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Autore: BrizMariluna    22/05/2019    7 recensioni
La mia prima ff su City Hunter. Cioè, su Ryo e Kaori.
Perché io so scrivere solo storie romantiche, e non ho potuto fare a meno di trovare anch'io un pretesto per mettere insieme "davvero" questi due adorabili "baka".
Una notte di temporale, una valigia fra i piedi e... che altro?
Nulla di nuovo, forse. Ma spero vi piaccia lo stesso...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Premessa

Salve a tutte/i.

Questa è la mia prima fic su questo fandom, frequentato da autrici molto più brave di me. Di City Hunter conosco pochissimo l’anime, e ho scoperto il manga solo l’anno scorso, ma l’ho già letto un paio di volte.
Ammetto che le fanfiction qui pubblicate possono avermi influenzata, perché ce ne sono di bellissime, e l’originalità temo sia un po’ un optional, nel mio caso. Ma quando si scrive di personaggi già esistenti, radicati in un loro universo, il ripetersi di situazioni e location potrebbe essere naturale. È come la faccenda delle note: sono sette. Per quanto tu le rigiri e le rimaneggi, una melodia può uscire simile ad un’altra… ma spero possa piacervi e magari divertirvi lo stesso.
In fondo, la stessa situazione, (nella fattispecie: trovare un pretesto per mettere insieme esplicitamente questi due zucconi!) può risultare diversa, se raccontata con parole diverse, e da teste diverse…
In ogni caso, grazie mille a chi vorrà leggere e commentare.
Però non siate kativi, okay? 😉
 

 
 
Di temporali, valigie e lenzuola
 
 
 
~ 1 ~
 
Cuori in burrasca
(Era una notte buia e tempestosa...)
 
 
(Kaori)
 

