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Autore: piccolo_uragano_    01/06/2019    2 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Avrei voluto pubblicare ieri visto che era il compleanno di Kayla, ma la tecnologia mi è ostile e ha ignorato il mio tentativo. 
Dunque. 
Questo capitolo è per Kayla, ma anche per me e per voi e per chiunque le voglia bene. 


Kayla si ritrovò in una Sala Grande completamente diversa dal solito: non era divisa in quattro tavoli, ma in due categorie diverse di maghi e streghe.
Quelli vivi e quelli morti.
Quelli morti erano stesi a terra, coperti da lenzuola bianche, o da qualsiasi cosa potesse dare loro la dignità necessaria. Accanto a loro, i maghi vivi piangevano, urlavano, e strillavano. Non era da escludersi, però, che gli stessi maghi e streghe, emettessero anche grida di gioia vedendo che qualcuno era vivo, che ce l’aveva fatta.
Che, alla fine, non era tutto perduto.
Che avevano vinto.
Avevano vinto, Harry aveva vinto, era tutto finito, eppure lei vagava per la Sala Grande senza sapere a quale delle due grandi categorie appartenesse. Aveva un dolore atroce su tutta la parte destra del corpo, quasi sicuramente una costola rotta e una caviglia slogata. Considerando poi lo strano calore che sentiva sulla faccia, probabilmente aveva addosso del sangue. Suo o di qualcun altro, poco importava. A giudicare anche dal freddo che sentiva sul braccio sinistro, probabilmente la camicia si era strappata.
Non sentiva nulla di ciò che accadeva attorno a lei: le sembrava di essere in una bolla, una bolla che non faceva che ripeterle che aveva lasciato la mano di Fred.
Come aveva potuto essere tanto sciocca da lasciarlo andare?
L’aveva lasciata perché era stata Schiantata, ma non abbastanza forte da perdere i sensi.  Quindi si era alzata, e aveva continuato a duellare. Era convinta che, dopo aver messo fuori gioco anche quei Mangiamorte, lo avrebbe ritrovato lì. Accanto a lei. Perché era quello il posto che gli spettava, no? Accanto a lei, sempre.
Invece, non c’era.
Al suo posto, fumo. Fumo e macerie.
E, dopo qualche secondo, Greyback.
Così si era dovuta allontanare, mettere insieme le idee in modo veloce e freddo, Evocare una corda ed appenderlo per i piedi, Disarmarlo, Pietrificarlo.
E via, avanti il prossimo.
Non voleva uccidere nessuno, non ne avrebbe avuto la forza.
Voleva solo ritrovare Fred.
Perché aveva mollato la mano di Fred?
E poi aveva visto Draco.
Fermo, immobile, pallido.
Anche lui era in una via di mezzo tra i vivi e i morti. Era a metri di distanza da lei, così lontano che i suoi occhi sembravano non esistere, e non era del tutto sicuro che lui fosse vero, da tanto era pallido e stanco.
Però lo aveva sentito, lo aveva sentito forte e chiaro.
Aveva detto “mi dispiace”.
Lei avrebbe voluto chiedere per cosa. Non aveva senso che si scusasse per il castello che cadeva in pezzi attorno a loro o per le minacce di Voldemort, perché era più che chiaro che non potessero essere colpa sua.
Perché dire una cosa del genere?
Aveva detto solo quelle due parole, e poi era stato colpito alle spalle da una luce bianca, ed era caduto a terra, provocando un tonfo sordo. Lei aveva corso, con la bacchetta puntata, per contrattaccare al posto suo, ma dietro di lui non c’era già più nessuno.
Così, dimenticandosi che lui fosse dietro di lei, steso a terra di faccia, aveva continuato a correre, con in testa solo il momento in cui aveva lasciato la mano di Fred.
E Draco aveva detto che era dispiaciuto.
Poi Voldemort aveva detto che Harry era morto, e lui era lì, morto, in braccio ad Hagrid. E Martha aveva urlato e si era inginocchiata a terra, come se la stessero Cruciando, ma nessuno aveva la bacchetta puntata contro di lei.
Lei aveva lasciato la mano di Fred.
Sirius aveva aiutato Martha ad alzarsi, ma stava piangendo anche lui e Robert perdeva moltissimo sangue da una gamba. Lei cercava Fred tra la folla, scavalcando i suoi stessi genitori, ma Fred non c’era. C’era George, che le chiedeva dove fosse Fred, c’era Luna che le chiedeva se stesse bene, e c’erano Bill e Percy che le dicevano di fermarsi, ma lei voleva solo ritrovare Fred e dirgli che Harry era morto, che era tutto finito, che dovevano andare a casa e farsi un bagno caldo.
Ma come aveva potuto lasciare la mano di Fred?
Poi, però, Harry non era morto, e Neville aveva ucciso il serpente di Voldemort. E mentre lei non smetteva di cercare Fred, Harry aveva ucciso Voldemort, e Hermione aveva medicato Robert. Doveva trovare Fred per dirgli che Harry non era morto ma vivo, che avevano vinto, che dovevano andare alla Tana a festeggiare.
Non avrebbe dovuto lasciare la mano di Fred.
Sarebbe stato meglio trascinarlo con sé, ma non lasciare la presa.
E ora lei vagava per la Sala Grande cercando solamente qualcuno che le dicesse che Fred la stava cercando, e che stavano tutti bene. La cosa paradossale era che le sembrava che, se si fosse voltata, lo avrebbe trovato lì, pronto a sorriderle, a baciarle la fronte e a metterle il braccio attorno alle spalle per accompagnarla ad affrontare le conseguenze di tutto quello che era successo.
E invece lei gli aveva lasciato la mano.
Non seppe come, ma lasciò la Sala Grande: la gente non faceva che fissarla. Probabilmente provava anche a dirle qualcosa, ma lei sentiva solo un indistinto brusio. Si ritrovò tra i corridoi, o tra quel che ne rimaneva. Camminava strisciando i piedi, mentre nell’orecchio un fischio ininterrotto sembrava volerle dire qualcosa che lei, forse non era pronta a sentire.
«Ci vediamo a casa»
«Dimmi che mi ami»
«E perché adesso?»
«Perché magari non ci torno intera, a casa»
«Prova a farti un solo graffio, Kayla Lily Black, e giuro che ti tengo il broncio per un mese»

