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Autore: destiel87    31/05/2019    3 recensioni
Si conoscono da anni, ma non sono mai riusciti a confessare i loro reciproci sentimenti, schiacciati dal peso delle responsabilità.
Poi durante una convention a Roma, cambia qualcosa.
Sarà per il vino, per il tramonto, per una canzone che non avrebbe dovuto essere cantata, o per il bagno nella fontana di trevi, ma in quei giorni esplode la passione, e i sentimenti emergono prepotenti.
Basteranno a tenerli uniti?
Storia scritta a quattro mani con LoveAlwaysAndForever (Destockles su wattpad)
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jensen Ackles, Misha Collins
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Parte 1 - The way you look tonight


 
Era una serata calda, nonostante la fitta pioggia che era scesa nei giorni passati, e si respirava quell’ aria frizzantina tipica della primavera, così ricca dei profumi più svariati, dal pane appena uscito dal forno, ai fiori dei banchetti per la strada.
Oltre la finestra del ristorante, potevo scorgere il sole che tramontava sul colosseo, e per un po’ mi persi ad osservarne le sfumature, che andavano dall’ arancione al rosato.
Notai delle nubi all’ orizzonte, nuvole grigie e leggere, che trasmettevano quella sensazione di tempesta.
Ed era così che mi sentivo io, all’ apparenza potevo sembrare tranquillo, felice. Ma sotto la superficie, io mio animo era irrequieto.
Sentivo che sarebbe successo qualcosa quella sera, non necessariamente qualcosa di brutto, ma qualcosa.
Cercavo di liberarmi da quella sensazione, bevevo un sorso di vino, cercavo di scherzare con gli altri ragazzi, parlavo di stupidaggini, ridendo più del necessario alle battute.
Fingevo, più per me stesso che per gli altri, che tutto fosse normale.
Eppure, appena mi distraevo un momento, i miei occhi andavano a cercare i suoi, e  di nuovo quella sensazione mi stringeva lo stomaco.
Erano come il cielo in estate i suoi occhi, ma avvertivo un turbamento, dietro quella calma apparente. Cercavo di capire cosa fosse, non era rabbia, neppure tristezza, era più un’ interrogativo… Come se mi stessero silenziosamente facendo una domanda, a cui non volevo dare una risposta.
Non avevo mai voluto.
Così riprendevo a bere, a scherzare con Jared, a canticchiare con Richard, sperando che le nuvole si allontanassero, e mi lasciassero in pace.
Ma ogni volta che mi sentivo tranquillo, al sicuro, incontravo gli occhi di Misha, mi perdevo ad osservare le guance rosse dal vino, e il suo sorriso così caldo.
E di nuovo il mondo smetteva di girare, e delle voci degli amici, prima così chiare, non rimaneva che un brusio.
Ad un certo punto della serata, quando la cena era già stata consumata e il vino assaporato, Rob prese la sua chitarra e si mise a cantare una strofa in romano, nessuno di noi ne capiva il significato, ma ne avvertivamo la gioia.
Poi fu il turno di Jared, che strimpellò qualche nota di sweet home alabama, una delle mie canzoni preferite, anche se mi faceva sempre venire un po’ di nostalgia di casa.
Prima che me ne rendessi conto, la chitarra finì nelle mie mani. Ne accarezzai delicatamente le corde, immerso nei miei pensieri…
Guardai Misha per un momento, un momento che sembrò durare un’ eternità.
Iniziai a passare le dita sulle corde, senza che neanche pensare bene a cosa stavo pensando.
"Some day, when I'm awfully low
When the world is cold
I will feel a glow just thinking of you
And the way you look tonight."

Non riuscivo a smettere di guardarlo, era come se al posto degli occhi avessimo delle calamite, e non ci fosse modo per noi di resistere a quell’ attrazione.
"Yes, you're lovely, with your smile so warm
And your cheeks so soft
There is nothing for me but to love you
And the way you look tonight…"

