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Autore: Huilen4victory    01/06/2019    1 recensioni
Sono passati cinque anni, Jungkook ora ha ventisette anni e Jimin ne ha quasi trenta. Durante questo periodo hanno portato avanti le proprie abitudini quotidiane, cercando di adattarsi il più possibile alla contingenza che inevitabilmente arriva con la vita adulta.
Sono ancora numeri zero, ma sono anche ancora insieme e felici.
È risaputo che il cambiamento non tiene conto dei piani. (Un mondo per noi due - sequel)
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Zero

 

Andare a fare la spesa nei fine settimana era diventata la loro routine, una routine che,  nonostante il sapore ordinario e forse soprattutto per quello, entrambi apprezzavano moltissimo.

La domenica iniziava sempre con Jimin che si alzava sin dal mattino presto. Jimin infatti era una sempre stato una di quelle persone a cui piaceva godersi la giornata sin dalle prime ore del giorno, indipendentemente da quanto faticosa fosse stata la giornata precedente. Jimin era solito scivolare fuori dal letto senza esitazioni persino quando il cambio repentino di temperatura tra sotto le coperte ed esterno lo faceva rabbrividire per il freddo. Capitava spesso quindi che saltellasse sul posto per scrollarsi i brividi di dosso tuttavia mai senza fare attenzione a non essere troppo brusco nei suoi movimenti e rischiare così di svegliare Jungkook,

Jimin non lasciava la stanza finché non si era assicurato che il suo amante fosse ben avvolto nelle coperte e continuasse a dormire.

Se glielo avessero chiesto, Jimin avrebbe detto che guardare Jungkook dormire, anche dopo tutti quegli anni, era ancora una delle sue attività preferite. Avere la prova della durabilità quando le statistiche dicevano che ciò che avevano non sarebbe dovuto durare, non aveva prezzo. Perciò Jimin dubitava si sarebbe mai stancato di farlo.

Dopo essersi concesso di guardare Jungkook per qualche secondo, Jimin usciva dalla stanza in punta di piedi e aveva cura di chiudere la porta dietro di se per impedire alla luce di entrare. Camminando piano piano e armato dei vestiti puliti che aveva preso dal loro armadio, Jimin si faceva strada verso il bagno per fare una doccia e rilassarsi sotto il getto dell’acqua calda, senza mai mancare di canticchiare l’ultima composizione di Jungkook.  

Usciva quindi dal bagno tutto pulito e con addosso degli abiti comodi – un paio di vecchi jeans che conservava dai tempi del college e un maglione che era troppo grande per essere suo e che indossava solo perché gli faceva piacere farlo (era di Jungkook).

Si spostava poi verso la cucina, accendeva il cellulare per controllare se ci fosse qualche email urgente. Infine quando era sicuro non ci fossero urgenze di cui occuparsi, faceva partire la sua playlist impostando un volume basso ma abbastanza alto da fargli compagnia mentre preparava la colazione.

Jungkook appariva in cucina nell’esatto momento in cui la colazione era pronta, avanzando a tentoni con gli occhi semi chiusi e le sopracciglia corrugate. Il suo naso sarebbe stato in grado di intercettare l’odore di pancake e caffè anche a chilometri di distanza.

Se glielo avessero chiesto, Jungkook avrebbe detto che avere Jimin che gli preparava la colazione la mattina era una delle sue cose preferite, perché avere qualcuno che si prendeva cura di lui, dopo anni passati a credere fermamente di essere solo, era qualcosa di cui si sarebbe sentito grato in eterno.

Essere degli adulti impegnati spesso significava non poter consumare i pasti insieme e riuscire a vedersi solo a tarda sera – talvolta così tardi che a malapena avevano le energie per scambiarsi più di qualche parola prima di crollare nel loro letto. Eppure anche allora, esausti delle rispettive giornate, non avrebbero mancato di accoccolarsi l'uno sull'altro. Il calore dei loro corpi più confortevole della più soffice delle coperte.

Con il tempo e con l'evolversi della loro relazione, si erano resi conto che amarsi  non era una questione di grandi gesti, ma dei piccoli gesti di una vita quotidiana trascorsa insieme. L’amore, dopo tutto, si cementava sui dettagli e sui compromessi. Fare colazione insieme nei fine settimana a andare a fare la spesa, faccende ordinario agli occhi di tutti, erano diventati il loro significato di casa.

“Hai finito i vestiti puliti? Se ricordo bene avevi fatto il bucato due giorni fa.”

Sebbene avesse assistito alla scena in milione di volte, Jungkook non mancava mai di prenderlo in giro, al tempo stesso in cui ammirava il modo in cui la maglia di turno si allungava sul corpo di Jimin mentre questi in punta di piedi cercava faticosamente di raggiungere lo scaffale più in alto. Jungkook era abbastanza alto da arrivarci con facilità quindi al maggiore sarebbe bastato chiedere tuttavia a Jimin piaceva pensare che l’altezza fosse un dettaglio insignificante così come a Jungkook piaceva vedere l’altro lottare ostinatamente prima di arrendersi e chiedergli aiuto. Era un comportamento infantile da parte di entrambi ma Jungkook amava comunque quelle loro piccole schermaglie, erano il simbolo di un compromesso più grande

Jimin era più grande di lui di quasi quattro anni e per un lungo periodo, all’inizio della carriera di Jungkook, si era preso cura di entrambi ed era per questo che jungkook era ansioso di fare altrettanto in tutti gli aspetti.

D'altro canto a Jimin, essendo una persona orgogliosa, non piaceva dipendere dagli altri. Jungkook non lo aveva mai giudicato per questo, comprendeva appieno infatti la tendenza del maggiore a essere autosufficiente. Avevano fatto molta strada però, e ora nessuno dei due era spaventato all’idea di affidarsi all'altro, anche quando si trattava di una scatola di biscotti sullo scaffale più alto.

“Smettila di lamentarti. Indosso i tuoi maglioni ogni domenica e direi che apprezzi la cosa molto più di me. Ora renditi utile e prendimi i biscotti. Ti sei goduto lo spettacolo anche troppo,” replicò Jimin, lanciandogli un’occhiataccia che non avrebbe fatto paura a nessuno e che causava invece lo sbocciare di un largo sorriso sul viso di Jungkook.

Jimin gli avrebbe tirato un calcio nello stinco ogni volta, lamentandosi di congiure e altre diavolerie di governo stranieri che avevano fatto sì che il cibo che Jungkook aveva mangiato all' estero avessero causato una crescita così repentina in Jungkook mentre quest'ultimo ridacchiava tra sé e sé mentre prendeva con facilità la scatola dei biscotti dallo scaffale.

Jungkook ancora si ricordava dello sguardo stupito di Jimin quando si erano ritrovati per la prima volta dopo che Jungkook era tornato a casa dall’estero. Lui stesso non aveva realizzato quanto fosse cresciuto finché non aveva notato come la testa di Jimin si incastrasse perfettamente nell'incavo del suo collo. Allora non aveva potuto fare a meno di pensare come fossero davvero due pezzi di un puzzle che combaciavano perfettamente. Un pensiero piuttosto sdolcinato da parte sua ma che non di meno lo aveva fatto rabbrividire ogni volta che ritornava li con la mente.

Persino ora.

