Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: ONLYKORINE    29/05/2019    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
36. sorprese

 Sorprese

-

-

 

Pansy vide i ragazzi osservarla.
Le si era bloccata la vestaglia sulle braccia e non riusciva più a infilarsela, né a toglierla. Oh, Merlino.
Strattonò un po’, ma quando capì che non ci sarebbe riuscita, abbassò le mani e si avvicinò a loro.
“Aiutatemi” disse, si girò e diede loro la schiena.

 

Draco allungò le mani per aiutarla, quando Weasley lo spostò e si mise lui all’opera. “Pansy, cos’hai sulla schiena?” le chiese il biondo.
La sua camicia da notte era piuttosto scollata dietro e lei aveva dei segni… no, non dei segni, ma un disegno… forse un… tatuaggio?
“Draco lascia stare e aiutami” rispose lei, nervosa.
Draco vide il rosso girarsi verso di lui e alzare un sopracciglio. Ma perché? Che aveva detto? Quando lui ebbe finito di aiutarla e Pansy riuscì a indossare la vestaglia, la strinse, si legò la cintura in vita e si rigirò verso di loro.
“Hai un tatuaggio? E quando l’hai fatto?” richiese.
“Il giorno del processo” rispose lei, sventolando una mano come quando voleva liquidare qualcosa. In quel caso, lui.

 

Ron sorrise sorpreso. Malfoy non sapeva del tatuaggio. Non riuscì a non essere contento.
Finché lei non li guardò severa e domandò: “Allora? Perché avete fatto tutto questo casino?”
“Oh, è stato un caso, stavolta. Ma molto più divertente. Ed è stato lui” rispose Malfoy, indicando con la mano il Grifondoro e continuò: “Anzi, ora vado a letto. Buonanotte”. E detto ciò, Malfoy salutò e se ne andò.
Quando rimasero soli, Ron la guardò sorridendo, ma lei non cambiò espressione. Merlino. Doveva essere ancora offesa o arrabbiata.
“Malfoy non sa del tatuaggio.”
Non voleva dirlo. Non voleva gongolare. Ma fu più forte di lui. Lei inclinò la testa, corrugando la fronte. Non avrebbe mai potuto capire cosa volesse dire per lui. Chissà se era l’unico ad aver fatto l’amore con lei da quando aveva il tatuaggio. Già, il fatto che il biondo si fosse stupito, lo faceva sentire come sul campo da Quidditch: un re.
“Adesso lo sa. Cosa c’è? Sono stanca, voglio tornare a letto” disse.
Giusto. Lei era arrabbiata. Come scusarsi? Scusarsi di qualcosa che non si sapeva di aver fatto?

 

Quando lui balbettò: “Sembra che io abbia detto…”, Pansy non ci vide più.
“Hai detto una cattiveria. Su tua sorella. Una stupidaggine. Lei non sarà mai… come intendevi tu. Una come… me.”
L’ultima parola la disse sottovoce. Non fu neanche sicura di averla detta.

 

No, no. Santo Godric, avevano ragione gli altri!
“Io non ce l’avevo con te” disse Ron. Si avvicinò a lei e le mise la mani ai lati delle spalle. “Ho esagerato perché ero spaventato, avevo paura e ho detto una stupidaggine. Non intendevo quello che avete capito tutti. Mi sono spiegato male…”
“Ma va’. Si era capito benissimo. Forse non te ne sei accorto, ma intendevi proprio che...” iniziò lei, ma lui la fece tacere.
“Adesso vuoi dirmi quello che intendevo dire?” disse un po’ sostenuto. Pansy aveva un’espressione severa. “Ti ho detto che mi sono preoccupato per mia sorella e ce l’avevo con Zabini. Ho detto una cazzata. Non ti è mai capitato di dire qualcosa di stupido? Qualcosa che non pensavi e che venisse frainteso da tutti?”
Lei spostò lo sguardo. “Beh, io ho detto di catturare Potter…” Oh. Vero. L’aveva detto. Ecco era uguale.
“È vero. Visto? Non puoi non capirmi!” Lei lo guardò stranita.
“Ma cosa dici?” chiese. Sembrava confusa.
“Certo. Ora sei obbligata a perdonarmi” spiegò Ron.

 

Cos’era obbligata a fare, lei?
Pansy spalancò gli occhi e aprì la bocca per rispondergli quando la porta scorrevole si aprì. La testa del Grifondoro si girò e quando Ron riconobbe Nott, che entrò gocciolando acqua, le si mise davanti con le braccia leggermente aperte.
Voleva proteggere lei? Poteva anche essere un gesto carino, ma non ne aveva bisogno, pensò toccando la bacchetta.
Ma lo sguardo di Pansy continuò a posarsi sulle sue mani: aveva le mani grandi ed erano ruvide, lei lo sapeva, probabilmente per gli allenamenti di Quidditch. I suoi pensieri corsero in una zona segreta della mente e si sentì le guance in fiamme.
Non era il momento, però. Doveva rimanere vigile, non fantasticare. Cercò di pensare a qualcosa di pratico. Ecco. Lui non aveva la bacchetta. E il Serpeverde era entrato con la bacchetta in mano. Doveva distrarre Nott per evitare che se la prendesse con il rosso.
“Mi sa che non è la tua serata, eh, Nott?” lo provocò lei. Lui li guardò tutti e due senza dire niente, ma si fermò.
Cambiò angolazione e ghignò: “Gran bella vestaglia, Parkinson. Dopo vieni a trovarmi in camera, come ai vecchi tempi”.