Mi resi conto solo allora di ciò che stavo dicendo, e soprattutto a chi lo stavo dicendo.
D’ improvviso mi bloccai, e abbassai gli occhi.
“Scusate, ho bisogno d’ aria!” Disse lui, alzandosi di scatto, e cercando a gran velocità di raggiungere la porta.
Mi alzai anch’ io, prima che qualcun’ altro potesse farlo, e mi affrettai a seguirlo, facendo segno alle mie guardie del corpo di non seguirmi.
Quando lo raggiunsi, era appoggiato contro il muro di pietra del ristorante, e scrutava le stelle nel cielo, cercandole tra le nuvole e le luci della città.
Mi appoggiai accanto a lui, senza dire niente.
Per un momento mi sembrò di sentire le sue dita sfiorare le mie, ma poi svanirono, e quasi mi convinsi di essermelo immaginato.
“Ho voglia di camminare, di perdermi per la città con i miei pensieri... Scusami Jens.” Esclamò senza neanche guardarmi, allontanandosi un poco.
Dissi a me stesso che avrei dovuto lasciarlo andare, tornare dentro con i miei amici, al sicuro. Ma non lo feci.
“Ti accompagno.” Dissi invece, incamminandomi con lui.
Sembrò voler replicare qualcosa, tenne la bocca aperta, ma le parole non gli uscirono.
Mi guardò per un momento, e poi si voltò.
Camminammo a lungo per le vie di Roma, ognuno immerso nei propri pensieri, senza che nessuno dei due avesse il coraggio di parlare.
Senza una meta precisa, ci perdemmo tra i vicoli stretti di Roma, con le sue case colorate e i balconcini pieni di fiori. Le sue tante statue, immortali custodi di quella città, sembravano scrutarci,  indicandoci la via.
Mentre passeggiavamo così, ci imbattemmo in un gruppo di ragazzini, che raggruppati sui gradini di una grande chiesa, cantavano e ballavano, ridevano e si passavano bottiglie di vino, come se fosse pieno giorno e il mondo gli appartenesse.
Forse era così dopotutto, erano giovani e spensierati, la vita era ancora un frutto acerbo, e i primi amori scoppiavano e illuminavano tutto, come fuochi d’ artificio.
Misha sorrise, un sorriso caldo e pieno di gioia, e di riflesso, sorrisi anch’ io.
Alcuni ragazzi scesero verso di noi, ballando e intonando canzoni sconosciute, e prima che ce ne rendessimo conto, ci ritrovammo travolti da quella spensieratezza.
Sembravamo tornati ragazzini anche noi, ballando su quelle strade di pietra, cantando sotto le stelle, bevendo vino dalla bottiglia, come se nessuno ci guardasse, come se il resto di Roma fosse scomparso, e non fosse rimasto che quel vicoletto.
Misha rideva, mi cercava con lo sguardo, ed io mi sentivo felice.
Poi uno dei giovani iniziò ad intonare una serenata romantica, le cui parole mi erano famigliari, anche se non le riconoscevo.
Presto si formarono delle coppiette, che strette in un’ unico abbraccio, volteggiavano per le strade deserte.
Lo guardai, avrei voluto chiedergli di ballare, non m’ importava se era sbagliato, volevo solo stare stretto a lui.
“Mish…” Balbettai. “Hai voglia… Vorresti…?” Non sapevo come continuare. Improvvisamente mi sentì uno sciocco, anche solo per averci pensato.
“Si.” Disse lui, come se avesse già capito tutto.
Allungai timidamente la mano, e lui la prese.
Ci fu un momento d’ imbarazzo, quando si appoggiò al mio petto, e mi guardò un po’ confuso, con le guance sempre più rosse e gli occhi che brillavano.
“Quanto sei bello…”  Dissi io, pentendomene subito.
Ma lui sorrise, e incastrò il viso tra il mio collo e la spalla.
Fu allora, che smisi di vergognarmi, o di farmi domande.
Lo avvolsi tra le braccia, e iniziai a muovermi, seguendo il ritmo della canzone…
Era lenta e romantica, lui era caldo e sudato, e la sua pelle profumava di vino e dopobarba.
Mi stringeva le braccia intorno al collo, accarezzandomi lievemente la nuca con la punta delle dita, sfiorandomi la guancia con le labbra.
“Tienimi più vicino, Jens...” Sussurrò.
Lo strinsi di più, massaggiandogli la schiena, scendendo fino ai fianchi, e spingendoli verso i miei.
