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Autore: cabin13    30/05/2019    0 recensioni
|Solangelo||Fluff & Angst|
Ci potrebbero rimanere all’infinito così, baciati dalla calda luce di primavera e circondati dalla natura che torna ad essere rigogliosa. Il Re degli Spettri vorrebbe che quel momento si prolungasse nel tempo fino a non terminare mai, perché con Will i fantasmi del passato e i problemi del presente possono essere accantonati in un angolo, non esiste altro attimo all’infuori di quello.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Central Park

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Central Park a primavera appare come un gigantesco polmone che torna a respirare dopo mesi e mesi: tutto l’ambiente circostante si tinge di infinite tonalità di verde, le gemme e le foglie sui rami riflettono i tiepidi raggi del sole creando bagliori che sanno di vita. La vegetazione torna lussureggiante e nel vento aleggia il fresco profumo dell’erba appena nata – assieme con l’aroma dei fiori che sbocciano e liberano nell’aria una miriade di pollini fastidiosi.

Nico non capisce come mai questi siano l’incubo di così tanta gente, tra cui Will; il suo problema risulta essere altro: il caldo. Stanno andando verso la stagione e questo è il preludio di un clima da paura, afoso e irritante, di quelli che fanno sudare ad ogni minimo movimento e rendono la pelle tutta bagnata e appiccicosa.

Il figlio di Ade cerca di non pensarci troppo, mentre si concentra ad assaporare il suo gelato al pistacchio, il gusto particolare che gli riempie la bocca e scivola giù rinfrescandogli la gola. Vicino a lui, il dottore biondo ha già quasi terminato il suo cono cocco e mango. Come abbia fatto così in fretta il moro non lo sa, soprattutto considerando che deve soffiarsi il naso ogni due per tre: le sue allergie non gli stanno dando pace, il Re degli Spettri si sta pentendo di aver proposto questo appuntamento. Un po’ gli dispiace vedere Will ridotto in quelle condizioni, assomiglia ad un relitto alla deriva in mezzo a quel mare di pollini, spera soltanto che le gambe malferme non decidano di cedergli tutto a un tratto.

Stanno passeggiando lungo quel sentiero da ormai una ventina di minuti circa, quando le iridi ossidiana del ragazzo più piccolo individuano finalmente una benedetta panchina libera. Nico non dice niente, ma accelera il passo e punta dritto verso quell’ancora di salvezza, pregando in silenzio suo padre di mandare al Tartaro qualsiasi infame avesse provato a fregargli il posto da sotto il naso: gli è già successo poco prima e si è dovuto mordere la lingua per non bestemmiare in greco contro i tre ragazzetti che si erano buttati sulla seduta quando lui era a solo due metri dal punto di arrivo. Li ha inceneriti con lo sguardo, però, e può giurare che quelli se la siano fatta addosso notando la sua aura nera; Will non ha commentato, ma ha alzato gli occhi al cielo con fare rassegnato, prima di soffiarsi il naso e inciampare nei suoi piedi di nuovo.

Il semidio italiano si lascia cadere di peso sulla panchina, bruciando sul tempo una coppietta. Il figlio di Apollo si ferma a pochi passi dall’altro ragazzo, dedicandogli un’occhiata in tralice: non appare molto contento della trovata di Nico e di fatti rimane in piedi, la mano che tribola nella tasca dei jeans per tirare fuori il fazzoletto ormai ridotto ad una pallina stropicciata. Il moro distende le gambe e lecca alcune gocce del gelato sciolto che scivolano lungo la cialda del cono. Numi, quanto detesta questo caldo.

– Siediti, Will – mugugna il più piccolo dopo che si è pulito le labbra con il tovagliolo della gelateria. – Mi metti ansia a stare lì fermo impalato a quel modo.

– Ma non ne ho voglia… – ribatte l’altro ragazzo, mentre porta alla bocca l’ultimo pezzo del suo dolce – Era così bello passeggiare, a me piaceva.

Stavolta è il turno di Nico di alzare gli occhi al cielo per la cavolata sparata dalla sua dolce metà. – Non fare il testone. Non serve mica un genio per capire che questa tua allergia ti sta facendo diventare matto, stai talmente messo da schifo che per tirare fuori i fazzoletti quasi inciampi e ti spiaccichi il gelato in faccia!

– Cos’è, adesso gli “ordini del dottore” ti metti a darli tu? – ghigna il maggiore.