 

Ron sentì, più che vedere, Pansy irrigidirsi, ma lei non disse niente. Si girò appena e notò che il suo viso era immobile e impallidito.
Tornò a guardare Nott che, non soddisfatto della reazione della ragazza, continuò: “Quando avrai finito di frequentare i bassifondi, logicamente”. Il Serpeverde ghignò ancora. Ron la vide prendere la bacchetta con la coda dell’occhio, ma lui non voleva che facesse niente. Le prese la mano libera e la strinse. Pansy si voltò verso di lui, sorpresa. Scosse la testa, per farle capire che non c’era bisogno.
Gli vennero in mente ancora le parole di Luna: ‘È più nobile difendere qualcun altro che se stessi’, aveva detto. Le sorrise e lei ricambiò.
“Che scenetta sdolcinata” li prese in giro il moro.
Ron vide Pansy rivolgergli un sorriso. Un sorriso che non le aveva mai visto. Non un ghigno. “Oh, Nott. Come sei infantile. Solo perché ti hanno scaricato, non dovresti prendertela con il mondo…” Il suo tono era accondiscendente, come quando si parla a un bambino capriccioso.
“Scaricato? Quella stronza se n’è andata solo perché ti sei messa in mezzo!”
Lei aveva ancora quel sorriso. E Ron capì: era falso, un sorriso falso. Lo notò quando la sua espressione cambiò per pochi secondi per tornare come prima.
“Non scopi neanche se imbrogli. Dovrai arrangiarti da solo, stasera” disse ancora e Ron ebbe quasi paura: il suo tono era strano e cattivo.

 

Pansy capì di essersi abbassata al suo livello. Ma lo odiava. Non voleva che andasse in giro a circuire ragazzine inesperte. O ragazze come Millicent. Quando vide Nott puntarle contro la bacchetta, rise.
“Protego” disse, fermando il suo incantesimo. “Nott, non sei mai stato bravo con gli incantesimi, smettila”.
Lui rise nervosamente. “Ma che ne sai?”
“Hai tentato di lanciarmi un incantesimo OBLIVION. Tre volte” Lui si fermò e spalancò gli occhi. “Pensavi di esserci riuscito, vero?” Idiota. Quando lui alzò di nuovo la bacchetta sospirò. “Stupeficium” disse e lo schiantò. Ma non fu neanche divertente.
Si voltò verso Ron che la guardava con uno sguardo strano. Sospirò: lui non avrebbe mai potuto capire.

 

Ron la stava ancora guardando. Era formidabile. Era fortissima. Lei era così… non seppe trovare le parole. Lei gli lasciò la mano.
Si voltò verso Nott e gli andò vicino. Gli spostò una gamba con un piede e vide che era incosciente. “Fra un po’ si riprende, non preoccuparti” disse lei.
“Oh, non sono preoccupato. Malfoy mi ha detto della pozione” aggiunse.
Pansy annuì. “Già. Dovrebbe essere ad Azkaban insieme a suo padre”.
“Suo padre non è ad Azkaban” la contraddisse Ron.
Lei sollevò la testa di scatto e lo guardò negli occhi. “Come?”
“È ancora ricercato.”
“Ma… era stato arrestato due anni fa.”
Ron annuì. “È riuscito a evadere quando Voldemort ha reclutato i dissennatori”.
Lei corrugò la fronte per un attimo e poi i suoi occhi e la sua testa iniziarono a fare movimenti strani: stava pensando.
Ron sorrise del fatto di conoscerla così bene da accorgersene.

 

Il padre di Nott non era più ad Azkaban? E da quanto tempo? Merlino. Non era una bella notizia.
Pansy vide il Grifondoro avvicinarsi a lei. “Stavamo dicendo…”
La ragazza alzò lo sguardo su di lui. Ma non aveva visto quello che aveva appena fatto? Come era stata con Nott, quello che gli aveva detto? Come faceva a sopportarlo? Come faceva a sopportare una come lei? Aveva ragione ad aver paura per sua sorella. Lei non era una ragazza da frequentare.“Non stavamo dicendo niente. Buonanotte”.
Lui le prese la mano mentre si girava per tornare in camera. “No” sussurrò.
“No, cosa?” gli chiese lei.
“Non andartene” sussurrò ancora.
Sospirò. “Ascolta. È stato bellissimo, davvero. Ma adesso è finita. Hai visto quello che ho fatto, hai sentito quello che ho detto. Non sono la persona adatta per… te. Mento così tante volte che non sapresti mai quando dico la verità e quando no. Sono una… Serpeverde. Sono falsa, manipolatrice e crudele” disse. Cercò di dirlo con fierezza, ma non ci riuscì. Avrebbe voluto essere la ragazza adatta per uno come lui. Per uno dei salvatori del mondo magico. Ma lei era così e non voleva, o forse non poteva, essere diversa.

