Libri > Mitologia greca
Ricorda la storia  |      
Autore: melianar    27/05/2019    3 recensioni
Il sacrificio per Admeto non è il primo sacrificio per amore che Alcesti ha compiuto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Medea
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non abbassava mai lo sguardo, la straniera.

Camminava al fianco di Giasone a testa alta e rideva come ridono gli uomini, forte e senza vergogna.

Io la temevo, eppure la ammiravo. O forse la mia era invidia, non so.

Perché lei era barbara e selvaggia, certo. Ma la sua, sì che era libertà.

Lei era un falco libero di volare ovunque le piacesse, mentre noi eravamo usignoli nella gabbia del gineceo, buone solo a pigolare in attesa del nostro destino.

Destino fin troppo chiaro: persino noi riuscivamo a intuirlo e tremavamo davanti agli sguardi arroganti che Giasone rivolgeva a nostro padre, alle risate irrefrenabili della straniera.

Tramavano assassinii e congiure, e già si vedevano re e regina di Iolco.

Che ne sarebbe stato allora delle figlie nubili di un re spodestato? Di noi che eravamo ancora vergini e inesperte d’ogni cosa?

Oh, se solo avessi quella donna per amica!, pensavo. Se solo mio padre fosse l’uomo vigoroso che era un tempo e non un vecchio tremante e pieno di paure!

Ricordo quelle lunghe notti in compagnia delle mie sorelle, notti cariche di sussurri e di complotti.

La straniera è una donna come noi, dicevo. Ed è una donna che conosce l’amore. Non potrebbe esserci d’aiuto?

Forse parlavo così solo perché desideravo avere il coraggio di guardarla da vicino in quegli occhi da leonessa, di rivolgerle parole in confidenza, da pari a pari, senza tremare.

Davvero, non so perché alla fine decisi di avvicinarla, né perché le mie sorelle appoggiarono il mio folle piano.

Forse perché mi hanno sempre considerata la più determinata, la più assennata. Non è quel che pensi di me anche ora, Admeto mio?

Cosa le dissi? Non lo ricordo.

Forse che io e le mie sorelle eravamo in pensiero per nostro padre, per i suoi capelli ogni giorno più bianchi, per il suo corpo sempre più curvo. Devo aver pianto, perché l’angoscia era così grande.

Non rise di me, la straniera. Mi ascoltò con la tenerezza e la comprensione di una madre, eppure non era tanto più vecchia di me, o così credevo.

Ricordo la strana eccitazione che ci pervase quando lei entrò nel gineceo, mostrando a tutte noi quel che avremmo dovuto fare.

Il rito era crudele, ma funzionava. Funzionava, sì, e lei ce lo dimostrò.

Dal pentolone sarebbe uscito nostro padre, giovane com’era al tempo in cui rideva prendendoci sulle ginocchia. Giovane come il capretto che belava tra le braccia della straniera, al posto del vecchio caprone smembrato.

Non ricordo chi mi fornì la spada, né perché la scelta ricadde su di me. Forse, ancora, perché mi consideravano la più determinata, la più assennata. Oh sì, che assennatezza la mia!

Ricordo ancora gli occhi di mio padre quando, con le mani che tremavano, affondai la lama nella sua gola.

Il suo era lo sguardo del montone davanti all’arma del sacrificio: lo sguardo terrorizzato di chi non capisce.

Se solo avessi visto rabbia nei suoi occhi, allora forse mi sarei fermata, mi sarei gettata in ginocchio ai suoi piedi implorando perdono.

Invece dissi: non avere paura, padre.

Non credo mi abbia sentita, nemmeno io mi sentii. Sentii solo il suo grido terribile, l’urlo delle bestie sgozzate nel tempio.

E noi ancora a credere che tutto sarebbe andato per il meglio, con quanta fiducia lo facemmo a pezzi!

Adesso tremerai Giasone, ridevamo, risate che si facevano via via più nervose mentre ci rendevamo conto che da quel pentolone non sarebbe uscito nulla, se non carne e ossa bollite.

E poi non ricordo nient’altro che parole, frasi sconnesse e senza senso.

Ingenue, diceva qualcuno.

Invasate, dicevano altri.

Ma noi non eravamo ingenue, la straniera ci aveva ingannate! E nemmeno eravamo invasate, con quanta lucidità avevamo agito!

Ma chi, chi ci avrebbe credute? Mi credi almeno tu, vero, Admeto?

Non vidi Giasone e la straniera abbandonare la città. Ma li ho immaginati a lungo, mano nella mano, lei a testa alta e col sorriso sulle labbra. Aveva vinto, dopotutto.

Maledirla mi confortava. Per anni ho pregato affinché le venisse strappata ogni gioia, che le Erinni perseguitassero il suo animo giorno e notte, che provasse il nostro stesso dolore mille volte più forte.

Ma quando il messaggero da Corinto ha portato la notizia delle mie preghiere esaudite ho scoperto di non sentirmi soddisfatta, anzi ho provato solo una gran voglia di piangere.

Perché su una cosa allora avevo ragione: la straniera conosceva l’amore, e per amore ci aveva ingannate.

Lo stesso amore che ti ha permesso di accogliermi in casa senza giudicarmi, mio Admeto, anche se hai sempre saputo ogni cosa.

Lo stesso amore per cui potrai vivere ancora lunghi anni, mentre io presto sarò di fronte al trono di Ade.

Capisci ora? Capisci perché non ho paura?

È così giusto, questo mio sacrificio.

Tra le ombre non sarò sola. Mio padre già mi aspetta: sui prati di asfodeli, forse ora mi perdonerà.

 

 

 

 

Note


Alcesti e Admeto sono stati uno dei più grandi amori della mia adolescenza, non so quante lacrime ho versato sui versi di Euripide, con il prof che ogni tanto mi ricordava che su, su, c’è ben di peggio nella vita :P

Col passare del tempo ho cominciato a considerare non poi così romantico il sacrificarsi per il proprio marito, e a chiedermi: ma perché? Alcesti, perché lo hai fatto? E tutto il mio amore per la vicenda si è progressivamente raffreddato, sostituito dalla rabbia verso Admeto e verso il considerare il sacrificio di una donna la massima virtù.

Questo finché non ho preso in considerazione l’idea che forse, per capire meglio le ragioni di Alcesti, avevo bisogno di scavare nel suo passato, nel suo essere figlia di Pelia, perché forse sacrificio, amore e morte avevano un intreccio non casuale nella sua vita, e Alcesti poteva avere una storia da raccontare diversa da quella che le è sempre stata attribuita.

Gli autori classici tengono a sottolineare quanto Alcesti, nella vicenda della bollitura di Pelia rimase fuori dai giochi perché lei era tanto accorta e pietosa e insomma una donna che smembra il padre non può essere la stessa donna che poi si sacrifica per il marito.

Gli autori classici però, si sa, son tutti uomini e non fanno mistero della loro misoginia (No, Euripide, tesoro, non sto guardando te, ma tanto le tue Peliadi sono andate perdute, gnegnegne).

In più, beh, far interagire due personalità forti e diversissime come quelle di Alcesti e Medea è stato meraviglioso per me <3

Ci sarebbe tanto altro da dire a riguardo, ma provo a chiuderla qui: grazie mille a chi ha letto, e come sempre grazie a Kan per il betaggio e le frustate ;-)

Ci si rivede da queste parti, direi, ho un’altra cosina in revisione e progetti su progetti che aspettano solo il momento giusto per essere scritti.

A presto!

 

Melianar

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Mitologia greca / Vai alla pagina dell'autore: melianar