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Autore: Sophie Ondine    26/05/2019    5 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9- Il compleanno di Rin- seconda parte

 

Midoriko, nonostante tutto, si sentiva ancora inquieta. I ragazzi avevano dimostrato, ancora una volta, di aver svolto un ottimo lavoro, i loro sforzi erano stati ricompensati. Eppure qualcosa, una sensazione flebile, non la faceva stare del tutto tranquilla.
Ma in quel momento non poteva fare altro che cercare di ignorare quel piccolo campanello di allarme e, con passo sicuro, si avvicinò ai suoi avversari. Quel giorno non erano due, ma ben quattro.
Ed eccoli lì, tutti schierati, in attesa che lei arrivasse.

-Ancora una volta mi sorprendete: non credevo di essere così importante da scomodare persino Inu No Taisho e Ryojotsusei Onigumo. Questa sì che è una bella sorpresa- rise Midoriko, raccogliendo a sé tutte le forze.

Prese parola come sempre Naraku, beffardo ed insolente:- Non ci saremmo mai persi questo spettacolo, per niente al mondo-
 A quelle parole non solo Midoriko, ma Sesshomaru stesso avrebbe voluto aprirgli la testa come si fa con un melone. Dannato, irritante mezzo demone.
La donna non disse nulla, non voleva raccogliere quella provocazione.
Poi Inu No Taisho decise di usare le maniere dolci, prese la mano di Midoriko e le face il baciamano:- Vederla è sempre un piacere, Midoriko-sama-

-Vedo che almeno qualcuno ogni tanto si ricorda delle buone maniere. Devo dire che suo figlio non ha proprio preso niente da lei- rispose lei, poi continuò rivolta a tutti e quattro- Cosa devo aspettarmi questa volta?-
Fu la volta di Ryokotsusei, non poteva permettere che il suo rivale di sempre potesse emergere più di lui:- Assolutamente niente, cara signora. Siamo solo interessati alla compagnia, sappiamo che vuole istruire per bene i suoi allievi-
Midoriko si voltò verso di lui. Così come per i figli, i due padri non potevano essere più diversi, ma non solo a livello caratteriale, la cosa si estendeva anche a livello fisico: se Inu No Taisho era ancora un uomo, anzi un demone, piacente, dai lineamenti eleganti e il portamento fiero, al contrario Ryokotsusei sembrava riflettere il marcio della sua anima. Ne studiò la fronte perennemente corrugata, il viso attraversato da decise rughe e lo sguardo spietato, affilato, come quello di un rettile.

-Allora spero che lo spettacolo sia stato di vostro gradimento-

-Senza ombra di dubbio. I suoi attori sono così bravi che anche il più giovane dei miei figli è venuto qui oggi- rispose subito il grande demone cane. Quella era una battaglia silenziosa tra lui e Ryokotsusei, non voleva perderla.

Midoriko si accorse del duello verbale e dentro di sé si sentì soddisfatta, almeno per poco.

-Inu-Yasha è sempre il benvenuto tra i miei ragazzi. Credo che i convenevoli siano durati abbastanza, vogliate scusarmi ma devo complimentarmi con i miei allievi- girò i tacchi e se ne andò.
I quattro rimasero lì. Inu e Ryokotsusei si scambiavano occhiate di fuoco.
-Vedo che nonostante tutto la nostra preda non ha ancora ceduto- disse pungente Ryokotsusei.
-Non è detto che prima o poi non lo faccia- rispose l’altro.
Si strinsero la mano, massima espressione della cordialità e poi entrambi se ne andarono.
-Allora è vero: tuo fratello è stato più furbo di te ed è riuscito a conquistare i favori della No Tama- e mentre pronunciava tali parole, Naraku aveva un sorriso stampato sulla faccia.

Sesshomaru strinse forte i pugni.
-Come se questo fosse un passo più vicino al “Sengoku Monogatari”. Non ho ancora capito cosa hai in mente questa volta…-
-Lo capirai presto- lo informò il mezzo demone.
-Sarebbe meglio lasciarle credere di aver vinto questa volta- suggerì Sesshomaru.
-E da quando sei diventato così buono?- e se ne andò anche lui lasciando lo youkai da solo.
Nel frattempo, mentre in platea si stava  svolgendo questa scena, negli spogliatoi i ragazzi festeggiavano lo spettacolo e, nuovamente, il compleanno di Rin.
L’euforia aveva contagiato tutti, compresa nonna Keade, Jinenji e sua madre, i quali avevano raggiunto i ragazzi per complimentarsi con loro, seguiti da Inu-Yasha e Kagome.