Kayla si lasciò scivolare contro un muro per riuscire a sedersi a terra.
«Dimmi che mi ami»
«Ti amo da impazzire»

Si passò una mano sul viso e chiuse gli occhi.
Da impazzire.
Scosse la testa, rendendosi conto di come Fred potesse avere sempre le parole giuste, anche in anticipo, anche in un momento come quello.
Da impazzire.
Si rese conto che, tenendo gli occhi chiusi, era più semplice figurarsi il viso del rosso. Dai primi momenti, quando lei non sapeva neppure camminare, fino al momento in cui era stata così incosciente da lasciargli la mano.
«Kayla Lily Black, che ne diresti di venire al Balla del Ceppo con me?»
Posò la testa contro il muro.
Aveva detto di no.
Aveva detto ‘è troppo complicato, Fred’.
Ed era stato in quel momento che si era resa conto di essere sempre stata innamorata di lui: nel momento in cui vide i suoi occhi farsi sorprendentemente tristi e il suo petto gonfiarsi per non produrre altro che un lungo sospiro, dicendo che sapeva che prima o poi lo avrebbe detto.
«Ti amo da impazzire»
Le cose non erano mai state semplici. Mai. Erano figli di quattro guerrieri che avevano creduto in moltissime cose, di cui l’amore, in ogni sua forma, era la prima.
Kayla, poi, era nata nel momento meno adatto in cui si potesse nascere: nel primo dopoguerra, con un padre in carcere e una madre sola, che piangeva ogni sera. Era ovvio che anche lei, una volta cresciuta, non avrebbe scelto un amore facile.
Se Martha era riuscita a salvare Sirius, lei sarebbe riuscita ad avere un amore altrettanto potente.
«Buonasera signorina Black. Come posso esserle utile?»
«Mi chiedevo se le andasse di ballare con me, signor Weasley.»