Una volta che le loro schermaglie erano terminate, si tuffavano sulla colazione - - Jungkook da solo era in grado di divorare quasi due piatti di cibo e fare di Jimin un cuoco più orgoglioso. Discutevano poi su chi dovesse lavare le stoviglie, Jungkook riusciva sempre ad averla vinta dicendo che era compito suo dal momento che Jimin aveva cucinato e guidava il maggiore fuori dalla cucina.

Dopo che aveva finito le faccende andava a farsi una doccia veloce mentre Jimin guardava la tv aspettando il suo ritorno in salotto. Dopo di che erano entrambi finalmente pronti per andare a fare la spesa e per la seconda parte della loro routine della domenica.

Fare la spesa era una battaglia agguerrita, da una lato Jimin voleva attenersi alla loro lista, dall’altro Jungkook cercava di infilare di nascosto nel carrello snack di tutti i tipi. Era un momento leggero. Divertente. Parole che, molto tempo prima, Jungkook non avrebbe mai pensato di associare a quel posto.

Quando era più giovane, Jungkook non aveva odiato nessun posto più del supermercato. Quel luogo era per lui fonte di mortificazione continua. Un luogo in cui persino la banale azione di scegliere cosa mangiare diventava ennesima occasione per rimarcare il suo status.

Un fatto così viscerale che persino ora il motivo per cui il loro traboccava di cibo era perché Jungkook si rifiutava di comprare le confezioni formato famiglia e preferiva invece accumulare scatole singole che occupavano più spazio. Jimin all’inizio era rimasto perplesso da questo comportamento ma, dopo qualche tempo, aveva intuito il significato che si celava dietro quel gesto. Probabilmente la sensazione di sentirsi perso davanti a scaffali pieni di prodotti non adatti a lui gli era tristemente familiare.

Anche così comunque le loro domeniche mattina di fatto non erano nulla di straordinario, eccetto il fatto che fossero dei momenti loro. E, quella particolare domenica mattina di settembre,non sembrava affatto diversa dalle mille domeniche che l'avevano proceduta e con il suo prevedibile dipanarsi aggiungeva un ulteriore senso di stabilità alla loro vita quotidiana.

Jungkook spingeva come al solito il carrello traboccante verso la cassa, così pieno che sembrava potesse collassare da un momento all’altro, mentre Jimin con fare esasperato andava chiedendosi sottovoce se sotto quella pila di cose non necessarie, ci fosse ciò  che serviva loro realmente.

Jungkook sogghignando e divertito di fronte all'espressione dell'altro, si mise in coda dietro ad una madre con il suo bambino, il quale tuttavia sembrava divertirsi un mondo a cercare di stare in equilibrio sulla sbarra di metallo che teneva unite le ruote posteriori del carrello. Avvertendo la loro presenza, il bambino si voltò curioso per vedere chi si era messo dietro al suo carrello e il suo sguardo birichino guizzò su entrambi per poi infine fermarsi con  circospezione su Jungkook.

Jimin sorrise e agitò la mano nel tentativo di attirare l' attenzione del bambino ma questi continuava a guardare Jungkook come se stesse cercando di risolvere un gran mistero poi, come colpito da una realizzazione improvvisa, la sua bocca si allargò in un sorriso sdentato ed esclamò tutto d’un fiato.

"Ti conosco! Tu sei famoso! Mamma, è il ballerino zero!” gridò  il bambino tirando sua madre per il polsino del suo cardigan.

Jungkook sentì gli occhi di un sacco di persone su di loro e vide Jimin contorcersi a disagio accanto a lui.  In pochi secondi e per mano di un bambino innocente la sua normale domenica mattina gli era scivolata tra le dita.

Ma Jungkook era determinato, e se aveva imparato qualcosa in tutti quegli anni era il non lasciare che il mondo esterno privasse lui e Jimin dei loro piccoli momenti di pace.

"Sì, sono io," disse lui sorridendo nello stesso momento in cui sentì le dita di Jimin intrecciarsi con le sue.


Un mondo di noi

 

Diversi anni più tardi –cinque per essere esatti- Jungkook doveva ammettere che molte cose erano rimaste le stesse nel loro piccolo angolo di mondo imperfetto. Altrettante tuttavia erano cambiate.

Jungkook credeva che lui e Jimin fossero quelli ad essere cambiati di più.

Nel loro mondo, Mondo Due, la società era ancora modellata sugli stessi discutibili standard e sulle stesse vergognose regole di cinque anni prima, il che voleva dire che la popolazione era ancora iniquamente divisa ed etichettata in numeri due e numeri zero.

Namjoon una volta aveva detto che avevano bisogno di vincere più di una piccola battaglia per poter vincere l’intera guerra – Jungkook allora gli aveva chiesto quanti ostacoli ancora avrebbero dovuto abbattere prima che le cose smettessero di essere sempre uguali.

Ai bambini appena nati veniva ancor assegnato lo status di essere che automaticamente li bollava, ancora in fasce, come persone di serie a ovvero numeri due e quindi parte buona della società, oppure come persone di serie b ovvero numeri zero e articoli danneggiati di una società che gli avrebbe sempre rifiutati.

“Ma qualcosa è cambiato. Noi siamo cambiati. Per le persone che ancora riescono a vedere e a giudicare con la loro testa, anche una piccola vittoria conta. Ci fa sentire meno soli e più comprensivi. Ci dà speranza,” aveva replicato Namjoon. Nel dire l’ultima parola un sorriso si era fatto largo sul suo viso.

Nella sua ossessione per la perfezione, il loro mondo era ancora imperfetto. C’erano ancora barriere, ingiustizie e odio, come solo il privilegio basato sulla discriminazione poteva generare. Erano ancora divisi tra le persone destinate a trovare l’anima gemella, chiamate numeri Due, e le persone che invece avevano fallito nel raggiungerla, i numeri Zero. I numeri Due erano il giusto tipo di essere umano, mentre i numeri Zero erano la polvere nascosta sotto il tappeto.

Jungkook era un numero Zero.

Ricordava bene l’amara consapevolezza del sapere di dover accettare una condizione impostagli, di dovere accettare il peso di una vita solitaria che non si era scelto. Ricordava la sua rabbia  - sapendo quanti desideri aveva che non si sarebbero mai realizzati. Ricordava la sua testardaggine nel tentare di dimostrare che il sistema era sbagliato, ma più di ogni altra cosa ricordava la disperazione che lo faceva andare avanti e che per anni aveva erroneamente creduto essere forza.

Jungkook era nato per vivere un’esistenza grigia, senza colore, solo perché qualcuno aveva deciso che non meritava di essere felice e che esisteva un solo modo per esserlo.

Cinque anni prima, il referendum che proponeva l’isolamento dei numeri zero in una sola area e la restrizione dei loro diritti era stato rifiutato. Anche se non aveva scosso il mondo alle fondamenta, aveva comunque aiutato una crescita di consapevolezza nelle persone e aveva permesso a Jungkook di perseguire il suo sogno di una carriera nel settore dell’arte e dello spettacolo con il suo status allo scoperto, una cosa mai sentita prima di lui.

I numeri zero venivano fortemente scoraggiati dal prender parte ad attività artistiche ed era addirittura proibito loro l’accesso a un’istruzione superiore in quel campo. Dal momento che l’arte era la forma di espressione naturale di un popolo il governo riteneva pericoloso far avvicinare una minoranza bistrattata ad essa e rischiare quindi che l’arte potesse essere facilmente diventare in un veicolo di frustrazioni, quindi in propaganda e pertanto in uno strumento di ribellione.

