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Autore: Myriru    22/05/2019    3 recensioni
«Ho bisogno di te...»
«Sono qui»
Versailles no bara incontra Orpheus no mado: dalla loro unione si  mescolano gli avvenimenti della Rivoluzione Francese con la psicologia/filosofia dei personagg di Orpheus. Spero vi piaccia! ^-^
Genere: Erotico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Insieme per sempre'
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André portò lentamente la tazza alle labbra e continuò a scrivere vari appunti su un foglio bianco. Sentiva la testa scoppiare e un peso enorme schiacciargli il petto. Sospirò amaramente, passò una mano tra i capelli e ascoltò il silenzio di quella mattinata di giugno. Era assordante quella calma innaturale, odiava quel silenzio assordante riempirgli le orecchie. Tutto sembrava come sospeso in un limbo, persino François aveva preferito tacere e non piangere come ogni mattina. Poggiò la testa tra le mani, l’angoscia sembrava volerlo divorare. Sospirò rumorosamente e coprì gli occhi con la mano. Doveva aver bevuto molto la sera prima, ma non riusciva a ricordare nulla. Sperò di non aver fatto alcuna pazzia.
«Padre… »
André, in un attimo di lucidità, alzò lo sguardo verso la figlia. Renée strinse le spalle e lo guardò per alcuni istanti.
«Dimmi, hai bisogno di qualcosa? »
Le regalò un dolce sorriso e Renée sentì una stretta allo stomaco. Stropicciò la gonna tra le dita e André corrugò la fronte, senza intuire i pensieri della figlia. Lei alzò lo sguardo di scatto, preoccupata, e sussurrò piano.
«Perché…? »
L’uomo sospirò, posò la tazza sul tavolo e vicino ad essa la grafite che aveva in mano. Le fece cenno di sedersi e lei obbedì, silenziosa, attendendo una sua risposta.
«E’ meglio che se ne sia andata. Altrimenti, avremmo finito per odiarci a vicenda… »
“Alla fine, non sono riuscito a rendere felice neanche una donna. Sono fatto così… finisco sempre per deludere tutti coloro che ripongono in me la loro fiducia”
Parlò piano, la sua voce era terribilmente bassa e rauca e il suo volto stanco le fecero capire che non era riuscito a dormire neanche quella notte. Probabilmente era uscito e per miracolo era riuscito a tornare a casa sotto l’effetto di fiumi di alcool. Non aveva la più pallida idea di dove fosse andata Oscar e lui non aveva voluto saperne niente. Appena Oscar aveva varcato la soglia di casa suo padre si era come bloccato, era sicura che non fosse neanche più arrabbiato. L’aveva osservato attentamente e aveva dato le spalle a tutti, sedendosi sul bordo del letto, e non aveva voluto parlare con nessuno. Capiva la sua frustrazione, la condivideva a pieno ma non concepiva il fatto che l’avesse addirittura cacciata di casa. Lei non aveva neanche obiettato, aveva raccolto in fretta poche cose e se n’era andata in silenzio. Non riusciva proprio ad essere arrabbiata con lei o delusa dal suo comportamento, forse perché avrebbe fatto la stessa cosa. L’avevano messa sicuramente alle strette e lei non aveva potuto fare altro che osservare in silenzio. Si chiese cosa stesse pensando l’uomo davanti a sé.
«Dopo quello che è successo non è saggio lasciarla andare in giro da sola… »
«Renée, basta. Non voglio parlarne »
La voce uscì ferma, a tratti autoritaria ma Renée non si fece intimorire.
«Non hai mai pensato che lei non abbia detto nulla solo per proteggerci? »
«Ho detto basta, Renée. Ti prego non parliamone più »
André si alzò lentamente dalla sedia e si avviò verso la porta, prese il mantello e si coprì le spalle. Le temperature erano scese ancora una volta e la pioggia ingrigiva quelle giornate di giugno. Renée non aggiunse altro, non osò neanche avvicinarsi al padre per salutarlo e lui se ne andò, in silenzio, immerso nei suoi pensieri.
 
