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Autore: Red_Venom    31/05/2019    0 recensioni
Dopo la dipartita dei Pond e l'abbandono di River, il Dottore si trova a viaggiare da solo in una singolare avventura nel meraviglioso paese di Oz dove niente è come sembra.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cybermen, Doctor - 11
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Aveva promesso a River di non viaggiare da solo.
 
Per una volta aveva lasciato che la sua TARDIS lo portasse lontano, pur sapendo che questa “lontano” non sarebbe stato comunque abbastanza distante dal suo dolore.
Il Dottore sapeva meglio di chiunque altro il significato della parola perdita. Ne aveva persi a decine tra amici e compagni da quando viaggiava, ma questa volta era diverso.
Amy e Rory erano stati non solo i suoi compagni di viaggio, ma anche la sua famiglia. Letteralmente.
 
La cabina blu stava per atterrare quando urtò qualcosa costringendo il Dottore a tenersi saldo ad una delle maniglie della consolle di pilotaggio.
Era abituato a questi scossoni e la sua prima preoccupazione era sempre il cosa – o il chi la sua macchina per viaggiare tra tempo e spazio avesse colpito, per questo quando la TARDIS si assestò definitivamente il Dottore lasciò la presa, si sistemò il bow tie e la giacca per poi avviarsi velocemente verso la porta.
Uscito all’aria aperta e si trovò in un campo di grano che costeggiava un sentiero dai mattoni gialli.
Sotto alla sua cabina spuntava la testa di uno spaventapasseri. Il Dottore accorse per aiutarlo estraendo il cacciavite sonico dalla tasca.
“Oh cielo! Sono…sono stato io? Oh ma…Sexy! Perché non hai fatto attenzione?”. Il Signore del Tempo tirò una manata alla cabina come se potesse sentirlo, poi si rivolse al pupazzo: “Cosa posso fare? Se stai fermo posso aiutarti, magari sonicizzandoti…aaaahh sei fatto di truccioli! Il sonico non funziona con il legno! Perché non ti hanno fatto di paglia come un normale spaventapasseri?”
La povera vittima scosse la testa e afferrò con la sua mano il braccio del Dottore.
“Tra poco arriverà Dorothy. Prenditi cura di lei. Avrei tanto voluto un cervello. Se l’avessi avuto certo mi sarei levato quando ti ho visto arrivare…”
Il Dottore lo guardò con sguardo compassionevole e gli promise che avrebbe protetto questa Dorothy, poi lo spaventapasseri si accasciò definitivamente.
Il Signore del Tempo accarezzò con delicatezza la testa del povero spauracchio, si infilò un po’ dei truccioli che vedeva attorno nelle tasche e – dopo aver sistemato il bastone che sosteneva la povera creatura, ci si appoggiò cercando una posa naturale.
Mentre litigava coi legni che avrebbero dovuto sostenerlo, una ragazzina dai capelli rossicci raccolti in un due trecce, un vestitino bianco e azzurro e con ai piedi delle brillantinatissime scarpette rosse si avvicinava all’incrocio, seguita da un cagnolino peloso, ripetendo tra sé e sé: “Segui il sentiero dorato. Segui il sentiero dorato.”.
Fermatasi al centro dell’incorcio si guardò intorno preoccupata: “Ma ora da che parte devo andare?”, domandò a se stessa.
Il Dottore si voltò distrattamente.
“Dipende da dove vuoi andare”, chiese.
“ Nella città di Smeraldo, dal mago di Oz, è lì che devo andare”, rispose la ragazzina.
“Allora non ha impor…” stava replicando il Dottore, quando finalmente guardò con attenzione la sua interlocutrice. “Dove hai detto che devi andare scusa?”
“Dal…mago?”
“Sì, sì. Quella parte l’ho capita. È il resto che non ho messo bene a fuoco”
“Nella città di Smeraldo, a Oz. Il mago di Oz. È lì che devo andare, così potrà riportarmi a casa e…”
“Tutto si spiega!” esclamò l’altro per poi inciampare in uno dei bastoni a cui si stava reggendo per poi rotolare ai piedi della ragazzina.
La piccola accorse a soccorrerlo. “Oh, tu devi essere un povero spaventapasseri senza cervello”, gli disse accarezzandogli la testa.
Il Dottore la guardò dubbioso e poi domandò con tono piccato: “Come hai detto di chiamarti?”
Lei sorrise e sistamandosi le scarpe rispose: “Dorothy, e vengo dal Kansas. È lì che voglio tornare.”