Tuttavia il fallimento del referendum aveva dato il coraggio ai numeri zero di uscire dall’anonimato ed esprimere più apertamente i propri sogni. Aveva dato il coraggio  a Jungkook di provare a perseguire il suo. In un mondo migliore, il suo gesto non sarebbe stato nulla di straordinario ma in questo mondo era un privilegio.

Jungkook pensava tuttavia che nulla di tutto quello che aveva raggiunto sarebbe stato possibile senza il suo incontro con Jimin. Cinque anni prima, più meno nello stesso periodo del referendum, Jungkook aveva incontrato Jimin e si era innamorato.

Jungkook aveva ventitré anni allora e Jimin ventisei, entrambi erano numeri zero e quindi senza anima gemella. Entrambi erano stati esclusi dalla felicità comune.

Era stato un viaggio lungo e difficile. Qualche volta era capito che Jungkook avesse finito col ferire Jimin, altre volte invece era stato Jimin a ferire lui. Alcuni giorni aveva persino temuto che l’amore non fosse abbastanza per battere le probabilità che remavano contro di loro.

Non si erano mai arresi.

Nonostante il lavoro impegnativo di Jungkook e le responsabilità di Jimin, avevano continuato a stare insieme. Anche con tutte le insicurezze che si insinuavano sotto la loro pelle e anche quando le cose era state difficili e tese, avevano continuato a stare insieme. Erano due numeri Zero che si erano trovati e avevano portato felicità ognuno nella vita dell’altro nonostante l’ordine mondiale avesse sentenziato tale traguardo fosse una cosa impossibile.

Ed ora che cinque anni che erano trascorsi da quell’incontro, Jungkook non riusciva ad immaginare un presente o un futuro senza Jimin.

Stava vivendo il sogno che neanche il se stesso adolescente avrebbe potuto sognare. Era felice. Era un numero zero ed era felice – un fiore a cui era stato permesso di sbocciare nell’oscurità..

“Cosa stai facendo col naso incollato alla finestra? Faremo tardi,” disse la voce, eccessivamente eccitata, del suo compagno dietro di lui.

Jungkook, che aveva passato l’ultima ora e mezza a cercare di distrarsi e aveva lasciato che la sua mente vagasse libera a ripescare vecchi ricordi mentre aspettava che Jimin fosse pronto, sbuffò a quelle parole.

“Non sono io quello che ha deciso di cambiarsi i vestiti tre volte,” disse Jungkook in protesta, rimprovero che tuttavia perse ogni significato non appena i suoi occhi si posarono sulla figura di Jimin in profondo apprezzamento. Jimin gli lanciò un’occhiata, indifferente, e sollevò le sopracciglia in modo impertinente sapendo bene che effetto stava avendo su Jungkook.

Il tempo non era stato nient'altro che generoso con lui, non potè fare a meno di pensare Jungkook continuando ad adocchiare Jimin senza poterlo evitare. Ogni anno aveva aggiunto solo fascino al suo partner col risultato che Jungkook a stento riusciva a staccargli gli occhi di dosso, soprattutto quando questi si impegnava nel suo look.

Il Jimin che aveva incontrato anni prima aveva avuto l’aspetto di un giovane fragile, quest'ultima sensazione accresciuta da uno sguardo triste e da un'aria di malinconia che gli calzava come una seconda pelle. Ma anche così Jimin si era rivelato la persona più coraggiosa che Jungkook avesse mai incontrato: a differenza di lui Jimin non aveva avuto paura di amare.

Viste le premesse Jimin non poteva che sbocciare nel corso degli anni e il tempo lo aveva trasformato in un affascinante uomo di trentuno anni, il cui giovane viso e la luminosa aura scioglievano il cuore di Jungkook.

“Ci sono sempre molte persone importanti alle feste di Namjoon e Seokjin e io sono il direttore di un’accademia. Non posso dare l’impressione sbagliata,” disse Jimin con una scrollata di spalle che voleva mascherare della tensione

Una cosa di Jimin non era cambiata, anche se Jungkook aveva quasi sperato che accadesse, ed era la timidezza che veniva da una profonda avversione per l’attenzione.

Alcune cicatrici, anche dopo anni, sono difficili da dimenticare e a Jimin non era mai veramente piaciuto attirare troppo l’attenzione e per questo si era scelto un ruolo più dietro le quinte.

Era questo il motivo per cui la maggior parte delle public relations concernenti la loro associazione culturale, che era cresciuta considerevolmente negli anni, erano seguite da Seokjin, la cui adolescenza passata ad allenarsi per un ruolo di comando era tornata infine a rendersi utile.

A Jungkook faceva male pensare come Jimin non fosse sempre stato così timido. C’era stato un tempo in cui aveva amato ballare ed esibirsi di fronte a centinaia di persone, un sorriso che trasudava sicurezza dipinto sul volto. Ma la paura era stata instillata in lui nell’ultimo anno di liceo, quando le attenzioni malevole piovute su di lui lo avevano ferito nel profondo.

“Ci sarà soltanto la famiglia di Namjoon e noi. Hai sentito Seokjin, dopo l’epico fallimento dell’anno scorso non saranno più tollerati imbucati,” disse Jungkook cercando di rassicurare il suo compagno.

L’anno precedente, alcune persone avevano pensato sarebbe stata una buona idea autoinvitarsi alla festa di compleanno dei gemelli, dichiarando di aver portato dei regali di compleanno per i bambini. In realtà erano lì solo per cercare di entrare nelle grazie di Namjoon nella speranza di riuscire a strappargli un accordo di collaborazione. Seokjin era stato furioso, e un Seokjin furioso significava un Namjoon furioso. Tutte quelle persone si erano in seguito pentite amaramente del loro audace gesto e il trattamento che Namjoon aveva riservato loro sarebbe dovuto essere abbastanza un deterrente al ripetersi di episodi di quel genere tuttavia Seokjin aveva comunque deciso che le festa di compleanno si sarebbero tenute sempre a casa loro e nel più completo riserbo. Avevano anche assunto del personale di sicurezza extra per l’evento.

Jimin si guardò la camicia bianca che aveva indosso e Jungkook intuendo il percorso pericoloso dei suoi pensieri lo prese prontamente per mano e lo trascinò fuori dal salotto e poi dalla casa.

“Non pensare neanche per un secondo di cambiarti di nuovo. Se la tua camicia bianca verrà sporcata dai bambini con i loro colori ti servirà da lezione per la tua vanità, ora andiamo o come hai detto tu faremo tardi,” lo ammonì Jungkook anche se a dirla tutta non era per nulla infastidito del tempo che si era preso Jimin nel prepararsi se quello era il risultato.

Jimin provò a protestare ma infine si arrese alla determinazione di Jungkook. Jungkook era sempre stato preciso e il suo lavoro da performer aveva ulteriormente esasperato questo suo tratto. Jimin pensava segretamente che il suo perfezionismo fosse adorabile anche se a volte poteva risultare un po’ troppo pignolo. Per questo motivo era terribilmente divertente vederlo toppare.

