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Autore: nisa95_    24/05/2019    1 recensioni
*Per chi si lascia rapire dalle love story tra umani ed esseri mitologici.*
Tutti sognano di trovare l’amore vero, quello per cui si scalerebbero montagne e attraverserebbero deserti, l’amore che abbatte ogni ostacolo.
Selvaggia è una ragazza di diciotto anni come tante, o forse no. Ultimamente non è più in sè da quando ha iniziato a fare strani incubi... Così fuori di testa, da non riuscire più a distinguere ciò che è sogno da ciò che è reale; ma è solo l'inizio, perchè con l'arrivo di Jareth, un ragazzo nuovo a scuola, le stranezze non faranno altro che peggiorare...
Una storia d'amore e morte, in cui il sentimento lega Jareth a Selvaggia e viceversa, che li porterà ad uno scontro destinato a stravolgere tutto ciò che lei conosce o almeno, così credeva.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Selvaggia non riusciva a stare ferma; andava avanti ed indietro, in giro per la sua stanza quasi ossessivamente e per il nervoso, aveva iniziato a mordicchiarsi le unghie delle dita.
Dopo cena, si era fatta una doccia veloce e si era messa una vestaglia leggera, viola pastello di Tezenis, senza asciugarsi nemmeno i lunghi capelli.
La sua mente era un vespaio d’idee confuse e che sfioravano l’inconcepibile per pensare ad altre cose più sensate, come i compiti da fare o quanti soldi mettere da parte per la gita.
Era quasi certa infatti, che Jareth, non fosse il vero nome di quel ragazzo che iniziava ad ossessionarla. E che lui fosse veramente il re dei Goblin. A riprova di questa sua assurda tesi, vi era il libro che le era capitato per le mani per puro caso.
Aveva senso, no?
Selvaggia, lanciò un grido di frustrazione per poi gettarsi a peso morto, sul letto. Premendo la faccia contro al suo cuscino cicciotto. Cominciò a toccarsi la piccola voglia che aveva sul viso, come quando era piccola. Lo faceva per rassicurarsi.
Aveva sempre amato definirsi una ragazza seria, dal sangue freddo e con la testa sulle spalle. Fra un mese avrebbe compiuto diciott’anni e lei pensava a Re e Goblin.
<< Assurdo… I Goblin non esistono...>> Mormorò, sdraiandosi a fissare il soffitto.
Ad un tratto, percepì qualcuno bussare da dietro il legno della porta ed il tono calmo di suo padre che le chiedeva di entrare per mostrarle una cosa. Selvaggia acconsentì, sedendosi sul materasso mentre il signor Malaspina entrava, per porgerle dei suoi vecchi disegni. Forse addirittura i suoi primi veri scarabocchi sensati.
<< La mamma li ha trovati dopo tanto cercare in soffitta. Ci teneva che li vedessi…>> Disse, accennando un sorriso nostalgico.
Erano quattro grandi fogli. Il primo era pieno di varie sfumature di verde tra pastelli e pennarelli vari, come la foresta che le appariva nello specchio; con due omini. Una femminuccia dai capelli neri e due puntini azzurri come occhi, l’altro era invece un maschietto. Con i capelli biondi e… Selvaggia stentava a credere a ciò che vedeva. Gli occhi di quel maschietto erano un puntino marrone ed uno verde. Trattenne il respiro e sfogliò il secondo disegno.
Stavolta i personaggi che riuscì a distinguere erano tre. Il maschietto in questa foto portava una specie di corona sulla testa ed anche la femminuccia ne aveva una, ma quasi a bordo del foglio, come fosse stato un personaggio sgradevole, vi era una piccola figura indistinta tutta nera e bianca; sembrava priva di colore in confronto al resto. E ciò la inquietava parecchio…
Il terzo foglio era ricoperto di macchie verdognole e marroncine di varie grandezze e tutte con occhi neri e gialli. Selvaggia deglutì rumorosamente e si fece coraggio per osservare l’ultimo suo disegno.
Quest’ultimo era il più enigmatico. Vi era segnato un grosso cuore rosso e sotto, a caratteri grossi e tremolanti, ma sorprendentemente leggibili, del medesimo colore, vi era scritto: “Il cuore dell’Erlkönig

Ed ora chi era esattamente questo Erlkönig?


