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Autore: Roiben    25/05/2019    0 recensioni
Qui si narra di avventure e tribolazioni occorse all’Uomo Nero, e del suo fatale incontrar la Dea della Notte, dopo del quale nulla mai sarà più come fu.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- La compagnia si allarga -

 

Avanza a passi cauti e leggeri nel corridoio in ombra, notando che con il  procedere nell’addentrarcisi esso si fa di momento in momento più buio; ha la niente affatto piacevole sensazione che fin troppo presto non sarà più in grado di distinguere un’ombra dall’altra, neppure da sé stesso.

 

«In che guaio sto andando a infilarmi?» riflette cupo fra sé.

 

Nonostante le sue preoccupazioni non arresta i propri passi e prosegue invece con decisione, risoluto a fare la sua parte, non potendosi però impedire di voltare lo sguardo di tanto in tanto per accertarsi che alle sue spalle la luce di Arawn ancora brilli fioca, anche se sempre più distante.

 

Un lieve baluginio nell’oscurità attira la sua attenzione e il suo sguardo si fa più affilato. Affretta il passo, appena sfiorando il suolo, e presto, con sua somma sorpresa, raggiunge il punto che ha attirato il suo interesse, scoprendo trattarsi di una roccia rialzata e levigata, sulla quale sono state deposte bracciate intere di armi dalle fogge più disparate e completamente alla rinfusa. Qualcuna di quelle creature al servizio di Nemain deve avere la direttiva di trasferire in quel punto le eventuali armi sottratte alle prede notturne. Piacevolmente rinfrancato da quella vista, scopre che in mezzo al mucchio sono presenti anche le sue due spade, delle quali si appropria rapace e senza indugio alcuno. Un sorriso spontaneo, seppur striminzito e un poco malato, spunta sulle sue labbra nell’osservare le lame riflettere la scarsa luce di quel sottosuolo. Fa scorrere l’occhio sul corridoio che più avanti diviene cunicolo, rinserra la presa sull’elsa delle spade e riprende lesto il cammino.

 

Non troppi passi dopo è però costretto a incurvarsi seguendo il volere della strada davanti a sé, il cui soffitto si fa inesorabilmente più accosto al pavimento. Se da un lato i suoi piedi sono occupati a scansare spaccature nelle pietre appena abbozzate e la sua bocca è parimenti impegnata a formulare borbottii e imprecazioni, tuttavia i suoi occhi rimangono attenti e lo mettono in allerta su una nuova presenza. Questa volta si vede costretto a arrestare bruscamente la propria avanzata, lo sguardo fisso su altri due occhi, più grandi e cupi, che rifrangono a stento l’ormai quasi assente luce lontana. Un basso ringhio lo avvisa che deve essersi appena inoltrato in territorio ostile (per lo meno, più ostile del precedente). Osserva con una certa inquietudine mista a curiosità quei due occhi fissi nei suoi fino a che li nota spostarsi impercettibilmente indietro. Il pensiero ha appena il tempo di raggiungere la sua mente quando la creatura cui appartengono gli occhi balza scattante in avanti per ghermirlo, mancandolo di un soffio poiché Pitch ha saggiamente seguito l’esempio facendo a sua volta un balzo indietro; poi scarta bruscamente di lato, per quanto glielo permetta la parete, così da scansare di stretta misura gli artigli affilati della creatura; un leopardo indiano, nota con la coda dell’occhio mentre è impegnato a schivare una nuova zampata diretta al suo inguine. Il felino appiattisce le orecchie sul cranio e tenta un affondo con le zanne, ma la mascella schiocca a vuoto nell’aria dal momento che Pitch è scattato all’indietro e lo tiene a rispettosa distanza con le spade.

 

«Hai fame, micetto?» mormora con delicatezza, tenendolo costantemente d’occhio. «Non sono molto ospitali da queste parti, vero?».

 

Il ringhio del felino diventa un cupo borbottio mentre le sue orecchie sfarfallano su e giù, intente ad ascoltare la voce vellutata di Pitch.