“Ti sei accorto che abbiamo lasciato i regali e i portafogli  a casa, vero?” chiese divertito Jimin una volta che furono dentro la macchina con le cinture di sicurezza allacciate. Jungkook arrossì violentemente mentre inveendo contro se stesso sotto voce si slacciava alla velocità della luca e correva in casa a prendere tutto lasciando un Jimin piegato sul sedile per le risate.

Jungkook per sua grande irritazione  lo trovò poco dopo nella medesima posizione

La sua irritazione tuttavia sparì velocemente perchè in verità non c’era nulla che lui amasse di più della risata di Jimin. Era acuta e decisamente ridicola, eppure era contagiosa e gli sembrava di non sentirla da un pezzo.  Sorrise mentre ogni senso di fretta abbandonava il suo sistema e lui apriva con calma lo sportello posteriore dell’auto per sistemare accuratamente i regali nel sedile posteriore.

Quando si sedette sul sedile del guidatore Jungkook era la serenità fatta persona.

La casa di Namjoon and Seokjin si trovava un po’ fuori città, i due avevano deciso di crescere i bambini lontano dai palazzi e in un luogo più verde con spazi più ampi.

Non che Jungkook e Jimin vivessero nel cuore caotico della città, la loro piccola casa si trovava in una zona residenziale abitata principalmente da famiglie. Ma di certo non avevano l’ampio giardino di Namjoon e Seokjin.

Il privilegio di vivere fuori dal centro tuttavia aveva significato per Namjoon quasi due ore di viaggio tra andata e ritorno da lavoro. Ma non gli pesava, la felicità e il benestare della sua famiglia erano di gran lunga più importanti. Dopotutto Namjoon era così devoto a Seokjin che se quest’ultimo avesse espresso il desiderio di vivere in un igloo Namjoon avrebbe probabilmente fatto di tutto per accontentarlo.

Dopo avere ascoltato la storia di come erano finiti insieme, Jungkook aveva subito pensato che se c’era qualcuno che si meritava tutto quello che di stravagante si poteva avere nella vita, quelli erano loro.

Ad ogni modo complice il poco traffico, Jimin and Jungkook arrivarono a destinazione in meno di un’ora. La residenza Kim era una grande e comoda villetta immersa nel verde. Degli alberi erano stati strategicamente piantati sul davanti per riparare la casa dal sole e una siepe circondava il perimetro e schermava gli abitanti della casa da sguardi indiscreti, anche se le telecamere di sorveglianza poste agli angoli della proprietà assieme alle recinzioni aiutavano certamente ad assicurare la sicurezza.

Con la notorietà di Namjoon e il recente affermarsi di Seokjin nell’alta società, i due numeri due avevano deciso di migliorare il loro sistema di sorveglianza.

Non si poteva considerare una soluzione opprimente data la discrezione con cui tutto era stato gestito eppure, qualche volta Jungkook aveva colto Seokjin adocchiare le telecamere con uno sguardo indecifrabile.

Mentre cercavano un posto per parcheggiare, Jungkook non poté non notare come i posti parcheggio fossero tutti occupati e che pertanto questo faceva di loro gli ultimi arrivati.

“Smettila di fare il broncio. Lo so che probabilmente sei infastidito solo perché hai probabilmente perso qualche stupida scommessa che avevi fatto con Taehyung,” disse Jimin solleticandogli il mento come se fosse un bambino.

Jungkook decise di non replicare perché sapeva che Jimin aveva ragione al cento per cento.

Si conoscevano così bene che erano in grado di predire le azioni e i pensieri l’uno dell’altro con precisione, anche se in quel caso specifico non ci voleva un grande sforzo. Aveva visto Taehyung un paio di giorni prima ed era una conoscenza generale che la sua capacità intellettiva diminuiva drasticamente quando si trovava in sua compagnia, il che rendeva entrambi oggetto di scherno da parte dei rispettivi compagni.

Uscirono dall’auto e si incamminarono verso la villa, entrambi con un pacchetto regalo in braccio.

“Siete in ritardo!” fu il benvenuto di Seokjin non appena aprì la porta. Appariva vagamente contrariato ma le sue sopracciglia erano aggrottate in modo troppo ridicolo per riuscire a prenderlo sul serio. Jungkook non si fece perdere l’occasione di scaricare la colpa su Jimin.

“Non è colpa mia,” disse Jungkook entrando in casa quando Seokjin si scostò per farli passare. Sebbene Jimin fosse dietro di lui Jungkook quasi riusciva a vederlo roteare. Il suo stuzzicare comunque fu interrotto da urla eccitate e ancora più eccitati passi. Jungkook non ci dovette pensare due volte, scaricò il suo regalo nelle braccia di Seokjin, si inginocchiò e allargò le braccia che si chiusero in un lampo sul corpicino di suo nipote.

“Sei in ritardo,” disse il bambino. Le sue parole suonarono come la comica imitazione del tono severo del padre. Era probabile in effetti che avesse sentito Seokjin dire quelle parole a Namjoon moltissime volte. Jungkook scoppiò in una fragorosa risata mentre lanciava uno sguardo divertito a Seokjin che ora alle sopracciglia aggrottate aveva sostituito il broncio.

“Scusa, hai ragione. Ma sai com’è lo zio Jimin,” disse Jungkook, guadagnandosi un non-così-leggero schiaffo sul braccio. Ma appena nominò Jimin il bambino sgusciò fuori dalle sue braccia per tuffarsi su Jimin.

I bambini sono dei traditori, pensò Jungkook mentre Jimin gli sorrideva compiaciuto, dopo aver passato anche lui il suo regalo a Seokjin per abbracciare suo nipote. Seokjin continuò a camminare, lamentandosi sottovoce di come veniva trattato, ma Jungkook sapeva che era tutta una finta. Non c’era niente che a Seokjin piacesse di più che vedere i suoi figli dare e ricevere amore.

Mentre guardava Seokjin, Jungkook non poté non pensare a quanto fosse un ottimo padre e un ottimo adulto.

Anche se a tutti loro piaceva prendere in giro Seokjin per la sua “vecchiaia” essendo lui il maggiore di tutti loro -Taehyung specialmente faceva molte battute al riguardo- agli occhi di Jungkook Seokjin non era cambiato molto d’aspetto.

Certo, quando sorrideva le rughe agli angoli degli occhi erano un po’ più evidenti. Ma, ogni volta che Jungkook guardava Seokjin, vedeva ancora il giovane receptionist che lo aveva accolto la prima volta al circolo ricreativo. Seokjin dopotutto aveva sempre emanato un’aura di affidabilità e sicurezza che Jungkook aveva sempre associato agli adulti e tale prima impressione era rimasto talmente impressa nella sua mente che anche quando il tempo avesse infine raggiunto Seokjin, Jungkook avrebbe continuato a vederlo come quando si erano incontrati la prima volta.

Jimin e Jungkook seguirono Seokjin nel salotto, Jungkook rallentò il passo per camminare a fianco di Jimin e il loro nipote, il quale gli stava raccontando, con il vocabolario limitato dei bambini di tre anni, cosa avevano regalato loro i genitori.

Il salotto, che solitamente era arredato in stile art deco, erano stato ridecorato con palloncini colorati appesi a ogni dove. Gli scatti di Seokjin che solitamente facevano bella mostra di sé alle pareti, erano state sostituiti con poster di principesse e supereroi. E persino il grande tavolo in radica era stato spostato di lato per ospitare i regali e fare spazio a tutti i giocattoli sparpagliati sul pavimento.