///@///
 
«Vattene via, Oscar »
Quelle parole rimbombavano nella sua testa in continuazione. Aveva guardato André per qualche istante, aveva sperato in un suo ripensamento ma il suo sguardo glaciale l’aveva ferita più di una pugnalata in pieno petto. Aveva sentito l’aria mancare e la terra scomparire sotto i piedi. Si era mossa solo per raccogliere un paio di monete guadagnate facendo il bucato ad un vicino e alcuni oggetti personali e aveva abbandonato la casa, senza il coraggio di guardare in faccia nessuno. Girovagare per le strade di Parigi era pericoloso, soprattutto di notte e dopo una sommossa. La notizia della fuga dei reali aveva creato scalpore e gli animi dei parigini si erano infuocati. Si chiese come mai quello strano conte straniero le avesse chiesto di aiutarli. Aveva già sentito la sua voce e in quei giorni aveva ricordato vagamente la sua storia e ciò che li legava. L’ultima incognita restava la regina. Nella sua mente appariva l’immagine di una ragazzina non su più di diciotto anni dai boccoli biondi incipriati e lo sguardo smeraldino e si era chiesta se non fosse proprio lei la regina. Girò il volto alla ricerca di una locanda dove passare la notte e sperò che quei pochi risparmi potessero pagare almeno per una notte un giaciglio gradevole dove dormire. Sospirò amaramente e notò un posto all’apparenza tranquillo. Entrò cauta e vide l’oste dietro al bancone pulire dei bicchieri fischiettando allegramente; due uomini invece sedevano appartati a parlare sottovoce, non riusciva a scorgere i loro volti; un gruppo più rumoroso, ma non eccessivamente, poco distante dalla porta d’ingresso. Si fece avanti con titubanza ma drizzò la schiena e camminò a testa alta, sperò che il rossore dal viso e dagli occhi fosse scomparso. L’oste le regalò un sorriso di cortesia e poggiò sul bancone entrambe le mani.
«Salve monsieur, cosa posso offrirvi? »
«Salve monsieur, mi chiedevo se ci fosse una camera libera »
L’oste la guardò per qualche istante e Oscar si sentì tremendamente a disagio ma cercò di non darlo a vedere.
«Certo, ho molte stanze libere »
Oscar portò la mano dentro la tasca della giubba e prese alcune monete, poggiandole sul banco. Si sentì quasi umiliata dalla pochezza di quel denaro e sperò di poter accontentare l’uomo.
«E’ solo per una notte, può bastare? »
L’uomo aveva sgranato gli occhi, titubante, spostando lo sguardo da lei alle monete un paio di volte, per poi sorridere.
«Se non dovessero bastare…  ecco potrei »
Le venne quasi spontaneo offrigli una mano ma si rese conto che di cucina e di pulizia non era una grande esperta. Aveva osservato attentamente sia Rosalie che Renée immerse nelle faccende domestiche e lei le aveva semplicemente imitate, non sempre con ottimi risultati.
«Basta e avanza, non è un problema. Posso darvi qualcosa da mangiare? Lo offre la casa »
«Oh no… non ho appetito ma la ringrazio per il pensiero »
Disse lentamente e portò la mano alla fronte stancamente, abbozzando un debole sorriso. Una strana sensazione si impossessò del suo corpo e sentì quasi un peso gravarle sulle spalle. Si girò lentamente, cercò con lo sguardo la causa di quella sensazione e vide che uno dei due uomini in disparte la stava guardando. Girò lo sguardo e aspettò con ansia. L’oste le diede una chiave e si apprestò a ordinare ad un ragazzo, forse suo figlio, di accompagnarla alla sua stanza. Mosse qualche passo verso il ragazzo ma una forte fitta alla testa la bloccò, dovette appoggiarsi ad una sedia poco distante.
«Monsieur! State bene?! Mi sentite? »
Chiese il giovane allarmato, richiamando l’attenzione di tutti i commensali. Sentì lo sguardo di tutti addosso, un uomo della comitiva si era alzato. Oscar annuì rapidamente e tentò di sembrare il più naturale possibile.
«E’ stato un semplice capogiro, non preoccupatevi. Sto bene… »
Parlò lentamente sperando di rassicurare il povero ragazzo e tentò di fare un altro passo ma questa volta le forze l’abbandonarono definitivamente.
«Oscar! »
 
