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Autore: silvia93    22/05/2019    2 recensioni
Ci fu un lampo di potere, puro e bruciante, che gli scorse nelle vene.
Quel poter invase ogni minima parte del suo essere, in un momento che sembrò durare allo stesso tempo un secondo e un’eternità.
Quel potere lo attirava a sé con un’intensità che non poteva essere ignorata.
Esigeva che lo raggiungesse.
Esigeva che vedesse.
Tony si lasciò avvolgere, si abbandonò a quel potere e in quel secondo senza fine, l’Infinito si palesò di fronte ai suoi occhi.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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Avevo letto quasta fic dopo Infinity War e mi aveva emotivamente distrutto.
Dopo quel trauma emotivo che è stato Endgame mi è tornata in mente e rileggerla è stato ancora più tremendo.
Detto questo ho pensato: perchè soffrire da sola?
E così ho chesto il permesso all'autrice per tradurla in modo da diffondere la tristezza..mm volevo dire questa bellissima storia.

 
 
 
 
Ansimando, con il sudore che gli annebbiava la vista e il sapore del sangue in bocca, Tony si ritrovò a fissare la cosa che, nelle mani di un pazzo, aveva distrutto così tante vite.
Un Titano pazzo.
 
Sembrava innocuo adesso, mentre giaceva a terra davanti a lui.
Tony sapeva che era ben lontano da esserlo.
Una cosa così potente non sarebbe mai potuta essere innocua.
Tony lo sollevò e sfiorò con la punta delle dita la superficie dorata, mentre la sua mente volava, volava, volava.
Prese un respiro profondo e rivolse il volto verso le stelle.
Tony infilò il Guanto.
Ci fu un lampo di potere, puro e bruciante, che gli scorse nelle vene.
Quel poter invase ogni minima parte del suo essere, in un momento che sembrò durare allo stesso tempo un secondo e un’eternità.
Quel potere lo attirava a sé con un’intensità che non poteva essere ignorata.
Esigeva che lo raggiungesse.
Esigeva che vedesse.
Tony si lasciò avvolgere, si abbandonò a quel potere e in quel secondo senza fine, l’Infinito si palesò di fronte ai suoi occhi.
 
Tony vide tutto ciò che era in quel momento, ciò che era stato nel passato, ciò che poteva essere nel futuro.
Ciò che poteva essere se avesse voluto, se avesse usato il potere delle Gemme per ottenerlo.
Il codice dell’Universo giaceva lì a portata di mano.
Tony vide tutte le persone scomparse tornare dalle proprie famiglie e dai propri amici, li vide riapparire dalla cenere come se non fossero mai spariti.
Vide la Terra stessa, di un vibrante verde e blu guarire da tutti i danni che quel pazzo le aveva arrecato. L’aria pulita, gli alberi alti e folti, l’acqua profonda, tutto in abbondanza.
Per tutti.
E non solo la Terra.
No, Tony vide l’intero universo riprendersi dalla distruzione arbitraria e insensata di Thanos.
Vide intere civiltà rinascere dalle ceneri come la fenice che Tony aveva sempre dichiarato di essere.
 
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E poi, in mezzo a tutto quello, Tony vide se stesso.
 
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Si vide mentre ballava al matrimonio di Rhodey.
Vide Rhodey piangere mentre Tony brindava a lui e Carol durante il discorso da testimone.
Erano entrambi radiosi, seduti fianco a fianco, finalmente riuniti e, ora, legati indissolubilmente per l’eternità, come avrebbero dovuto essere da sempre.
Vide la loro gioia e il loro amore e questo lo rincuorò nel profondo.
 
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Tony vide gli Avenger diventare una famiglia.
Li vide tutti insieme e felici mentre si riunivano intorno ad un tavolo per mangiare e ricordare vecchie battaglie.
Una famiglia che era rimasta unita nonostante non fosse più necessaria per combattere quello che gli altri non potevano affrontare.
Tony si vide lì in mezzo a loro con la testa all’indietro e gli occhi chiusi per le troppe risate.
Non c’era dolore, né rabbia.
Solo...lo stare insieme.
 
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Tony vide se stesso smettere di indossare l’armatura. Deporla e allontanarsene definitivamente.
Non perché fosse troppo vecchio o troppo dolorante per continuare a combattere.
Al contrario, si vide felice e in salute e le sue mani finalmente pulite.
E tutto ciò che costruiva era per rendere il futuro migliore, più luminoso.
Mattoni e travi per ospedali pediatrici. Giocatoli, solo per il gusto di poterlo fare.
Niente più armature. Niente più recinzioni per combattere l’inevitabile buio.
Solo…pace.
 