 

«Sono ragionevolmente sicuro di poter ritrovare la via per tornare là fuori, sai? Se lo vuoi, posso mostrarla anche a te» tratta, continuando a parlare con tono pacato e a muovere le spade in sinuose curve davanti a sé.

 

I grandi e attenti occhi del leopardo, sempre occupati a controllare i suoi movimenti, sembrano appannarsi per una frazione di secondo; la lunga coda spazza il terreno una volta, poi si posa placida al suolo; si accuccia, più calmo, e ruota la testa mostrando la sua confusione.

 

Un angolo delle labbra di Pitch si solleva appena, rilassa le spalle e piega le ginocchia. «Bene così. Bravo micetto. Hai un nome?» sussurra, posando una delle due spade a terra e allungando la mano libera fino a raggiungere il pelo morbido sul collo del felino. «Non importa, lo scopriremo in un secondo momento. Ora esci con me, coraggio. Troverai di certo ciò di cui hai bisogno, e forse molto di più» promette.

 

*

 

Rilascia un lungo sospiro sollevato, ritrovando la pallida luminosità creata da Arawn là dove l’aveva dovuta lasciare non troppo tempo prima: all’incrocio dei corridoi. Nulla è davvero andato come si aspettava, e di ciò dovrà in qualche modo rendere conto alla divinità. Tuttavia le loro possibilità di riuscita sono ancora intatte e questo dovrà pur contare qualche cosa, giusto? D’accordo, forse no dopo tutto, almeno a giudicare dall’occhiata allucinata di Arawn alla sua ricomparsa.

 

«Quello cosa sarebbe?» sibila, mostrando per la prima volta un tono alterato.

 

Pitch inarca un sopracciglio, scettico, si guarda un breve istante alle spalle e si schiarisce la voce con discrezione. «Un gatto» replica asciutto.

 

«Un gatto di oltre settanta chili?» sbotta Arawn, sembrando appena un filo isterico.

 

Pitch lo fissa con intensità, poi ghigna malevolo. «Non me lo dire: sei allergico al pelo di gatto?».

 

Lo sguardo che gli indirizza Arawn fa pensare che sia in procinto di ridurlo in polvere seduta stante. «Per tua fortuna, no. Ma rammenta di consultarmi, la prossima volta, se mai deciderai di voler adottare altre creature pelose».

 

«Farò il possibile per tenerlo a mente» promette Pitch con falsa solennità.

 

«Ottimo. Qualche altra buona notizia?».

 

«In effetti, sì: ho ritrovato le mie spade» annuncia con visibile soddisfazione.

 

Gli occhi impensieriti di Arawn si staccano a fatica dal grosso felino acquattato accanto alle lunghe gambe dello spirito e scorrono sulla nera figura di Pitch, notando solo allora le due lame scintillanti strette saldamente fra le sue mani pallide.

 

«Vedo. Se non altro questa è davvero positiva» recrimina acido.

 

Pitch dà un piccolo sbuffo. «Qual è il problema? Non li avete gli animali nel vostro mondo?».

 

Arawn pianta su di lui uno sguardo pensoso e un po’ seccato. «Sì, li abbiamo. E di solito è un miracolo sopravvivervi dopo averne incontrato uno. Sempre che, chiaramente, non si tratti del proprio cavallo» racconta.

 

«Bel posto» commenta Pitch con sarcasmo ben poco velato. «Ricordami di non accettare mai un tuo invito a venire a trovarsi a casa tua. Comunque, per tua informazione, era da sola e aveva fame; non mi andava di lasciarla lì. È davvero un luogo orrendo, e te lo dice qualcuno che di posti simili ne ha veduti fin troppi» borbotta piccato.

 

Ad Arawn sfugge un sorriso che è però presto costretto a inghiottire, vista l’occhiataccia ammonitrice dello spirito. «Che dolce» non riesce tuttavia a fare a meno di considerare, mordendosi le labbra per non scoppiare a ridere. «Come sai che si tratta di una femmina?» domanda quindi, incuriosito.

 

Nel mentre fa un paio di passi avanti per accostarsi al duo e a quel punto il felino decide che sono già troppi, levandosi lesto sulle zampe robuste e scattanti e sibilandogli contro, mostrando con orgoglio la candida e perfetta dentatura al completo.