Seokjin mise da parte i loro regali mentre diceva loro di accomodarsi pure fuori in giardino dove aveva allestito la festa e dove si trovava il cibo.

Non appena uscirono dalla veranda i loro occhi caddero sul bellissimo gazebo che si stagliava sotto il sole e sotto di esso una tavolata cosparsa di cibo appetitoso. Suo nipote chiese di essere messo giù e appena toccò terra corse dalla sua gemella e gli altri bambini mentre invece Jimin e Jungkook si avviarono verso il tavolo del buffet dove erano seduti tutti gli adulti.

Un coro di “ciao” e “da quanto tempo” diede loro il benvenuto mentre. Hoseok si alzò addirittura in piedi per andare loro incontro e abbracciarli.

“Ne è passato di tempo!” disse, accecandoli con un sorriso smagliante.

Tra tutti loro Hoseok era quello che probabilmente più di tutti aveva conservato lo spirito giovanile. Col passare del tempo, tutti loro avevano trovato difficile tenere il ritmo di quando erano giovani, ma Hoseok al contrario accelerava, guidato da una fonte inesauribile di energia.

Jungkook non sapeva dove Hoseok trovasse la forza per dirigere una clinica, fare il suo lavoro da medico ed essere abbastanza attivo da soddisfare gli inesauribili bisogni di Taehyung. Al contrario di Jimin, che continuava ad avere un viso da bambino, Hoseok ora appariva più maturo ed esperto e secondo le parole di Taehyung, anche se tutti avrebbero preferito non saperlo, ciò non si rifletteva solo sul di lui aspetto

“Questo perché, quando non siete impegnati con il vostro lavoro, voi due siete in giro per il mondo per l’ennesima luna di miele,” disse Jungkook, ricambiando l’abbraccio.

Dopo che lui e Jimin avevano ufficializzato la loro relazione, la maggior parte della tensione che c’era stata tra Jungkook e Hoseok era sparita, lasciando spazio ad un’amicizia di cui Jungkook non sapeva di aver avuto bisogno.

Amava tutti i suoi amici, per lui erano come fratelli, ma non poteva negare che Hoseok avesse un posto speciale tra i suoi affetti.

Dopo avere scoperto il significato di “appartenere” con Jimin, Jungkook aveva finalmente capito quanto fosse stata grande la bontà di Hoseok per avergli permesso di avere un posto privilegiato nella vita di Taehyung. Jungkook non sapeva se sarebbe stato capace di condividere Jimin, come Hoseok aveva fatto con Taehyung se le situazioni fossero state invertite.

Non era infatti normale per un numero due divergere così tanto dal proprio scopo e fare posto nel proprio cuore a qualcuno che non fosse la proprio anima gemella come aveva fatto Taehyung con Jungkook. La loro situazione era stata per molti versi particolare e nel suo egoismo Jungkook aveva visto solo quello di cui aveva bisogno, e non quello che si stava prendendo. Era così grato a Hoseok per essere stato accondiscendente nei loro confronti che le parole soltanto non sarebbero mai state in grado di esprimere.

“Non esiste il termine festeggiare troppo, Jungkook,” disse Taehyung come benvenuto prima di colpirlo sul braccio. “Avanti paga. Ho vinto la scommessa.” Nel dire ciò Taehyung lanciò un sorriso sornione e strizzò poi l’occhio a Jungkook con fare tronfio. Jungkook  scosse la testa esasperato.

Kim Taehyung sarebbe sempre stato un moccioso. Avevano entrambi ventisette anni, ma lui era ancora rumoroso e ridicolo come quando aveva dieci anni di meno e inoltre si comportava ancora da mamma chioccia anche se Jungkook aveva da tempo imparato a badare a stesso.

Segretamente, Jungkook era contento che Taehyung fosse rimasto incontaminato dalla bruttezza e dalla scorrettezza del loro mondo.

Vederlo felice con Hoseok era la prova che le cose perfette esistevano nonostante una realtà perversa.

“Spero non stiate parlando di soldi e scommesse durante la festa di compleanno dei miei preziosi figli,” disse Seokjin con tono minaccioso. Sia Jungkook che Taehyung sapevano che era meglio non tentare la fortuna quando Seokjin usava quel tono e i suoi figli erano coinvolti.

“Ti rendi conto che sono anche i miei figli, vero? Ma in qualche modo io sono il padre solo quando combinano qualche guaio,” si intromise Namjoon con un sorrisetto mentre con un braccio cingeva le spalle di Seokjin.

“È bello vedervi ragazzi,” aggiunse poi Namjoon, dando degli strani buffetti sul braccio di Jungkook e Jimin. Nonostante il fatto che Jungkook e Namjoon fossero diventati considerevolmente più uniti da quando Namjoon lo aveva assunto, Namjoon non riusciva ad essere espansivo o naturale quando si trattava di effusioni. Avrebbe fatto qualunque cosa per Jimin e Jungkook – anche muovere le montagne probabilmente, ma quando si trattava di esprimere il proprio affetto non sapeva davvero da dove cominciare.

la cosa buffa era che Namjoon sembrava essere stato fatto apposta per contro bilanciare i modi eccessivamente affettuosi di Seokjin. Dopo avere passato del tempo con quest’ultimo, Jungkook aveva capito perché per Jimin lui fosse come una seconda madre.

Seokjin infatti capiva sempre quando c’era qualcosa che non andava in qualcuno, come ci riuscisse era per tutti e anche per suo marito, un mistero. Pensava che non ci fosse miglior terapia del cibo perciò forzava tutti  mangiare un buon pasto e si arrabbiava quando pensava che qualcuno di loro fosse stato trattato ingiustamente.

Era assolutamente ridicolo nel suo scaldarsi, ma anche così tenero che a volte Jungkook si ritrovava ad arrossire imbarazzato sotto tutte quelle attenzioni.

Non era affatto una sorpresa quindi che Seokjin fosse risultato essere un genitore entusiasta e attento, quasi come se fosse nato per quello scopo.

‘Sono cresciuto in una casa dove una carezza o un complimento erano considerati segno di debolezza, e le mura di quella casa non avevano visto altro che lacrime. Ho giurato a me stesso che la mia casa non sarebbe mai stata così e che i miei figli sarebbero cresciuti sapendo di essere amati ogni minuto della loro vita.’  

Seokjin gli aveva confessato una volta l’unica in cui avesse accennato alla sua vita prima di Namjoon. Ciò che Jungkook conosceva di quella vicenda erano le informazioni raccolte mettendo insieme le parole criptiche di Seokjin e alcune altre cose che gli avevano detto Jimin e Namjoon ma sapeva di non possedere il quadro completo.

Seokjin era l’erede della famiglia presidenziale Kim, ma per fare in modo di liberare se stesso e Namjoon dalla casa in cui era cresciuto e che li aveva quasi consumati, aveva abbandonato quella vita e aveva lasciato l’incarico a suo cugino, che attualmente era il nuovo console.

Aveva rinunciato a tutto per una possibilità di felicità.

Il suo filo di pensieri fu interrotto da qualcuno che si aggrappava ai suoi pantaloni e quando abbassò lo sguardo vide la sua nipotina sorridergli. Jungkook ricambiò il sorriso, si lasciò prendere per mano e si fece condurre dove il resto dei bambini stavano giocando.

