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Autore: heliodor    21/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Quelo che non vedi
 
"Kellen l'inquisitore" disse una di esse avanzando sotto la luce incerta della luna. Un viso dai lineamenti marcati, con un naso schiacciato e la fronte alta, li squadrò con espressione severa. "Quando ho sentito dire che eri tornato in città non volevo crederci."
Kellen serrò la mascella. "Goffren. Come al solito ti nascondi dietro i tuoi tirapiedi."
"E tu dietro al tuo mantello da inquisitore."
Kyras e gli uomini in armatura raggiunsero Goffren.
"Te lo dicevo che sapeva dov'era il ragazzo, Goff" disse lo stregone.
Goffren gli fece un cenno con la mano. "Io credo di no. Kellen è preoccupato quanto noi. Non è vero?"
"Dovresti essere tu a preoccuparti per lui."
"Perché dovrei?"
"Non è tuo nipote? Credevo che per i Berryn i legami di sangue contassero qualcosa."
Goffren scrollò le spalle. "Ho smesso di preoccuparmi per lui quando è entrato nel circolo. Mio fratello voleva così e io l'ho accontentato. Sapevo che mi sarebbe tornato utile in un modo o nell'altro."
Kellen sogghignò. "Quanta generosità nelle tue parole. Quasi mi commuovo."
"Smettiamola di parlare" disse Goffren. "Se quelle informazioni non può darmele Beric, me le darai tu. In fondo sei stato un allievo di Joane, no?"
Kellen evocò i dardi magici, uno per mano. "Strega rossa" disse senza voltarsi. "Non hai un cavallo al Puledro Morto?"
Joyce lo affiancò. "Non vuoi un aiuto qui?"
Kellen la guardò sorpreso. "Mi aiuteresti davvero?"
"Sei da solo contro otto" disse Joyce.
Kellen sogghignò. "E credi che sia in svantaggio? Forse ti ho giudicato male." Scosse la testa. "Prendi la tua cavalcatura e porta Beric lontano da qui. Mi farai questo favore?"
"Non so nemmeno da dove cominciare."
"Il ragazzo sa" le sussurrò lui.
Se aiuto Beric lui potrebbe portarmi da Joane, pensò Joyce. "Forse lo farò, ma non per aiutare te."
Kellen ghignò. "Almeno sei sincera. Adesso vai. A loro penso io."
Joyce prese per mano Beric.
"Che vuoi?" fece lui divincolandosi. "Guarda che sono un adulto, io."
"Non hai nemmeno il mantello" disse Joyce.
“Nemmeno tu.”
Goffren e Kyras avanzarono verso di loro spingendoli contro la parete di fondo della stalla.
"Da quella parte c'è la strada" disse Kellen.
Joyce annuì. Tra le sue mani apparve un globo infuocato.
"Farai crollare tutto" gemette Beric.
Ha ragione, pensò Joyce.
Kellen ghignò. "Il circolo è solido, anche se non sembra. Sfonda quella parete, strega rossa." Il suo scudo si allargò fino a circondare anche Joyce e Beric.
Dalla parte opposta Kyras puntò il braccio verso Kellen. "Scappano" esclamò.
"Fermateli" disse Goffren ai soldati. "Ma non fate del male al ragazzo."
I soldati si mossero in avanti.
"Adesso, strega rossa" disse Kellen.
Joyce puntò la sfera infuocata verso la parete e la lasciò partire. L'energia imprigionata nell'incantesimo venne rilasciata in una sola volta quando colpì il muro, seguita da un boato assordante.
Joyce sentì il vento schiaffeggiarle il viso e chiuse gli occhi. La stalla si riempì di polvere e fumo.
Tossì, la gola in fiamme che cercava di inalare aria. Prese Beric e lo spinse in avanti. Oltre il fumo, colse un leggero bagliore che si rifletteva sui frammenti delle pietre spezzate e sparpagliate sulla strada all'esterno.
Si mosse nel buio, incurante di dove mettesse i piedi.