 

«Hai la reale necessità che ti risponda?» ribatte Pitch con ironia.

 

Sospira mesto, osservando il felino strusciarsi sfacciato contro il fianco dello spirito, e scuote la testa. «No, suppongo di no. Vogliamo andare, quindi?».

 

Pitch annuisce e si mette in testa al terzetto, tallonato dal leopardo e con Arawn nelle retrovie con l’inespresso compito di controllare che nessuno di sgradito li segua. Lo spirito si sente un poco più sicuro da quando può di nuovo contare sulle sue armi materiali, spera solo di non doverle utilizzare troppo presto; un poco di tranquillità non sarebbe una cattiva idea, ma fintanto che si troveranno all’interno del territorio di Nemain quella è per forza di cose una prospettiva lontana, tanto da apparire quasi come un fioco miraggio.

 

Nel frattempo hanno percorso un buon tratto della galleria in luce, senza peraltro incontrare alcun genere di ostacolo. Se da un lato questo può senz’altro essere annoverato fra i fatti positivi, dall’altro preoccupa sia Pitch che Arawn poiché non sanno cosa dovranno attendersi sulla strada che stanno percorrendo. Di sicuro c’è che l’aria è diventata meno pesante, così come la luce appare più vivida, ed entrambi sperano che ciò significhi l’approssimarsi dell’uscita.

 

Un mugolio distrae i pensieri sia di Pitch che di Arawn.

 

«Il tuo gatto deve essersi stancato di andare a zonzo per queste gallerie» fa notare Arawn.

 

«Non è mio» tiene a precisare Pitch. «Ma posso di certo comprendere il suo stato d’animo, e condividerlo persino» ammette.

 

«Vorrei solo essere certo che non ci toccheranno spiacevoli incontri, una volta fuori da qui» decide di esternare Arawn.

 

«Mi trovi d’accordo. Al contempo sono nel dubbio se augurarmi che sia giorno oppure notte, oltre queste spesse mura» considera Pitch.

 

Arawn osserva pensieroso la schiena dello spirito poco più avanti. «Il giorno ti crea problemi?» indaga, incerto.

 

«La luce del sole tende a indebolire i miei poteri, che appartengono all’oscurità. Immagino succeda un po’ come i luoghi chiusi e bui agiscono sui tuoi».

 

Le labbra di Arawn si storcono in una smorfia che appare infastidita, oppure preoccupata. «In questo caso speriamo che sia già scesa la notte. Magari contornata da una luna piena».

 

Un soffio stizzito scatena la perplessità della divinità, la quale sposta alternativamente lo sguardo confuso da Pitch al leopardo e viceversa, incerto sull’origine di quel suono.

 

«Erano tue le rimostranze, questa volta?» decide quindi di sincerarsi.

 

«Lo erano» conferma Pitch in tono polemico. «Ho un conto in sospeso con la luna, o per meglio dire, con la creatura che in essa dimora».

 

Arawn socchiude le labbra, attonito e sorpreso. «C’è qualcuno nella luna?» chiede incredulo.

 

«Purtroppo» asserisce lo spirito. «Se dipendesse da me, potrebbe benissimo essere vuota e gelida. Perderci non ci perderebbe, anzi».

 

Dopo un lungo momento di silenziosa riflessione, Arawn si decide a farsi avanti. «Dimmi, sono indiscreto se chiedo di che genere di dissapore si tratta?» arrischia curioso.

 

«Tremendamente» replica Pitch in modo succinto e molto definitivo.

 

Arawn rinserra le labbra, un poco risentito, ma è presto costretto a lasciare da parte il proprio disappunto e affrettare il passo, perché non solo Pitch sta praticamente correndo, ora, ma anche lui ha avvertito l’approssimarsi di una presenza e preferirebbe non dover fare altri brutti incontri. Spalanca gli occhi e segretamente prega che il suo compagno di fuga non abbia modo di percepire i suoi sentimenti non propriamente edificanti, o di certo finirà nei guai (più di quanti se ne trovi già fra i piedi).