Jungkook era affamato, ma non vedeva i gemelli da tempo e per giunta era il loro compleanno, quindi si disse che quello era un piccolo sacrificio. Se i gemelli avessero voluto giocare con lui per due ore di fila, lui era pronto.

Quando Seokjin e Namjoon tre anni prima avevano annunciato che sarebbero diventati genitori, nessuno ne era stato realmente sorpreso. Tutti pensavano che fosse una naturale evoluzione della coppia ed erano stati felici per loro. Quando Namwoo and Seohyun arrivarono, tutti avevano sentito come se anche le rispettive famiglie fossero cresciute di due.

Namjoon and Seokjin non solo ricoprivano i loro figli di amore, ma facevano in modo che non dessero nulla per scontato.

‘La felicità, dopo tutto, non è qualcosa che puoi pretendere, è qualcosa che devi conquistare,’  Namjoon diceva ai suoi bambini, anche se loro essendo così piccoli non potevano veramente apprezzare il significato dietro quelle parole. Tuttavia Namjoon era convinto che le parole che all’età di tre anni erano sembrate vuote e incomprensibili, potessero essere ricordate dai gemelli da grandi quando inevitabilmente avrebbero dovuto affrontare le difficoltà della vita.

Jungkook tornò al tavolo degli adulti solo qualche tempo dopo, con i capelli arruffati, la camicia macchiata d’erba e con lo stomaco vuoto che reclamava di essere riempito. Jimin si affaccendò su di lui per aiutarlo a ripulirsi mentre Taehyung se la rideva della grossa per la scena sdolcinata.

Taehyung non aveva il diritto di giudicarlo considerando quanto spesso Hoseok si occupasse di lui.

Quando Jungkook finalmente si poté sedere e mangiare qualcosa, non potè non sentirsi bene nel trovarsi in mezzo ai suoi amici.

Con il passare del tempo, era diventato più difficile vedersi. Certo, Seokjin e Jimin erano colleghi, e Taehyung e Jungkook lavoravano per Namjoon, ma le circostanze in qualche modo avevano sempre impedito loro di vedersi regolarmente; Namjoon era sempre impegnato a comporre, Jungkook e Taehyung spesso erano fuori città, Seokjin avevano iniziato a lavorare da casa per assistere all’educazione dei gemelli, e Jimin era sempre impegnato a dirigere più associazioni.

Alla fine, riuscivano a vedersi meno di quanto avrebbero voluto e le riunioni dove tutti e sei erano presenti erano diventate rare e circoscritte alle occasioni speciali.

Questa era la ragione per cui erano tutti così eccitati all’idea di partecipare alla festa, oltre alla felicità che tutti provavano per il compleanno dei loro nipoti.

A Jungkook piaceva pensare che nonostante l’inevitabilità dell’essere adulti, ci sarebbero sempre stati per i momenti speciali di ciascuno.

Erano nati tutti in famiglie diverse e in circostanze diverse. Erano tutti di status diversi – Jungkook e Jimin gli unici numeri zero tra loro. Ma si amavano l’un l’altro, come chiunque avesse condiviso momenti di dolore e momenti di felicità avrebbe fatto. E quando Jungkook pensava alla parola ‘famiglia’, non pensava solo a Jimin, ma anche agli altri quattro, e ciò era molto di più di quanto il governo aveva mai pensato che un Numero Zero avrebbe potuto avere.

Dopo pranzo, la più grande e colorata torta che Jungkook avesse mai visto fu portata sul tavolo. I gemelli, desiderosi di avere la fetta più grande, si apprestarono a raggiungere il tavolo e a soffiare le candeline mentre tutti intonavano Buon Compleanno.

Applausi risuonarono nell’aria mentre tutti cercavano di sbaciucchiare le guance dei bambini. Ma i gemelli, una volta divorate le loro fette di torta non avevano voglia di farsi sbaciucchiare ed erano impazienti di aprire i regali.

Un paio d’ore dopo i bambini crollarono addormentati sulle rispettive sedie e furono da Namjoon a letto. Jungkook si adagiò sulla sedia mentre cercava di fare spazio nel suo stomaco per un’altra fetta di torta. Si passò una mano sul viso mentre con l’altra accarezzava la coscia di Jimin. Erano seduti così vicino che i due si sfioravano piacevo,ente a ogni piccolo movimento.

Strinse la coscia di Jimin, il quale posò la sua mano su quella di Jungkook facendo si che questi sentisse farfalle nello stomaco. Allora come adesso Jungkook avrebbe sempre adorato il tocco di Jimin.

Il momento fu interrotto poco dopo da Namjoon, tornato dall’aver messo a letto i gemelli, prese un bicchiere di cola (non beveva mai alcol davanti ai bambini) e alzò il braccio per chiedere un brindisi.

Tutti si alzarono in piedi per brindare, Jungkook spostò il piatto dal suo grembo per farlo.

Seokjin si avvicinò a Namjoon allora, sembrava emozionato e le sue guance erano arrossate. Un senso di dejavu lo colpì e Jungkook seppe cosa Namjoon stesse per dire dallo sguardo che i due si scambiarono

“Ora che siamo tutti riuniti qui con la nostra famiglia e i nostri amici, vogliamo cogliere l’occasione per fare un annuncio importante. Qualche giorno fa Seokjin ed io abbiamo ricevuto dal tribunale una chiamata con le migliori novità che un genitore possa ricevere: diventeremo di nuovo genitori.”

L’urlo che esplose dentro al gazebo fu così grande, che probabilmente l’intero quartiere lo aveva sentito.

Hoseok fu il primo a lanciarsi su di loro, stritolandoli in un abbraccio così vigoroso che avrebbe potuto spappolare una costola a Namjoon. Taehyung applaudì come una foca ammaestrata e Jimin andò a stringere con dolcezza la mano di Seokjin.

Jungkook era così felice per loro che il sorriso gli andava da un orecchio all’altro.

Poteva la felicità essere aggiunta ad altra felicità? Si chiese mentre si avvicinava alla coppia per abbracciali.

Tutto nella sua vita, nella loro vita, era così bello che aveva paura potesse non essere reale, eppure lo era.

Ecco perché non riusciva a capire perché il sorriso di Jimin non arrivasse agli occhi.

 

 

 

 

Jimin era felice ed era consapevole di stare vivendo una vita privilegiata.

La narrativa del governo diceva che ogni cosa che Jimin aveva portato a termine nella sua vita non potesse essere possibile. Non gli sarebbe dovuto essere possibile avere un lavoro che lo teneva vicino all’arte, non gli sarebbe dovuto essere possibile trovare un compagno che lo completasse, e cosa più importante non avrebbe dovuto essere felice.

Cinque anni prima, era convinto che essere amato non gli sarebbe mai stato possibile. Pensava che sarebbe stato abbastanza passare la vita a prendersi cura di un’altra persona e cercare di aiutarla a sentirsi meno sola – come se due vuoti potessero formare un intero.

Quando la sua strada aveva incrociato quella di Jungkook, tutto quello che sapeva, tutto quello che si era forzato di credere, era stato stravolto. Non erano perfetti, ma Jimin non avrebbe mai cambiato quello che avevano per nulla al mondo.