 

Ron non riusciva credere alle sue orecchie. Quando aveva detto quelle cose, lei non l’aveva guardato. Aveva guardato verso Nott, per terra, immobile. Probabilmente lui avrebbe riso, se fosse stato cosciente. “Io non voglio che…”
Lei si avvicinò e gli appoggiò una mano sul petto. “Sai cosa ho fatto stasera? Mi sono fatta guardare nella scollatura da un ragazzino per farmi dire quello che volevo sapere. Io…” I suoi occhi divennero lucidi. “Sarebbe stato grandioso, stare con te. Mi dispiace”.
Si allungò in punta di piedi e lo baciò sulle labbra, poi scappò via.
Ron non riuscì a fermarla. Il suo corpo non seguì il suo cervello. Di nuovo. Imprecò quando lei sparì nel corridoio.

 

***

 

Hermione decise di fare colazione al tavolo dei Serpeverde. Così quando arrivò in sala grande per la colazione, costeggiò il tavolo dei Grifondoro fino ad arrivare al posto dove erano seduti Harry e Ron ma, invece di sedersi, diede uno scappellotto a Harry, rimanendo in piedi.
Il moro si girò verso di lei. “Hermione!” esclamò, stupito.
Ron, che continuava a guardare il tavolo in fondo, si girò verso di loro: “Perché l’hai fatto?”
La riccia era allegra e sorrise. “L’avresti fatto anche tu, Ron, se avessi visto quello che ho visto io, ieri” spiegò e Ron diede uno scappellotto a Harry.

 

Harry non se l’aspettava neanche da lui. “Ron!”
Il rosso alzò le spalle riprendendo a mangiare. “Mi fido di Hermione” spiegò, con naturalezza.
La ragazza gli sorrise e tirò dritto verso il tavolo verdeargento. Ron la guardò sedersi vicino a Malfoy e dargli un bacio sulla guancia. Guardò ancora. Niente: lei non c’era.
Quando finì di mangiare decise di andare a trovare Ginny.

 

Ginny vide arrivare suo fratello e gli sorrise. In quel posto il tempo non passava mai e ci si annoiava a morte. L’unica soddisfazione era chiacchierare con Derrick, ma lui aveva ancora la tenda tirata.
“Ciao Ron” lo salutò. Lui si sedette di fianco a lei con uno sguardo strano. “Hai parlato con Pansy?” Lui annuì senza dire niente ma lei non ci fece troppo caso: Harry era andato appena si era fatto giorno, aveva passato tutta la notte con lei e sarebbe uscita prima di pranzo.
Ginny sorrise.

 

Ron vide la sorella sorridere senza motivo. Doveva essere qualcosa che c’entrava con Harry. Decise di non chiedere.
“Ieri Malfoy si è seduto al nostro tavolo” buttò lì.

 

Ginny ritornò al presente. Velocissimamente. No! Malfoy al tavolo dei Grifondoro? A fare che? Perché Harry non glielo aveva detto? E perché era successo quando lei non c’era? Avrebbe voluto vederlo. E lanciargli qualche battutina.
“No! E io qui. Come mai ha mangiato con voi?” Il fratello alzò le spalle.
“Bo. Ce lo siamo trovato lì con Hermione e si sono seduti.”
“Per Godric, avrei voluto vederlo! Almeno era in imbarazzo?” Ron la guardò stranito.
“Non lo so.”
“Ma come non lo sai? Che hai fatto mentre lui era li?”
Il fratello corrugò la fronte “Mangiato?”
Ginny sbuffò: Ron non serviva a niente.
Ma Malfoy e Hermione erano tornati insieme? Non gli chiese neanche quello, sicura che non sapesse niente.

 

Ron non disse che non aveva fatto caso a Malfoy perché era troppo impegnato a guardare il tavolo dietro di lui. Non raccontò della ronda, né dell’incontro nei sotterranei e né della discussione con Pansy. Merlino, non aveva capito neanche lui la discussione con la Serpeverde. Ma si ricordò una cosa importante.
“Tu sai di una pozione che gira…”
Ginny lo guardò seria e disse: “La pozione confondente? Quella di Nott?” Lui annuì. “Sì. Malfoy l’ha detto a Pansy ieri, sembra una cosa seria, oggi i prefetti faranno una riunione per spiegarlo alle ragazze”.
Oh. “E ci sarà anche Pansy?” La rossa corrugò la fronte.
“Certo. Anche se non so i dettagli. Non so chi l’abbia organizzata, alla fine.”
Ron non l’ascoltava. “A che ora?”
“Alle undici.”
“E dove?”
Ginny scosse la testa. “Non lo so. Sono qui da ieri. Devi chiederlo a Pansy. O a Hermione. Loro dovrebbero saperlo. Perché?”
Ron scosse le spalle e si alzò.

