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Autore: White Gundam    24/07/2009    4 recensioni
Un'ammirazione talmente grande da rasentare il livello dell'ossessione, una serata da solo in stanza Cloud cerca di emulare Zack, di diventare come lui corroso da un sentimento che più che ammirazione pare essere diventata un'ossessione quasi totale...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nuova fanfiction ad arricchire quelle su Zack e Cloud, incentrata sul secondo. E’ ambientata durante la fanciullezza di Cloud, e quindi durante Crisis Core… Giocando più volte a quel gioco (ormai non le conto più XDXD) ho sempre avuto l’impressione che il protagonista di Final Fantasy VII avesse, da ragazzino, un’ammirazione bruciante per Zack… E quindi eccolo, sperando di non andare troppo OOC, Cloud alle prese con la sua idea di emulare Zack. Fatemi sapere cosa ne pensate^^

 

(ATTENZIONE: la mia non vuole essere una yaoi, quanto semmai la storia di un ragazzo che ancora non riesce ad apprezzare sé stesso e che fa di un amico un punto di riferimento talmente importante da volerlo emulare in tutto e per tutto)

 

 

ADMIRATION OR OBSESSION?

 

 

 

L’allenamento era finito, la cena consumata ed ora il giovane poteva finalmente rientrare nella propria stanza. Inserì la tessera magnetica sulla quale spiccava la foto di un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi chiari con un volto non troppo convinto. Nessun sorriso, come vi era sulla foto di Zack; nessuna sicurezza assoluta. Non osò guardarla oltre e la infilò nella fessura, la porta si aprì concedendo a Cloud Strife di entrare nella sua camera. Il ragazzino si sfilò l’elmo e lo lanciò verso il letto con noncuranza. Lanciò un’ultima occhiata al tesserino, notando la linea che ne indicava il grado: fante; Cloud serrò le labbra e girò la tessera dall’altro lato, dove compariva solo il marchio della Shinra.

Sbuffò lasciandosi cadere sul letto, chiuse gli occhi e si sfilò coi piedi i pesanti stivali. Si sentiva distrutto, aveva faticato tutta la giornata… Serrò le mascelle in una smorfia di disappunto: non era servito a niente; ancora una volta non aveva passato l’esame per entrare in SOLDIER.

“Resterò un fante a vita…”

Pensò il giovane, amareggiato. Aprì gli occhi, notando che lo specchio rifletteva la sua immagine; li richiuse, voltandosi dall’altra parte. Pochi secondi dopo un suono secco lo costrinse ad aprire nuovamente gli occhi; qualcuno stava bussando alla sua porta. Si alzò con lentezza dal letto dirigendosi verso la porta.

“Cloud Strife, fante della Shinra; chi è?”

Domandò, con voce assonnata al citofono. Nessun altro suono per qualche istante, poi una voce; allegra, ferma, decisa.

“Sono Zack, allora, Cloud… Posso entrare o mi fai rimanere qui in piedi tutta la notte?”

Cloud diede un colpetto di tosse per riaggiustarsi la voce, per renderla almeno un pochino più simile a quella dell’amico: meno roca, meno schiva.

“Certo, avanti… Entra pure.”
Il tono non gli era uscito molto convinto, probabilmente Zack gli avrebbe chiesto dell’esame. Gli aprì dandosi una leggera riavviata ai capelli scompigliati. Il SOLDIER di seconda classe entrò, coi capelli corvini ancora in ordine e il viso rilassato, come se tutto l’allenamento non l’avesse stancato minimamente. Con la coda dell’occhio Cloud guardò il proprio riflesso allo specchio; aveva il viso pallido come fosse malato; spostò gli occhi da un’altra parte evitando di guardare ancora. Zack si sedette sul letto del biondo e gli porse la domanda fatidica:
“Allora, com’è andata? Passato l’esame?”

A Zack non servì una risposta per capire di aver sbagliato la domanda da porre; notò Cloud abbassare gli occhi verso il basso e reclinare quasi impercettibilmente la testa a guardare verso terra. Il più giovane scosse la testa, con la gola talmente secca da renderlo incapace di rispondere anche a semplici monosillabi. Accortosi del disagio di Cloud, Zack si passò una mano tra i capelli nero pece in maniera elegante e sbarazzina al tempo stesso. Cloud osservò il suo movimento, memorizzandolo nella propria mente con l’accuratezza di un obbiettivo che imprime le immagini sulla pellicola alla velocità di un milione di scatti al secondo. Quindi il SOLDIER dai capelli scuri fece un largo sorriso, allegro tenero e forte, come solo lui sapeva fare e si alzò facendo pressione sulle mani e saltando a terra con un perfetto appoggio delle gambe; senza fare troppo rumore, come fosse atterrato sulla neve. Poi, con la sua camminata fiera e decisa gli si avvicinò, poggiandogli quindi le mani sulle spalle e stringendole con forza, ma senza fargli male.

“La prossima volta ce la farai… Basta crederci!”

Gli disse, costringendolo con una morsa invisibile ad alzare il mento e guardarlo in viso. Cloud annuì, insicuro. Zack sorrise di nuovo e ripeté la solita frase, che continuava ad affascinare il ragazzino biondo ogni volta che la sentiva:

“E soprattutto, qualunque cosa succeda… Segui i tuoi sogni e proteggi sempre il tuo onore di SOLDIER!”

Cloud annuì, rapito, stregato da quelle frasi e dal modo sicuro che aveva Zack nel pronunciarle.

“Sì, la prossima volta andrà meglio! Grazie Zack.”