-Un brindisi a tutti noi!- gridava Miroku, con un bicchiere di succo in mano.
-Kanpai!- fu la risposta corale.
Rin tracannò tutto il contenuto del suo bicchiere.
-E ancora una volta, buon compleanno Rin!- gridò poi Kohaku, attirando l’attenzione sulla ragazzina. Lei arrossì, d’istinto.
Si sentiva la settimo cielo. Niente avrebbe potuto rovinare una bella giornata come quella.
Ma non sapeva che la Vita, a volte, si diverte a ribaltare le cose. E infatti, nonostante la giornata stesse per volgere al termine, le sorprese non erano ancora finite: all’improvviso, in mezzo al gruppo, si sentì il rumore sordo di un bicchiere che viene lasciato cadere sul pavimento. E poi dei rantolii, una voce che, invano, annaspava in cerca di aria, in cerca di aiuto.
Durò tutto pochissimo, ma a Rin parvero ore.

Si girò e vide il volto della nonna livido, la faccia imprigionata in un’espressione di terrore, una maschera inquietante. La bocca si apriva e chiudeva ripetutamente in cerca di ossigeno, gli occhi, terrorizzati, fissavano un punto fisso nel vuoto e la mano si toccava il petto, stringendolo con tutta la forza che possedeva.

-Nonna!- urlò Rin, gettandosi su di lei.
Tutti gli altri pietrificati.
-Nonna, che succede?- chiese supplichevole la ragazzina con gli occhi irrorati di lacrime.
In quel momento entrò Midoriko, la quale si concesse qualche secondo per capire la situazione, poi disse ad alta voce:-Qualcuno chiami un’ambulanza!-
Kagome scattò subito al suono di voce della zia e corse fuori dai camerini per poter chiamare il numero di emergenza. Inu-Yasha la seguì a ruota.
Sesshomaru, che era rimasto in platea, notò il trambusto che si stava scatenando dietro le quinte e quando vide Inu-Yasha seguire la nipote della signora Midoriko, lo afferrò con la mano artigliata, in modo da non farlo scappare.

-Che sta succedendo?- chiese senza tanti preamboli.

-La nonna di Rin, sta male…- rispose il mezzo demone, ancora piccato per quello che era avvenuto settimane prima tra loro due. Non avevano avuto modo di chiarirsi, ma Inu-Yasha sapeva che una prospettiva del genere da parte di suo fratello era totalmente da escludere.
Sentiva il suo braccio ancora stretto dalla sua mano e con un movimento brusco, si liberò per poter raggiungere Kagome.
E proprio mentre Inu-Yasha stava per sparire oltre la grande porta scura, Sesshomaru lo sentì.
Sentì l’odore delle lacrime disperate di Rin.

 

 

***

 

Rin non si sentiva più le gambe. I muscoli erano indolenziti per colpa di tutte quelle ore seduta sulle scomode sedie di plastica del pronto soccorso. Gli occhi erano gonfi e rossi, poggiava la testa braccia, come se fosse intenta a recitare una silenziosa e disperata preghiera.
Le era difficile in quel momento ripercorrere momento per momento tutto quello che era successo dopo che aveva visto sua nonna accasciarsi per terra.
Ricordava vagamente le voci preoccupate dei suoi amici: Kohaku che cercava di consolarla, Sango e Miroku che ordinavano a tutti gli altri di spostarsi per non aggravare la situazione e la sua sensei che ordinava a qualcuno di chiamare un’ambulanza.
Chi aveva eseguito quell’ordine? Forse Kagome… sì, doveva essere stata lei. Ma Rin non poteva esserne sicura al cento per cento: in quel momento era nella confusione più totale. Vedere la nonna in quello stato l’aveva sconvolta, molto di più di quanto immaginasse.
Non sapeva di preciso quanto tempo fosse passato, rivedeva nella sua mente lo staff paramedico che entrava nel camerino e con velocità professionale prendeva sua nonna per issarla sull’ambulanza.

-Dobbiamo andare con lei all’ospedale- aveva balbettato lei, con il volto rigato dalle lacrime che ancora non ne volevano sapere di fermarsi.

Stava seguendo la barella su cui Kaede era stata adagiata lungo tutto l’edifico, passò anche attraverso la platea, non accorgendosi della presenza di Sesshomaru.
Quando fu fuori, sentì la voce di uno dei paramedici dirle che non avrebbe potuto salire sull’ambulanza con loro, ma le comunicò il nome dell’ospedale più vicino dove l’avrebbero portata.