 

Camille entrò in infermeria per andare a trovare Ginny e si scontrò con suo fratello che stava uscendo.
“Scusami. Ciao, Camille” disse velocemente, reggendola per le spalle. Lei lo guardò andare via.
“Camille!” Si girò alla voce dell’amica che la chiamava.
“Ginny!” la salutò lei andandole vicino e abbracciandola.

 

Ginny si fece abbracciare da Camille e poi la obbligò a sedersi sul letto. “Adesso mi racconti tutto ciò che mi sono persa ieri sera!”
La Serpeverde fece una smorfia. “Oh, niente di che, alla fine” disse e la rossa rimase delusa.
“Come?” Cioè, lei a momenti si uccide e la festa non era un granché?
“Non si ballava.”
Ah no? E che si faceva? “No?”
“No. Eravamo in pochi. Non era in sala comune. Era nei sotterranei in una stanza che non avevo mai visto. Non c’erano i lenti. Ma abbiamo giocato al gioco della bottiglia!” Oh. Interessante. Una festa da single, quindi.
“Il gioco della bottiglia? Meno male che non sono venuta con Harry. Racconta, però. Io sono qui da ieri e non ho fatto niente. Hai giocato?”
Camille annuì divertita. “Sì. Io e Astoria ci siamo sedute quando eravamo ancora in pochi, ma quasi subito siamo diventati una decina e…” Ginny ascoltava rapita. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva giocato al gioco della bottiglia!
“Chi c’era? Qualcuno di carino?” chiese. Camille raccontò con entusiasmo come era andata la serata. Alla fine l’unica cosa divertente era stato appunto il gioco della bottiglia. E Ginny si fece raccontare tutto. Camille aveva baciato tre ragazzi: uno decisamente carino del sesto anno, ma la ragazza bocciò il suo bacio come il più disastroso. Ginny rise.
“Poi ho baciato Stretton, di Corvonero. Ma lui sembrava più interessato ad Astoria, infatti quando ha baciato lei…”
“CHI HA BACIATO ASTORIA?” Le ragazze si girarono verso il letto di Derrick che aveva quasi urlato e tirato la tenda per farsi vedere.
Ginny vide Camille spalancare gli occhi e guardarla un po’ spaesata.
“Oh, sì, c’è anche lui qui in infermeria…” Merlino. Merlino. Merlino.
Ma poi Camille tornò serena e disse: “Ciao Mike”, tornando a parlare con lei con un tono più basso.
Ginny non capì bene la reazione di Camille. Neanche quella di Astoria, effettivamente. Il giorno prima aveva visto Astoria e Derrick baciarsi, ma la sera, lei non era venuta a trovarlo ed era andata a una festa a fare un gioco da single.
Poi Camille si chinò su di lei spiegandole che Derrick, dopo che Astoria lo aveva baciato, l’aveva ‘liquidata’ dicendo che era meglio rimanessero ‘solo amici’.

 

Mike borbottò qualcosa sui giochi pericolosi. Camille sorrise. Il gioco della bottiglia un gioco pericoloso? In Francia loro iniziavano al secondo anno a giocarci! Quello stupido doveva essere geloso. Ben gli stava. Così avrebbe imparato a dire ad Astoria che erano solo amici. Lei ci era rimasta così male…
Chiese a Ginny se lei avesse mai giocato, giusto per farlo innervosire un po’.

 

Ginny sorrise. “Certo che ho giocato al gioco della bottiglia! Chi non ci ha mai giocato?”
“Io.”
Nessuno aveva sentito Harry entrare. Ginny si voltò verso di lui e vide che stava entrando con Pansy. “Beh, allora spero proprio che tu non lo faccia mai” gli disse e gli lanciò un bacio.
Camille lanciò uno sguardo colpevole alla sorella e questa le disse: “Io e te, dopo, facciamo una bella chiacchierata, eh?” Lei annuì.
“E poi, cosa avete fatto?” le chiese ancora Ginny, ma il momento confidenze era finito.
“Niente. Perché Pansy ha messo fine alla festa. E siamo tornati tutti in dormitorio” disse sottovoce alla rossa, indicando la sorella.

 

Pansy sbuffò. Ecco, adesso sembrava veramente una noiosa guastafeste.
“Ho avuto i miei buoni motivi per farlo” disse un po’, nervosamente. Puoi avere delle scuse ma, anche se buone, nessuno te le ascolterà. Si avvicinò alla rossa e le chiese: “Come stai?”, stringendole un braccio e dandole un bacio sulla guancia.