 

«Non distrarti» gli sibila Pitch, senza rallentare l’andatura e stringendo con forza le spade.

 

Il leopardo corre agile fra di loro, senza produrre alcuno suono percepibile, ma Arawn si accorge che neppure lo spirito sembra fare rumore, quasi non respirasse nemmeno. Vorrebbe indagare sulla stranezza appena constatata, ma comprende bene che quello non è proprio il momento adatto per soddisfare le sue curiosità, pertanto fa come gli è stato detto: si concentra sul percorso e sul ritmo dei suoi piedi che toccano terra, attento a ogni altro suono che possa risultare fuori posto.

 

*

 

Nessuno dei due lo realizza appieno fino al momento in cui avvertono il freddo del vento del nord sulla pelle: sono fuori, infine, ed è ormai il crepuscolo, a giudicare dalle striature violacee che tendono al blu del cielo. In realtà ad Arawn poco importa se non può ancora rivedere il caldo sole sfavillante; ciò che invece davvero conta è non trovarsi più nei claustrofobici sotterranei dell’edificio che si sono appena lasciati alle spalle. L’unico piccolo problema (che in effetti poi così piccolo non è) lo nota solo in un secondo momento, ma riesce comunque a far precipitare la sua ritrovata gioia iniziale sotto i piedi: sono praticamente circondati; di fronte hanno decine di quegli uomini che davvero umani non sono, alle spalle i cunicoli dai quali proviene il sinistro scalpiccio di passi affrettati forieri di altri guai in arrivo. Si lascia sfuggire un gemito di sconforto, al quale risponde uno sbuffo da parte di Pitch che al contrario sembra molto più seccato piuttosto che depresso.

 

«Avremo un po’ da fare, temo» commenta piano lo spirito.

 

«Un po’?» replica Arawn, abbastanza in disaccordo con la linea d’azione che crede di aver intuito nelle intenzioni dello spirito.

 

«Dubito, in tutta onestà, che intendano lasciarci passare indisturbati».

 

«Questo l’avevo capito benissimo, grazie mille» borbotta Arawn un po’ scontroso. «Mi serve del tempo per tirarci fuori da questo pasticcio» esala angosciato.

 

«Per l’appunto» conferma Pitch senza in apparenza condividere la sua preoccupazione. «Ma ho le mie spade, ora. E, ammetto, scarsa voglia di lasciarmi catturare una seconda volta. Pertanto spero non abbia a dispiacerti se ci sarà qualche cacciatore in meno su questa terra, a breve».

 

Quella, pondera Arawn con una punta di amarezza e preoccupazione, pare proprio una minaccia in piena regola. «Se lo credi necessario…» tenta di mediare.

 

«Lo credo» conferma succinto, avanzando al contempo di qualche passo e variando di un soffio la presa delle dita sull’elsa.

 

E davvero, l’ultima eventualità che auspica Pitch è di tornare a marcire là sotto; una volta gli è stata sufficiente per il resto dei suoi giorni che si augura siano ancora molti e meno oppressivi; anche se, a giudicare dal numero in costante aumento delle pedine in campo non ci giurerebbe affatto. Assottiglia le palpebre, risoluto a non permettere loro di mettergli di nuovo i piedi in testa.

 

All’ennesimo passo avanti avverte una leggera pressione contro il proprio fianco e con la coda dell’occhio individua l’ormai conosciuta presenza del leopardo, il quale sembra intenzionato a rimanere accanto a lui anche in quel frangente. Pitch si augura che sappia ciò a cui sta andando incontro, poiché non crede affatto di poter trovare il tempo materiale per badare anche alla di lei incolumità, non in una situazione tanto sfavorevole.

 

Infine il tempo per gli indugi volge al termine e i due gruppi di cacciatori radunatisi fino a quel momento attorno ai tre fuggiaschi decidono di porre fine al loro tentativo. Ma Pitch, consapevole del loro svantaggio numerico, non si fa trovare impreparato di fronte al primo attacco e, sotto il tiro incrociato di arcieri e balestrieri, muove velocemente le labbra ergendo attorno al loro piccolo gruppo uno scudo fatto di magia che brucia in volo ogni singolo dardo prima che questi abbiano la possibilità di colpirli.