Le mani di Ryo vagano curiose, decise, eppure tenere.
Vagano sul mio corpo, sapendo perfettamente dove andare, cosa toccare, come accarezzare; e, nonostante sia ancora vestita, lasciano scie di fuoco che attraversano la stoffa, e che mi strappano gemiti mal trattenuti e lievi sospiri.
Pronuncio il nome del mio compagno una, due volte, poi la mia voce viene soffocata tra le nostre labbra, nell’ennesimo bacio di quella notte bollente, mentre fuori prende a scrosciare la pioggia, e comincia un temporale estivo.
Non so come sia cominciato tutto quanto, ma va bene così.
Ormai ho raggiunto un tale punto di passione e desiderio per lui, che penso potrei accontentarmi anche di una notte di sesso e basta.
Tanto lo so che se non sarà lui, il primo uomo della mia vita, allora finirò per morire vergine.
Prospettiva alquanto deprimente, direi.
Sì, va bene così. Voglio che sia con lui, la mia prima volta, qualunque possa essere il motivo che lo ha spinto verso di me.
Sento la sua bocca che si schiude sul mio collo, che mi bacia e lascia una scia umida e bruciante, che scende sulla spalla e corre inesorabile più in basso.
La stoffa si scosta, scivola via, scoprendo lembi della mia pelle che nessuno ha mai toccato prima di questo momento, e io infilo le mani sotto alla sua maglietta, accarezzando la sua schiena ampia e muscolosa, la sua pelle calda e liscia.
Dio, quante volte ho desiderato farlo!
Sì, perché è vero che sono inesperta a livello pratico, ma la teoria la conosco; eccheccavolo, non ho mica più tredici anni!
Lo graffio leggermente, sapendo di apparirgli un po’ impacciata ed ingenua; ma io lo voglio, Ryo! Lo voglio da una vita, lo voglio tanto; perché lo amo da stare male, lo amo da morirci!
Afferro il lembo inferiore della sua maglietta e la tiro verso l’alto, e lui si stacca per un attimo da me, per semplificare l’operazione e lanciare poi l’indumento dove capita.
E nel giro di pochi secondi, anche la mia t-shirt se ne vola da qualche parte, seguita dal reggiseno. Non so come lui abbia fatto, ma non importa; dopotutto, Ryo è un maestro in queste cose, non c’è di che meravigliarsi!
Ma ora, sentire il mio seno schiacciato contro i suoi pettorali, ampi e forti, pelle contro pelle, mi manda letteralmente in orbita. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è che lui ora si è mosso, e una delle sue mani grandi e calde, si è chiusa sul mio seno...
Andare in orbita, adesso, è semplicemente un eufemismo, per descrivere le sensazioni che mi fanno provare quelle carezze. E quando le carezze diventano baci... Oh, mamma mia, non rispondo di me! Non avrei mai immaginato che potesse essere così! Sì, perché... anche questa cosa meravigliosa, lui è il primo a farla, con me!
A un tratto, Ryo si solleva e, con un sospiro, torna con le labbra sul mio collo e sulla mia gola. Mi lascerà dei segni, se continua così! Ma chi se ne importa...? Una bella sciarpetta leggera e via, e pazienza se è luglio... Anzi, a dirla tutta, vorrei che si vedessero, che tutti sapessero, che mi ha marchiata, perché io sono sua!
Anche se siamo ancora mezzi vestiti, mi viene naturale stringergli i fianchi tra le cosce e inarcarmi contro di lui.
Ed ecco che lo sento!
Oddio, oddio, lo sapevo: mokkori in modalità attiva, oltre ogni dire!
Provo un fiotto di orgoglio montarmi dentro, all’idea di sentirlo già pronto, premermi duro e potente contro l’inguine; al pensiero di essere proprio io, Kaori Makimura, il mezzo uomo, il travestito… a causargli questa reazione!
Se già mi sento così ora, cosa farò quando lo sentirò spingere e pulsare dentro di me? Il solo pensiero mi manda ai matti, mentre affondo le dita tra i suoi capelli corvini, gli attiro di nuovo il volto contro il mio, e mordo dolcemente le sue meravigliose labbra, forse fino a fargli un po’ male, perché gli sfugge un gemito, non saprei dire se di dolore o di piacere.
Per un attimo, prego dentro di me che non stia fingendo di essere con qualcun’altra.
Giuro che se gli sento uscire di bocca il nome di una di quelle fighette da quattro soldi, di cui si circonda quando esce a fare il cretino depravato con Mick, lo polverizzo sotto un martellone da 1.000.000 di t. con sopra scritto "Addio per sempre, bastardo!"
Ma ora lui ha aperto gli occhi, e mi guarda intensamente per qualche secondo. Ed è più che evidente la sua consapevolezza di essere con me, di desiderare me; mi vuole, e il suo migliore amico, là sotto, lo sta dimostrando.
E anche una delle sue mani, che è passata sotto di me e mi ha afferrato una natica, attirando ancora di più il mio bacino contro il suo.
Prima ancora di riuscire a pensare, intrufolo, anche se un po’ titubante, le mani tra i nostri corpi, facendolo appena scostare, e gli slaccio la fibbia della cintura.
Forse dovrei provare imbarazzo, (e sia, lo ammetto: in realtà è così, un po’) ma a pensarci bene, in sette anni di convivenza, io, Ryo, ormai l’ho visto in tutte le condizioni possibili. In quelle migliori, ma anche in quelle peggiori, in qualunque declinazione possibile del termine!
Ed è a quel punto che anche la sua mano, scivolando sinuosamente, abbandona il mio sedere, mi arriva sulla pancia nuda e comincia ad armeggiare con il bottone dei miei jeans.
Finché si ferma di botto, come se, all’improvviso, la sua mente avesse realizzato qualcosa di molto importante, e cerca il mio sguardo con il suo; quello sguardo che sa essere buio come la notte più cupa, ma che in questo momento, come per magia, si punteggia di stelle infuocate.
Perché sta guardando me!
E dalle sue labbra, a pochi centimetri dalle mie, escono quelle parole che fugano ogni mio timore e che mai, mai in tutti questi anni, avrei pensato di sentirmi dire da lui.
− Kaori Makimura… io ti amo. Sei la mia vita e morirei per te.

 
§
 
(Ryo)
 