 

Ginny fece una smorfia. “Non ho più niente. Ma mi farà uscire proprio prima di pranzo. Non riuscirò a venire alla riunione” spiegò.
Pansy alzò le spalle. “Camille viene. Ti farà un resoconto dettagliato, giusto?” E si voltò verso la sorella con uno sguardo severo.
“Sì, sì, sì.”
Ginny le osservò e immaginò che Camille fosse stata sgridata dalla sorella. Infatti la giovane Serpeverde si chinò in avanti per sussurrare, solo per lei: “Pansy oggi è cattivissima! Avresti dovuto vedere che faccia aveva quando ha lanciato l’incantesimo ieri sera. E non le è ancora passata!”
Pansy arrabbiata per la festa? Forse. Decise di non indagare. I rapporti fra fratelli erano cose complicate. Lo sapeva bene.
Dopo mezz’ora Pansy e Camille uscirono per gli ultimi preparativi.

 

“Quindi, quante volte hai giocato al gioco della bottiglia, tu?” chiese Harry sedendosi vicino a lei.
“È un gioco stupido“ borbottò Derrick. Harry fu d’accordo con lui.
Ginny lo guardò e gli chiese: “Sei così sicuro di volerlo sapere?”, con il suo faccino fintamente innocente. Probabilmente no. Scosse la testa.

 

***

 

La riunione era andata bene, Hermione era contenta. Perché non avevano mai fatto delle riunioni così? C’erano tantissime ragazze e loro avevano spiegato come girasse a scuola la pozione verde che serviva a ‘convincere’ le ragazze. Poi si erano lasciate un po’ andare e avevano parlato di tantissime altre cose. Tante ragazze avevano cose da dire ed era stato interessante.
Ormai erano uscite quasi tutte quando vide in un angolo la Parkinson e la Bulstrode che parlavano. La Bulstrode sembrava particolarmente triste e si passò una mano su un occhio, come ad asciugare una lacrima. Si avvicinò a loro quando si dividettero.
“Tutto ok?” chiese alla Parkinson. Lei si voltò e disse: “Certo”, ma non sorrise.
“Ho qualcosa da dirti, Granger.”
Hermione allargò gli occhi. “A me?”
“Non sei tu che mi hai chiesto di Nott?” La riccia annuì e loro si spostarono ancora. “Ho saputo ieri sera che il padre di Nott non è ad Azkaban. È vero?” Hermione annuì ancora. “Ieri sera c’è stata una festa nei sotterranei…”
“Draco non mi ha detto niente” la interruppe.
La Parkinson alzò una mano sventolandola verso di lei. “Oh, non penso che lo sapesse. Non era in sala comune. Era una festa un po’ più… riservata. C’erano più che altro ragazzini”.
La Grifondoro si fece più attenta. “E quindi?”
“Era una festa per tirar su soldi. Sono riuscita a farmi dire dal ragazzo all’entrata che è stato Nott a organizzarla. Ha detto loro di farsi pagare l’entrata e far pagare gli alcolici. Queste feste… io ne ho vista qualcuna qualche anno fa… di solito si fanno entrare i ragazzini e si propongono giochi alcolici e loro… sono facilmente ingannabili. Gli altri anni lo si faceva per raccogliere soldi per qualcosa di specifico tipo divise o scope nuove per il Quidditch, ma si faceva anche per l’erba e la polvere di oppio. E Draco dice che Nott non ha problemi a vendere la pozione a chiunque…” fece una pausa lunghissima.
Hermione la guardò: non riusciva più a parlare, era un po’ nervosa o agitata. O forse arrabbiata. “Dici che sta racimolando soldi per suo padre?”

 

Pansy annuì. Ma non ne era sicura. “Io penso di sì. Ma non so. Potrebbe essere per qualsiasi cosa. Fatto sta…” Tirò fuori la borsetta dove aveva nascosto i galeoni requisiti alla festa. “Questo è l’incasso di ieri sera. E ho interrotto la festa. Non so quanto avrebbero fatto se fosse andata avanti…”
La Granger scrutò nella borsa. “Quanto c’è?”
“Ottantasette Galeoni.”
La Grifondoro sgranò gli occhi. “Hai detto che hai interrotto la festa?” chiese la Grifondoro. Pansy arrossì.
“Io ho fatto un po’ di casino. Per farmi dire quello che volevo sapere e dopo per far uscire tutti dalla sala…” La Granger annuì e Pansy continuò indicando la borsetta. “Io non so se sono per suo padre o per che cosa… Però è una cosa sospetta, no?”