-Ti ci porto io- disse poi una voce di fianco a lei. Rin si era voltata ed aveva incrociato lo sguardo di Sesshomaru. Non si era nemmeno accorta che lui fosse ancora lì.
In quel momento non le importava che lui fosse una delle persone che forse odiava di più al mondo, si sentiva grata di avere qualcuno che stesse cercando di aiutarla.

-Io… io…- si ritrovò a balbettare. Non si era ancora ripresa dallo shock.

Ancora una volta fu Midoriko a prendere in mano la situazione. Si avvicinò alla sua allieva, le posò una mano sulla spalla e lei disse con voce calma ma ferma:- Rin, vai in ospedale con Sesshomaru. Noi ti raggiungeremo dopo-

-Va… va bene…- soffiò la piccola.

-Aspetta, Sesshomaru- urlò poi Inu-Yasha, rivolgendosi al fratello, il quale si voltò verso di lui leggermente scocciato:- veniamo anche io e Kagome con voi-
E così, più veloce che potevano, tutti e quattro si erano sistemati nella macchina di Sesshomaru e si erano diretti verso il pronto soccorso.
Inu-Yasha aveva occupato il posto di fianco al guidatore, mentre Rin e Kagome dietro.
Nell’abitacolo nessuno dei passeggeri proferiva parola, il silenzio era interrotto dai singhiozzi timidi di Rin. Kagome cercava come meglio poteva di consolarla, abbracciandola ed accarezzandole la testa e sussurrandole che tutto si sarebbe risolto.
Sesshomaru, invece, non staccava gli occhi dalla strada. Sentiva chiaramente l’odore di paura che la piccola ningen emanava e si era sorpreso qualche volta nello spiarla dallo specchietto retrovisore: in quel momento appariva così fragile ed indifesa, come tutti gli esseri umani del resto. Non sapeva perché ma ancora una volta non comprendeva la natura di quella preoccupazione che sentiva salirgli dalla bocca dello stomaco.
Una volta arrivati, si precipitarono all’interno dell’edificio e Sesshomaru andò a chiedere informazioni, poiché Rin era troppo scossa per poter parlare con qualcuno.

E dal quel momento in poi il tempo era passato lentamente.
Dopo un’ora di pianto, Rin era riuscita a calmarsi e come promesso la signora Midoriko l’aveva raggiunta.
-Tutti gli altri erano preoccupati per te, volevano venire a tutti i costi ma li ho convinti a desistere da questo intento. Non hai bisogno di troppa gente intorno- le disse la sensei, prendendo posto di fianco a lei.

Rin le sorrise grata senza dire altro.
Controllò l’orologio, erano le 23.
Poco prima era riuscita a parlare con uno degli infermieri, il quale le aveva detto che per il momento non poteva la nonna, ancora sotto osservazione. L’aveva rassicurata però dicendole che stava meglio e aspettavano di vedere come avrebbe affrontato la notte.
Nonostante le avessero detto di andare a casa, lei non aveva intenzione di muoversi: non se la sentiva di dormire.
Era seduta tra Kagome e Midoriko, mentre Inu-Yasha e Sesshomaru si trovavano in disparte in piedi.
-Rin, forse è il caso che tu riposi un po’… non puoi stare qui tutta la notte- cercava di convincerla Kagome dolcemente. Ma la diretta interessata scosse la testa risoluta.

-No! Resterò qui fino a che mia nonna non si sveglierà. Voi andate pure, anzi non vi ho ancora ringraziato per quello che avete fatto per me-
-Ma non puoi rimanere qui da sola- ribattè Kagome.
-Resterò io con lei- disse poi una voce alle loro spalle.
Le tre donne sedute alzarono lo sguardo e videro la figura di Sesshomaru stagliarsi contro di loro.
Rin sentiva di non avere le forze per mettersi a protestare, non era quello il caso e non ne aveva nemmeno voglia. Midoriko piegò la testa di lato, meditabonda: non si fidava di Sesshomaru, non dopo il colpo basso che le aveva tirato, ma qualcosa le suggeriva che in quell’occasione poteva affidare la sua preziosa allieva nelle sue mani. Lei, in aggiunta a ciò, era troppo affaticata per poter resistere tutta la notte fuori casa: le sue stesse condizioni di salute non glielo avrebbero mai permesso e doveva agire in maniera egoistica, anche per il bene di Rin.
Kagome, al contrario, era rimasta a bocca spalancata: non si aspettava uno slancio di altruismo da parte di Sesshomaru, quel fratello che non era capace di dimostrare ad Inu-Yasha un briciolo d’amore… possibile che avesse un cuore?