///@///
 
Non ricordava cosa fosse successo. Si guardò in torno confusa e non riconobbe la stanza in cui stava.
«A-André…? »
No, non era a casa di André. Era in quella piccola locanda, in una semplicissima stanza e si era appena svegliata dopo… quanto? Avvertì una fitta al bassoventre e si sentì mancare il respiro. Era ferita? Portò la mano sul punto dolente ma non sentì né fasce né ferite. Scosse un po’ il capo e guardò fuori dalla piccola finestra: pioveva. L’aria era fredda ma non riusciva ad avvertire quel gelo perché lei per prima si sentiva un pezzo di ghiaccio. Le coperte non sembravano riscaldarla in alcun modo e lei non ci fece caso. L’unico posto in cui non aveva mai avuto freddo erano le sue braccia ma non poteva più addormentarsi tra loro. Aveva dimenticato la freddezza della solitudine, il sentirsi incompleti e infelici erano solo un ricordo lontano. Ora quelle sensazioni erano tornate più forti di prima e l’avevano come risvegliata all’improvviso da un sonno meraviglioso. Era stata una stupida nel credere di poter gestire la cosa da sola, a non chiedere il suo aiuto. Se non fosse stata così testarda forse tutto questo non sarebbe successo. Se non avesse voluto salvarlo, forse non avrebbe perso il suo uomo. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e non tentò di fermarle. Qualcuno bussò alla porta, disse uno sbrigativo “avanti” e si asciugò le lacrime in fretta. Passò una mano tra i capelli e provò a sistemarli mentre si sedeva composta sul letto.
«Buongiorno… »
Sussultò e si girò di scatto verso quella voce. Sentì un moto di rabbia nascere e crescere rapida nella sua anima che si catapultò fuori dal letto e si fiondò su di lui, tirandogli uno schiaffo in pieno viso. L’uomo indietreggiò di un passo e spalancò gli occhi, sorpreso, ma si ricompose subito, girando il volto verso la donna.
«Ti odio! Cosa ci fai ancora qui?! Perché?! Perché vuoi continuare a tormentarmi?! »
«Oscar, rilassati »
Sentiva la guancia offesa bruciare come fuoco, nei suoi occhi freddi riusciva a vederle quelle fiamme che gli aveva appena impresso sul viso.
«Non posso rilassarmi Alexandre! »
Urlò con tutta la voce che aveva in corpo e lui le fermò i polsi, costringendola a seguirlo vicino al letto.
«Devi riposarti, sei svenuta ieri sera e non è il caso di agitarsi tanto »
«Non mi importa! Non mi importa più di nulla ormai… »
Oscar si sedette sul bordo del letto e chinò il capo. Perché doveva trovarsi con lui? Perché non poteva essere Alain? Non voleva più vederlo, non tollerava più la sua presenza nella sua vita. Avvertì di nuovo le lacrime inumidirle gli occhi. Era tutta colpa sua.
«Ti ha visitato il medico »
Disse il conte lentamente, buttando lo sguardo fuori dalla finestra distrattamente. Stava piovendo.
«Non voglio sapere cos’ha detto »
Rispose calma, la sua voce era quasi spezzata e l’uomo si girò verso di lei con sguardo grave. Si era chiesto il motivo della sua presenza in quella locanda per tutta la notte e dell’assenza di André ma dal suo sguardo capì che era successo qualcosa e che forse lui era il responsabile.
«Tra poco tornerà a visitarti »
«Bene, ora puoi andare… hai fatto quello che dovevi e ti ringrazio. Ho bisogno di stare da sola »
«E’ successo qualcosa di cui non sono a conoscenza? »
Oscar alzò uno sguardo fulmineo su di lui e l’uomo deglutì a vuoto, colpito dall’intensità dei suoi occhi. Alexandre le diede le spalle e si avviò verso la porta.
«L’oste è rimasto sconvolto nel sapere del tuo essere donna »
«Vorrei tanto non esserlo e dimenticare tutto… un’altra volta »
 