Velocemente il Dottore si sistemò il farfallino e si alzò in piedi. “Aaaahh Dorothy dal Kansas! Certo che mi dai del senza cervello…americani. Beh,” allungò la mano verso Dorothy, “io sono uno spaventapasseri alla ricerca di un cervello, ma puoi chiamarmi il Dottore. E ho deciso che verrò con te da questo mago.”
Dorothy si alzò anche lei felice. “Così gli chiederai un cervello?” domandò per poi proseguire “Ma…se sei uno spauracchio senza pensieri perché ti fai chiamare Dottore? Nel Kansas i dottori sono tutti uomini acculturati.”
Il Dottore alzò gli occhi al cielo. “Non soffermarti su questi dettagli.” Iniziò così a guardarsi intorno: “Bene, come andremo a questa città di Smeraldo? Hai qualche tuo mezzo che so, un’Impala del ’67? No forse sei ancora troppo giovane per guidare”. Prese le misure di Dorothy con le mani. “Forse sei ancora troppo giovane anche per sapere cosa sia una Chevrolet Imapala…”
La ragazzina alzò il dito come per dire qualcosa ma il Dottore la zittì mettendole una mano sulla bocca.
“Sai, non importa molto. Andremo col mio mezzo!”. L’uomo si voltò verso la cabina blu, ma in quell’esatto momento la TARDIS cominciò a produrre i suoi caratteristici suoni per poi sparire.
Il Dottore si pietrificò. “Ovviamente i comandi di pericolo si sono attivati adesso per cui Dorothy dovrai guidarmi tu.”
Dorothy sorrise. “Seguiremo il sentiero d’orato!”
“A piedi?” domandò il Dottore.
“A piedi!” replicò lei prendendolo sotto braccio e avviandosi nella via a sinistra.
“Sì, ma io non canterò.”
 
Dorothy e il Dottore stavano camminando quando la ragazzina si avvicinò ad un albero di mele.
“Cosa fai?” chiese lui.
“Beh…ho fame. Prendo una mela.” Replicò lei allungandosi verso un ramo.
Il Dottore le abbassò il braccio. “Ferma!”.
“Cosa c’è?”
Il Dottore osservò le mele con attenzione.
“Sono mele. E io sono il Dottore.”
Dorothy lo guardò interdetta.
“Non lo sai? Una mela al giorno…? Ah non importa. Le mele, non le mangeremo!”, sentenziò lui.
“Sai,” rispose lei ridendo “sei molto buffo. Capisco perché tu voglia farti dare un cervello dal mago”.
Il Dottore la guardò offeso. “Mi ricordi una mia amica Dorothy. Anche lei aveva i capelli rossi…”
Prima che la tristezza potesse prendere il sopravvento, dall’altra parte del sentiero un suono attirò la loro attenzione.
Era un cigolio fastidioso, lo stesso che fa un cancello arrugito che qualcuno continua imperturbabilmente ad aprire e chiudere.
Entrambi si avvicinarono incuriositi nonostante il rumore fosse sempre più fastidioso ogni passo che facevano nella direzione da cui proveniva.
Spostarono con cura qualche arbusto per scoprire con sorpresa che sotto tutto quel fogliame c’era quello che sembrava un uomo di latta che cercava di alzarsi in postura eretta e questo spiegava l’orrendo suono.
Il Dottore guardava il manichino metallico con sguardo preoccupato, tirò fuori con destrezza il cacciavite sonico dalla tasca interna della sua giacca e iniziò ad analizzarlo mentre Dorothy continuava a cercare di liberare quello che sembrava essere un nuovo amico.
Quando finalmente la bambina riuscì a liberare l’uomo di latta e con fatica a riportarlo dritto il Dottore prese Dorothy e la nascose dietro di sé.
“Questo non è un uomo di latta!” urlò allarmato. “Questo è un cyberman!”
“Un cosa?” domandò Dorothy.
Il Dottore la ignorò.
“Come hai fatto a trovarmi? Come sei arrivato qui? In quanti siete? Cosa volete?”
Gli occhi del cyberman s’illuminarono di blu e la sua testa si girò in direzione del Dottore producendo di nuovo quel suono tremendo.
“Cos’è un cyberman?” chiese l’ammasso ferroso dalle forme umanoidi.
“Non mi ingannerai! Io lo so cosa sei! Dimmi cosa vuoi!” ripetè l’uomo col cravattino puntandogli contro il cacciavite sonico.