Alle dieci di sera, Selvaggia era seduta alla sua scrivania con quel dannato libro chiuso davanti a lei. Orami era passato quasi un quarto d’ora da quando aveva deciso di volerlo leggere; ma non aveva neanche il coraggio di decidersi ad aprirlo.
Stava quasi per gettare la spugna, quando udii la suoneria del suo cellulare da qualche parte in camera sua. Si fiondò a cercarlo in ogni angolo, fino a quando riuscì a beccarlo nella cesta dei panni sporchi. Non le serviva neanche leggere il nome sul display; solo una persona al mondo la chiamava alle ventidue, di Venerdì.
<< Pronto Cecille? Dimmi tutto… >> Cecilia non amava parlare, a meno che non fosse dietro al piccolo schermo del suo telefonino. In quel caso, si trasformava in una chiacchierona che Lavinia in confronto era nessuno.
<< Pronto Selvy, ero solo un po’ preoccupata per te. Oggi eri molto strana, sembravi assente in aula. E ieri avevi una pessima cera… Forse ti sei presa l’influenza. Domani ci sei comunque a scuola? >> Le chiese la sua amica intimorita per la sua salute.
Cosa avrebbe potuto dirle Selvaggia? Che ultimamente le stavano succedendo delle cose troppo strane da raccontare e che n’era spaventata da morire…?
Scartò subito l’ipotesi scuotendo la testa e le diede una risposta simile a quella che le aveva detto il giorno prima.
La sua amica, sospirò rassegnata dall’altra parte della cornetta: << Mi raccomando, cerca di riposare stanotte. Ti ho chiamato perché… Posso dirlo solo a te. Sei l’unica mia amica che capirebbe… >> Quando Cecilia iniziava così, significava che aveva un nuovo scoop che nemmeno “La reginetta delle Oche Giulive” sapeva. << Hai presente il ragazzo nuovo e bellissimo che era assente oggi, no? Ecco, lo sai che di solito il Venerdì pomeriggio dopo la scuola, faccio da Baby Sitter al figlio della mia vicina di casa e che lei è mezza tedesca e per cui parla un po’ quella lingua e la capisce…>> Un difetto di Cecilia, era che straparlava più del dovuto.
Selvaggia la interruppe solo per dirle di andare al nocciolo della questione. Si alzò dalla sua scrivania, lasciando il libro ed i disegni sul tavolo per poi sdraiarsi di nuovo a letto.
<< Va bene, va bene, va… Bene. Ci stavo giusto arrivando. Ero curiosa di sapere da che città tedesca provenisse Jareth con precisione e così, ho provato a cercarlo su Facebook e Instagram, ma non ho trovato nessuno che corrispondesse a lui. >> Anch’io avevo fatto delle ricerche senza arrivare a niente. Poi Cecille, disse qualcosa che attirò la mia attenzione. << Così per pura curiosità – visto che parla bene la nostra lingua – ho pensato che avesse modificato il suo cognome da tedesco, ad italiano e coincidenza pazzesca, il suo cognome se lo traduci nel nostro vocabolo, significa Inganni… Non è tipo super cool?>> Squittì estasiata.

Jareth, Inganni…

Senza neanche che lo facesse apposta, Cecilia le aveva dato una conferma che non era così assurda come la sua.
Jareth non era affatto quello che sembrava.
Ora n’era più che certa.

Esausta, chiuse la chiamata con quella svitata della sua amica per coricarsi. Precedentemente, aveva nascosto dietro le ante del suo armadio il suo specchio. Per un po’ ne avrebbe fatto a meno. Si portò una mano alla bocca, sbadigliando assonnata. Si sentiva distrutta e stanca, ma quando adocchiò la sua scrivania, ebbe un sussulto d’ansia.
Il vecchio libro della biblioteca ed i suoi disegni di quando era solo una bambina, erano scomparsi di punto in bianco. Rimase immobile contro la parete della sua stanza, sbattendo solo più volte le palpebre, attonita.
E poi, come se una forza invisibile le avesse voltato la testa, vide letteralmente l’anta destra del suo mobile da socchiusa, chiudersi del tutto da sola.
L’ultima cosa che udì prima di svenire sul pavimento, furono delle risatine maligne che d’umano, non avevano nulla.
  
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