-Rin- la chiamò lei- Se vuoi resto io con te…- suggerì Kagome.
-Siete due minorenni, avreste comunque bisogno della presenza di un adulto- la interruppe Sesshomaru.
Rin abbassò la testa per riflettere, poi disse:- Kagome, vai pure a casa. Sesshomaru-sama ha ragione-
Era dura da ammettere.

-Riaccompagniamo noi Inu-Yasha a casa- disse poi Midoriko prima di congedarsi.
Come se per Sesshomaru fosse un problema come sarebbe tornato a casa quel mezzo demone.
Rin salutò tutti, ringraziandoli ancora una volta, poi tornò a sedere. Il tempo di guardarsi intorno che già lo youkai era sparito. La ragazza rimase sbigottita… ma che razza di comportamento era quello? Prima si proponeva di farle compagnia e poi spariva così, come se niente fosse.
Quell’essere sarebbe rimasto un mistero per lei.
Era ancora assorta nei suoi pensieri quando sentì l’aria muoversi leggermente di fianco a lei e Sesshomaru materializzarsi magicamente con un sacchettino in mano. Glielo porse e lei lo prese senza fiatare.
Quando lo aprì video dentro una scatolina di plastica trasparente con all’interno due onigiri.

Rin si voltò in cerca di risposte.

-Dovrai pur mangiare qualcosa- rispose lui.
Ora che ci pensava, non aveva messo nulla sotto i denti da quel pomeriggio, cioè poco prima dello spettacolo e il suo stomaco glielo stava ricordando in quel preciso momento. Balbettò un “grazie” e poi si avventò sulla sua cena. Forse era per il lungo digiuno o perché quegli onigiri erano stati ben cucinati, ma li trovò deliziosi, talmente appetitosi che li finì in pochi minuti.
Nel frattempo Sesshomaru, sempre di fianco a lei, non aveva smesso di osservarla nemmeno per un secondo con la coda dell’occhio: era comunque buffa, sotto certi aspetti.
-Ti è rimasto un chicco di riso sulla faccia- disse poi istintivamente, senza pensarci troppo ed allungando una mano per pulirla.

Rin venne colta alla sprovvista e si ritrovò la mano artigliata di Sesshomaru all’angolo della bocca. Quel contatto improvviso la fece arrossire e di nuovo venne investita da una serie di emozioni strane, che aveva già provato, come quella volta a Natale, quando lui le aveva rimesso la sciarpa addosso. Anche lui si ritrovò sorpreso di quel misero contatto e delle sue conseguenze e ritirò subito la mano, quasi non avesse voglia di trovare l’ennesima risposta poco soddisfacente a quelle reazioni sconosciute.
-Mi dispiace molto disturbarla, immagino che avesse programmi migliori per questa sera- disse poi Rin, quando il rossore sulle guance le fu passato.
-Non avevo nessun programma particolare-
Che fosse il suo modo per dirle che non gli stava causando fastidio? Poteva anche essere così. La piccola sapeva che da lui pretendere una risposta più articolata e dettagliata era come chiedere a Miroku di non guardare una ragazza.
-Come passa le sue giornate? Dopo il lavoro intendo-
Il demone sollevò un sopracciglio, sorpreso ma senza darlo a vedere. Ma che razza di domande gli faceva quella cucciola d’uomo?
-Visto che dobbiamo stare qui, tanto vale parlare un po’- si giustificò lei, quasi avesse compreso lo stupore di lui.
-Non sono un tipo da molte parole-

Rin rise appena.

-Me ne sono accorta. A me, invece, piace molto parlare, mi fa stare in pace. A quanto pare sono sempre stata una chiacchierona, fin da piccolina. La mamma mi diceva sempre che da neonata non la smettevo di gorgheggiare-
-E dov’è ora tua madre?-
-Ci ha lasciati qualche anno fa per colpa di un tumore. Mio padre non l’ho mai conosciuto, anche lui se n’è andato parecchi anni fa ma prima che io nascessi. Siamo rimaste solo io e mia nonna- disse la piccola con mestizia.
Sesshomaru rimase in silenzio.
-Lei è fortunato- disse poi la ragazzina- Ha un padre, una madre ed un fratello…-
-Fratellastro- la interruppe lei, lapidario.
Rin sbattè gli occhi ripetutamente.
-Che differenza c’è? Condividete lo stesso sangue…-
-è proprio quello il problema- continuò.
Lo osservò attentamente: non una ruga, non un’espressione. Era davvero indecifrabile.
-Come preferisce- disse poi arrendevole.

