con fare pensoso. “Metalingus?”
“No, era qualcosa che diceva… forse c’era un broken da qualche parte” mi sforzai di ricordare.
Quella mattina mi ero svegliato con un brano degli Alter Bridge in testa e, quando Myles mi aveva raggiunto sul portico di casa mia, gliel’avevo subito detto.
Il cantante si illuminò. “Ah, allora è Broken Wings, infatti è la traccia numero sei! Non renderà tanto con la chitarra acustica, ma posso provare a cantarla” affermò, per poi eseguire gli accordi giusti al primo colpo.
 
 
On broken wings I'm falling
And it won't be long
The skin on me is burning
By the fires of the sun
On skinned knees
I'm bleeding
And it won't be long
I've got to find that meaning
And I'll search for so long
 
 
Canticchiò e suonò il ritornello con disinvoltura, quasi come se io non ci fossi. Il sole tiepido del mattino gli accarezzava le braccia, lasciate scoperte da una canottiera nera.
“Sì, è quella” confermai. “Il tuo amico Mark non è male alla chitarra, sai?” buttai lì, giusto per esprimere un giudizio in più sugli album degli Alter Bridge. Non potevo soffermarmi solo su di lui e sommergerlo di complimenti.
“Lo penso anch’io, è anche un compositore pazzesco. Glielo riferirò!”
“Tu partiresti con me?”
Bel modo di fare una proposta, complimenti Slash. Pensare prima di parlare non sarebbe un male.
Myles sollevò la testa di scatto. “Partire? In che senso?”
Scoppiai a ridere. “Intendo in tour. Okay, aspetta, facciamo che riparto da capo!”
“Oh… il tour per la promozione del disco?” s’informò, curioso.
“Sì, esatto. Sai, penso che tu saresti adatto per cantare di tutto, incluse le canzoni dell’album e, beh, pensavo di inserire in scaletta anche dei brani dei Guns N’ Roses.”
Myles spalancò gli occhi per lo stupore – la sua espressione era estremamente tenera. “Pensi che potrei cantare i Guns?”
Scrollai le spalle e schiacciai nel posacenere la sigaretta che stavo fumando. “Nel caso, Axl dovrebbe sentirsi onorato.”
“Non dire fesserie: lui è un’icona, interpretare i suoi brani non è una cosa da tutti” obiettò subito in tono serio.
“Non da tutti, ma da te sì. Credimi” ribadii, sicuro di ciò che dicevo.
Nonostante tutto ciò che era accaduto e il modo in cui si erano logorati i rapporti tra noi, rispettavo Axl ed ed ero fermamente convinto che nessuno potesse avere la sua attitudine. Solo il sorprendente talento di Myles era in grado di potrarmi ad affermare qualcosa del genere.
“Così mi metti in imbarazzo!”
Sbuffai e lo osservai con la coda dell’occhio. “Che palle. Dunque, accetti?”
“Così, su due piedi, ti direi di sì… ma posso prendermi qualche giorno per pensarci?”
“Eh no, ormai hai accettato, non si può più tornare indietro” lo presi in giro.
“Me lo hai chiesto solo perché ti ho detto che mi dispiaceva tornare a casa, eh? Di’ la verità, non ti vuoi liberare di me!” mi punzecchiò con un sorrisetto furbo.
Oddio, sì. Avrei fatto qualsiasi cosa per vedere quel sorriso ogni giorno per i mesi successivi.
Dovevo smetterla!
“Potrebbe essere… ma comportati bene, mi raccomando. Stai avendo a che fare con un personaggio importante” mi pavoneggiai in tono ironico, assumendo una posa da VIP vissuto.
“Ora sono inquietato” continuò a reggere il gioco lui.
“Lo so, faccio paura. Quindi, accetti di partire con me?” tornai a bomba sull’argomento, troppo impaziente di sentire la risposta.
Se mi avesse detto di no, ci sarei rimasto troppo male.
“E va bene, ti seguirò” accettò con un enorme sorriso a increspargli le labbra.
Avrei voluto esultare per la gioia, ma non lo feci. Non potevo e non dovevo. “E vuoi aiutarmi anche nei provini per scegliere batterista e bassista?”
“Volentieri! Ma tutto questo a una condizione.”
Aggrottai le sopracciglia. “Sarebbe?”
“Oggi andiamo a fare una passeggiata al mare!”
“Myles, ne abbiamo già parlato: non posso andare a zonzo per Los Angeles a mio piacimento, la gente mi riconosce e mi perseguita” gli ricordai.
“E dai, siamo rintanati qui da un tempo indefinito, ci stiamo fossilizzando peggio di due dinosauri!” tentò di convincermi, sporgendosi appena verso di me.
“Cos’hai contro i dinosauri? A me piacciono. Erano delle creature molto interessanti.” Incrociai le braccia al petto con fare indignato.
“Ma che…? Vabbè, comunque, il mare fa bene alle vie respiratorie, e quindi è perfetto per me, che sono un cantante.” Myles continuava a insistere e la cosa non mi sorprese, avevo imparato a conoscere anche l’aspetto più testardo di lui.
“Il mare di Los Angeles è inquinato, non fa bene” replicai prontamente. In quanto a testardaggine, non sapevo chi dei due fosse il peggiore.
“Vabbè, dai, non fa niente se non ti va. Ci posso andare da solo” affermò senza alcuna traccia di rabbia o risentimento nella voce.
Sollevai gli occhi al cielo; una parte di me mi suggeriva di lasciarlo fare, ma non volevo nemmeno che restasse da solo.
E non volevo che mi lasciasse da solo.
“Senti, va bene, vengo con te al mare” mi arresi con uno sbuffo.
Myles mi scoccò un’occhiata soddisfatta. “Sono un Sagittario, Slash. I Sagittario prima o poi ottengono quello che vogliono!”
Scoppiai a ridere. “Vaffanculo!”
 