Avevano trovato una base comune e Jimin credeva che il loro amore era stato possibile solo perché erano stati onesti l’uno con l’altro sin dall’inizio.

Jungkook era sempre stato genuino, non aveva mai nascosto la sua testardaggine o la sua rabbia, e non aveva mai provato ad essere nessun altro se non se stesso. Jimin amava Jungkook anche con il suo evidente bagaglio emotivo e le sue cicatrici.

La rabbia di Jungkook era solo il riflesso di un’anima ferita e Jimin lo capiva perché anche la sua anima era stata distrutta. Ma al contrario di Jimin, Jungkook era determinato ad andare per la sua strada da solo; anche se ciò significava non includere Jimin nei suoi piani per il futuro Jungkook. Jimin non poteva che ammirare la sua determinazione anche se a suo discapito. Era rimasto incantato dalla luce che Jungkook emanava come una falena aveva seguito la fiamma, anche se significava bruciarsi.

Cinque anni dopo, dopo avere superato mille difficoltà insieme era stata la carriera di Jungkook e i sacrifici che essa aveva comportato a mettere della distanza tra loro. Ma avevano tenuto duro ed ogni giorno al fianco dell’altro sera stata una benedizione.

Date le circostanze Jimin sentiva che un numero zero non avesse il diritto di chiedere di più alla vita.

Ma la cosa buffa era che le cose nella vita non erano destinate a rimanere immutate. Le persone si evolvono e i loro sogni e le loro aspirazioni con loro. E anche una delle persone più fortunate in un mondo dove la fortuna era scarsa,  sarebbe stata in grado di chiedere di più ed essere avida.

Tra loro due, Jungkook era sempre stato la persona migliore -- l’uomo migliore. Perché Jimin era avido, Jungkook aveva solo desiderato ciò di cui aveva bisogno, ma Jimin desiderava sempre di più.

“Pensi mai al futuro?” domandò Jimin un pigro pomeriggio. Erano sdraiati su una coperta nel loro giardino a godersi il sole.

“Intendi dopo che la mia carriera sarà finita?” chiese Jungkook di rimando guardando verso Jimin il quale rispose con un cenno della testa. Poteva essere una domanda banale ma qualcosa nel suo tono doveva aver fatto capire a Jungkook che Jimin era serio. Il più giovane  corrugò le sopracciglia e guardò di lato pensoso.

Jimin quasi rimpianse di avergli posto quella domanda. Non gli piaceva quando Jungkook si perdeva nei suoi pensieri.

“Quando ero giovane ero ossessionato dal mio futuro, dalle cose che pensavo di volere per me stesso e da ciò che potevo raggiungere," Jungkook iniziò con sincerità. Sorrideva nel ricordarsi del vecchio se stesso. "Ero convinto di poter compensare per le cose che pensavo di non poter mai avere dalla vita con l'ambizione perché se potevo raggiungere i miei sogni, allora sarebbe stata una piccola vittoria, no? Ma dopo che ti ho incontrato, non ho più potuto pensare al futuro in quel modo. Mi hai cambiato per il meglio, fino al punto che ora non è più il futuro ciò a cui penso, ma il nostro tempo insieme nel qui e ora. Voglio che questo presente duri il più a lungo possibile,” disse Jungkook. Era così puro che Jimin dovette mordersi l’interno della guancia per non reagire.

“Quindi se mi stai stai chiedendo se sto pensando a quale sarà il mio prossimo passo, la risposta è no. Vado passo dopo passo godendomi il momento. Ma se stavi pensando a qualcos’altro…” gli occhi di Jungkook persero la concentrazione, come se un pensiero improvviso fosse apparso nella sua mente.

“Penso spesso a quella casa con le finestre tinte di blu vicino al mare,” disse Jungkook. Gli occhi di Jimin si spalancarono. Si era aspettato un sacco di cose, ma non questa.

“Dopo che la mia carriera sarà finita, dopo che tutte le luci saranno svanite e noi saremo invecchiati, penso che potremmo vivere in un posto come quello – solo tu ed io,” disse Jungkook, voltando lentamente il viso verso Jimin, le labbra allargate in un bellissimo sorriso. A Jimin si formò un nodo in gola che non gli permise di dire alcuna parola.

“Troppo sentimentale? Noioso?” chiese Jungkook, arrossendo, e aggrottando di nuovo le sopracciglia.

“No, affatto,” disse Jimin prima di sporgersi in avanti e posare un bacio sulle labbra di Jungkook.

 

Jimin non aveva mai chiesto di essere amato, ma Jungkook lo aveva fatto lo stesso.

Considerando come le cose erano riuscite bene nella sua vita, anche realizzare cose che non aveva mai neanche osato sognare, perché si sentiva comunque mancante?

Jimin scosse la testa. Non c’era nulla da temere, doveva solo smettere di crearsi dei drammi. Come aveva detto Jungkook, il loro presente era più che sufficiente specialmente in un mondo iniquo come il loro.

Dopo il fallimento del referendum, le cose nel loro mondo erano rimaste pressoché immutate -- il sistema dei numeri era ancora intatto. Ma qualcosa era cambiato -- la percezione delle persone.

Le persone sembravano rendersi conto che l'insoddisfazione non era una sensazione rara e non era nemmeno una prerogativa di uno status. Seguendo la narrativa governativa, la maggioranza costituita dai numeri due avrebbe dovuto votare per l'isolamento della minoranza. Ma o i numeri due erano stati mossi da una pietà umana che nessuno si aspettava da loro, o essi non era affatto la maggioranza, quindi il referendum non poteva che fallire.

Le persone una volta pensavano che tutti avessero un’anima gemella. In realtà, ciò che la maggior parte della gente aveva era un cuore spezzato. Era triste pensare che un sistema sociale creato per portare felicità alle persone, aveva invece creato disperazione. Ma nonostante il dolore che il sistema aveva inflitto sulle persone ad esso assoggettate, esso aveva creato qualcosa che la felicità non avrebbe mai potuto e che i governanti non avevano previsto.

Il dolore aveva portato comprensione.

La consapevolezza di ciò non era immediata, si era diffusa piano piano da casa a casa, da persona a persona. E Jimin aveva paura di averlo dimenticato.

Che il suo privilegio lo avesse reso cieco e questo aveva esacerbato la sua auto-disapprovazione.

Cercò di scacciare via quei pensieri e di ingoiare qualunque stupida preoccupazione avesse.

Dopo tutto, lui era un uomo adulto con un lavoro e un compagno di cui prendersi cura. Non posso permettermi di lasciarmi distrarre dalle mie stesse sciocchezze, si disse quella mattina mentre guardava il suo riflesso nello specchio, la mano ferma nell’atto di allacciarsi la cravatta. Se Jungkook fosse stato lì, sarebbe stato in grado di scacciare via le ombre dalla sua mente. Ma invece, al suo risveglio si era ritrovato da solo e i suoi pensieri lo avevano tormentato dal momento in cui era andato in bagno a sciacquarsi il viso e per tutto il tragitto fino al posto di lavoro.