 

Hermione annuì. Era sospetto sì. Sospirò. “Ok, grazie mille” disse, prendendo la borsetta.
Si incamminarono insieme verso la sala grande. Dopo due piani di silenzio, Hermione le chiese se avesse visto Ron, la sera prima. La vide irrigidirsi e subito dopo tornare come prima.
“Sì, ci siamo visti” disse solamente. Aveva un tono strano. Ma quindi?
“Lui si è scusato? Avete fatto pace?”
“Ho dimenticato una cosa in biblioteca. Ci vediamo dopo, Granger” disse la Serpeverde scappando via.

 

***

 

Ron entrò in sala grande per pranzo un po’ esasperato. Aveva cercato in lungo e in largo Hermione per tutta la scuola per farsi dire dove avrebbero fatto quella maledetta riunione, ma non l’aveva trovata.
Alle undici passate aveva capito che poteva smettere di cercare perché non c’era più nessuna ragazza in giro a Hogwarts. Davvero. Ovunque si girasse, vedeva solo ragazzi. Qualche professoressa, ma nessuna ragazza. Neanche del primo anno. Si era messo l’animo in pace e aveva provato a cercare da solo un luogo dove avrebbe potuto essere. Niente.
Alla fine si era arreso. Aveva incontrato Ginny e Harry che arrivavano dall’infermeria e si era unito a loro. Alla fine aveva visto entrare le ragazze. Erano entrate quasi tutte, ma ancora di Pansy nessuna traccia. Arrivò anche Hermione che decise di mangiare con loro.

 

Ginny stava meglio, si sedette vicino a Hermione e disse: “È vero che il fure… Malfoy ha mangiato qui ieri sera?”
“No, lui aveva già mangiato. Si è solo seduto.”
Ginny alzò gli occhi al cielo e anche Harry aveva ridacchiato, mentre la riccia diceva per difendersi: “È vero, volevo solo essere precisa!” I due ragazzi risero, prendendola in giro. Ron invece non disse niente.
“Ehi, Ron non dici niente a Hermione?” Il rosso si girò verso di loro.
“Per cosa?” Ginny sbuffò.
“Che ti succede?”
“Io… niente, ho solo fame.”
“Sai che novità!” Lo liquidò la sorella.

 

Hermione guardò il rosso con uno sguardo strano e lui la ricambiò con lo stesso sguardo. Alzò un sopracciglio in una muta domanda, ma Ron alzò le spalle e scosse la testa.
Si girò verso la rossa e vide che non aveva in nota nessuno, se non Harry.

 

***

 

“È stato difficile trovarti.”
Pansy si voltò di scatto verso la voce. “Potter! Mi hai spaventato. È successo qualcosa a Ginny?” O a Ron? Ma non ebbe il coraggio di chiederlo.
Il ragazzo scosse la testa. “No. Ti ho portato le cose di cui abbiamo parlato”. Potter si avvicinò e le porse una grossa busta gialla di pergamena.
La Serpeverde si avvicinò sorpresa. “Di già? Sei stato velocissimo, Potter. Grazie”.
Prese la busta mentre lui continuava: “A dir la verità non ho fatto niente. Molly ha iniziato a lavorare part time al ministero e sta cercando di sistemare le pratiche che vengono chiuse ma non archiviate. Qui c’è il resoconto per la casa di Julien e Abigail Lemaire e dentro ci dovrebbe essere anche l’appuntamento con l’addetto responsabile della consegna”.
Pansy sbatté gli occhi, stupita. “La signora Wealsey?” Potter annuì. Lei, ancora sorpresa continuò: “La casa di mia madre?”
Lui annuì ancora. “E poi ci sono anche le pergamene per andare ad Azkaban. Però se vuoi portarci tua sorella, devi passare dall’ufficio dei colloqui. Sembra che ci siano giorni apposta per i minorenni” continuò, un po’ in imbarazzo.
Lei sbatté di nuovo gli occhi, sorpresa. “Oh. Grazie davvero”.

 

