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Autore: DreamerGiada_emip    28/05/2019    0 recensioni
Seguitemi, lettori dal cuore colmo di fantasia.
Avventuratevi e perdetevi all'interno di queste righe.
Vi racconterò una storia antica, nata da una leggenda e tramandata di generazione in generazione.
Accadde in un'epoca ormai lontana e dimenticata, così distante rispetto a quella in cui viviamo noi oggi.
Gli uomini hanno dimenticato ciò che accadde in tempi così addietro. Siamo cresciuti nell'illusione e viviamo nell'ignoranza.
Questa storia comincia tra i boschi, al sicuro da occhi indiscreti.
Di ciò che avvenne rimane solo una piccola e misera traccia. In quanti di voi conoscono la canzone "Figlio della Luna" di Mecano?
Vi è solo un piccolo errore, probabilmente la storia venne modificata di bocca in bocca.
Non era un bambino, ma una bellissima bambina dagli occhi d'argento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Gisella mi mise sulle spalle anche il mantello blu scuro, e nello stesso istante in cui arrivò sotto la luce una miriade di stelle argentee brillarono su di esso. Era uno spettacolo. Entrambi gli indumenti luccicavano lungo i fili argentati ricamati sul tessuto e mi calzavano divinamente.

- Grazie davvero... non so come ringraziarla, sono davvero meravigliosi. - strinsi entrambe le mani della signora Gisella tra le mie, le stesse mani che avevano lavorato così abilmente. Lei sorrise compiaciuta e soddisfatta. Michela pagò per me sia il mantello che l'abito, mentre io uscivo dal negozio. Quando mi raggiunse, la osservai attentamente.

- Mi auguro tu abbia usato il mio denaro. - la puntai con un dito come per minacciarla. E lei subito alzò le mani sorridendo. Non volevo spendesse troppi soldi per me, mi sembrava ingiusto ed egoista.

- Sapevo che l'avresti detto... - mi sorrise dolcemente come fossi parte della sua famiglia. Aveva un sorriso così materno, di quelli che fanno star bene. Si incamminò verso casa e con un cenno invitò anche me a seguirla. - Vieni si sta facendo tardi ormai. - Ma non diede una risposta effettiva alla mia domanda. La seguii sospirando. Il mantello appoggiato sul mio braccio, a quell'ora i raggi del sole non nuocevano alla mia pelle chiara.

Quando rientrammo in casa, Michela richiamò Miriam e Jacob per far vedere i nostri nuovi acquisti. Io non ero molto contenta di mettermi così in mostra, soprattutto davanti a Miriam. Avevo paura che peggiorasse ancora di più il suo astio nei miei confronti. Jacob spuntò da una stanza accanto all'ingresso.

- Che succede? Cos'è che dobbiamo "a tutti i costi"... - imitò le virgolette per prendere dolcemente in giro la sorella. - ...vedere? - spostò il suo sguardo su di me e per un attimo sembrò non riconoscermi. Abbassai lo sguardo imbarazzata, limitandomi ad osservare la sua reazione tra le ciglia. Per togliermi da sotto il suo sguardo, decisi di voltarmi e appendere il mantello nuovo al piccolo appendiabiti. Stare al centro dell'attenzione non mi era mai piaciuto. Io ero quella che si nascondeva tra le fronde per passare inosservata. Ero quella che stava attenta a non calpestare rametti a terra per evitare rumori indesiderati.

- Che c'è da urlare tanto? - ci raggiunse anche Miriam. Ed io in quel momento desiderai ardentemente un albero dove arrampicarmi e sparire.

- Sei bellissima. - mi voltai verso Jacob che mi sorrideva. Aveva un sorriso sincero e positivamente stupito. Era la prima volta che ricevevo un complimento. Incassai la testa tra le spalle e accennai un sorriso impacciato. Era una sensazione imbarazzante, ma piacevole. Come una carezza.

- Le hai comprato un vestito? - alzò la voce Miriam additandomi con un cenno della mano, ma guardando Michela. Aveva il viso completamente rosso. - Fammi capire, solo perché Jake si è preso una stupida cottarella per una ragazza trovata nel bosco, lei può infiltrarsi in casa nostra e vivere sulle nostre spalle? - agitava le mani in un gesto di rabbia. - Abbiamo a stento i soldi per noi, e tu ne spendi ancora di più per lei, come facesse parte della famiglia. - strinse i pugni. Io mi sentivo mortificata. La sensazione di essere un peso l'avevo sentita sulle mie spalle per anni nel branco e ora tornava pesante come un masso in quel luogo.

Miriam stava ancora sbraitando, quando un urlo acuto e prolungato risuonò nel villaggio. Un urlo di terrore. Tutti si zittirono e il mio corpo automaticamente si tese, pronto a scattare. Di volata corsi a prendere le mie armi e in un attimo fui fuori. Sentivo i sensi riattivarsi uno dopo l'altro, dopo quei giorni di torpore. La vista abituata al buio notturno scandagliava tutta l'area circostante. Le persone stavano uscendo dalle abitazioni per capire la provenienza e il motivo dell'urlo. Il mio udito stava suddividendo i rumori alla ricerca di qualcosa di anomalo. Bisbigli, parole, porte che si aprivano, movimento di persone e passi. Ma non passi normali. Passi pesanti, come se un essere con migliaia zampe d'acciaio camminasse sul terreno.

- I Dragoni! Scappate! - a quel grido scoppiò il panico. La gente si mise a correre. Ed io contro corrente. Volevo capire e volevo combattere, era l'unica cosa che potevo fare di utile per questo villaggio. Sentii Michela e Jacob che gridavano il mio nome, ma non ci badai. Attraversando il villaggio notai che tutti gli uomini facevano in modo di nascondere le ragazze, come fossero le uniche in pericolo. Non capivo. Sfrecciai tra le persone finché non trovai la fonte di quei passi di ferro. Mi bloccai. La mia mente non riuscì a identificare quel che i miei occhi video. Un branco di esseri di forma umana, ma con la pelle in pesante metallo. Uomini in armatura. Uno di loro stringeva il braccio di una ragazza ridendo e quasi sollevandola da terra. Lei si divincolava pregando e urlando tra le lacrime. Con la coda dell'occhio vidi un altro di quegli uomini additarmi con il dito chiamando gli altri.

 - Ne abbiamo un'altra! Guardate la sua pelle. - mi girai sollevando i pugnali e divaricando le gambe. Divenni oggetto dell'attenzione di una buona parte dei soldati che mormoravano sull'insolito pallore della mia pelle. Si avvicinavano.

 - Metti via quelle lame, non vorrei essere costretto a sfigurare quel bel visino. - un ghigno crudele. Le sue parole mi raggiunsero appena, la mia attenzione era concentrata sul non farmi accerchiare. Un nuovo grido, a pochi passi da me. Un uomo enorme che teneva stretti nel suo pugno i lunghi capelli neri di una ragazza giovanissima. Rideva e con la mano libera toccava la ragazza in punti dove solo un amante avrebbe dovuto poter mettere le mani. Serrai la presa sui pugnali e scattai. Prima che potesse accorgersene, il mio pugnale era profondamente piantato nel braccio che tratteneva la ragazza. Mollò la presa in un grido di dolore. Il lupo dentro di me ringhiava desideroso di combattere, l'istinto stava prendendo il sopravvento. La ragazza cadde a terra guardandomi sconvolta, indecisa se avere paura di me o meno, inorridita dal sangue che scorreva dal pugnale sul mio braccio. Prima che potessi rendermi conto delle mie azioni, avevo colpito un altro essere umano.

   
 
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