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Autore: blackjessamine    22/05/2019    4 recensioni
Ufficio Misteri, 31 dicembre 1998: mentre l'anno della guerra e della pace vive i suo ultimi minuti, un gruppo di Indicibili scopre che una Soglia altro non è che un passaggio, e che dove si può andare avanti, si può tornare indietro.
Un grosso cane nero – apparentemente molto debole, ma innegabilmente vivo – viene estratto dalle macerie di un arco di pietra.
E mentre l'anno della morte e della rinascita volge al termine, i rimpianti si fanno leggeri, pronti ad essere spazzati via dalla speranza di una seconda possibilità.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
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Capitolo 15
The sight of you will prove to me I'm still alive




 
 
 
Alhena socchiuse appena gli occhi, sopportando stoicamente il bruciore intenso sotto lo zigomo destro.
“Lo so, ho sempre avuto la mano un po’ pesante, ma ho quasi finito…”
Sirius le prese delicatamente il mento fra le dita, orientando al meglio il suo viso verso la luce del tramonto che irrompeva dalla finestra, e si concentrò per rimuovere l’ultima lunga scheggia di vetro dal graffio che le bruciava sul viso, per poi sanare definitivamente la ferita con un colpo di bacchetta un po’ troppo entusiasta. No, decisamente Sirius non aveva la mano da Guaritore: Alhena aveva provato meno fastidio quando era finita in un Pronto Soccorso babbano a farsi ricucire (barbari!) quando aveva maneggiato con troppa distrazione un coltello da pesce nella cucina della casetta babbana che aveva condiviso con altre due ragazze, ma almeno questa volta non avrebbe dovuto convivere con alcuna cicatrice.
La ragazza si tastò delicatamente la pelle della sua guancia, soddisfatta nell’avvertirla forse un po’ troppo calda, ma certamente liscia e intatta.
Sorrise all’espressione corrucciata di Sirius: era stata una lunghissima giornata, e Alhena voleva solo chiudere gli occhi e riposare. Del resto, non capita certo tutti i giorni di dover spiegare ad una giovane ragazza babbana l’esistenza di una comunità di maghi e streghe.
Margit sembrava averla presa piuttosto bene, non fosse stato per quel minuscolo moto di panico che l’aveva spinta a scagliare un vaso di fiori in faccia ad Alhena. Del resto, non era colpa di nessuno se Sirius aveva scelto proprio quel momento per attraversare le fiamme del camino e comparire nel salotto di St. Ignatius Road: lui non poteva certo sapere che Alhena non era tornata da Budapest sola.
Era stato difficile convincerlo a mantenere la calma davanti al suo viso coperto di sangue e schegge di vetro, ma alla fine le cose, in qualche modo, si erano tranquillizzate. Forse perché Marmellata era schizzato in mezzo alla stanza, impazzito di gioia e incapace di decidere a chi volesse fare più feste: se alla sua umana preferita che, come Sirius gli aveva pazientemente spiegato ogni sera, era finalmente tornata, oppure a Margit, l’amica che era riemersa dai ricordi di una vita passata portando con sé un fagotto profumato di vita e dotato di polmoni sorprendentemente capaci.
Oppure, perché la piccola Blanka Birò aveva scelto proprio quel momento per ricordare a tutti che una bimba di due mesi ha bisogno di cure, amore, attenzione e contatto, ma, soprattutto, ha bisogno di qualcuno che le cambi spesso il pannolino.
E Sirius, che ancora non aveva capito che cosa ci facesse Alhena con una ragazza babbana che a stento parlava l’inglese e una neonata, era stato cacciato in tutta fretta alla farmacia in fondo alla strada per recuperare il necessario per Blanka – “Ovvio che mi hanno guardato male quando ho chiesto tutte le taglie che avessero a disposizione, ma sono passati vent’anni da quando Harry era un neonato, che ne sapevo io di quanti mesi avesse lei?”