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Vide anche Steve deporre lo scudo.
Non perché avesse perso la speranza, non perché fosse troppo testardo per ascoltare, non perché non avesse più fiducia.
Al contrario, Tony vide Steve sorridere e divertirsi con lui, un album da disegno sottobraccio mentre camminavano lungo un corridoio.
Vide Steve finalmente pronto ad abbandonare il mantello dell’eroe per indossarne un altro, uno molto più facile da portare.
Lo vide finalmente soddisfatto nell’essere l’artista che era nato invece del soldato che era diventato.
 
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Tony vide giorni riempiti dall’incontro di mani sporche di grasso di motore e dita sporche di carboncino nero.
Mani che protendevano sempre le une verso le altre.
Vide un futuro riempito da metallo e acquerelli.
E amore.
 
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Tony vide la tecnologia avanzare oltre ogni sua immaginazione.
Vide la Terra tendere una mano alle stelle con curiosità e meraviglia.
Vide le stelle rispondere.
Le sentì mormorare benvenuti.
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Tony vide realizzarsi tutto ciò che sperava.
Cosa daresti perché questo accada? Chiese una voce nella sua mente, un sussurro che sentì scuotergli tutto il corpo Cosa sacrificheresti?
Qualsiasi cosa voleva rispondere una parte di Tony.
Voleva urlare al vento la sua risposta.
Perché era la verità.
Sapeva che era così.
Proprio come sapeva che quel futuro, quel futuro bellissimo e perfetto non sarebbe mai stato suo.
Perché Tony sapeva perfettamente qual era il prezzo che avrebbe dovuto pagare perché quel sogno diventasse realtà.
L’aveva sempre saputo.
Fin dal primo momento in cui aveva indossato l’armatura.
Fin da quando aveva salvato New York entrando in quel portale.
Tony aveva sempre saputo come sarebbe finita.
E gli sembrava un prezzo davvero minuscolo da pagare se quello che aveva visto sarebbe stato il risultato.
Quindi era pronto.
Era pronto da quella che gli sembrava una vita intera.
Tony sorrise.
Alzò il Guanto.
Schioccò le dita.
 
 
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Miliardi di persone in tutto l’universo tornarono dai propri cari.
Riapparvero dalla cenere come se non fossero mai scomparsi.
Ma qualcuno mancava.
Una crepa nella fabbrica stessa dell’universo che aveva la forma di un singolo uomo.
Un raggio di luce per tutta l’umanità che alla fine si era spento.
Un’anima inquieta che alla fine aveva trovato modo di riposare.
 
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Rhodey era lì quando Peter riapparve e si guardò intorno con sguardo confuso.
-Signor Rhodes?- chiese in un sussurro -Dov’è..?-
Rhodey non gli rispose, non ci riuscì.
Dirlo l’avrebbe reso reale.
In quello momento Rhodey avrebbe potuto affrontare tutto tranne quello.
Peter capì lo stesso, Rhodey ne fu certo.
Vide l’esatto momento in cui successe e il viso del ragazzo si distorse in una maschera di pura e devastante tristezza.
Rhodey fece un passò avanti e lo afferrò prima che cadesse a terra.
Mentre gli stringeva le braccia intorno e appoggiava la testa su una chioma di capelli castani, tutto ciò a cui Rhodey riusciva a pensare era quanto quella sensazione fosse familiare.
Tutto ciò a cui riusciva a pensare era un altro giovane genio che aveva sempre cercato di aiutare a non cadere.
Peter premette il viso sul collo di Rhodey.
Le sue spalle cominciarono a tremare.
Rhodey sentì quando il ragazzo pronunciò una sola parola contro la sua pelle.
-Papà-
Una singola parola, un singolo termine.
Una singola  supplica.
Ancora e ancora, come se Peter sapesse di doverlo dire in quel momento, perché non avrebbe mai avuto l’occasione di dirlo direttamente a Tony, di dirgli esattamente cosa significasse per lui.
Rhodey serrò gli occhi e promise a se stesso, promise a Tony, che si sarebbe preso cura del ragazzo fin quando avrebbe potuto. Che avrebbe fatto il possibile per tenerlo al sicuro da quel momento in poi.
Che avrebbe fatto tutto ciò che Tony non aveva avuto l’occasione di fare con questo ragazzo, che era riuscito ad farsi strada nel suo cuore.
Ma per ora, tutto ciò che Rhodey poteva a fare era tenerlo stretto e soffrire.
 
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Pepper si gettò a capofitto nel lavoro, portando i progetti ecologici delle Industrie Stark in tutto il mondo.
Non era riuscita a salvare Tony, ma volesse il cielo avrebbe salvato il mondo in suo nome.
Avrebbe strappato il futuro dalle mani di tutti coloro che si opponevano al sogno di Tony e lo avrebbe reso più pulito, migliore.
Era il minimo che lei, che tutti loro, potevano fare.
Per loro stessi.
Per le generazioni future.
Per lui.
 