Le labbra di Kaori sono morbide, calde, di una dolcezza infinita. Quella dolcezza che mai avevo provato prima di questo momento, facendo l’amore con una donna. Probabilmente perché l’amore, quello vero, io non l’ho mai fatto con nessuna.
I lievi suoni che le escono di bocca, insieme al mio nome sussurrato alcune volte, si infrangono contro le mie labbra, e nelle mie orecchie si mescolano ai tuoni, che rotolano disordinati per il cielo il quale, da qualche minuto, piange lacrime violente che rinfrescano questa notte estiva.
Kaori emette piccoli mugolii, ansiti spezzati di soddisfazione che mi stanno letteralmente facendo perdere la testa; le sue mani mi tolgono la ragione, così curiose di toccarmi, di scoprirmi... e allo stesso tempo impacciate fino a portarmi quasi sull’orlo della commozione.
Il profumo dei suoi capelli è inebriante, e la sua pelle vellutata dolce come vaniglia, sotto i miei baci; una cosa folle, da mangiarsela. 
Kaori è bellissima, stupenda e meravigliosa, così adorabilmente imbranata e, allo stesso tempo, spontanea e appassionata.
Mi farà morire, me lo sento!
Praticamente è lei a sfilarmi la maglietta, con un’impazienza tanto tenera che mi incendia ogni cellula del corpo. Far volare via i suoi abiti è questione di un attimo: spero di non averglieli strappati o domani, probabilmente, mi tirerà uno dei suoi martelloni con sopra scritto "Ora me li ripagherai".
Cosa che farei ben volentieri, sia chiaro!
E ora, guardandola così, distesa seminuda sotto di me, con i seni schiacciati contro il mio petto, e i suoi occhi che mi guardano adoranti e colmi di aspettativa, mi ritrovo a maledirmi in mille modi, per ogni volta in cui ho osato darle del mezzo uomo e del travestito. Per ogni volta che l’ho umiliata denigrando il suo aspetto, facendole credere di non avere un briciolo di fascino.
E − che il cielo possa incenerirmi! − per ogni volta che l’ho accusata di essere piatta come una tavola!
Ciò che ora stringo dolcemente, quasi con venerazione, e che freme contro le mie labbra, è il seno più bello e attraente che io abbia mai toccato, baciato, o anche solo mai visto.
Le sue gambe mi si avvinghiano ai fianchi, stringendomi su di lei, e la mia mano corre irrefrenabile al suo stupendo, perfetto fondoschiena e, mentre lei si inarca, le premo il bacino contro il suo, mentre risalgo a baciare la pelle dolce e delicata della sua gola.
Vorrei succhiarla fin quasi a lasciarle il segno, per marchiarla e far sapere al mondo che lei è mia, mia soltanto! Ma forse non apprezzerebbe… e non voglio costringerla a portare un foulard con questo caldo.
Il suo sapore, e la posizione in cui siamo, mi fanno temere che i bottoni della patta dei miei jeans possano saltare da un momento all’altro come proiettili. È da un po’ che il mio fratellino, laggiù, sta decisamente stretto.
Il bisogno di slacciarli cresce fino all’impossibile, e sembra che lei mi legga nel pensiero, perché nonostante il suo palese, tenerissimo imbarazzo, mi slaccia rapidamente la cintura. Un attimo dopo sono io ad accarezzare il suo ventre piatto e liscio, e a slacciare il bottone che le stringe i jeans in vita.
Poi, una considerazione mi fulmina, e mi do del bastardo.
Kaori mi ama. Non so come faccia, come sia possibile, ma mi ama; lo so da tempo, ormai.
E non merita tutto questo, senza la consapevolezza di essere ricambiata.
Fermo ogni mio movimento e cerco i suoi brillanti occhi nocciola.
Quegli occhi unici, che ormai da anni sanno sempre, con un solo sguardo, consolarmi, consigliarmi, punirmi, comprendermi. 
Quegli occhi meravigliosi che mi hanno stregato ormai da tanto tempo, e lei nemmeno lo sa.     
E le parole mi escono così, da sole, senza che io riesca a fermarmi.
− Kaori Makimura… io ti amo. Sei la mia vita, e morirei per te.