E allora Margit, esausta, aveva infine deciso che Alhena, a Budapest, era stata l’unica ad essere dalla sua parte, e ancor prima che Ivàn comparisse nella sua vita quella strana donna inglese era stata un’alleata, più che una vicina di casa, e valeva la pena continuare a fidarsi di lei. Ma non ci teneva molto a vedere un uomo curare magicamente le ferite che il suo vaso scagliato avevano provocato, e così la ragazza aveva scelto di chiudersi in bagno con sua figlia mentre Sirius si occupava del viso di Alhena.
 
“Se stai per farmi una ramanzina, risparmia il fiato. Se tornassi indietro, porterei via così Margit e Blanka altre mille volte”.
Sirius la guardò a lungo con uno sguardo serissimo, prima di aprirsi in un sorriso rassegnato.
“Non stavo per dire niente del genere. Che cosa credi farà, ora?”
Alhena si strinse nelle spalle, guardando il soffitto.
“Non lo so… non ha lasciato poi tanto, a Budapest. Per un po’ può restare qui… una volta mi ha detto che le sarebbe piaciuto studiare psicologia, magari potrebbe farlo, finalmente”.
Sirius la guardò a lungo con sguardo serio, e Alhena sapeva bene a che cosa stesse pensando. Margit era una ragazza sola, e aveva una figlia piccola: la sua strada era tutta in salita, e di spazio per realizzare i sogni dell’infanzia ne restava ben poco.
“Non guardarmi così, è solo un’idea… magari tornerà a Budapest. Non posso costringerla a restare qui. Però ci può restare, se vuole… posso darle una mano. Un giorno alla volta…”
Alhena chiuse gli occhi, cercando di non pensare a tutto ciò che la spaventava: forse aveva fatto una sciocchezza. Margit non poteva restare nella casa di quell’uomo, ma Alhena la conosceva appena. Magari aveva degli amici migliori di lei che avrebbero potuto aiutarla al meglio. Magari aveva dei parenti, a Budapest, e Alhena l’aveva solo allontanata, rendendo ancor più complicata la sua situazione. Forse Margit non voleva essere salvata, non in questo modo. Aveva una figlia piccola, e Alhena l’aveva sradicata dalla loro casa, dalla loro città, per portarle in un Paese in cui non avevano mai messo piede senza nemmeno chiedere il suo parere. Certo, Alhena avrebbe sempre potuto pagare loro un biglietto aereo per tornare a casa, se Margit avesse preferito così, o avrebbe potuto accompagnarla direttamente, ma…
“Sento il rumore del tuo cervello anche da qui. Respira…”
Sirius era ancora lì, davanti a lei, e la fissava con quel suo sguardo cupo e serio.
“È solo che non riesco a capire quale sia la strada migliore…”
“Lo so. Ma non devi capirlo per forza adesso… hai fatto quello che potevi. E sono sicuro che farai anche altro, ma adesso dovete solo fermarvi, tutte e tre”.
Fece un cenno con la testa alla porta dietro la quale erano sparite Margit e Blanka, e Alhena si ritrovò a pensare che, forse, Sirius aveva ragione. Il che era paradossale, considerando quanto Sirius fosse incapace di restare fermo ad aspettare che le cose si sistemassero da sole.
La stanchezza di quel viaggio improvviso piombò tutta insieme sulle spalle di Alhena, che, per la prima volta, si ritrovò a sporgersi in avanti cercando istintivamente il conforto delle braccia di Sirius.
Rimasero abbracciati a lungo, e nella naturalezza di quel gesto Alhena si rese conto che tutti i suoi timori cominciavano a sciogliersi: no, non sarebbe andato tutto bene. Lei e Sirius avrebbero avuto bisogno di tempo per ritrovare il loro equilibrio, e non era certa che ce l’avrebbero fatta, ma parlarne sarebbe stato inutile. Cercare spiegazioni, parlarsi, mettere in fila parole e paure… non serviva. Ciò che li legava se l’erano dimostrato anche con i loro silenzi, continuando a gravitare inesorabilmente l’uno attorno all’altra durante quei mesi difficili. E continuavano a dimostrarlo con quello strano cercarsi, con quella certezza istintiva che li orientava a cercare conforto e sostegno l’una fra le braccia dell’altro.