Era arrivato al circolo ricreativo principale leggermente in anticipo quella mattina. Era un'abitudine che aveva sviluppato così da poter prendersi il tempo necessario per leggere attentamente i documenti e poter parlare con tutti gli insegnanti prima di iniziare le lezioni. Tuttavia al suo arrivo rimase perplesso nel notare la macchina di Seokjin nel parcheggio. Seokjin aveva già ridotto il suo tempo all'accademia e lavorava spesso da casa per poter stare con i bambini.impegnato com’era a casa coi bambini. Con un nuovo bambino in arrivo, Jimin immaginava che Seokjin sarebbe stato ancora più impegnato.

Guardò la macchina, stranito, ma quella non fu l’unica cosa fuori posto che trovò.

Mentre camminava verso l’edificio, notò alcuni operai che tinteggiavano il muro esterno di sinistra.

Confuso, entrò nell’edificio dalla porta sul retro riservata al personale, ma quando mise piede all’interno, invece di essere accolto dalle chiacchiere tipiche dei suoi dipendenti, fu circondato dal silenzio.

Una brutta sensazione si stava facendo strada in lui, ma cercò di non darle troppo peso.

Giusto mentre stava per andare verso l’ufficio di Seokjin, udì del rumore provenire dalla stanza del ristoro e decise quindi di cambiare direzione e dirigersi li.

Era Seokjin. Era in piedi appoggiato al muro che beveva il caffè della macchinetta.

“Jimin,” disse Seokjin, non appena Jimin entrò nella piccola stanza.

Seokjin sembrava stanco, e per la prima volta nella memoria di Jimin, sembrava più grande della sua età. Una piega si formò sulla fronte di Jimin.

“Seokjin? Che cosa ci fai qui? Voglio dire, sono felice di vederti e tutto, ma pensavo saresti stato impegnato con i gemelli e le preparazioni per il nuovo bambino,” disse Jimin, cercando di decifrare il suo umore.

Non voleva saltare a conclusioni affrettate o sembrare allarmato. Dopo che la sua vita aveva preso un corso decisamente più felice, Jimin aveva giurato a se stesso che non sarebbe più stato un peso per gli altri. Sentiva come se si fosse approfittato del buon cuore di Seokjin per troppo tempo e si era ripromesso di saldare ogni debito di riconoscenza nei confronti del maggiore e non aggiungere mai più altro stress sulle sue spalle.

Se qualcosa di brutto era accaduto, Jimin era pronto per essere al suo fianco.

“Niente di troppo serio. Nessuno si è fatto male e niente è stato danneggiato, eccetto forse il nostro muro; qualcuno ha disegnato un graffito su di esso. Alcuni dei nostri vicini me lo hanno comunicato, quindi per questo mi trovi qui. Me ne sono occupato io. Purtroppo le lezioni subiranno un ritardo anche se con un po' di fortuna tutto dovrebbe essere a posto in un paio d’ore,” disse, bevendo l’ultimo sorso di caffè.

Non sapeva se avrebbe dovuto sentirsi lusingato dal tentativo di Seokjin di provare a proteggerlo ancora una volta, o sentirsi un po’ offeso dal fatto che lui vedesse ancora Jimin come troppo fragile per gestire le cose da solo.

“Okay, ora che hai finito il tuo piccolo discorso, comincia di nuovo da capo e dimmi esattamente cosa è successo. Sei bravo in molte cose Seokjin, ma recitare non è mai stata una di queste,” disse Jimin incrociando le braccia al petto.

“Potrei avere perso il mio tocco dopo tutto,” replicò Seokjin, scrollando le spalle.

“Smettila di evitare le mie domande e dimmi perché non mi hai chiamato. Sei super impegnato, perché stai cercando di nascondere qualcosa che tu stesso hai detto essere ‘nulla di importante’?” domandò Jimin, preoccupato.

Seokjin lo guardò negli occhi e dopo qualche minuto di ponderazione, abbandonò la postura rigida, sospirò pesantemente e su lasciò cadere nel divano della sala caffè.

“Qualcuno ha deciso che il nostro muro necessitasse di un rinnovamento artistico e ha pensato che un graffito avrebbe fatto al caso nostro. I nostri vicini si sono accorti del nuovo disegno e hanno deciso di chiamare i rinforzi. E prima che tu me lo chieda, non ti ho chiamato non perché non mi fido di te. Dopo tutti questi anni, dovresti sapere che ti affiderei la mia vita. Un agente di pattuglia è arrivato, e considerando la natura del nostro lavoro, non credevo che chiamarti fosse una buona idea,” disse Seokjin, sembrando ancora più stanco.

Per la maggior parte, dopo il fallimento del referendum, la loro associazione aveva attratto solo vibrazioni positive, registrando un flusso costante di studenti Numeri Due. La tendenza, per quanto lenta, non si era mai fermata.

Era come se uno dei desideri nascosti di Seokjin fosse diventato realtà. Al contrario di Jimin, che aveva solo voluto offrire ai numeri zero un posto dove sentirsi al sicuro e studiare le arti e le materie umanistiche, per Seokjin il centro aveva un significato più profondo.

La sua speranza era sempre stata quella di creare un posto dove tutti, indipendentemente dal loro status, potessero incontrarsi e imparare insieme.

Dal momento che non avevano un orientamento politico, e lavoravano sodo per evidenziarlo, erano stati per la maggior parte lasciati in pace. Nell'offrire attività educative e ricreative per i giovani, l’associazione stava di fatto offrendo servizi a tutti.

Pertanto fino a quel momento, gli incidenti erano stati rari e lui si era quasi completamente dimenticato che fossero accaduti.

Quest'episodio sembrava diverso.

Seokjin stava minimizzando il problema considerando che i vicini avevano creduto che fosse abbastanza serio da chiamare la polizia.

Per quanto vi fossero state aperture in termini di opportunità, la carriera di Jungkook nel campo dell’intrattenimento ne era un chiaro esempio, ci sarebbe voluto molto di più di qualche concessione sporadica per fare dimenticare loro l’odiosa etichetta che era stata loro imposta.

Ecco perché il personale governativo e la polizia erano ancora temuti dai numeri zero ed era meglio evitarli il più possibile.

“Cosa c’era scritto sul muro?” domandò Jimin, l’indignazione che gli scorreva nelle vene. Dopo tutto quello che avevano fatto, dopo tutto l’impegno che avevano messo nel costruire la loro reputazione, nell’offrire il loro lavoro senza pregiudizi – questo era quello che ottenevano in cambio?

Seokjin scosse la testa cercando di far cadere l’argomento, ma entrambi sapevano che non sarebbe successo.

“Cosa c’era scritto Seokjin?” insistette ancora Jimin, questa volta con tutta la calma che gli riuscì di trovare. Ce la poteva fare. Qualunque cosa fosse, Jimin poteva sopportare la sua parte di fardello.

Seokjin gli sorrise triste prima di dire con tono tombale le seguenti parole.

Traditori. Hanno scritto Traditori.”

Jimin si sentì come se lo avessero schiaffeggiato.

"Il Freedom movement."

 



NdA: Sono tornata! Non avete idea di quanto sia felice che l'avventura in mondo 2 ricominci. Grazie per aver voluto bene a Un mondo per noi due, spero vorrete altrettanto bene a Un mondo di noi. Un grazie a https://twitter.com/martina9896 per avermi aiutato con la traduzione, senza di te non sarebbe stato così veloce. Lasciatemi un commento, sono curiosa di sapere cosa ne pensate. Come sempre per preview, aggiornamenti e chiacchierate potete trovarmi su Twitter :D
   
 
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