Rispose senza neanche accorgersene, tutto d’un fiato. Zack rise apertamente e quella risata era per il più giovane tanto contagiosa da portarlo a ridere immediatamente assieme a lui.

Poi, improvvisamente come era venuto, Zack decise di andarsene. Cloud ne seguì l’andatura con lo sguardo, controllando il movimento di busto, braccia, gambe e piedi; cercando di imprimere nella sua mente quella camminata. Poi l’amico aprì la porta facendo scattare la tessera dentro la fessura, quindi si girò verso il più giovane salutandolo con una stretta di mano forte e gentile, una stretta di mano unica. Quindi si allontanò.

Rimasto solo in camera Cloud si alzò, le sue mani cercarono la sponda del letto per riuscire a tirarsi su con più facilità.

“Un movimento goffo e per nulla elegante” pensò amareggiato il giovane, poi diede una scrollata di spalle:

“Beh tanto sono in camera da solo… Mica mi vede qualcuno…”.

Appena alzatosi si convinse a guardare lo specchio, e a tirare le spalle indietro, quindi cominciò a camminare per la stanza, cercando di imitare l’andatura di Zack, ma ogni cosa facesse la sua risultava una pessima imitazione, falsa e stupida come una banconota da quindici euro. Serrò le labbra amaramente tra loro, stringendole sempre più forte e allentando la pressione solo quando si accorse che cominciavano a fargli male. Quindi gettò uno sguardo furtivo verso la porta e rimase per qualche istante fermo in ascolto, per i corridoi non si sentivano passi né voci; Cloud si girò verso il comodino, abbassandosi verso esso ed aprendone il cassetto di un bianco lindo e innaturale, un bianco banale e inutile, né tirò fuori ciò che stava cercando; nascosta sotto un plico di fogli e rapporti della Shinra, vi era una lozione per capelli di quelle che si usano per carnevale e vanno via dopo un solo lavaggio. La tinta era color corvino, di un nero brillante e lucente; Cloud cominciò ad applicarla ai suoi capelli mentre estraeva del gel. Aveva i capelli più corti di Zack, però mutando la capigliatura a modo di egli un po’ riusciva ad assomigliargli. Si guardò nuovamente allo specchio: l’unica cosa che gli piaceva erano i suoi occhi; occhi azzurri come il cielo dei dipinti, grandi ed espressivi… “Mako eye” come venivano chiamati, così identici a quelli di Zack. Si mise in posizione prendendo la sua spada, che non era imponente come quella dell’amico ma comunque difficoltosa da far roteare sopra la propria testa. Ci provò e ci riprovò, anche quando i muscoli non reggevano più la pressione, quando la fatica gli appiccicava le ciocche di capelli ormai neri sulla fronte sudata. Cloud si passò una mano tra i capelli, cercando di fare quel gesto con la disinvoltura di Zack, col fascino che egli riusciva a dare anche al più piccolo gesto… Ma la mano quasi gli cadde sulla fronte in un modo tale da fargli venir rabbia. Continuò a tentare di somigliare a Zack, ma più tentava di emularlo più si accorgeva che non vi sarebbe mai riuscito, e la rabbia si alternava alla frustrazione, la frustrazione alla rabbia.

Era talmente preso dai suoi “allenamenti” da non accorgersi che qualcuno stava bussando alla porta con forti colpetti decisi e regolari. Senza pensarci il fante fece scattare la serratura, troppo esausto per ricordarsi che non voleva essere visto da nessuno.

Quando se ne accorse il guaio era già fatto: capelli corvini e viso allegro, occhi azzurri e ridenti e il portamento tra l’aggraziato e lo sbarazzino.

“Za- Zack?!” farfugliò Cloud, accendendosi in viso.

Zack sorrise nella sua maniera tenera e forte:

“Che cosa stai combinando?” gli domandò, in un tono tra il divertito e il preoccupato.

Cloud abbassò gli occhi verso il pavimento e il SOLDIER gli scompigliò i capelli con una veloce pettinata, adesso erano ancora neri ma portati al solito modo in cui li portava il giovane fante.

Zack sorrise bonariamente, sedendosi sul letto, quindi sospirò soffiando fuori l’aria quasi con forza; il biondo restava zitto e immobile guardando fisso il terreno.

“Cloud… Tu stavi… Cercando di imitarmi?” chiese con voce pacata il più grande, Cloud per tutta risposta annuì in silenzio. Zack scoppiò in una breve risata cristallina:

“Ti ammiro per come sei, hai un gran potenziale Cloud… Ma solo se sarai te stesso, se mi copi non potrai mai essere te.” glielo disse con dolcezza e Cloud annuì di nuovo. Quando Zack uscì dalla stanza, mentre si dirigeva al proprio alloggiò sentì il cellulare che suonava, c’era un nuovo messaggio di posta, era di Cloud:

Ciao Zack… Ti scrivo perché non me la sentivo di dirtelo a voce, ma tu non sei solo il mio migliore amico, sei il mio modello di perfezione. Comunque dopo quello che mi hai detto mi sono lavato i capelli, adesso sono biondi, e… Mi sono guardato allo specchio, per la prima volta non mi sono fatto schifo, grazie Zack.

Il SOLDIER sorrise, ignaro dei pensieri del più giovane in quello stesso momento.

“Anche se questa volta non mi sono fatto schifo tu rimani il mio modello di perfezione, e un giorno…” stava pensando Cloud,

“… Un giorno forse riuscirò ad essere come te, riuscirò ad essere te.”

 

   
 
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