“Margit a parte, in Ungheria è andato tutto bene?”
Alhena annuì piano, respirando a fondo l’odore leggermente speziato che impregnava i vestiti di Sirius, quell’odore che era tipico dell’Uccello Vermiglio ed era tanto sottile da essere avvertito con la pancia, più che con il naso.
“È andato tutto benissimo, e ora sono davvero pronta a tornare inglese a tutti gli effetti”.
Sirius la strinse un po’ più forte.
“E tu? Che hai fatto di bello nella tua prima settimana da uomo libero?”
Alhena aveva un po’ paura di fare quella domanda: sapeva benissimo che Sirius non aveva mai osato pensare davvero al futuro, forse per paura di non poterlo vivere, il suo futuro, o per paura di ritrovarsi ad affrontare una vita che non sapeva come vivere.
L’uomo si irrigidì appena, e dopo una lunga esitazione, disse:
“Ho passeggiato. A Marmellata piaccio più in versione canina, credo: mi ha preso per una specie di fratello maggiore che deve impressionare a tutti i costi, e abbiamo esplorato tutto l’esplorabile vicino a casa”.
Be’, non era esattamente il progetto migliore, per un uomo che doveva riprendere in mano la propria vita, ma era pur sempre meglio che saperlo chiuso in casa a rimuginare sul suo passato.
“Sono stato da Landmann, e secondo lui posso limitarmi ad una sola visita al mese, visto che sembra andare tutto a gonfie vele”.
Fu il turno di Alhena di stringerlo più forte: aveva smesso di domandarsi come fosse possibile che Sirius fosse tornato da lei, perché il pensiero che il mistero fosse così irrisolvibile la riempiva di un cieco terrore. Così come era tornato, aveva l’impressione che Sirius potesse scivolarle di nuovo fra le dita, e questa volta non era certa di essere in grado di sopportarlo.
“E ieri ho accompagnato Harry a Godric’s Hollow. Non ci ero più stato da…”
La voce morì nella gola di Sirius, e Alhena avrebbe voluto essere capace di avvolgerlo nelle braccia, di avvolgerlo per davvero, di accogliere quel tremito vago e di saperlo sedare.
Proprio mentre ogni parola di conforto le moriva sulle labbra, Margit tornò in salotto: sembrava che lo shock iniziale si fosse un pochino sedato, e un vago alone della sua ironia pungente era tornato a illuminarle i vivaci occhi scuri. Stringeva Blanka fra le braccia, e in una mano aveva una copia sgualcita di un giornale aperto.
Una pagina in cui campeggiava una fotografia in bianco e nero e in movimento, che ritraeva un gruppo di persone in una fila ordinata durante quella che aveva l’aria di essere una cerimonia ufficiale.
“Seriamente sei una reduce di guerra? E non hai nemmeno un occhio di vetro o qualcosa del genere?”
Alhena e Sirius si sciolsero dall’abbraccio, e Alhena si affrettò a fare una lettura veloce all’articolo commemorativo della Gazzetta del Profeta del giorno prima. La prestigiosa Accademia d’Arte Figurativa Magica di Brigthon aveva appena annunciato di aver istituito una borsa di studio dedicata a Colin Canon, una delle più giovani vittime della Battaglia di Hogwarts, e i giornalisti ne avevano approfittato per lanciarsi nell’ennesima sbrodolata retorica sulla guerra. Accanto ad un paio di articoli sulla resistenza organizzata dagli studenti fuori e dentro la scuola – L’Esercito di Silente ha continuato a reclutare, e Non abbassate la voce: la parola a Radio Potter, e ancora Il rombo del motore dell’Ambulatorio Volante – c’era l’ennesimo elenco di nomi di tutti coloro che avevano combattuto, fra i quali spiccava anche quello di Alhena.