///@///
 
André camminava a passo lento, era arrivata la notizia che il 24 giugno la famiglia reale sarebbe tornata a Parigi. Non avevano varcato il confine, il giudice Destez, che tra l’altro non aveva mai sentito nominare, aveva riconosciuto formalmente il re. La famiglia si era spacciata per il convoglio della baronessa di Korff, vedova di un colonnello russo, che si stava recando a Francoforte con due bambini, una governante, un maggiordomo e tre domestici. Secondo quanto riferito dalla Guardia Nazionale, il re era vestito da valletto, la sovrana da governante, i due bambini da figlie della baronessa, ,Madame Louise Elisabeth de Croÿ era la baronessa Korff e Madame Elisabeth, sorella del re, era la dama di compagnia della baronessa. Tutto era sembrato minuziosamente preparato, peccato che alcuni ritardi avevano dichiarato il fallimento dell’intera operazione. Sospirò amaramente, avevano ricevuto la lista dei partecipanti al complotto ai danni della rivoluzione e tra i primi c’era proprio quello del conte de Beauharnais, seguito dal conte di Fersen, del generale Bouillé e molti altri. Fu sorpreso di non leggere il nome del generale Jarjayes. Si fermò in mezzo alla piazza dove un tempo sorgeva la Bastiglia e ricordò con un mezzo sorriso sul volto quello che era successo il 14 luglio dell’89. Tutto era partito da quella maledetta data. Se non fosse uscito con Alain, se non avesse lasciato Oscar da sola quella mattina tutto questo forse non sarebbe accaduto. Sospirò pesantemente. Il pensiero di quella donna non riusciva proprio ad abbandonarlo. Era stupito dalla sua stessa rabbia contro di lei, non avrebbe mai immaginato di urlarle contro quelle cose. Come aveva potuto pensare di metterle le mani addosso? Doveva essere impazzito. Portò una mano alla testa e deglutì a fatica. Si era sfogato, aveva liberato tutto l’amaro che teneva nella sua anima ma ora si sentiva anche peggio. Appena aveva sentito la porta di casa chiudersi aveva sentito il suo cuore andare letteralmente a pezzi e il mondo scomparire sotto i suoi piedi. Sentiva ancora un peso sul petto e non sembrava volersene andare e ne fu grato. Per quanto si sentisse in colpa per quello che le aveva detto non riusciva a dimenticare cos’era successo. Aveva incontrato di nascosto il conte, si erano visti a sua insaputa. Aiuto o non aiuto, lei era stata con lui. Quel dannato incubo sembrava tornare a tormentarlo di nuovo e si rese conto di non essersi sbagliato, almeno in parte. Non aveva sentito un odore diverso sulla sua pelle, non aveva visto segni sospetti sul suo corpo… non erano stati a letto insieme, di questo ne era più che sicuro. Oscar non era così, non si sarebbe mai comportata in quel modo con lui. Continuò il suo cammino un po’ rincuorato. Avrebbe voluto tanto vederla, chiederle spiegazioni, chiarire con lei ma era sicuro del fatto che, adesso, lei lo odiasse.
“E hai anche tutte le ragioni per farlo… odiami Oscar! Odia quest’uomo folle di gelosia! Perdona un cieco alla verità!”
Abbassò le spalle, distrutto, e tentò di raggiungere casa sua. Renée esigeva spiegazioni che neanche lui sapeva darsi e si sentì combattuto. Pensò di non tornare a casa quella notte, forse avrebbe preso una stanza in una locanda e avrebbe passato la notte a bere come una spugna. Pensò a sua nonna e alla rivelazione dell’eccessivo uso di alcool che aveva fatto Oscar nell’ultimo mese, prima dello scoppio della rivoluzione.
“Troviamoci di nuovo Oscar… non lasciamo che gli eventi ci separino ancora una volta!”
André alzò lo sguardo verso la palazzina davanti a sé e la vide, la sua figura, uscire dal portone e camminare, a testa bassa, verso di lui. Non l’aveva notato, era immersa nei suoi pensieri. Fu tentato di fingere di non averla vista, di fuggire da lei ma mosse alcuni passi nella sua direzione sicuro. Oscar alzò lo sguardo sorpresa e i suoi occhi si velarono di tristezza e di dolore. Portò una mano alle labbra e sussurrò appena il suo nome.
«A-André… »
«Oscar… »
La donna fece qualche passo indietro ma lui le prese gentilmente il polso, avvicinandolo a sé. Oscar guardò incredula la stretta delle sue dita attorno a lei e alzò lo sguardo verso di lui.
«Ho bisogno di parlarti »
   
 
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