"Ha funzionato" disse senza fiato mentre spingeva Beric lungo la strada. Dalle abitazioni vicine giungevano grida allarmate.
"Dobbiamo aver svegliato tutta la città" disse divertita mentre correva con Beric.
Il ragazzo si voltò per un istante. "Non ci inseguono."
"Kellen li terrà impegnati" disse Joyce.
"Non dovremmo aiutarlo?" chiese il ragazzo.
"Non dicevi che voleva uccidere Joane?"
Beric si strinse nelle spalle. "È pur sempre un confratello."
"Non sei ancora stato consacrato" disse Joyce.
Beric sembrò deluso. "E chissà se lo sarò mai."
Si fermarono davanti al Puledro Morto. Dalle finestre aperte filtrava la luce delle lampade e ombre si muovevano dietro le imposte. Udì le voci concitate degli ospiti che si erano svegliati presto.
O forse non erano mai andati a dormire.
Qualcuno si trovava già in strada in sella al suo cavallo. Un uomo e una donna passarono così vicini da udire quello che si dicevano.
"Se ci avviamo prima" disse una donna il cui viso era coperto da un velo scuro. "Li precederemo."
"Uccidere la rinnegata non sarà facile" disse un uomo dalla pelle ramata. Un mantello scuro e sbrindellato gli scendeva dalle spalle.
"Lascia stare quella" disse la donna. "Berryn ha messo una taglia di cinquecento monete su ognuno dei suoi complici."
"Ma la rinnegata vale da sola cinquemila monete" protestò l'uomo.
"Accontentiamoci della sua banda" disse la donna facendo schioccare le redini.
I due cavalieri si lanciarono al galoppo per le vie deserte.
Joyce raggiunse le stalle dove il ragazzo a cui aveva affidato il cavallo sonnecchiava su di uno sgabello.
Joyce fece un colpo di tosse. Il ragazzo sobbalzò.
"Sei tu" disse con aria assonnata. "Parti di già?"
"Sì" disse Joyce. "E ho anche una certa fretta. Potresti portarmi il mio cavallo?"
Il ragazzo le portò la bestia. Joyce notò che era pulita e riposata. Diede al ragazzo una moneta.
"Grazie" disse lui.
Joyce montò in sella. "Prendo anche quello" disse indicando un cavallo pezzato.
Lo stalliere sgranò gli occhi. "Non puoi prenderlo. Non è tuo."
Joyce prese una manciata di monete e gliele porse. "Lo compro. Bastano queste?"
Lo stalliere scosse la testa. "Non è mio, ma di Ryde, la Tigre Bianca."
Bene, pensò Joyce felice.
"Ryde e io siamo amici. Digli che la strega rossa l'ha preso in prestito e glielo ridarà quando si rivedranno. Dagli le monete per il disturbo. Beric."
Il ragazzo stava già armeggiando con le redini.
"No, no, no" disse lo stalliere strappandogliele di mano. "Ryde mi ucciderebbe se sapesse che ti ho fatto prendere il suo cavallo."
Joyce evocò un dardo e glielo puntò contro il viso. "Ti ucciderò io se non me lo lasci prendere."
Lo stalliere guardò il dardo e lasciò le redini. "Non è giusto. Lo stai rubando."
"Attento a come parli" disse Joyce. "Potrei decidere di prendermi il cavallo e anche la tua vita."
Lo stalliere si voltò e corse via.
Beric montò in sella. "Lo stiamo davvero rubando?"
"Credo di sì" disse Joyce. Si sentiva euforica e per niente in colpa per quello che stava facendo.
"La Tigre Bianca si arrabbierà moltissimo."
"Che lo faccia. Probabilmente avrà rubato questo cavallo a qualcun altro" disse Joyce sicura. "Pronto?"
Beric annuì.
Uno dietro l'altra galopparono fuori dalla stalla.
Nel cortile della taverna si era radunata una piccola folla. Joyce intercettò delle frasi mentre ci passava in mezzo.
"Dicono che il circolo è stato attaccato."
"Da chi?"
"Non si sa."
"Mio cugino dice che hanno tirato giù un muro."