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Quando Rhodey si sposò non scelse un testimone.
Non ci riuscì.
Quando pianse alla cena di prova, Carol lo baciò dolcemente e gli giurò che capiva. Gli giurò che lo amava e che tutto sarebbe andato bene.
Alla fine, fu Peter a sedersi al tavolo principale durante il ricevimento.
C’era una sedia vuota tra lui e Rhodey.
Ad un certo punto, durante il banchetto, Rhodey si immobilizzò.
Perché per un brevissimo istante aveva sentito una mano posarsi sulla propria spalla, uno sbuffo d’aria vicino all’orecchio. L’odore di metallo bruciato e grasso di motore.
Quando si voltò non vide nulla.
Ma Rhodey giurò di aver sentito l’eco di una risata familiare perdersi nell’aria.
Quando, poco dopo, Carol gli chiese perché stesse ridendo nonostante le lacrime, lui non seppe cosa rispondere.
Ma non c’era bisogno dire niente.
 
 
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Un giorno, quando Rhodey e Carol ebbero un bambino lo chiamarono Anthony.
Come lo zio che non aveva mai incontrato.
Ma andava bene lo stesso, perché Rhodey aveva abbastanza storie da raccontare.
Lui, e Peter e anche tutti gli altri.
 
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Quando gli Avenger si riunivano c’erano risate e amore.
E soprattutto c’era fiducia.
Dopotutto erano una famiglia, nata dal fuoco della battaglie e dal freddo dello spazio. Dalla dura e imperdonabile brutalità di quella che era apparsa come una guerra infinita.
Ciò che avevano ora era qualcosa di duraturo, che non si sarebbe più spezzato.
Era bello e puro e prezioso.
Tuttavia non mancavano mai di preparare un posto in più quando si riunivano per i pasti. Lasciavano sempre libera la sedia alla sinistra di Steve.
Qualcuno lasciava sempre una tazza di caffè bollente lì accanto che poi nessuno beveva.
Facevano finta di non notare come Steve lasciasse sempre la mano sul tavolo, il palmo rivolto all’insù, come se da un momento all’altro qualcuno potesse appoggiarci la propria e intrecciarle insieme.
Nessuno lo faceva mai, ovviamente.
 
Ma Steve non smise. Mai.
 
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Alla fine Steve depose lo scudo e riprese matite e colori.
Lasciò da parte il soldato e imbracciò l’artista.
Non sorrideva più del dovuto, ma non abbandonò mai del tutto il suo tipo di fede.
Fede che riversò nelle proprie opere. Negli schizzi che avevano tutti un tema comune. Nei dipinti che avevano un solo protagonista ricorrente, presente al centro della scena o nascosto in qualche angolo dell’opera.
Il cuore di Steve era dolorante...ma era una sorta di dolce dolore.
Un dolore amorevole e delicato.
Pensava non sarebbe mai sparito del tutto, ma un giorno forse sarebbe diminuito.
Forse.
Se fosse successo sarebbe andato bene lo stesso.
Il dolore significava ricordare.
E i ricordi..
Beh, era tutto ciò che gli rimaneva.
 
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A volte, quando il nero della notte lo avvolgeva, Steve poteva giurare di sentire l’odore del metallo bruciato.
Poteva giurare di sentire il tocco di mani familiari che gli passavano fra i capelli.
In quelle occasioni, Steve premeva la testa contro le lenzuola di seta blu e faceva del suo meglio per non piangere.
E falliva.
In quelle notti il dolore che provava non gli sembrava dolce, ma solamente straziante.
In quelle notti una voce gli sussurrava Vai a dormire, tesoro
-Mi machi- rispondeva sempre Steve.
Non riceveva risposta.
Ma d’altronde non succedeva mai.
 
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Gli uomini raggiunsero le stelle.
Con le mani e i cuori colmi di possibilità e meraviglia.
Le stelle risposero dando loro il benvenuto.
 
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Con il passare del tempo i fatti divennero miti, divennero leggende.
I dettagli sfumarono, la verità si distorse e cambiò.
Ma l’Universo non dimenticò mai.
Ricordò l’uomo che diede tutto se stesso per donare a tutti un futuro.
Ricordò l’anima che aveva tenuto l’intero universo fra le mani, e invece di sfruttarlo a proprio vantaggio aveva detto
Lascia che sia io a portarne il peso, un’ultima volta
 
L’universo lo ricorda.
E nonostante il passare del tempo l’universo continua ancora ad amarlo.
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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