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Autore: Alaynn Slaight    30/05/2019    2 recensioni
A cento anni dalla sua morte, Mirtilla Malcontenta rivive alcuni ricordi della sua infanzia.
Partecipante al contest "31 giorni per..." indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mirtilla Malcontenta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Unicorno

Era una notte come tante altre ad Hogwarts, qualche ululio di lupi solitari, qualche movimento brusco tra il fogliame umido - probabilmente dovuto a qualche centauro che tranquillamente passeggiava sul tappeto di foglie secche della foresta proibita - canti striduli di pipistrelli e qualche calmo e rilassante richiamo di civetta.
Sopra le fronde spigolose degli alberi sorgeva il castello di Hogwarts, le grandi vetrate illuminate dalla fioca luce delle candele sembravano parte di una scenografia di un teatro del 1800.
***
 
Quando si è fantasmi si ha la cognizione del tempo, delle emozioni e dei cinque sensi un po’ particolare. Tutto si amplifica, più o meno come i vampiri descritti nei libri Babbani: vedi di più, il tatto diventa evanescente e puoi passare da una parte all’altra delle stanze senza sbatterci contro, i suoni diventano più nitidi anche se lontani e per un periodo ti senti di poter fare qualsiasi cosa. Come i sensi anche la mia tristezza è diventata più concreta ed ingestibile.
Sono una fantasma da relativamente poco tempo - dal 1943 per la precisione - da quando ho deciso di rimanere tra i vivi per vivere la vita che mi è stata strappata (soprattutto per torturare Olive Hornby). 
Una volta ero mezzosangue - dico “una volta” perché ora di sangue non ne ho più - questo è stato l’errore più grave che ho commesso in tutta la mia breve esistenza: essere, appunto, nata babbana.
Tre anni… Tre dannatissimi anni ho vissuto in questa meravigliosa scuola, da viva; diciamocelo, non sono stati dei bellissimi anni per me.
Avrei voluto tante cose, una fra tutte vedere un Unicorno.
«La magia esiste!» Urlai quando ricevetti la lettera di Hogwarts. 
I miei genitori pensavano fosse tutto un grandissimo scherzo fatto dallo zio Carl - un burlone di prima categoria.
Ci vollero parecchi giorni, prima che si convincessero della reale esistenza del castello di maghi, sperduto da qualche parte nella Gran Bretagna.
«Mamma, ad Hogwarts ci sono gli unicorni!» Realizzai durante l’ultima cena prima di partire, per la prima volta, verso King’s Cross. 
Ero felicissima, i sogni di una bambina, per quanto irrealizzabili per i Babbani, stavano effettivamente diventando realtà. 
Ancora oggi, al pensiero della mia grande felicità, mi emoziono. 
Non si dimenticano certe cose.
Forse più avanti, i miei genitori avrebbero preferito che non ricevessi mai quella lettera.
Per questo motivo, esiste un detto tra i maghi che recita «Non guardare mai al passato, perché potresti rimanerci dentro», per noi fantasmi è dura e quasi impossibile staccarsi da ciò che è stata la nostra vita.
Ricordo perfettamente il giorno dello smistamento quando il cappello parlante, dopo aver cantato la sua soave canzoncina, chiamò uno ad uno i vari studenti. 
Io ero nel mezzo, fremevo dalla voglia di conoscere la mia casa di appartenenza e speravo, in cuor mio, di non finire nella stessa casa di Tom Riddle, già da quel giorno aveva iniziato a squadrarmi dalla testa ai piedi.
Ora so che, effettivamente, stava scrutando tutte le persone nate babbane del primo anno.
Ho sentito dire che quell’anno fu il più proficuo nelle iscrizioni di persone come me.
Ricordo la gioia nel scoprire di essere smistata in Corvonero, adoravo il Blu, amavo i corvi - strano amore per una ragazzina - e già mi immaginavo come potesse essere la mia casa.