“Cos’è un cyberman?” chiese anche Dorothy.
“I cybermen sono esseri senza sentimenti e senza cuore” spiegò finalmente il Dottore.
“Cuore... Cos’è un cuore?” domandò il cyberman.
“È dove nascono tutte le emozioni” intervenì Dorothy.
“Beh, in realtà le emozioni sono la causa di determinati stimoli che arrivano al cervello ma se vogliamo vederla in maniera romantica sì, arrivano dal cuore” disse il Dottore.
L’uomo cibernetico fissò su di loro sguardo, poi le luci dei suoi occhi si illuminarono con più intensità per poi esclamare: “Anche io voglio un cuore!”
“Sì, certo…”.
Il Signore del Tempo affrontava i cybermen ormai da secoli ma mai aveva trovato una di queste creature disposta a cambiare ciò che era nella sua essenza.
“Puoi venire con noi!” propose euforica la ragazzina. “Magari il mago di Oz potrebbe dartene uno…”
Il Dottore si voltò leggermente senza smettere di puntare il cacciavite sonico verso il mostro.
“Tu ti rendi conto che potrebbe ucciderci da un momento all’altro durante il tragitto senza provare nemmeno un po’ di rimorso?” bisbigliò il Dottore a Dorothy “E il primo di noi ad essere mangiato potrebbe essere proprio il tuo simpatico cagnolino…”
“Perché dovrebbe mangiare il povero Toto? Lui vuole solo un cuore!” rispose lei.
Il Dottore arricciò le labbra e alzò gli occhi al cielo. Con uno sbuffo abbassò il suo cacciavite e si voltò verso il cyberman.
“Se Dorothy si fida di te puoi venire con noi.” Sentenziò, per poi aggiungere: “Ma io no. Non mi fiderò mai di te, per cui sappi che ti terrò d’occhio!”
Il cyberman fece per alzare le braccia in segno di esultanza ma i due amici lo fermarono per evitare che producesse di nuovo il terribile rumore di prima.
“A te serve una bella oliata” lo informò Dorothy; nel guardarsi intorno la ragazzina trovò un piccolo contenitore con dentro dell’olio che spruzzò con cura sulle giunture dell’umanoide metallico.
Riprese le facoltà motorie, anche il cyberman si mise in viaggio insieme a Dorothy e il Dottore verso la città di Smeraldo.
 
Non passò molto tempo che i tre compagni di viaggio, pur seguendo il sentiero giallo, si ritrovarno all’interno di un bosco poco illuminato e abbastanza minaccioso.
Camminavano tutti e tre vicini e il Dottore teneva il piccolo Toto tra le braccia. Di tutta la compagnia era il cagnolino il più spaventato.
“Dottore?” iniziò Dorothy, “credi che potremmo incontrare qualche belva selvaggia?”
Il Dottore si guardò intorno, battè un paio di volte il piede destro a terra, alzò in aria Toto e fece un giro su se stesso in senso orario.
“Beh Dorothy, credo che potremmo incontrare leoni, tigri e orsi” sentenziò tornando ad accarezzare il cane.
“Leoni?” domandò la piccola.
“Tigri?” fece eco il cyberman.
“E orsi. Sì. Sono felice che mi ascoltiate. Adoro quando le gente mi ascolta” gongolò il Dottore. “Ora muoviamoci però o non arriveremo mai da questo mago e io non potrò riprendermi Sexy, su!”
Dorothy prese il cyberman sotto braccio ed entrambi proseguirono cercando di stare al passo del Signore del Tempo.
Quando ormai i tre cominciarono a vedere di nuovo la luce del sole il Dottore appoggiò a terra il piccolo Toto ma questo fece di tutto per non scendere dalle sue braccia.
“Che succede Toto? Hai paura?” domandò Dorothy preoccupata.
“Suvvia Toto, ormai siamo fuori. Scendi e fai una corsa fino al limitare della foresta. Vai a rincorrere i piccioni come tutti i cani normali, su!” cercò di convincerlo il Dottore.
Il cagnolino però si rifiutava.
Il cyberman allora prese la creatura e la appoggiò con forza sui mattoni gialli e in tutta reazione Toto nascose il muso sotto le zampe.
Il Dottore e il cyberman si guardarono poco convinti.
“Sai di cosa avrebbe bisogno questo cane?” disse il cyberman agli amici che lo guardarono interdetti.
“Di coraggio!”