Di fronte alla sua occhiataccia lugubre il biondo non fa una piega, tanto ci ha fatto l’abitudine e sa che Nico in quel momento non fa così paura come vuole far credere. Pupille d’ossidiana e cerulee si affrontano per qualche secondo, ma il Re degli Spettri si dimostra intenzionato a non cedere: “Porta il tuo culo qui sulla panchina” stanno dicendo i suoi occhi.

Il figlio di Apollo ridacchia e alla fine si lascia convincere. Azzera la distanza tra sé e l’ambasciatore di Plutone, buttandosi sulla seduta di peso. È praticamente quasi in braccio al moro, il quale si lascia sfuggire un verso a metà tra il sorpreso e l’infastidito, ma viene ignorato dal più grande: quest’ultimo frega il cono ancora quasi intero dalla presa del semidio italiano e le gocce di gelato ormai mezzo sciolto gli sporcano la pelle della mano – Nico è un disastro con i gelati, si perde sempre in altro e ogni volta finisce che tocca a Will mangiarlo per non far andare niente sprecato.

Il ragazzo si finge scocciato da quel gesto, ma poi le sue dita, sottili e sempre fredde anche con quaranta gradi all’ombra, si vanno a posare sulla gamba dell’altro per poi intrecciarsi con quelle tiepide e ruvide del biondo. È bello stare così, seduti su una panchina sotto il sole di maggio mentre si tengono per mano: è come se fossero davvero due normali adolescenti innamorati che si godono un sabato pomeriggio dopo una tremenda settimana di scuola. Niente dracene o arpie, solo loro due.

Nico posa la testa sulla spalla di Will senza nemmeno accorgersene davvero, è più un riflesso naturale dettato dall’abitudine. Il tepore del figlio di Apollo non è fastidioso come quello dei bollenti raggi solari e il suo profumo è ancora meglio di quello dei fiori che sbocciano tutto intorno a loro: sa del bagnoschiuma del ragazzo e di vita, di ridente ed intramontabile vita.

Ci potrebbero rimanere all’infinito così, baciati dalla calda luce di primavera e circondati dalla natura che torna ad essere rigogliosa. Il Re degli Spettri vorrebbe che quel momento si prolungasse nel tempo fino a non terminare mai, perché con Will i fantasmi del passato e i problemi del presente possono essere accantonati in un angolo, non esiste altro attimo all’infuori di quello.

Ma poi l’ombra arriva.

Arriva proprio nel secondo più bello, quello in cui Nico ha rivisto tutto e ha capito che vuole stare a fianco del ragazzo biondo per il resto dei suoi giorni. Si avvicina di soppiatto, lui sa che è lì e vorrebbe prepararsi, sguainare la spada per difendersi in tempo, ma non può fare niente per cambiare il corso degli eventi: non se ne accorgono fino a quando non è troppo tardi e l’oscurità attacca, stracciando in migliaia di brandelli l’immagine idilliaca che il moro conserva nella sua mente.

Il figlio di Ade si sveglia di colpo mentre la voce gli si spezza in gola, e si accorge di essere madido di sudore nonostante faccia un caldo tremendo e il lenzuolo del letto sia già sparito chissà dove. L’ambiente è buio pesto perché è notte fonda, ma non gli serve la vista per capire dove si trova: è nella sua capanna al Campo Mezzosangue ed ha appena avuto un incubo, sempre quello. È sempre uguale, da un anno a quella parte. Da quando dei telchini li hanno attaccati mentre avevano fatalmente abbassato la guardia – un errore che Nico non si perdonerà mai finché avrà vita, che lo perseguiterà in eterno come il suo più grande fallimento.

È sempre lo stesso incubo da quando Will è morto per lui a Central Park.

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Hola gente

Vi prego non linciatemi, io non volevo uccidere Will, lo giuro. Date la colpa all'angst che mi perseguita giorno e notte e sta attaccato a me manco una cozza allo scoglio, è tutta colpa sua e mi ha fatto cambiare idea all'ultimo secondo..

Inizialmente questa shot doveva essere solo fluff puro e semplice, qualcosa buttato giù un po' per passare il tempo e invece no, si è appurato che io senza angst non ci so proprio stare. Se non ce ne ficco un po' in almeno ogni mia storia il mio subconscio non si può ritenere contento.. 

Ringrazio chi recensirà (e poi non vorrà uccidermi) e anche chi legge e basta

Alla prossima gente 

Adios

   
 
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