Continuammo a ballare a lungo, una, due, tre canzoni, e mentre danzavamo non ci rendemmo conto di allontanarci sempre di più dalla chiesa, finchè le loro voci si fecero distanti.
Eppure, non ce ne importava niente, perché era come se quelle melodie tristi e nostalgiche, ci seguissero per le strade di Roma.
Continuavamo a ridere senza motivo, mentre l’ ebbrezza del vino e dell’ amore annebbiavano il cervello e liberavano il corpo.
Arrivammo in un grande parco, e ci sedemmo sull’ erba fresca, ai piedi di alcune sculture antiche, rappresentanti generali e imperatori, che con le loro espressioni serie sembravano giudicarci.
Ma non volli ascoltare i loro rimproveri, ero stanco dei giudizi, dei dubbi, di dovermi sempre trattenere, incatenato dai doveri.
“E’ stata una notte proprio folle…” Esclamò Misha. “Vorrei che non finisse mai!”
Aggiunse con tono malinconico.
“Non facciamola finire allora!” Risposi io.
“Prima o poi dovrà finire Jensen… Il sole sorgerà, e noi dovremmo tornare alle nostre vite.” Disse piano, accarezzandomi la mano.
“Forse si, ma non adesso.” Risposi io, prendendo la sua, e avvicinandola alla mia bocca.
La baciai, e lui sorrise in modo così dolce, che mi si fermò il respiro.
“Allora facciamo che ne valga la pena.” Esclamò. Appoggiò la fronte contro la mia, sfregandomi il naso con il suo.
C’ era una vocina dentro di me, che mi bisbigliava quanto fosse sbagliato, che stavamo scivolando su una china pericolosa, che avremmo fatto soffrire molte persone innocenti.
Sapevo che era vero. Che alla luce del sole avrei dovuto affrontarne le conseguenze.
Ma non ora. Ero ubriaco di vino e di lui, e volevo solo abbandonarmi a quelle sensazioni.
Potevo sentire il suo respiro affannoso sul viso, il suo corpo trepidante dall’ eccitazione che si avvicinava al mio, bisognoso di contatto.
Mi avvicinai di più, finchè i nostri corpi non s’ incastrarono in un’ abbraccio, e le nostre labbra furono così vicine da poterne quasi sentire il sapore.
Le accarezzai con la punta delle dita, così grandi e morbide, e le aprì un poco.
Lui mi guardava con gli occhi lucidi, così brillanti da sembrare che ci fossero delle stelle dentro.
“Baciami… Baciami adesso, prima che il momento passi… Prima che il sole si alzi e ci sorprenda ancora svegli.”  Sussurrò.
Lo guardai un’ istante, poi chiusi gli occhi e appoggiai le labbra sulle sue.
Dio, com’ erano calde ed invitanti.
Mi accoglievano, invitandomi a spingermi oltre.
Sentì la sua lingua nella mia bocca, e mi accorsi ben presto di quanto quelle sensazioni mi stessero eccitando, tanto che il cavallo dei pantaloni iniziava a starmi stretto.
Gli presi i capelli neri tra le mani, stringendoli con foga, mentre affondavo la lingua nella sua bocca.
Era notte fonda ormai, e la città era silenziosa, fatta eccezione per il canto degli uccelli, che nascosti tra i pini del parco, iniziavano a destarsi dal loro sonno.
Mi sembrava di sciogliermi e di prendere fuoco allo stesso tempo, e nelle brevi pause tra un bacio e l’ altro, mi perdevo nei suoi occhi profondi, che promettevano altri mille di quei baci.
Ad un certo punto fummo sorpresi da piccole gocce di pioggia, ma quando guardammo in cielo, ci accorgemmo che non era dalle nuvole che scendevano, ma dalla terra.
Gli irrigatori si erano accesi, in poco tempo fummo completamente bagnati, e tra una risata e l’ altra, ci alzammo a fatica da quel prato, barcollando verso la strada.
C’ era una ragazza che se ne stava appoggiata ad una vespa verde, e rideva.
Aveva lunghi capelli biondi, era vestita da festa, e i suoi occhi erano rossi e lucidi.
“Ah l’ amore!” Esclamò in romano.
Riuscimmo a capirlo perfino noi, da come lo disse, e ridemmo con lei.
Ci spiegò in seguito, in un inglese spicciolo, che era troppo ubriaca per guidare, e che il fidanzato la stava venendo a prendere.
Misha in qualche modo, gesticolando e balbettando, riuscì a farle capire che ci eravamo persi, e che anzi, non avevamo idea di dove ci trovassimo.
Continuammo così per una ventina di minuti, parlando ognuno come poteva, e ciò che non capivamo con le parole, lo capivamo con i gesti e le espressioni.