Harry annuì e si guardò intorno: la stanza dei trofei era proprio come se la ricordava. Non ricordava, però, l’ultima volta che c’era stato, ma non gli sembrava troppo diversa. Forse qualche trofeo di Quidditch in più e premi minori.
Quando era entrato, la Parkinson guardava la teca del Quidditch. “Come mai qui? Pensavo che non ti interessasse il Quidditch”. Lei alzò le spalle.
“Infatti. Ma la settimana scorsa ho dovuto pulire tutti i trofei e…” Fece una pausa. Una lunga pausa.
“Una punizione?”
Lei annuì e sorrise. “La McGranitt è fissata con lo spolverare, eh?” La Serpeverde si avvicinò alla teca, indicando una foto.
Si avvicinò anche Harry: sette ragazzi in divisa verde e argento esultavano reggendo le scope e una coppa. La squadra di Quidditch di Serpeverde. Harry cercò la didascalia. Diceva: ‘Anno 1974/1975’. Cercò i nomi degli studenti e trovò quello che immaginava: ‘H. Parkinson, Portiere’. “Portiere? Buffo!” Sorrise, pensando a Ron. Lei no.
Guardò ancora la foto e disse: “Già”. Stava pensando anche lei a Ron? Harry capiva perché fosse lì. Aveva cercato anche lui il nome dei suoi genitori dappertutto. Era come scoprire ogni volta qualcosa di nuovo.
“È stata una sorpresa?” Lei annuì.
“Non so niente di mio padre. Mia madre ha fatto sparire tutto. E non ha mai voluto parlarne. Ma ho trovato casa sua di recente. Aspetto le prossime vacanze per andare in soffitta e scoprire se ci sono vecchi bauli.”
Sorrise mentre guardava ancora la foto. Harry sapeva come si sentiva. Avrebbe voluto anche lui avere una soffitta con bauli da aprire. Sospirò.
Lei si voltò verso di lui e disse abbassando gli occhi: “Oh! Non avevo pensato…”
Harry scosse le spalle. “Anche mio padre giocava a Quidditch. Era un Grifondoro. Si saranno battuti uno contro l’altro?”
“Se era un Grifondoro si saranno tirati maledizioni nel tempo libero.”
“Mio padre prendeva di mira Piton”. Lo disse un po’ sottovoce, perché effettivamente era vergognoso.

 

“Piton?” Pansy, sorpresa, non riuscì a non ripetere il nome. Piton a scuola? Merlino, non ci aveva mai pensato. Chissà se aveva conosciuto suo padre. Erano anche nella stessa casa. Ci rimase male, al pensiero di non averglielo mai chiesto. Avrebbe potuto sapere qualcosa su di lui. Sapeva solo che la famiglia di suo padre fosse purosangue da una miriade di generazioni, l’unica cosa che aveva tenuto a specificare sua madre. Come se fosse la cosa più importante.
Chissà com’era la vita di Piton a scuola, pensò, per la prima volta. Potter continuò: “Piton… Amava mia madre. Erano amici prima che lei venisse smistata in Grifondoro e si mettesse…”
Per un attimo guardò Potter per quello che era: un ragazzo cresciuto senza genitori, con una maledizione sulla fronte e un incarico gravoso sulle spalle. Senza accorgersene inclinò la testa. Perché lo avevano odiato? Avrebbe dovuto chiedere a Draco di ricordarglielo, perché lei proprio non se lo ricordava.
“Serpeverde e Grifondoro? Gran brutta cosa” disse senza accorgersene.

 

Harry si stupì di quello che disse la Serpeverde, ma dalla sua faccia si capiva che anche lei era rimasta sorpresa. Alzò un sopracciglio e chiese: “Davvero?”
Lei si riprese subito e scrollò le spalle. “Confidiamo in Draco e la Granger. Spezzeranno questa maledizione. Grazie ancora, Potter”. Se ne andò.
Harry rimase ancora un po’ a guardare le teche, gli annali, le pergamene… Cose già viste e riviste. Ma sempre gradite.
Guardò la lista dei prefetti del 1977 e lesse il nome della madre. Toccò il vetro con la mano. Sospirò e tornò nella torre per andare a letto.

 

Come entrò dal quadro, vide Ginny alzarsi in piedi e corrergli incontro.
“Via, via, via” gli disse sottovoce. Lo spinse fuori dal ritratto e si ritrovarono in corridoio.
“Che succede?”
“Ron ti ha visto con Pansy sulla mappa. È fuori di testa. Hermione lo sta calmando. Noi, invece, andiamo.”
Oh. “E dove andiamo?”
“Al sicuro” rispose la ragazza. E dove poteva essere ‘al sicuro’? Ma non lo chiese. Seguì Ginny fino alla stanza delle necessità.
Quando entrarono si guardò intorno, aveva aperto lei la porta. C’erano tanti cuscini per terra, su un soffice tappeto, ma neanche un letto. Cercò di non rimanerci male. Ginny si voltò verso di lui e, con uno sguardo strano, chiese: “Devo preoccuparmi?”
Harry non capì. “Di cosa?”
“Di te e di Pansy.”
“Oh, certo che no! Mi ha chiesto aiuto per delle pratiche al Ministero” rispose, quando capì cosa intendesse. In fin dei conti, era più o meno così.

 

Ginny notò che Harry era imbarazzato e non la guardava. Era una bugia?
“Sei sicuro? Solo questo?” Merlino, le aveva detto lei di andare da Harry se avesse avuto bisogno!
“È che mi ha chiesto di non dire niente a nessuno e non mi piace avere dei segreti…”
“Con me?”
Harry la guardò sorpreso. “Te? Cosa c’entri tu? Con Ron!” Ginny si sentì stupida. Veramente stupida. Non aveva pensato a Ron. Non aveva pensato a Pansy. Aveva pensato che Harry… ok poteva smettere di pensarci. Sorrise. Era come la storia del processo. Harry era una persona riservata con i fatti degli altri. E a lei piaceva anche per questo.
“Ok. Scusa, se ho pensato male…”
Harry fece un’altra faccia sorpresa. “Sei ancora gelosa?”
“Oh, Harry io sarò sempre gelosa di te!” esclamò.
“Ma non devi. Per me…” Lei l’abbracciò.
“Sì sì, mi ricordo quello che hai detto quest’estate. Baciami come mi hai baciato subito dopo e mi convincerò ancora.”

