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Autore: lisi_beth99    22/05/2019    0 recensioni
Sono passati alcuni giorni dagli avvenimenti che hanno cambiato completamente la vita ad Alex Morel. Questa volta la ragazza dovrà affrontare il suo passato.
Chi ha ucciso Theo Johns? Chi era il vero bersaglio dell'incendio?
Alex potrebbe non essere al sicuro come credeva...
AVVERTIMENTO! Questa storia è il continuo di "Nothing will drag you down - Come tutto ebbe inizio"
Buona lettura!
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay Halstead, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2


-Alex! – provò ancora Jay, rimanendo sempre con l’orecchio attaccato al cellulare. Qualcosa non andava. Sentì un urlo bloccato sul nascere e un tonfo metallico, poi come un’auto che sgommava via. – Rintraccia subito questo numero! – esclamò finendo di scrivere su un foglio il numero di cellulare di Alex. Adam si mise subito al computer – È tra la 47esima e Grove! – quasi urlò mentre Halstead aveva già cominciato a correre verso l’uscita sul retro.

Fortunatamente non era molto distante dal distretto e, in pochi minuti, fu all’incrocio indicatogli da Adam. Si guardò attorno cercando la giovane ma trovò solo il suo cellulare a terra, con lo schermo crepato dalla caduta. Notò dall’altro lato della strada una telecamera del traffico, così tornò velocemente sui suoi passi fino alla centrale.

-C’è una telecamera sulla Grove. Cerca le riprese! – disse a Ruzek con un leggero affanno nella voce. Hank si appoggiò alla scrivania accanto al resto della squadra che attendeva la comparsa delle immagini della sorveglianza.

-Torna indietro di dieci minuti. – nella voce di Jay si poteva chiaramente sentire la preoccupazione ma nessuno sembrò badarci. Adam fece partire la ripresa: si vedeva Alex camminare spedita, poi fermarsi e rovistare nella borsa; estrarre il cellulare e rispondere a quella che sapevano essere la chiamata di Halstead; davanti a lei si era fermato un uomo, ma l’angolazione impediva di identificarlo. Un secondo uomo si stava avvicinando alla castana, in un secondo l’aveva bloccata, impedendole di urlare. Dal lato opposto arrivava un furgone nero senza targa, veniva aperto il portellone sul lato ed un altro uomo smontava. Con un taser avevano fatto perdere i sensi alla ragazza che veniva poi caricata di peso sul furgone. Questo ripartiva sgommando nella direzione opposta a dove era venuto.

Tutto si era svolto in pochi secondi. La squadra rimase in silenzio per un po’ mentre Voight si era diretto al suo ufficio ed aveva diramato l’allerta rapimento in tutta la città. Poi tornò dai suoi sottoposti – Riesaminate quel video fino al più piccolo dettaglio. Cercate di identificare quegli uomini! – ordinò continuando a guardare il monitor su cui si ripeteva il filmato. – È chiaro che O’Brian abbia ordinato il rapimento di sua figlia… dobbiamo solo sperare che non le faccia fare la fine di Johns. – terminò diventando cupo.
Jay non smetteva di guardare Alex venire caricata sul furgone. – Halstead! – lo richiamò il sergente – Vieni con me. Ho un paio di agganci che potrebbero aiutarci. – stranamente sembrava più gentile del solito, forse si era impietosito dalla faccia del detective che trasudava sensi di colpa. Senza farselo ripetere, Jay afferrò la giacca di pelle e seguì il capo.

-*-

Alex aprì a fatica gli occhi. Una sottile lama di luce penetrava da delle assi sconnesse inchiodate all’unica finestra presente nella stanza. Provò a muoversi ma si rese conto di avere mani e piedi legati alla sedia su cui era stata messa. Sentiva una sgradevole sensazione al fianco destro, poco sotto alle costole. Probabilmente era dovuta alla scossa di taser che l’aveva stesa.

Si concentrò sulla stanza in cui si trovava; la luce che filtrava le permise di capire che c’erano delle specie di alambicchi appoggiati alla parete a destra della sua posizione; dal lato opposto invece c’erano delle botti. Ciò fece credere ad Alex di trovarsi in una vecchia distilleria, probabilmente di contrabbando visto che, dalla piccola finestra in alto rispetto alla parete, sembrava di essere in un seminterrato.