 

«Ben fatto» esclama Arawn in tono sorpreso e affascinato.

 

«Tsk! Con che gente di poca fede mi tocca avere a che fare» borbotta Pitch con fare bisbetico, in parte offeso dalla palese incredulità dimostrata dall’altro.

 

Al signore dell’Annwn sfugge un risolino, decisamente fuori luogo dato il contesto, meritandosi infatti un’occhiata molto seccata dallo spirito oscuro.

 

«Invece di perderti in inutili ilarità, che cosa ne pensi di iniziare a rimboccarti le maniche per toglierci da questa scomoda situazione?» sibila Pitch.

 

Arawn è indeciso se sentirsi o meno oltraggiato per aver ricevuto quel palese ordine malamente mascherato da richiesta ben poco cortese. Ma non gli occorre molto per comprenderne la validità: è sufficiente dare uno sguardo a ciò che li circonda per sapere con certezza che non resta loro molto tempo né grandi possibilità. Annuisce, cercando come meglio può di concentrarsi sui propri poteri e lasciare fuori ogni altra questione, perfino l’ombra del timore che avverte agitarsi dentro. Non ha affatto bisogno di complicarsi ulteriormente la vita pensando a come la situazione potrebbe facilmente peggiorare, a loro svantaggio naturalmente.

 

Mentre raduna con attenzione forze e conoscenze in egual misura, i suoi occhi scorgono ancora il conflitto che si sta svolgendo al di fuori della sua mente; seppur tentando di non prestarvi eccessiva attenzione, non può esimersi dal notare che la barriera magica eretta pocanzi dallo spirito oscuro allo scopo di proteggerli dall’offensiva dell’esercito di Nemain si sta gradualmente sfilacciando, perdendo ogni momento di più un poco della sua energia. Rinserra gli occhi, deciso a non lasciarsi distrarre con il fondato rischio di commettere qualche errore e, nel momento in cui avverte le energie collidere creando i giusti presupposti, schiude le labbra e bisbiglia «È il momento» sperando che lo spirito oscuro lo abbia sentito.

 

Pitch ha raccolto le sue parole, ma non è così certo di poter fare qualcosa in proposito. Sta consumando la propria magia per permettere loro di sopravvivere ancora un poco e non crede affatto di potersi permettere molto altro, sul momento. Un lieve gemito scivola fra le sue labbra livide, attirando su di sé l’attenzione della divinità.

 

Arawn, suo malgrado, si vede costretto a riaprire gli occhi per accertarsi dell’attuale situazione e, solo allora, nota lo stato dello spirito oscuro e digrigna i denti. Ha compreso che dovrà con tutta probabilità pensare egli stesso a mantenerli uniti. L’idea, inutile sottolinearlo, non lo alletta in particolar modo, eppure è anche consapevole che è davvero giunto il momento, il suo turno di fare qualcosa di concreto per la loro salvezza. Spera solo di riuscire a mantenere la propria concentrazione ai livelli adeguati all’impresa che si accinge a compiere. Ma, d’un tratto, non c’è davvero più tempo di indugiare né gingillarsi con le domande, resta solo quello appena sufficiente per prendere la decisione più giusta.

 

Si sporge, afferrando con una mano la spalla spigolosa dello spirito oscuro, mentre affonda le dita dell’altra nella morbida pelliccia del collo del leopardo, poi si riappropria di tutta la concentrazione che è in grado di racimolare e sceglie: sceglie di espandere il proprio potere lì, nel mondo degli esseri umani, creando in esso una frattura sufficientemente ampia da permettere loro di sfuggire alle pericolose grinfie di Nemain e del suo esercito; sceglie di ignorare il proprio codice morale e fare consapevolmente violenza su quella dimensione per portare in salvo le loro effimere esistenze.

 

Un momento dopo Arawn, Pitch e il leopardo svaniscono nel nulla sotto lo sguardo attonito di qualche decina di cacciatori e della loro signora del caos.

 


  
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