Non ricordo bene come sia successo, ricordo solo che ad un certo punto mi offrì di comprare la sua vespa, e dato che non avevo molti soldi con me, gli diedi il mio orologio.
Era un rolex, e pensandoci adesso, avrei potuto comprarmi una decina di vespe come quella, se fossi stato più lucido.
Ma non aveva importanza, in quel momento.
Era dai tempi del liceo che non guidavo una moto, ma dopotutto, non fu difficile.
Misha mi stringeva il petto, appoggiando il corpo contro la mia schiena, e ben presto ci lasciammo il parco alle spalle.
Non avevo idea di dove stessi andando, non conoscevo le strade di Roma, e non sapevo come saremmo ritornati in Hotel, ma dopotutto, non me ne importava niente.
La città era così bella e affascinante, ancora mezza addormentata, che seguì le sue stradine, dovunque mi stessero portando. C’ erano ancora alcune stelle in cielo, che come noi, non volevano abbandonare la notte. Le vedevo all’ orizzonte, spuntare tra un tetto e l’ altro,  e inconsciamente ne seguivo la scia.
Non so quanto tempo passammo, su quella vespa verde, ma ad un certo punto, il sole iniziò timidamente ad affacciarsi dietro il vaticano, colorando d’ oro le strade.
Quando la benzina finì, tra una risata e un’ imprecazione, ci rimettemmo a camminare.
“Guarda Jensen!” Esclamò Misha eccitato, indicando qualcosa. “E’ la fontana di Trevi…”
Mi venne in mente un vecchio film in bianco e nero, dove una bellissima donna bionda con un vestito nero, ballava nella fontana.
“E’ qui che hanno girato quella scena della dolce vita…” Disse Misha, avvicinandosi al bordo, con le mani che accarezzavano l’ acqua chiara. “Mia madre adorava quel film.”
“Anche la mia. Mi ha costretto a guardarlo, una volta.” Risposi io.
Lui sorrise. “Jens… Rendiamo questa serata ancora più folle?” Mi chiese.
C’ erano mille motivi per cui avrei dovuto dirgli di no...
Ma infondo, volevo solo dirgli si, da così tanto tempo ormai che avevo perso il conto.
Annuì e sorrisi.
Lui entrò nella fontana, ridendo come un bambino, danzando nell’ acqua.
Era così sinuoso mentre danzava in quella fontana, lasciando che l’ acqua gli scivolasse con grazia sul corpo,  che io mi persi a guardarlo.
Sentivo dalla finestra una signora che urlava con tono di rimprovero, ma non me ne importava.
Entrai nella fontana anch’ io, e prendendolo per un braccio, lo spinsi verso di me.
Lui si aggrappò stringendomi la schiena, con quel sorriso che mi toglieva il fiato, e i capelli che gli gocciolavano sulle guancie.
Gli strinsi il viso tra le mani, accarezzandolo, mentre lui  lentamente chiudeva gli occhi.
Mi appoggiai alla sua guancia, mentre la mano gli scivolava sul collo, e restai così, calmo, sereno, completamente appagato.
Sentì le sue labbra sulle mie, mordicchiarmi il labbro inferiore, lo lascia fare, poi mi insinuai nella sua bocca, e la feci mia.
Le sue mani si erano infilate leste sotto la mia camicia, e mi graffiavano la schiena, io lasciai la presa sul suo collo, e lo presi per i fianchi, stringendolo più forte a me.
I raggi del sole si stavano infiltrando tra i palazzi, illuminando le case e le strade di un caldo arancione,mentre le persone piano piano si alzavano dai loro letti.
Si iniziava a sentire il profumo di caffè uscire dalle veneziane verdi, le serrande dei negozi che si alzavano, e il debole chiacchiericcio della gente, che si preparava per una nuova giornata.
Ma  noi eravamo ancora li, in quella fontana, che nel corso degli anni, aveva accolto così tante giovani coppie di innamorati, che facevano esattamente quello che stavamo facendo noi in quel momento.
Chissà quanti baci, sono stati consumati lì.
Quante lacrime sono state versate…
Quanti balli silenziosi, che hanno unito gli amanti, nelle lunghe notti di quella città eterna.
 
 
 
 
Destiel87
NB la canzone che canta Jensen è the way you look tonight, di Frank Sinatra.

 
  
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