Poi chiuse li occhi e si concentrò sul resto che poteva percepire. L’umidità elevata, l’eco lontano di gabbiani ed il suono, una specie di sirena, di quello che poteva essere un rimorchiatore le fecero pensare di essere dalle parti del porto. Se solo avesse potuto mandare quell’informazione alla polizia… purtroppo aveva lasciato cadere il cellulare quando era stata sorpresa alle spalle. Che stupida! Si insultò mentalmente, lasciando penzolare la testa.

Passarono attimi interminabili, poi sentì qualcuno aprire una porta dietro di lei. Provò a girare la testa per capire chi fosse, ma quella mossa le causò solo una fitta di dolore al collo.

Furono accese le luci ed Alex fu costretta a chiudere gli occhi, infastidita dal cambio repentino di luminosità nella stanza. Le ci vollero diversi secondi per abituarsi e, quando riuscì a mettere a fuoco le due figure che le stavano difronte, tutta quella che era stata la sua vita fino ai 14 anni riaffiorò in un istante. – Ciao Alexandra. – disse con voce di disappunto Danny O’Brian.

-*-

Voight ed Halstead tornarono a mani vuote dal loro giro tra gli informatori del sergente. – Scoperto qualcosa? – domandò Jay al resto della squadra. – Solo che l’uomo che ha afferrato Alex si chiama Nathan Walsh. È già stato arrestato un paio di volte ed è accertato che faccia parte del clan irlandese di Chicago. – disse Hailey leggendo il fascicolo che teneva in mano. Antonio digitò rapidamente il nome nel database – Direi che dovremmo portarlo in centrale! C’è il suo nome tra gli informatori… magari ha ancora voglia di parlare! – esclamò speranzoso.

Hank rifletté per un attimo – Va bene. Atwater, Ruzek andate a prenderlo! – ordinò mentre si avvicinava Trudy. – Hank, ho attivato tutti gli agenti disponibili. Se penso a quella povera ragazza… - cominciò ma l’uomo non la lasciò finire – Cerchiamo di trovarla, al resto è meglio non pensare. –

Uscì poco dopo i suoi due agenti ed andò a fare una visitina al direttore del carcere da cui era evaso O’Brian.

– Aveva corrotto un secondino… ma l’abbiamo già licenziato. - provò a giustificarsi il direttore. Hank quasi gli saltò addosso – Licenziato?! Quel verme deve marcire in galera, come l’uomo che ha fatto evadere! E, mi creda, non la passerà liscia nemmeno Lei! Ha aspettato oltre cinque ore prima di dare l’allarme, mettendo a rischio la vita di una ragazza. Sappia che se sarà morta, sarà tutta colpa sua! – sbraitò prima di tornare sui suoi passi. Prima di sbattere la porta dell’ufficio del direttore si voltò un’ultima volta – Sono serio. -

-*-

-Immagina il mio grandissimo disappunto nel sapere che mia figlia aveva informato gli sbirri! Hai portato un grosso disonore sulla nostra famiglia, Alexandra. Dovresti vergognarti! – sputò Danny fissando la figlia legata alla sedia – Non mi pento di quello che ho fatto! – rispose a tono lei, provocando nell’uomo una tale ira da darle uno schiaffo così violento da spaccarle il labbro inferiore.

Con la lingua Alex si leccò via le gocce di sangue che iniziarono ad uscire dalla ferita ma non diede a vedere le sue emozioni. Come era comparso suo padre aveva sentito l’istinto di piangere e gridare. Ovviamente non aveva fatto nulla di tutto ciò… come sempre, era rimasta impassibile.

-Perché?! Quando eri piccola mi veneravi, mi vedevi come un supereroe. Cos’è cambiato? Cosa ti ha spinta a tradire la tua famiglia? A tradire tuo padre… - stava domandando Danny portandosi le mani sui fianchi. – Quando ero piccola ero ignorante. Poi sono cresciuta e mi sono accorta di cosa faceste realmente tu, zio Erik e il tuo capo. Mi facevate schifo. Mi fate ancora schifo! – esclamò in un miscuglio di odio e rabbia. Suo padre fece un respiro profondo e rimase a fissare la castana per attimi interminabili.