Alhena si strinse nelle spalle, raccogliendo il giornale che era scivolato di mano a Margit e lasciando vagare lo sguardo su stralci di frasi che le saltavano agli occhi.
“…lo stesso ministro Shacklebolt ha più volte preso parte alla trasmissione, per inviare alla nazione messaggi…”
“…il figlio degli Auror Alice e Franck Paciock, il quale…”
“…hanno prestato soccorso a numerosi feriti in difficoltà anche grazie alla guida di una motocicletta volante, che…”
Alhena fissò intensamente Margit, che sorrideva al gorgogliare della sua bimba, e si ritrovò a pensare a quanto fosse curioso che la casa di St. Ingatius Road, ancora una volta, si ritrovasse ad essere il rifugio di una ragazza giovane e sola, una ragazza che mai avrebbe pensato di trovare aiuto in quella bella strada di Dublino. Sembrava che quelle stanze dall’arredamento fuori moda fossero fatte apposta per trasformarsi nel rifugio di chi l’aiuto di una famiglia non lo aveva più, o non lo aveva mai avuto. Il rifugio di chi non sapeva nemmeno di avere la possibilità di chiedere aiuto.
Alhena gettò un altro sguardo al giornale che stringeva tra le mani: la testa quasi le scoppiava, e aveva la tremenda sensazione che qualcosa di fondamentale le sfuggisse tra le dita.
 
***
 
Sirius si era pentito della sua scelta di accompagnare Alhena più o meno nell’istante in cui aveva varcato la soglia del Paiolo Magico: nonostante fosse una mattina nel bel mezzo della settimana, Diagon Alley era piena di maghi e streghe che sembravano disposti a interrompere qualunque commissione stessero facendo per rivolgere a Sirius e Alhena lunghi sguardi pieni di curiosità.
Quasi nessuno aveva rivolto loro la parola, ma Sirius poteva quasi sentire i pettegolezzi volare di bocca in bocca non appena loro due si allontanavano di qualche passo.
Da quando era tornato un uomo libero, Sirius aveva sempre cercato di evitare i luoghi magici più affollati: non aveva voglia di affrontare sguardi curiosi o domande impertinenti, e non aveva voglia di affrontare una società di cui sentiva, nonostante tutto, di non riuscire a fare completamente parte.
Alhena, però, aveva continuato a cercare di spronarlo a uscire più spesso, e alla fine, chissà perché, quella mattina Sirius si era deciso ad accompagnarla. Non sapeva nemmeno che cosa dovesse combinare la ragazza, ma il bel sole di quella giornata che anticipava la primavera lo aveva convinto a lasciarsi alle spalle l’Uccello Vermiglio.
Alhena sembrava completamente cieca a tutte quelle occhiate curiose, e camminava a testa alta, senza badare minimamente ai commenti che la identificavano come quella che si vuole intascare l’oro dei Black.
“Prima tappa, colazione!”
Alhena si diresse risoluta verso la tenda a strisce bianche e rosse della gelateria di Florian Fortebraccio: i tavolini in ferro battuto si affacciavano sotto il timido sole di quella mattina di fine marzo, e sarebbero stati molto invitanti, se solo non fossero stati affacciati sulla strada principale.
Sirius stava per lamentarsi, dicendo di non avere voglia di mettersi in mostra a quel modo, ma Alhena era già sparita dietro l’ampio e colorato menù.
La gelateria era rimasta identica a come Sirius la ricordava dai suoi giorni di ragazzino, ma Florian era cambiato: la sua gioviale pienezza era stata sostituita da un volto smagrito e serio, che sorrideva educato ai clienti, senza mai però riuscire ad apparire cordiale come un tempo. La guerra lo aveva segnato, portandosi via la sua serenità e il suo braccio sinistro, la cui manica ora ondeggiava floscia ad ogni suo passo.
Quando venne a prendere le ordinazioni – un caffè con panna per Sirius, e una coppa di gelato al limone e caramello salato per Alhena, benedetta ragazza – Florian osservò a lungo Sirius, ma evitò di fare commenti. Con un rapido gesto di bacchetta, però, fece levitare un grosso vaso con un rigoglioso ficus benjamin proprio accanto al loro tavolino, così da schermarli dalla strada.