 

Lui sorrise e si chinò su di lei.
Mentre la baciava sentì il fruscio di lenzuola e cortine di letti. Si girò e vide un letto gigantesco tutto bianco che li aspettava.
“Oh?” Sorrise. Lei divenne rossa e Harry pensò di essere il ragazzo più fortunato del mondo.

 

***

 

“Per Godric, calmati Ron!”
Hermione non sapeva più cosa fare. Ron era nervoso e da quando lei aveva portato la mappa del malandrino in camera sua lo era ancora di più.
“Ma perché erano insieme?” chiese il ragazzo.
“Ci possono essere mille motivi, su no pensare subito al peggio!”
“Tipo quale motivo?” Hermione non sapeva cosa dire. Non ne aveva la più pallida idea del perché Harry e la Parkinson fossero nella sala trofei. Insieme. Harry non le aveva detto niente. E lei non sapeva cosa inventarsi. Poteva essere qualcosa riguardante il Ministero?
“Forse è per qualche pratica al Ministero”, provò a buttar lì.
“E perché non ha chiesto a me?” Hermione scosse le spalle. Già, perché? Quella ragazza era maledettamente strana e complicata.
“Forse non voleva tirarti in mezzo perché sei troppo coinvolto.”
“Coinvolto cosa che mi ha lasciato!” Hermione spalancò la bocca. La Parkinson l’aveva lasciato? Ma quando era successo? Ecco perché non aveva chiesto a lui. Ma come spiegarglielo? Ron era così sconvolto.

 

Ron si passò una mano fra i capelli mentre si sedeva sul letto. Prima Neville e ora Harry. Stava dando di matto.
“Perché ti ha lasciato? Per quello che hai detto in infermeria?” gli chiese lei.
Ancora con quella storia? Lui non aveva detto niente! Decise di stare zitto. Scrollò le spalle. “Qualcosa riguardante il fatto che lei è comunque una Serpeverde e che è falsa e cattiva e qualcosa sul fatto di aver fatto vedere le tette a un ragazzino, per farsi dire qualcosa che non voleva dirgli, ieri sera”.
Hermione spalancò gli occhi. “Le tette?”
Lui alzò le spalle. “Ha parlato di scollatura. Non è questa?” chiese, indicandosi la parte alta del petto.
Hermione sorrise. “Si è chinata in avanti per fargli vedere dentro la scollatura?”
“Sì, forse ha detto così…” Oh. Non era proprio far vedere le tette.
“Ma dai! Lavanda lo faceva sempre con te! Non riuscivi a parlarle perché guardavi sempre in basso!”
“Non è vero!” A Ron divennero rosse le orecchie. Lei rise.
“E ho visto Ginny farlo una volta con Harry…” Il rosso fece una faccia strana.
“E tu lo fai con Malfoy?”
Hermione sentì le guance andare a fuoco. “No. Ma… l’ho fatto con Krum. E non ne voglio parlare” sentenziò, arrossendo.
Però… e se ci avesse provato in un momento di calma con Draco per chiedergli di Azkaban? Avrebbe potuto funzionare? Lei non era brava in quelle cose…
“Almeno ti ha detto perché l’ha fatto?” gli chiese, tornando ai problemi del ragazzo.
Ron scosse le spalle. “Per farsi dire qualcosa, ma non mi ha detto cosa…”
Doveva essere quello che le aveva raccontato dopo la riunione. “L’ha fatto per sapere la natura di una festa nascosta che aveva scoperto. E ha scoperto che la festa andava fermata. E l’ha fatto. Ha fermato la festa. Una festa dove si ingannavano ragazzini. Questo non te l’ha detto?” Il rosso scosse la testa.
Chissà perché non era sorpresa. Sospirò e si sedette sul letto vicino a Ron. “Guarda che non è una cattiva ragazza” disse lui.
Hermione lo guardò: era così carino che volesse difendere la Parkinson.
“Io lo so. È lei che non lo sa” rispose lei.

 

“Lo sai che se la Parkinson o Draco avessero una mappa del malandrino come la nostra, adesso ci vedrebbero in camera tua, da soli, molto vicini e sopra al letto?”
Hermione si voltò verso di lui, Ron la guardò e si alzò in piedi così velocemente che il letto si mosse e lei perse un po’ l’equilibrio.
“Non ce l’hanno mica” disse lei, sorridendo.
Ron scrollò le spalle: si sentiva tradito. Da tutti.

-

-

--

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ONLYKORINE