 
♫ ♫ ♫
 
 
“Ma sul serio tu ti avvolgi così tra giubbotti, sciarpe e simili ogni volta che esci?” mi chiese Todd perplesso, mentre armeggiavo con la zip del mio cappotto pesante.
“In quanto cantante, devo proteggermi da tutto ciò che potrebbe danneggiare la mia voce. Hai idea dell’umidità che c’è qua fuori? E se mi ammalassi ora, nel bel mezzo del tour?” ribattei, spiegando pazientemente il mio punto di vista.
“Sì, va bene… io intanto scendo e fumo una sigaretta” borbottò il bassista, seguendo Brent all’esterno dell’auto.
Io finii di rivestirmi, poi aprii lo sportello e raggiunsi i miei amici di fronte all’ingresso dell’albergo. Mi bastò dar loro un’occhiata per capire che erano tutti distrutti quanto me.
Il tour per la promozione di Slash stava andando alla grande e ormai avevamo superato la metà delle date previste. Un successo del genere sarebbe stato da festeggiare, ma forse eravamo tutti troppo vecchi per cose del genere ed era per quello che, dopo ogni concerto, non vedevamo l’ora di metterci a letto.
Le nostre fesserie da rockstar le avevamo già fatte a tempo debito.
“C’è un freddo assurdo” brontolai, stringendomi le braccia attorno al corpo.
“Vai dentro, no?” mi suggerì Brent in tono ovvio.
“No, aspetto voi.”
Posai lo sguardo prima sul batterista, poi su Todd e infine mi soffermai su Slash. Era ancora strano per me vederlo senza occhiali scuri, in genere li indossava sempre, ma di sera rischiava di inciampare da qualche parte se non li toglieva.
“Cos’hai da guardare?” borbottò il chitarrista aggrottando le sopracciglia.
“Sto per dire una cazzata” lo avvertii, prendendo a sghignazzare.
“Adesso sono curioso” dichiarò Todd.
“Prima di partire per questo tour, non avevo idea di che occhi avessi. Cioè, il taglio, il colore…”
Brent e Todd scoppiarono a ridere fragorosamente e io subito li ammonii, facendo notare loro che stavano facendo troppo baccano ed era notte fonda.
Slash intanto si esibiva in una smorfia contrariata. “Ma… ma che cazzo dici? E io che ti facevo una persona seria” brontolò, incrociando le braccia al petto.
“No, dico davvero, non avevo mai cercato una tua foto senza occhiali!” proseguii, contagiato dalle risate generali.
Ovviamente non era vero, mi era capitato di vedere qualche scatto del suo viso sgombro da ogni barriera, ma a ben pensarci potevo contare quegli episodi sulle dita di una mano.
“Myles, sei un mito!” esclamò Todd, battendomi una vigorosa pacca sulla schiena. Per fortuna indossavo un giubbotto pesante che attutì il colpo, altrimenti mi avrebbe spezzato in due.
Quando tutti ebbero finito di fumare, entrammo nella hall dell’albergo completamente deserta, fatta eccezione per un receptionist che fissò il suo sguardo su Slash e ci osservò passare con la bocca semiaperta.
“Buonasera! Tutto bene?” gli chiese Todd in tono innocente.
Brent mi diede di gomito. “Che coglione” borbottò al mio orecchio.
Trattenni una risata.
“Ah? Eh? Sì. Buonasera” farfugliò il tizio per poi arrossire.
Raggiungemmo il nostro piano, ma prima che potessi andare alla ricerca della mia stanza – già mi ero scordato dove si trovasse – Todd mi posò una mano sulla spalla. “Ti va di passare un attimo da me?”
“Hai visto che ore sono?”
Ma il bassista non attese oltre e mi spinse dentro la sua camera. Era una stanza grande e spaziosa, dai mobili scuri e palesemente costosi.
“Perché?” gli chiesi, poggiando la schiena a una parete. Non mi piaceva essere trascinato a quel modo, per giunta senza sapere il motivo.
“Siediti” mi invitò lui, prendendo posto sul bordo del materasso da una piazza e mezzo.
Lo affiancai, senza smettere di lanciargli occhiate dubbiose e interrogative. “Sono stanco però.”
“Farò in fretta. Allora… hai notato come ti guarda Slash?”
Strabuzzai gli occhi, confuso. Dal momento che non avevo capito dove volesse andare a parare, ripiegai su una battuta: “Perché, tu in genere riesci a capire la traiettoria del suo sguardo?”.
Todd rise. “Che stronzo! No, davvero, cazzate a parte… non lo hai notato?”
Mi strinsi nelle spalle. “Non ho notato niente di strano o insolito, lui è sempre lo stesso.”
“Ah, quindi è sempre stato così” insinuò in tono vagamente malizioso.
Ero confuso e, anzi, quella conversazione iniziava a darmi sui nervi. Tuttavia mantenni la calma. “Ti prego, spiegati meglio.”
“Ti guarda sempre, ti studia. Quando ti vede solo da una parte, fa di tutto per avvicinarsi e attaccare bottone con te, senza dare troppo nell’occhio. Quando parli ti ascolta con interesse e sorride sempre… e, te lo assicuro, Slash non sorride mai!”
Todd doveva essere ubriaco.
“Io non ho notato tutte queste cose” ammisi, “ma di sicuro è perché io e lui abbiamo stretto una forte amicizia.”
“Mi piace la tua innocenza.”
Allora capii cosa stesse cercando di dirmi. Scossi il capo e mi misi in piedi. “Senti Todd, non per essere sgarbato, ma penso che tu ti stia facendo strane idee, film mentali che non esistono né in cielo né in terra. Lasciamo perdere, siamo entrambi stanchi” lo liquidai, avviandomi alla porta d’uscita.
“È un modo carino per mandarmi al diavolo?”
“È un modo carino per dirti che non c’è nulla di cui preoccuparsi, puoi metterti l’anima in pace.”
Quando mi ritrovai in camera mia, sdraiato sul letto, ripensai alle parole del bassista. Più ci riflettevo, più mi parevano assurde: Slash mi voleva bene, punto, non si sarebbe mai potuto interessare a me in altri modi.
Anche perché, nel caso ciò fosse accaduto, non l’avrei mai potuto ricambiare.
 