“Perdonatemi, ma questa povera pianta ha bisogno di sole, e questo è proprio il posto migliore”, disse l’uomo, prima di avviarsi verso l’interno della sua gelateria, non senza lanciare a Sirius quella che sembrava proprio una strizzatina d’occhio.
“Allora, che cosa devi comprare?”
“Io, niente”, affermò Alhena, mentre sgranocchiava soddisfatta il biscotto che accompagnava il suo gelato.
“Tu devi cominciare a cercare seriamente un regalo per il compleanno di Teddy, e io devo parlare con George Weasley”.
Sirius era confuso: mancava ancora un mese al primo compleanno di Teddy, eppure lui e Andromeda avevano già le idee piuttosto chiare, e Alhena avrebbe potuto parlare con George Weasley anche una sera alla Tana, considerando che Molly cercava di invitarli a cena almeno una volta alla settimana.
“Se facciamo in tempo, vorrei fare un salto anche da Non solo Magipannolini per comprare a Blanka una carrozzina Sonno Fatato, ma vorrei evitare di finire di nuovo sui giornali accusata di essermi fatta mettere incinta da te per incastrarti…”
Sirius quasi si strozzò col caffè che gli era andato di traverso: no, non ci teneva particolarmente a farsi vedere in un negozio di articoli per la prima infanzia in compagnia di Alhena.
“Puoi sempre ordinarla via gufo…”
Alhena annuì, e tornò a concentrarsi sul suo gelato.
Margit, dopo i primi giorni di confusione e diffidenza, si era scoperta entusiasta della magia. Si era sistemata nella stanza degli ospiti a casa di Alhena, e passava gran parte delle sue giornate a fare domande ad Alhena sul mondo magico, battendo le mani come una bambina felice ogni volta che Alhena decideva di assecondarla e dimostrare in modo pratico qualche incantesimo. Quando Sirius aveva accennato ad Andromeda di quella ragazzina che Alhena si era portata dietro, la donna aveva raccolto la maggior parte delle cose che Teddy ormai non usava più, e si era presentata a Dublino; Andromeda si era affezionata presto a Blanka e a Margit, la quale, a sua volta, sembrava aver trovato in Andromeda una figura di riferimento, soprattutto per i tanti dubbi che aveva sulla crescita di un figlio che forse non aveva cercato, ma che amava immensamente.
Margit e Alhena avevano parlato a lungo, ed erano giunte alla conclusione che Margit sarebbe rimasta a Dublino ancora per qualche mese. La ragazza era restia ad accettare di farsi ospitare gratuitamente, ma Alhena era stata irremovibile, e così ora la loro vita era diventata uno strano equilibrio fatto di convivenza, aiuto reciproco e spazi da ritagliarsi a fatica: di giorno, Alhena e Andromeda aiutavano Margit con Blanka – che aveva un caratterino mica male, e tormentava con pianti infiniti la sua esausta mamma – e la notte cercava un po’ di pace all’Uccello Vermiglio, dove Sirius era ben contento di accoglierla per cercare di ricostruire il loro rapporto. In tutto questo, Marmellata era a dir poco entusiasta di avere attorno tante persone, e una sera aveva confessato a Felpato di essere molto orgoglioso del ruolo di guardiano della cucciola umana che gli era stato affidato: a quanto pareva, il cagnolino si era illuso di essere l’unico in grado di difendere la piccola Blanka, e trascorreva ore e ore accucciato sotto la sua culletta, neanche si aspettasse che qualche rapitore facesse irruzione dalla finestra per portarla via. Rapitore che, probabilmente, sarebbe riuscito a corrompere il cagnolino con un paio di grattini sulla pancia, ma questo Felpato non ebbe cuore di dirlo.
 
I Tiri Vispi Weasley era il negozio più straordinario che Sirius avesse mai visto.