“Ma certo! Al mago di Oz potrei chiedergliene un po’!” esclamò Dorothy.
Il Dottore alzò di nuovo gli occhi al cielo sconsolato.
“Chiederemo tutti qualcosa al grande mago. Evviva! Ora possiamo muoverci?” tagliò corto l’uomo col farfallino spingendo i compagni ad affrettare il passo.
 
Non fecero molta strada che si trovarono davanti uno sterminato campo di fiori rosa dalla forma della coda di un coniglietto peluche.
“Se avessi un cuore credo che sarei meravigliato davanti a tutti questi fiori.” Disse il cyberman.
Dorothy gli mise una mano sul braccio e gli sorrise. “Vedrai, quando il mago di Oz ti darà un cuore proverai altre emozioni. Tutte bellissime.”
Il Dottore alzò il dito pronto a controbattere quando vide da lontano una nuvola bianca avvicinarsi verso di loro.
“Oh no, ci stanno per attaccare!” urlò.
“Chi?!” esclamarono in coro la ragazzina e l’uomo di ferro.
“Non ne ho idea.” Annunciò il Dottore alzandosi i pantaloni, per poi guardare gli amici spaventato e urlare “Correte!”.
E così i tre iniziarono a correre inseguiti da questa nuvola che si srotolava come un tappeto sopra le loro teste con una discreta velocità.
“Non rallentate! Muovetevi!” urlava il Signore del Tempo aiutando i compagni quando uno si fermava a prendere fiato o prendendo sotto braccio chi inciampava.
“Ma cosa ci insegue?” domandò ad un certo punto Dorothy spaventata al Dottore.
“Non ne ho idea!” rispose lui spingendo avanti il cyberman.
“E hai un piano per liberarci di lui?”
“Ovviamente!”
“Davvero?” gli occhi della ragazzina brillarono di speranza.
“Certo! Corri!” replicò il Dottore aumentando il passo.
 
Corsero così a perdifiato che nemmeno si resero conto di essere arrivati alle porte di un grande castello dalle alte torri, decorati balconi e piccole finestre. Tutto. Completamente. Verde. Smeraldo.
“La città di Smeraldo!” urlarono in coro Dorothy e il cyberman.
“Complimenti Sherlock e John. Volete darci qualche altra intuizione geniale?” replicò sarcastico il Dottore.
Arrivati al portone della città di Smeraldo tutti e tre iniziarono a bussare con forza e disperazione, poiché la nuvola si avvicinava minacciosa.
Una finestrella si aprì poco sopra le loro teste da lì si affacciò una donna dal volto verde e i capelli scompigliati.
“Chi siete? Cosa volete?” domandò con voce assonnata strofinandosi gli occhi.
“Gentile signora, una nuvola ci insegue. Potrebbe gentilemente aprirci?” rispose il Dottore con dolcezza.
La donna roteò gli occhi sbuffando, chiuse la finestra da cui era arrivata e i pensanti portoni si aprirono.
La compagnia corse dentro velocemente e in fretta chiuse la porta per poi tirare un grande respiro di sollievo.
“Ora mi spiegate chi siete e perché siete qui?” domandò con tono piccato la padrona di casa.
“Oh sì, ci scusi” iniziò Dorothy “questi sono il Dottore, il cyberman e Toto. Io sono Dorothy, dal Kansas. Siamo qui per vedere il mago di Oz. Ognuno di noi ha una richiesta da fargli”.
“Beh, arrivi tardi ragazzina. Qui non c’è più nessuno. Nessun mago, nessun abitante. Sono rimasta solo io ad Oz.” ribattè l’altra.
Il Dottore osservava la donna dalla pelle verde con attenzione girandole intorno come un’aquila che si prepara a catturare un inconsapevole coniglietto.
“Ma Glinda ha detto che alla città di Smeraldo avrei trovato il mago! Lui mi avrebbe riportata a casa!” si lamentò Dorothy mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
“Glinda è morta molti anni fa. Lei come le altre streghe.” spiegò la donna che iniziava ad essere irritata dal modo di fare dall’uomo col farfallino.
“Ma se sono morti tutti a Oz, comprese le streghe e il grande mago, tu come sei sopravvissuta? E chi ha ucciso tutta la popolazione?” finalmente domandò il Dottore inforcando gli occhiali da vista per avvicinarsi al naso della sua interlocutrice.
Questa dopo averlo guardato con una certa dose di preoccupazione lo spinse via e guardò tutti i presenti.