 
♥♥♥
 
Il tuono secco lacerò il cielo, accompagnato dalla luce accecante del fulmine, che disegnò per un attimo i contorni delle cose in modo spettrale.
Kaori balzò a sedere sul letto, ansante, il cuore a mille.
Fra le braccia, il suo solito cuscino, grande, morbido e rassicurante.
Era sudata e tremante, e sul momento diede la colpa allo spavento per quel tuono che l’aveva svegliata di soprassalto.
Si ridistese supina per qualche minuto, gli occhi al soffitto, sempre stringendo a sé il cuscino che, ovviamente, aveva fatto le veci del suo socio durante quel torrido sogno. E si rese conto, suo malgrado, che a ridurla in quel modo – un patetico ammasso di gelatina tremante – non era stato lo schiocco violento e improvviso del fulmine.
Indispettita, si alzò, facendo volare per la stanza il povero cuscino, senza sapere se le desse più soddisfazione odiarlo perché non era davvero Ryo, o maltrattarlo in tutti i modi possibili proprio immaginando che lo fosse!
Andò a chiudere la finestra, dalla quale entrava un vento dispettoso e sgarbato che faceva svolazzare le tende, accompagnato da goccioloni freddi e violenti che le sferzarono le mani.
Conclusa l’operazione, se le passò sul volto infuocato, senza trovare sollievo nel contatto con le proprie dita gelate.
Basta! Non ne poteva più di quegli stupidi sogni!
Si ributtò sul letto affranta, affondando il volto nel cuscino recuperato dal pavimento e gratificandolo di un altro paio di pugni rabbiosi, immaginando di nuovo che fosse Ryo. Poi, continuando a fantasticare la stessa cosa, se lo strinse forte tra le braccia, mentre una lacrima involontaria scivolava silenziosa sulla sua guancia.
Ormai aveva avuto prove più che sufficienti che Ryo le voleva bene, ma non nel modo in cui lei avrebbe desiderato.
Kaori, nell’arco di pochi giorni, aveva ricordato tutto, di ciò che era accaduto sulla nave di Kaibara: la notte precedente alla missione, quando si erano addormentati abbracciati; le loro promesse di salvarsi, per non causarsi dolore a vicenda, e il bacio attraverso il vetro; Ryo che, dopo che lei lo aveva creduto morto, veniva sottratto in extremis dal vortice della nave che affondava, dall’elicottero della polizia con a bordo Saeko; e quest’ultima che tagliava la corda che lo reggeva, per impedire che lui venisse arrestato dai propri colleghi; e l’abbraccio furioso col quale lei lo aveva accolto sulla barca insieme ai loro amici, e a causa del quale erano finiti di nuovo in acqua, abbracciati stretti, finché lei... gli era stupidamente svenuta tra le braccia!
E quando la memoria, dopo pochi giorni, era tornata, aveva fatto due più due: Ryo era stato contento che lei non ricordasse nulla, altrimenti non avrebbe fatto finta di niente. Così, anche lei aveva taciuto e Ryo non aveva mai saputo che lei aveva ricordato.
E il matrimonio di Miki…? E la radura, e il pan di cuculo, e “Sopravviverò per la persona che amo”…?
Kaori si era, di nuovo, rassegnata, trovando ragioni e scuse che giustificassero quelle parole…
Probabilmente Ryo lo aveva detto per fare le solite scene da eroe buono e senza macchia con il generale Cruz che l’aveva rapita; o magari la frase era addirittura stata: “Sopravviverò per le persone che amo”, al plurale, riferendosi agli amici che per lui erano come una famiglia, lei compresa.
E lei, un po’ impaurita e sicuramente frastornata dalla situazione, aveva voluto capire quello che avrebbe desiderato che fosse.
Probabilmente sarebbe stato così per l’eternità: Ryo che la vedeva come  una sorellina da proteggere, come gli aveva chiesto Hideyuki, che gli facesse da spalla e lo aiutasse nel suo lavoro e forse, anche, da sopportare con esasperata pazienza, come tutte le sorelle minori.
Infatti anche quella volta, al loro ritorno, le cose non erano cambiate.
Era passata una settimana, e la loro routine proseguiva; forse solo con qualche silenzio imbarazzato in più.
Sì, era stanca. Molto, molto stanca.
Per la milionesima volta, negli ultimi mesi, pensò di nuovo, seriamente, alla possibilità di riempire una valigia e andarsene, nella speranza di ricostruirsi una vita senza essere più legata a Ryo in alcun modo.
Balle! Sapeva che si sarebbe sentita parte di lui anche se fosse andata a vivere sulla Luna; per questo, alla fine, non lo aveva mai fatto.
Ma ora non ce la faceva più; sentiva che l’alternativa, di questo passo, sarebbe stata una sola: morire lentamente, per anni, di amore e passione repressi.
 