 
♫ ♫ ♫
 
 
Quella notte mi sentivo più solo del solito e non riuscivo a dormire. Mi rigirai ancora una volta tra le coperte, osservai un raggio di luna che filtrava tra le pesanti tende alle finestre.
Erano così fredde, quelle coperte, e il letto sembrava così grande.
Ormai non lo potevo più negare a me stesso: Myles mi mancava quando non era con me, avevo bisogno di lui, mi rendeva completo. Quanto avrei voluto averlo accanto, fargli posare la testa sul mio petto e coccolarlo, passare le dita tra quei capelli lunghi. Volevo solo un po’ di calore, dimostrare a Myles quanto mi facesse stare bene anche solo il fatto di vederlo sorridere.
Sospirai e chiusi gli occhi. Anche quella notte, invece, l’avrei passata solo con i miei pensieri.
 
 
 
 
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Ciao e benvenuti alla fine di questo capitolo! ^^
Allora, che ne pensate? Vi sta piacendo come si sta evolvendo il rapporto tra Slash e Myles?
A me personalmente dispiace per come sto facendo soffrire il chitarrista, però è anche interessante entrare nella sua psicologia. E… diciamo che in questa storia lo sto facendo più romantico di quanto in realtà non sia XD mi piace l’idea che la presenza di Myles lo faccia completamente rimbecillire e rammollire!
Slash, ti voglio bene :3
Già nello scorso capitolo vi ho lasciato il link di Back From Cali, di cui vi ho parlato qui, così oggi vi faccio ascoltare Broken Wings degli Alter Bridge, la canzone che nel mio immaginario ha colpito Slash:
https://www.youtube.com/watch?v=1xICZAQ7GBQ
Non è bellissima? *-*
Passando ai riferimenti a cose realmente accadute:
-      Slash non aveva davvero mai sentito gli Alter Bridge prima di lavorare con Myles, quindi mi sembrava una cosa carina che il cantante gli regalasse gli album... anche se non ho la certezza che sia andata così XD
-      Todd Kerns (bassista) e Brent Fitz (batterista) sono i Conspirators, ovvero coloro che completano la band del progetto solista di Slash. Lavorano con lui dal primo tour, anche se sono stati coinvolti nelle registrazioni in studio solo a partire dal secondo album, Apocaliptic Love. Negli anni successivi si è unito alla formazione anche il chitarrista ritmico Frank Sidoris, ma ai tempi in cui è ambientata questa scena ancora non c’era.
Spero di essere riuscita a chiarire i vostri eventuali dubbi e che il capitolo vi sia piaciuto! Vi ringrazio per il costante e preziosissimo supporto, attendo il vostro parere e vi do appuntamento alla settimana prossima!!! ♥
 
 
 
   
 
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