-Ho ancora solo una domanda per te: era mio? – era chiaro si riferisse a Max. Alex fece una smorfia di disgusto – Certo che era tuo! Mamma ti amava al limite della devozione. Se non fosse stato per me, sarebbe rimasta al tuo fianco… per fortuna ha saputo di essere incinta solo dopo la tua cattura. -. Danny aveva in sé una tale rabbia che, se avesse lasciato libera, avrebbe rischiato di uccidere la figlia. Fortunatamente in quel momento entrò Erik nella stanza – Dan, è arrivato Ryan. – disse lanciando un’occhiata preoccupata alla nipote – Ottimo. Arrivo subito. – e così i due uomini uscirono richiudendosi la porta alle spalle. Doherty era arrivato.

L’altra figura, quella entrata assieme a Danny, era rimasta in silenzio per tutto il tempo; osservava la giovane con una strana espressione in viso. – Sai? – cominciò avvicinandosi alla castana – Quando ci hanno detto che eri stata tu a fare la spia, nessuno ci voleva credere. -. C’era una domanda che le ronzava da quando si era risvegliata – Chi vi ha detto di me? – mantenne lo sguardo fisso negli occhi di Colin O’Brian, il figlio di Erik, nonché cugino di Alex. Erano cresciuti assieme, entrambi i loro padri avevano riposto in loro la fiducia che sarebbero cresciuti a loro immagine per prendere il loro posto nel clan quando sarebbe stato il momento. Era chiaro che lui avesse seguito il percorso disegnato da suo padre.

La bocca di Colin si piegò in un ghigno raccapricciante – Oh andiamo cuginetta… Dovresti saperlo che Doherty ha occhi e orecchie ovunque in città. Credevi veramente che il dipartimento di polizia fosse immune? – scoppiò in una risata ancora più agghiacciante del ghigno di poco prima. – Chi? – chiese ancora lei. Non aveva la minima intenzione di darla vinta a quella gente che un tempo considerava famiglia. Lui tornò serio – Un poliziotto che al tempo della tua bravata ancora non era sul nostro libro paga. Però, quando sei comparsa al 21° distretto, lui ci ha informati. Vedendo il tuo file secretato ha capito che ci eravamo sbagliati, che eri tu la spia! – in un secondo le afferrò la testa costringendola a reclinare il capo contro lo schienale della sedia – Tu sai quale trattamento viene riservato ai traditori… Goditi queste ultime ore, perché saranno le tue ultime! – la lasciò andare ed uscì dalla stanza.

Rimasta sola, Alex non riuscì a trattenersi ed un paio di lacrime le rigarono il volto. Non sarebbe mai uscita viva da quell’edificio.

-*-

Adam e Kevin arrivarono all’appartamento di Nathan Walsh in mezz’ora. Parcheggiarono l’auto proprio davanti all’abitazione e smontarono speranzosi di non dover rincorrere l’uomo per metà isolato.

Atwater bussò abbastanza pesantemente alla porta – Nathan Walsh? Polizia di Chicago! – la porta si aprì al tocco dell’agente. I due si scambiarono uno sguardo d’intesa ed estrassero l’arma dalla fondina. Sempre Kevin aprì completamente la porta facendo attenzione a fare meno rumore possibile – Nathan Walsh? – provò ancora mente metteva un piede nell’abitazione.

Fianco a fianco i due uomini percorsero il lungo corridoio controllando ad ogni porta che non ci fosse nessuno nella stanza adiacente. Quando arrivarono nell’ultima camera, la cucina, trovarono una chiazza di sangue che si espandeva da dietro l’isola di marmo. Fecero il giro ed abbassarono le pistole abbattuti: al suolo giaceva il corpo di Nathan Walsh con un buco in testa.

-Dannazione! – esclamò Kevin massaggiandosi dietro all’orecchio sinistro. Il suo collega estrasse il cellulare e chiamò Voight. – Capo, siamo nell’appartamento di Walsh… è morto. Stesso modo di Johns… –. Addio all’unica possibilità di trovare Alex.

-*-

Voight si precipitò sulla scena del crimine. La scientifica era arrivata poco prima di lui e stava ancora facendo tutti i rilevamenti. – Adam! – richiamò il suo uomo che si avvicinò con aria sconfitta – Il medico legale ha detto che, dalla temperatura del fegato, è morto da poco. – Atwater li raggiunse con la stessa faccia abbattuta del suo collega – Se solo fossimo arrivati un po’ prima… - Hank gli diede una pacca sulla spalla – Non pensateci, cercate invece di trovare un altro modo. Quella ragazza è ancora scomparsa… - si avviò verso l’abitazione per vedere la scena del crimine.
   
 
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