"Stanno ancora combattendo."
"Andiamo a vedere."
"Ignorali" disse a Beric.
Il ragazzo annuì e la seguì
Joyce fece schioccare le redini e galoppò verso l'uscita del villaggio. Quando vi arrivò la trovò sguarnita. I due soldati di guardia dovevano essere andati a dormire e non erano ancora tornati.
 Appena fuori andò verso nord seguendo la strada che correva lungo il fiume che scorreva parallelo alle montagne.
Attraversarono la pianura monotona attorno alla città lasciandosi alle spalle le colline che formavano il confine occidentale dell'altopiano. Nel frattempo il sole era sorto e lei cominciava a sentirne il calore riscaldarla.
Aveva quasi dimenticato quanto fosse piacevole godersi una giornata di sole. Con l'arrivo della bella stagione i giardini del palazzo di Valonde fiorivano in un tripudio di colori e odori.
"Da che parte dobbiamo andare?" chiese a Beric.
Il ragazzo la fissò con espressione incerta.
"Non ti fidi ancora di me, dopo che ti ho salvato da quei tizi?"
"Non sono dei tizi" disse lui.
"Berryn poteva farti del male."
"È mio zio" disse Beric.
Joyce sobbalzò sulla sella. "Vuoi dire che tu sei un Berryn?"
"Mia madre lo era. Sposò uno stregone del circolo, Mikkel. O almeno è quello che mi ha detto."
"E tuo padre?"
Beric scrollò le spalle. "Non l'ho mai conosciuto. Mia madre è morta quando ero piccolo e lo zio Goffren mi ha cresciuto. Quando si sono accorti che avevo i poteri mi hanno portato al circolo e da quel giorno l'ho visto due o tre volte. Non era contento che la mamma avesse sposato quello stregone. Diceva che aveva disonorato la tradizione di famiglia e che io ero la sua vergogna."
Joyce sospirò. "Proprio non vuoi dirmi dove si nasconde Joane? Guarda che è importante. La vita di una persona potrebbe dipendere da questo."
Beric tirò le redini fermandosi in mezzo alla strada. "Prima di andarsene, Joane mi disse di andare alla torre di Orthon e di salirci sopra."
"Torre di Orthon?"
Beric annuì deciso. "Qui attorno è pieno di queste torri. Sono quasi tutte crollate, ma quella di Orthon è ancora in piedi."
"Torri" disse Joyce. "Chi costruirebbe delle torri in mezzo a una valle?"
Beric scrollò le spalle. "Gorgas dice che le hanno costruite i maghi. Oppure i giganti ancor prima di loro."
"Sai dov'è questa torre?"
Beric indicò il nord. "Bisogna superare i boschi e arrivare alle colline."
Ci vollero due ore di galoppo prima di avvistare la torre di Orthon. Sorgeva su di una collina, ben visibile anche da quella distanza.
Alberi dalla chioma rigogliosa circondavano la base dell'altura formando una corona naturale. La torre si stagliava contro il cielo come un dente annerito. La pietra grigia e nera la faceva sembrare più antica di quanto doveva essere.
L'idea che fosse l'avamposto di un mago le diede un leggero fremito e fece accelerare il battito del cuore.
Si avvicinò senza rallentare né nascondersi.
Non c'è tempo per la prudenza, si disse.
Rimase comunque all'erta e lo scudo magico pronto a essere evocato. Salì al galoppo fino alla sommità della collina e raggiunse la base della torre.
Vista da vicino era anche più imponente di quanto sembrasse. Svettava per almeno cinquanta metri sopra la collina e, sommando la sua altezza a questa, doveva dominare l'intera valle.
Non c'erano aperture alla base, ma non si era aspettata di trovarne. Fece il giro completo, trovando i segni di un ingresso sormontato da un arco. Qualcuno lo aveva murato con delle pietre ammonticchiate.
Poco male, si disse.
Beric guardò in alto. "E ora?"
"Saliamo" disse Joyce. Lo afferrò per le spalle e lui fece per ribellari.
“Che stai facendo?” chiese il ragazo.