*
 
Il tuono secco lacerò il cielo, accompagnato dalla luce accecante del fulmine, che disegnò per un attimo i contorni delle cose in modo spettrale.
Ryo, sdraiato a pancia in giù, sobbalzò, svegliandosi di colpo e sollevandosi sui gomiti.
Gocce di sudore gli scivolarono dalle tempie, mentre tentava di ridare al suo respiro e al suo cuore, un ritmo regolare. Poi tornò ad affondare il volto sul cuscino, tornando ad abbracciarlo; chiuse nuovamente gli occhi, immaginando ancora che fosse Kaori, della quale, era evidente, il morbido oggetto era stato il sostituto durante quel sogno bollente.
Maledetto quel tuono, che aveva interrotto tutto sul più bello! Nemmeno in sogno, a quanto pareva, gli era consentito fare mokkori con la sua amata socia!  Era sempre così: ogni stradannata volta!
Ma a ben ripensarci, forse era meglio così. Sarebbe servito solo a risvegliarsi, il mattino seguente, in condizioni indecenti, per poi farsi infamare vergognosamente proprio da lei, e cominciare la giornata con un odioso mal di testa da konpeito.
Sapeva bene che l’alternativa, fare l’amore con Kaori sul serio, avrebbe implicato confessarle i propri sentimenti, e a quel punto… sarebbe cambiato tutto.
“Hai mai pensato che forse cambierebbe in meglio?” gli sussurrò una vocina all’orecchio.
Per un attimo gli sembrò famigliare, ma non riuscì ad associarla ad un volto conosciuto.
Ryo si sforzò di ignorarla, ma questa continuò, imperterrita: “Guarda che se vai avanti così, un giorno o l’altro Kaori arriverà al limite, e se ne andrà. Quanto pensi che possa sopportare ancora questo andazzo? Non è fatta mica di legno!”
Dio, la sua vita senza Kaori…?
Non riusciva nemmeno a pensarci. Eppure sapeva che per lei sarebbe stato meglio.
Kaori era stata molte cose, per lui, in tutti quegli anni: la sua socia, la sua migliore amica; a volte, persino, la madre o la sorella che non aveva mai avuto; la buffoncella che gli regalava momenti spensierati, a volte teneri, e lo faceva ridere.
Era la serenità di ogni giorno, la calma della routine, la sicurezza di una spalla su cui contare in ogni situazione.
Ed era la coscienza che lo richiamava all’ordine: spesso con un semplice sguardo; a volte con un martellone che lo spiaccicava come uno scarafaggio; altre ancora con una corda, alla quale finiva inesorabilmente appeso fuori dal balcone, dopo essere stato arrotolato, come il salame che effettivamente era, dentro un futon.
Ma sapeva, senza ombra di dubbio, che lei era sempre stata molto più di tutto questo.
Era la prima donna, anzi l’unica, di cui si fosse perdutamente innamorato. E forse era anche l’unica − proprio perché ormai lo conosceva quasi quanto sé stessa − ad amarlo realmente, nel senso più profondo del termine. Ad amarlo sempre e comunque, senza mai pretendere nulla, nonostante il suo passato ingombrante, le sue battute pesanti e offensive, i suoi silenzi indisponenti, le sue innumerevoli e volgari cazzate.
Vivere senza Kaori? No, non credeva davvero di esserne capace.
La verità era che loro due non potevano vivere separati. Forse non avrebbero nemmeno saputo farlo. 
Poteva ammetterlo, in momenti così, quando si ritrovava da solo, nella sua stanza, col cuore in burrasca, dopo sogni di questo genere.
Anzi, ne era sicuro, che lui soprattutto non ci sarebbe riuscito, nonostante a volte avesse persino accarezzato l’idea di mandarla via. Ma per cosa, poi? Per non farle correre rischi, se fosse diventata la sua compagna di vita e non solo di lavoro?
“Ma andiamo!” lo redarguì di nuovo la solita, famigliare, vocina “La scusa di tacere con lei per non metterla in pericolo, non regge più, ormai. È sufficiente che lei sia la tua socia, per essere in pericolo mille volte al giorno! E se è vero che tu non riesci ad allontanarla, allora… merita davvero di passare il resto della sua vita con te, senza nemmeno la speranza di coronare il suo sogno, mandando giù rospi tanto grossi da essere più simili a dinosauri?”
La voce tacque, sostituita dal rombo dei tuoni. E Ryo non poté fare altro che maledirsi ancora, e ancora, per questo egoismo, che lo portava a preferire di lasciare le cose come stavano, pur di non perderla.
Lo sweeper sospirò rumorosamente, portandosi il cuscino sopra la testa, come a volersi proteggere da quegli inquietanti e contradditori pensieri, che finivano per essere inconcludenti quanto un gatto che si inseguiva la coda.
In quel momento, dalla stanza di Kaori gli giunsero alcuni rumori; gli venne da sorridere, immaginandola alle prese con la finestra da chiudere e le tende svolazzanti.
E chissà cos’altro stava combinando… 
Udì dei passi, una specie di tonfo, una mezza imprecazione soffocata…
Nel giro di pochi minuti sentì l’inconfondibile e famigliare thump thump thump dei suoi piedi nudi nel corridoio, e poi giù per le scale. Si aspettò di sentire qualche rumore in cucina: probabilmente era scesa a bere, o a prepararsi un bicchiere di latte…
Invece, con sua grande sorpresa, accompagnato da uno strano brivido giù per la schiena, sentì un altro tonfo e la porta dell’appartamento aprirsi.
Il suo istinto gli disse che qualcosa non quadrava.
Cosa diavolo stava succedendo?
 
 
> Continua...



 
  
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