Quando non conosci il mondo magico ti aspetti di vedere la magia come un qualcosa di irreale, far volare gli oggetti qua e là, far apparire una margherita. 
Ma le stanze... le stanze non riesci ad immaginarle. 
Potevano essere fluttuanti da qualche parte o somigliare alla stanza che ami di più. 
Il primo sguardo alla casa dei Corvonero, fu davvero molto meglio di ogni mia aspettativa.
Appena varcai la soglia della torre, per mia grande e immensa felicità, il Blu era ovunque, dai tappeti alle enormi tende.
Immaginate gli occhi sognanti di una ragazzina, immaginate l’entusiasmo, l’emozione del momento e le lacrime di gioia.
Iniziai a conoscere i miei compagni, i professori, le materie, la magia.
Davvero un bellissimo sogno.
Da lì a poco alcuni Serpeverde iniziarono a prendermi in giro, a nascondermi le cose. 
Da piccole battute senza senso a pesanti insulti.
Ero solita sedere qui e pensare tanto al futuro, cercando di immaginare come sarebbe la mia vita. Non avrei mai immaginato niente del genere. [1]
È difficile immaginare la propria vita quando ti è stata strappata in un modo così brutale. Se fossi sopravvissuta, avrei immaginato di diventare Auror, oppure un’insegnante di incantesimi. 
Ma di certo mai mi sarei aspettata di morire guardata da un serpente (e di vendicarmi di Olive Hornby).
Amavo la guferia, in questo posto potevo essere me stessa una volta per tutte.
Potevo vedere tutto da lì, avere i miei spazi, stare sola, piangere.
A volte qualche civetta portava un messaggio, altre volte passava qualche corvo.
Diciamo che era il mio nascondiglio segreto - che poi lo conoscevano tutti come luogo - ma per me era un luogo in cui sparire per un po’.
«Bene, bene, bene» sento ancora quelle parole scandite.
Olive Hornby, amava passare il tempo a prendere in giro i miei occhiali, l’acne e poi, giusto per concludere, anche i miei capelli.
«Mirtilla Malcontenta, ha scoperto un nuovo posto dove nascondersi» ghignò quella ragazza. 
Olive Hornby aveva invaso, con la sua cattiveria, anche quel meraviglioso posto. 
A volte penso che sia solo colpa sua se quel giorno sono morta. 
Altre volte invece penso che potevo reagire, piuttosto che piangere in continuazione. 
Sir Nicholas mi dice sempre - ogni volta che sono a piangere da qualche parte nel castello - «La coscienza si impara solo da morti», devo ammettere che all’inizio non sapevo che volesse dire, forse perché ero troppo impegnata a piangere e a disperarmi, ora però posso dire di aver compreso quelle parole. 
Purtroppo certe cose non si possono imparare in pochi anni di vita.
Come per i vivi: più si invecchia e più si acquisisce saggezza.
Da quel giorno, la guferia non è stato più un posto sicuro dove nascondersi, inutile dire che poi ho conosciuto quel bagno in cui sono morta.
Non è mai una grande idea vivere nel passato, eppure certe volte mi ricordo queste determinate fasi della mia vita. 
Ora mi ritrovo a guardare gli alberi che mi hanno calmata (con il loro chiacchiericcio assieme al vento), ascolto i suoni della foresta proibita e i canti che mi accompagnavano in quelle situazioni difficili. Era impressionante come quella foresta fosse per me, un caldo abbraccio di una madre.
Oggi sono passati quasi cento anni dal giorno in cui ho lasciato il mondo dei vivi e, per una volta ho deciso di festeggiarlo sul mio primo e vero luogo sicuro.
Osservo le fronde della foresta e i miei occhi si illuminano: un unicorno stava trotterellando appena fuori la protezione scura degli alberi.  
______________

[1]: I used to sit here and think so much about the future, trying to picture what my life would be like. I never imagined anything like this." (Sense8 2x07)
   
 
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