Il suo corpo si staccò da terra e levitò fino alla sommità della torre. Solo allora annullò l'incantesimo e atterrò sulla cima piatta.
“Levitazione” disse Berryn. “È rara.”
Joyce si strinse nelle spalle.
Con i piedi al sicuro sulla solida pietra nera, lanciò un'occhiata verso la valle. Da quell'altezza poteva spingere lo sguardo fino all'altopiano e il bosco a occidente.
A ridosso della macchia verde vide le case di Barakzah. Minuscole figure si muovevano nella valle a gruppi, ognuno diretto verso una direzione diversa.
Uno di questi stava venendo dalla sua parte.
Qualcun altro doveva aver pensato di controllare le torri che sorgevano nella valle?
Joyce rifletté su quello che aveva scoperto. Orthon non era un buon nascondiglio. Era troppo esposto e ben visibile dalla valle.
Nessuno si sarebbe nascosto in quel luogo. Eppure, Joane aveva detto a Beric di salire su quella torre.
Da lì poteva vederne molte disseminate tra le fattorie e i campi. La maggior parte erano ridotte in macerie, crollate chissà quanti secoli prima.
Un paio erano ancora visibili anche se crollate in parte. Sembravano i denti spezzati di un gigante che era caduto su quella valle.
Fece un giro completo su sé stessa.
"Joane non ti ha detto altro? Solo di venire alla torre?"
Beric si fece pensoso. "Non ricordo bene. Joane diceva molte cose ed era quasi sempre di cattivo umore. Una volta mi disse di non fidarmi di quello che vedevo e di fidarmi di quello che non vedevo."
"Ci mancava solo un indovinello" disse Joyce.
"Indovinello?"
"È una specie di gioco di parole."
"Lo so che cos'è" disse Beric accigliato.
"Nel Leone e la Spada c'è un indovinello" disse Joyce cercando di concentrarsi. "Mydar il Giovane Leone deve risolverlo per conquistare la chiave con la quale aprire il forziere dove è nascosto il cuore della sua amata Lymael."
Beric la guardò sorpreso. "Tu leggi Adenora Stennig?"
Il viso di Joyce si illuminò. "Certo" disse con voce squillante. "Io la adoro. Anche tu?"
Beric fece una smorfia. "No, certo che no" esclamò. "Le sue storie sono scontate e prevedibili."
"Non è vero" disse Joyce come se avesse offeso lei e non la scrittrice. "Adenora è la migliore scrittrice del mondo conosciuto."
"Setten Jamond è il migliore. Non hai mai letto il suo Cantico del Sangue e degli Eroi?"
"Lasciamo perdere" disse Joyce cercando di concentrarsi sull'indovinello. "Non fidarti di quello che vedi e fidati di quello che non vedi" mormorò. "Beric" disse cercando di afferrare un pensiero che sembrava sfuggirle. "Quante torri ci sono nella valle?"
"Una dozzina" rispose il ragazzo.
"Sapresti indicarmele?"
Beric socchiuse gli occhi. "Mi pare ci siano tutte. Da qui posso vedere anche quelle più distanti."
"Sicuro che non ne manchi qualcuna?"
"Gorgas saprebbe dirtelo, ma ha insistito perché imparassimo a memoria i dintorni della città." Il suo sguardo vagò per la valle. "Ne manca una. La torre di Alling. Lo so perché è una di quelle meglio tenute. La usavano come magazzino per il raccolto prima che un fulmine la colpisse, spezzandola a metà."
"Sapresti indicarmela?" chiese Joyce ansiosa.
Beric puntò il braccio verso nord. "Dovrebbe essere lì, oltre quella collina."
"Sì" disse Joyce. "È l'unica che non si vede da quassù. Scendiamo."
Quando furono alla base della torre Joyce si diresse ai cavalli.
"Aspetta" disse Beric. "Come fai a sapere che quello è il posto giusto?"
"Fidati di quello che non vedi" disse Joyce. "La torre di Alling non si vede da qui, quindi quello è il posto dove troveremo Joane."

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