“Sono la strega dell’Ovest! Ero io la cosa più terrificante del regno di Oz! Distruggevo, depredavo, rapivo e c’è da dire che ero anche abbastanza brava. Poi arrivarono loro” urlò indicando il cyberman “e cominciarono ad uccidere tutti cercando un paio di scarpette rosse.”
La strega guardava con odio e disprezzo l’uomo di latta che stava fermo e in silenzio alle spalle del Dottore e di Dorothy.
“Hanno ucciso Glinda, il mago e la mia amata sorella, la strega dell’Est. Hanno ucciso i mastichini e il mio esercito di scimmie volanti”
“No! Adoravo le scimmie volanti” confessò a bassa voce il Dottore.
Poi la strega continuò: “Io sono riuscita a salvarmi perché come una codarda mi sono nascosta nello sgabuzzino delle scope del mago. Una volta uscita da lì non era rimasto niente”.
Dorothy aveva gli occhi pieni di lacrime mentre il Dottore ora dava le spalle alle donne per fissare il suo sguardo sul cyberman.
“Tu sai chi sono io?” domandò il Signore del Tempo all’umonoide ferroso che non diede alcuna risposta.
Il Dottore gli pose la stessa domanda due, tre, quattro, cinque volte ogni volta avvicinandosi un po’ di più, fino a trovarsi faccia a faccia con lui.
“Tu sai chi sono io? Rispondimi e potresti avere una possibilità di restare vivo.”
Gli occhi del cyberman si illuminarono con più forza.
“Tu sei il Dottore, l’ultimo Signore del Tempo proveniente dal pianeta Gallifrey della costellazione Kasterborous. Viaggi nel tempo e nello spazio in una cabina blu più grande all’interno e sei acerrimo nemico della specie cybermen.” annunciò con voce metallica. “Sono stato mandato in questo mondo con l’obiettivo di impadronirmi delle scarpette rosse. Esse possono completare il supremo upgrade della razza cybermen così da poterci impadronire dell’universo”
Il Dottore fece un passo indietro, si tolse gli occhiali e li infilò con cura in una tasca della sua giacca.
Poi si voltò verso Dorothy con un’espressione estremamente soddisfatta in volto.
“Io te l’avevo detto che aveva brutte intenzioni vero?”
La ragazzina annuì.
Il Dottore sbuffò e fece un giro su se stesso.
“No no no no no! Devi dirmi proprio ‘avevi ragione Dottore!’ altrimenti che senso ha?”
“Avevi ragione Dottore”
Il Signore del Tempo sorrise. “Adoro quando mi danno ragione”, sentenziò sistemandosi la giacca per poi riportare la sua attenzione sul cyberman.
“Beh caro amico, non è questo il tuo giorno fortunato. Tu e la tua razza dimenticate che in qualunque tempo e spazio io sarò presente per combattervi per cui ti offro la possibilità di disattivarti definitivamente e non incorrere nella mia ira. In caso contratrio mi vedrò costretto a distruggerti con ogni mezzo possibile.”
Il cyberman non ebbe modo di replicare perché il castello iniziò a tremare visibilmente.
“Strega una nuvola ci stava inseguendo. Cos’è?” domandò Dorothy tenendosi ad un armadio.
“Ah ma sarà certamente il sortilegio protettivo che ha attivato Glinda prima di morire” spiegò una voce.
Dorothy si guardò intorno spaventata. “C-chi ha parlato?”
L’armadio si mosse leggermente. “Sono stata io cara, ma non temere. Andrà tutto bene.”
Il Dottore corse vicino all’armadio. “Come si sblocca l’incantesimo?”
“Basta uccidere il cyberman bocconcino” replicò questo.
Il Dottore ringraziò con un breve inchino e poi corse al centro della sala.
Fece un paio di calcoli in colonna disegnando i numeri nell’aria, riportò un paio di numeri e, fatti tre passi avanti e uno a sinistra, puntò il cacciavite sonico per poi fargli emettere un rumore acutissimo che costrinse tutti i presenti a tapparsi le orecchie.
“Cosa stai facendo?” urlò la strega cercando di sovrastare il suono.
“Se faccio vibrare abbastanza le pareti di smeraldo cederanno e schiacceranno il cyberman!”
“Ma così seppellirai anche noi!”
“Voi correte! Io me la caverò!”