L’adolescente che era in lui aveva semplicemente sgranato gli occhi davanti a quella chiassosa accozzaglia di colori brillanti, lasciandosi trasportare da prodotti geniali e assurdi in un caleidoscopio di magia raffinata nascosta sotto strati rumorosi.
Il negozio era affollato da numerosi avventori, bambini che pregavano le loro madri di comprare loro un nuovo tubetto di Tempere Non Sbiadisco, giovani che fissavano interessati i nuovissimi cappelli Testa di Raperonzolo, curiosi e avventori abituali.
Se George Weasley, che quasi sembrava scomparire dietro il magenta acceso della sua giacca in pelle di drago, era stato sorpreso di vederli varcare la soglia del suo negozio, non lo aveva dato a vedere. Con una serietà che Sirius faceva ancora fatica ad associare a quel ragazzo pallido, George aveva invitato Alhena nel minuscolo ufficio ingombro di carte e scatole di prodotti non ancora in vendita, pronto ad ascoltare qualunque cosa lei avesse da dire. Curiosamente, la ragazza aveva insistito affinché Sirius continuasse il suo giro nel negozio, asserendo che lo avrebbe aggiornato su tutto solo in seguito, quando avesse avuto tutto più chiaro.
Sirius si era risentito, ma ben presto si era lasciato distrarre dal prezioso contenuto degli scaffali. Ah, se solo avesse avuto accesso ad un posto del genere da ragazzo…
 
“Non credo che Andromeda sarebbe contenta, se ti presentassi con una cosa del genere”.
Alhena era ricomparsa, seguita a stretta distanza da George.
Sirius ripose con un’alzata di spalle un pacco di Pannolini Sempre-Pieni: l’oggetto che non può mancare ad un genitore spiritoso o ad un fratellino geloso.
“Oh, quelli li ho progettati proprio dopo aver passato un pomeriggio intero con Teddy. Non capisco come si possa sottovalutare il potenziale della cacca dei bambini…”
George sorrise appena, per poi fare un gesto rapido a una ragazza dello staff con un vaporoso caschetto biondo platino.
“Sì, signor Weasley?”
A Sirius non sfuggì l’occhiata avida e curiosa che la ragazza gli rivolse, ma decise di fare finta di niente.
“Prepara due casse di P.P.-543 per la spedizione, per favore”.
La ragazza annuì, e scomparve nel magazzino.
“Allora? È tutto a posto?”
Alhena annuì, soddisfatta, ma George aveva già fatto cenno a Sirius e ad Alhena di seguirlo verso una tenda di velluto color ambra.
“Già che ci siete, voglio farvi vedere la nuova area del negozio. Sono prodotti messi a punto da poco, ma credo possano interessarvi”.
Quando la pesante tenda ricadde alle loro spalle, il vociare allegro e chiassoso del negozio scomparve, sostituito da una musica lenta e appena percepibile.
La stanza era piccola, luminosa e ordinata, piena di scatole e ampolle dalle confezioni chiare e d’aspetto molto più serio rispetto al resto del negozio.
Gli occhi di Sirius caddero su una pila di cuscini rivestiti di seta con ricami dorati, su cui era posato un interessante cartiglio:
Cuscino Catturaincubi: ricamato con fili imbevuti nel Distillato della Pace, questo cuscino promette di regalare sonni privi di incubi a chiunque vi poggi il capo”.
Alhena, a pochi passi da lui, annusava una boccetta di Profumo Riddikolo: uno spruzzo sui polsi è capace di tenere lontano un attacco di panico di medie dimensioni.
Prima che Sirius riuscisse a dire qualche cosa, George gli si era avvicinato con un grosso timbro, stampandogli una graziosa “W” color ruggine sul dorso della mano.
“Ma cosa…”
Nel tempo che George impiegò per apporre quel timbro anche alla mano di Alhena, la lettera era scomparsa, quasi fosse penetrata nella pelle di Sirius.