Il silenzio fece loro compagnia per qualche minuto. Ogni tanto qualche infermiere passava davanti a loro.
Poi Rin riprese fiato e continuò:- Spesso mi è capitato di fantasticare su chi fosse mio padre. Mi sono sempre chiesta che tipo fosse, se fosse un tipo simpatico e chiacchierone come me o magari silenzioso, come lei-
Il tono con cui lo disse era dolce, senza la minima ombra di astio nei suoi confronti.

Sesshomaru fu colpito da quel tono, gli ricordava qualcosa…

 -Il signor Sesshomaru è sempre stato buono e gentile-

Una voce infantile, dolce, ingenua, candida.

 Era una voce remota, persa in un angola della sua memoria che gli tornava in mente in quell’istante. Ma questo non aveva senso: lui ricordava benissimo ogni singolo momento della sua vita fino ad allora grazie alla sua natura demoniaca. Come era possibile che ci fossero ricordi che lui ignorava?
Osservò con i suoi occhi d’ambra Rin: il sorriso dolce, gli occhi ancora leggermente rossi per via del pianto disperato di prima, le ciglia umide. Gli ricordava qualcuno.
Qualcuno d’importante.
-Ho sempre invidiato le mie amiche, come Kanna ad esempio, perché loro avevano un papà. Molte volte ho pensato che in realtà fosse ancora vivo, ma se così fosse allora vorrebbe dire che ignora la mia esistenza, altrimenti sarebbe venuto a cercarmi perché, diciamolo, che razza di genitore abbandonerebbe suo figlio?-
Era un fiume in piena, però Sesshomaru non si sentiva infastidito.
Rin, dal canto suo, si sentiva perfettamente a suo agio a parlare con lui, nonostante tutto. Parlare l’aiutava a non pensare ed era quello di cui aveva bisogno in quel momento.
Si stiracchiò leggermente le gambe, poi si sistemò meglio sulla sedia.

-Però ho sempre avuto la nonna che ha cercato di prendersi cura di me, non ha mai cercato di farmi mancare nulla. E poi ho sempre la recitazione: è la mia passione da sempre. Spesso mi mettevo ad improvvisare melodrammi visti in TV davanti mia mamma e mia nonna. Ero molto buffa- rise lei portandosi una mano davanti alla bocca.
Mentre parlava Rin avvertì un brivido di freddo salirle lungo la colonna vertebrale, per poi emettere uno starnuto. “Accidenti” pensò “fa freddo qui” mentre si stringeva le braccia intorno al corpo.
Qualcosa di pesante si posò sulle sue spalle, un odore pungente le punzecchiò le narici. Si voltò e vide il cappotto nero di Sesshomaru su di lei. Era stato velocissimo, perché non si era accorta di nulla.
Lui non disse nulla, se ne stava seduto come se niente fosse mentre continuava ad osservare un punto lontano.
Rin si ritrovò grata e felice per quel piccolo gesto: si sistemò il cappotto sulle spalle e bisbigliò un “grazie” leggermente imbarazzata.
Non ci furono altre parole nei minuti successivi, poi alzò lo sguardo verso l’orologio nel corridoio e vide che la mezzanotte era già passata, così come il suo compleanno.
-Speravo di chiudere in bellezza il mio quattordicesimo compleanno, ma forse sarebbe potuto andare peggio- disse lei mentre il sonno prendeva il sopravvento e la testa pendeva verso la spalla del demone.
Non si accorse nemmeno di stare per addormentarsi. Sesshomaru, quando sentì quella leggera pressione sulla spalla, si girò verso la ragazza: dormiva beata, profondamente. Doveva essere distrutta: il compleanno, lo spettacolo, il ricovero della nonna. Tante emozioni che l’avevano scossa.

I capelli di Rin risplendevano sotto il riflesso delle tristi luci dell’ospedale, come se riuscisse a rallegrare qualsiasi posto solo con la sua presenza.
Nessun fastidio lo stava disturbando, si sentiva bene.
Non si mosse per non svegliarla.

Passò la notte in compagnia di quello scricciolo di un’umana.

 

 

Salve a tutti! Chiedo scusa per il tempo passato tra un capitolo e l’altro ma sono stata parecchio occupata e il tempo per scrivere scarseggia.
Comunque, come avete avuto modo di leggere, i nostri due protagonisti hanno avuto modo di conoscersi meglio.
Spero vi sia piaciuto il nuovo capitolo.
Fatemi sapere che ne pensate!

 A presto,

 

Sophie Ondine

 

 

 

 

 

 

  
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