La strega si avvicinò a Dorothy che prese per la coda Toto e iniziarono a correre verso una parete quando questa si frantumò e per poco non li seppellì. Fecero allora per correre dall’altra parte del salone ma la parete fece la fine della precendente.
Il cyberman intanto si avvicinava sempre di più al Dottore che si ostinava a tenere il ciacciavite sonico come Luke Skywalker con la spada laser.
La strega, che intanto era riuscita a trovare un angolo sicuro per Dorothy, notò che un pezzo di soffitto stava per staccarsi e sì, avrebbe schiacciato il suo nemico ma anche il Signore del Tempo. Assicuratasi allora che la ragazzina e il cane fossero effettivamente lontani dal pericolo corse verso il Dottore e nel momento in cui il grande pezzo di soffitto si stava per abbattere sui due si lanciò per spingere via l’uomo col farfallino.
Il Dottore urlò con forza.
 
La nuvola sparì e lentamente il cielo si rischiarò facendo entrare dalle crepe del castello delle deboli occhiate di sole.
Dorothy e il Dottore stavano scavando tra le macerie da diversi minuti quando finalmente trovarono il corpo della strega.
“Non andartene. Resta con me!” disse il Dottore spostando i capelli alla donna che aprì con fatica gli occhi.
“Dottore…” sussurrò lei.
“Sì, sono io. Sono qui.”
“La mia vita per la salvezza di Oz. Non sono così codarda alla fine…” sorrise la strega debolmente.
“Sei stata coraggiosissima” rispose lui.
“Il cyberman ha detto che viaggi in una cabina. Dietro al Trono di Spade ne è comparsa una non troppo tempo fa.” Indicò la strega a fatica “Dovresti controllare i freni, fanno un rumore assurdo”
Il Dottore rise. Non era la prima volta che glielo dicevano.
“Lo farò. Lo faremo insieme”.
“No Dottore. Questa è la mia fine. Tu riporta a casa Dororthy. Non trovi che Kansas sia un nome buffo?”
E quelle furono le sue ultime parole perché dopo un ultimo sorriso divertito, la strega si accasciò tra le braccia del Signore del Tempo che la strinse a sé per un momento e poi la lasciò dov’era.
Finalmente in pace.
 
Raggiunta Dororthy e seguite le istruzioni della strega, dietro al Trono di Spade il Dottore potè riabbracciare la sua amata Tardis… provocando un certo imbarazzo nella ragazzina che mai aveva visto un uomo adulto baciare e parlare con una cabina e chiamarla addirittuta Sexy.
Quando iniseme entrarono nella TARDIS Dorothy rimase stupita.
“Ma…è più grande all’interno!” esclamò con sguardo sognante mentre correva dentro e fuori con il cagnetto che la seguiva come se fosse stato la sua ombra.
“Sì, e può portarti ovunque. Tutto il tempo e lo spazio.” Rispose il Dottore accarezzando la consolle. “Dimmi Dorothy, dove vuoi andare?”
La ragazzina si fermò sulla porta. “In Kansas. A casa.”
Il Dottore sorrise tristemente e acconsentì.
La porta alle spalle di Dororthy si chiuse, i motori cominciarono a muoversi e dopo aver schiacciato qualche bottone e aperto qualche rubinetto, la Tardis smise di emettere suoni.
“Siamo arrivati.” Annunciò il Dottore.
Dorothy prese Toto in braccio e corse fuori per accertarsi di ciò che le era stato detto.
Quando ebbe preso coscienza di dov’era la si stentì esultare e la cosa fece abbastanza piacere al Dottore.
Poi lei rientrò.
“Grazie Dottore. Per avermi portata a casa e per avermi protetta.”
“Oh beh, non è stato niente.” disse lui con un tono modesto, poi aggiunse: “Dorothy, viaggia con me. Potremo vedere posti meravigliosi…”
Dorothy sorrise. “No Dottore, non posso. Ho chiuso coi posti meravigliosi. E poi, nessun posto è bello come casa, non trovi?”
Il Dottore annuì distrutto.
“Ciao Dorothy.”
“Ciao Dottore. Non metterti nei pasticci.” Lo salutò con la mano per poi chiudersi la porta alle spalle mentre la Tardis ripartiva sparendo davanti ai suoi occhi.
 
Il Dottore era rimasto da solo ma aveva promesso a River che non avrebbe viaggiato da solo.
Sorrise ripensando all’avventura appena vissuta e a quelle che ancora lo aspettavano pur sapendo che sostituire Amy e Rory sarebbe stato difficile.
  
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