“Questi sono i primi prodotti della linea “Quando ridere non basta”. Li ho messi a punto con Ellis Carpenter, un tirocinante del Janus Thickey. Non sono medicine, non creano dipendenza, da soli non risolvono alcun problema, ma possono dare una mano quando… nei giorni più duri, ecco”.
Sirius osservò a lungo l’espressione seria di George, e solo in quel momento si rese conto di quanto quel buffo ragazzo fosse cresciuto. Tutti i Weasley avevano sofferto, Sirius lo vedeva negli occhi sempre inquieti di Molly che si prendeva cura del mondo intero, pur di non restare sola con i propri pensieri. Lo vedeva nella dedizione con cui Bill si preoccupava del benessere della sua famiglia – nella quale rientrava anche Alhena e, per estensione, lo stesso Sirius – e nella serietà e nell’affetto con cui Ron parlava a sua madre. Tutti loro avevano sofferto, ma George, tornando in quel negozio, doveva affrontare ogni giorno i fantasmi delle sue mancanze. Non stupiva che avesse progettato degli oggetti del genere, eppure questo era un chiaro segno di quanto George fosse cresciuto e maturato, e di quanto poco fosse rimasto del ragazzo che aveva rischiato di far saltare per aria Grimmauld Place con i suoi esperimenti.
Alhena stava osservando confusa la pelle candida del dorso della sua mano, quando George si affrettò a spiegare:
“Con quel timbro potete accedere liberamente a questa parte del negozio, e portarvi via tutto quello che vi serve senza che suoni nessun allarme. Vorrei raggiungere tutti quelli che hanno combattuto, in realtà, ma è più difficile di quanto sembri…”
Sirius era senza parole: il progetto di George Weasley andava ben oltre quel negozio di scherzi, e aveva una disarmante sincerità che quasi commoveva.
“George, no, non possiamo…”
“Sta’ zitta. Guadagno più soldi di quanti me ne servano per ampliare il negozio, sono ben libero di aiutare chi ha passato quello che ho passato io. Vicky vi ha appena spedito a casa due casse di Praline Patrone, ma se c’è qualche altra cosa che vi può servire, non fate complimenti”.
Sirius ricordava le piccole sfere di cioccolato ripiene di una sostanza argentea in grado richiamare alla mente i ricordi felici necessari per evocare un Patronus. Le aveva assaggiate a Grimmauld Place, ed era stata un’esperienza piuttosto intensa. Peccato per il piccolo effetto collaterale che lo aveva portato a vomitare liquido argentato e a trasformarsi in un essere febbricitante e dalla pelle verdognola.
“Le ho messe a punto, tranquillo. Se ora eviti di mangiarne più di tre in un’ora, non dovresti avere problemi, a parte una crescita leggermente più rapida delle unghie, che le signore sembrano comunque non disdegnare”.
Sirius sorrise: i gemelli, due anni prima, avevano promesso che, se fossero riusciti a eliminare gli effetti collaterali, gliene avrebbero regalate un paio di casse in cambio della sua ospitalità la notte in cui avevano abbandonato Hogwarts.
George stava mantenendo la loro promessa, a quanto sembrava.
 
Quando lasciarono i Tiri Vispi Weasley, era ormai quasi ora di pranzo.
George si era dichiarato pronto a tenerli in ostaggio finché non avessero preso qualcosa, e così Sirius aveva obbligato Alhena a portarsi a casa un pettine in grado di sciogliere nodi e preoccupazioni, mentre Alhena gli aveva infilato in mano una scatola di mentine che promettevano di aiutare a concentrarsi sul presente quando i brutti pensieri si facevano troppo ossessivi.
Passeggiarono per un po’ lungo le vie assolate e piene di gente, guardando le vetrine colorate e le insegne appariscenti. Dopo la guerra, sembrava che ogni negozio fosse intenzionato a moltiplicare gli sforzi per dare al quartiere un aspetto vivo, sano, sereno e pieno di gioia, nemmeno fosse sempre Natale.
“Possiamo tornare a casa?”
Domandò Sirius, ansioso. Alhena aveva avuto ragione, in un certo senso gli era stato utile interrompere per un po’ le sue giornate fatte di passeggiate per la campagna per ributtarsi, almeno un po’, nel cuore della società magica, ma cominciava ad essere stanco di tutti quei volti e quel vociare insistente.
“Quasi. Devo prendere ancora una cosa…”
“Eddai, manca un sacco di tempo al compleanno di Teddy, e Andromeda dice che vorrebbe prendergli un cucciolo, non posso mica tenermi un cane per un mese e poi darlo via!”
In effetti, tutti avevano convenuto che Sirius fosse la persona più indicata per regalare a Teddy un cagnolino.
“Non voglio andare al negozio di animali, infatti, ma da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch”, esclamò risoluta Alhena, dirigendosi a passo sicuro verso la vetrina di un negozio tappezzata di poster di giocatori ritratti a cavallo di rapide scope.
Alhena, che detestava gli sport competitivi e soffriva così tanto di vertigini da rischiare di svenire se solo si affacciava alla finestra del secondo piano, in un negozio di articoli per il Quidditch? Aveva per caso battuto la testa?
“Vuoi regalare a Margit una mazza da battitore per rimandarla a Budapest a fare il culo a quella bestia del suo ex?”
Sirius sospettava che sarebbe stata un’ottima terapia per l’autostima ferita della giovane madre, ma temeva anche che la giustizia babbana non l’avrebbe vista allo stesso modo.
“No, anche se mi sono decisamente pentita di averlo lasciato lì senza nemmeno una Fattura Urticante come ricordo. Voglio solo comprare dei biglietti”.
“Dei biglietti?”
Gli occhi di Alhena brillavano, accesi di una luce entusiasta e vagamente inquietante. La luce di chi aveva un piano ben preciso in mente, e non vedeva l’ora di realizzarlo.
“Pride of Portree contro il Puddlemore United. Prima partita del campionato, questa domenica. Spero proprio ci sia ancora un biglietto con il pass per incontrare i giocatori, dopo la partita”.
 
 
 
 
 
 

Note:
Chiedo di nuovo scusa per il ritardo, ma sono settimane di grandi cambiamenti: mi stavo giusto giusto abituando ad un cambio di mansione al lavoro, quando è arrivata la proposta del secolo, e ora si ricomincia da capo da un’altra parte. Ho un po’ meno tempo per scrivere, ma soprattutto ho meno testa, ma sono felice. Scusatemi.
Sento che questa storia sta ormai perdendo ogni pretesa di “necessità”: sta prendendo una strada che forse non è granché sensata, soprattutto perché avrei anche potuto finirla qui. Eppure, mi sto divertendo tanto. Sto scrivendo quello che ho voglia di scrivere, quando ho voglia di scriverlo, togliendomi qualche soddisfazione solo per il gusto di buttarmi in situazioni che mi fa piacere vedere.
Ho anche molta paura che in realtà, per un lettore esterno, questo capitolo non abbia il minimo senso e sia molto confuso… mi dispiace. Spero di riuscire a chiarire tutto nei prossimi capitoli.
Intanto, ci tengo a sottolineare che ulteriori spiegazioni e credits più approfonditi arriveranno, ma intanto ribadisco che l’Ambulatorio Volante è frutto della fantasia di AdhoMu, che, di nuovo, ringrazio mille e mille volte per avermi concesso di prendere in prestito alcune delle sue caratterizzazioni. Se ancora non lo fate, leggete le sue storie, per favore.
Infine, I Tiri Vispi Weasley: non sono minimamente capace di inventare dei nomi decenti. E avrei voluto affrontare in maniera molto diversa la nuova linea di prodotti di George, ma ormai è andata così. E sì, di nuovo un titolo preso in prestito dagli ABBA, che per me funzionano quasi come un antidepressivo.
E sì, in questa storia cominciano ad esserci decisamente troppi cuccioli d’uomo. Che sia un messaggio subliminale del mio inconscio che cerca di dirmi qualcosa? XD
Perdonate per il chilometro di note.
   
 
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