Avrebbe voluto scegliere lui, per quel dannato Ballo. Avrebbe voluto scegliere lui per ogni momento della loro vita. Aprì gli occhi di colpo rendendosi conto che forse non le sarebbe stato più permesso di scegliere Fred ogni mattina, appena sveglio.
Spalancando gli occhi, trovò davanti a sé la figura rassicurante del suo padrino.
Remus disse qualcosa, muovendo appena le labbra. Lei era sicura che fossero parole meravigliose e colme d’affetto, era sicura che stesse dicendo che Fred la stava cercando ovunque. Ma non sentì niente, se non quel fischio fastidioso.
Fece segno a Remus che non sentiva, e lui sembrò allarmarsi. Allora le tese la mano, per aiutarla ad alzarsi.
Ho lasciato la mano di Fred.



Kayla strizzò gli occhi per aprirli, perché la luce era fastidiosa. Ci mise qualche secondo per mettere a fuoco la stanza attorno a lei: era dannatamente bianca e luminosa, e lei sentiva male un po’ ovunque. Mosse la testa per guardarsi attorno e si rese conto che non era ne ad Hogwarts, ne alla Tana. Era in una stanza bianca piena di niente, se non il letto dove stava, una finestra, una porta, un rubinetto e moltissimi attrezzi medici. Sulla sua mano, un ago era fissato con un cerotto e accanto a lei, una flebo pendeva dal soffitto.
Ci mise qualche secondo per mettere a fuoco la figura che stava seduta accanto a quel letto con aria preoccupata.
Era Robert, più pallido e teso che mai.
La sua espressione tesa,  però, si trasformò in un sorriso quando incrociò gli occhi della sorella.
Era chiaro che stesse cercando di dirle qualcosa. Il labiale che aveva letto poteva assomigliare ad un saluto, ma non aveva sentito altro che un suono ovattato.
Robert non sembrò aver capito che lei non lo potesse sentire, perché stava andando avanti a parlare, mostrandole un sorriso dolce e posando le mani calde sulle sue.
Fred.
Ecco cosa disse la ragazza.
Fred.
Doveva vedere Fred.
Doveva sapere che stava bene.
Si concentrò sul labiale del fratello, sperando di capire qualcosa come “è a casa a dormire” o “sta arrivando”, ma Robert si era semplicemente fatto più preoccupato.
Fred non c’era.
Fred non c’era perché lei aveva mollato la presa
.
Portò l’indice verso l’orecchio e scosse la testa.
Non ti sento, Robbie.
E forse non ti voglio sentire, a meno che tu non mi stia dicendo che Fred sta bene
.
Robert si mostrò davvero preoccupato, e senza mollare la mano della sorella, si voltò verso la porta per chiamare qualcuno a gran voce.
Kayla cercò di affondare la testa nel cuscino, senza riuscirci. Voleva solo vedere Fred.
Un Medimago dell’età dei loro genitori entrò nella piccola stanza e le rivolse un sorriso cordiale, controllando la flebo e iniziando a trafficare con alcuni attrezzi che avvicinò ad entrambe le orecchie di Kayla, mentre Robert aveva dipinta in viso la classica espressione di quando faceva domande esistenziali.
Aveva lasciato la mano di Fred.
Chiuse gli occhi e lasciò che il mondo attorno, semplicemente, accadesse.

Riaprendo gli occhi, si trovò ad essere grata del fatto che la luce fosse meno insistente. La notte le piaceva molto di più, in quella piccola stanza. Ai piedi del letto, una poltrona accoglieva un Harry Potter addormentato nella sua camicia migliore. Probabilmente, si disse la ragazza, là fuori stava succedendo qualcosa. Harry era anche più famoso di prima e l’Inghilterra si preparava a voltare pagina, dimenticando Lord Voldemort e tutte le sue idee malsane.
Le bastò socchiudere gli occhi per tornare alla Guferia di Hogwarts: era appena l’alba e dell’anno del Torneo Tremaghi. Anastasia era nata da pochi giorni e lei era tormentata da un innegabile sentimento nei confronti di Fred Weasley e un altrettanto innegabile senso di colpa nei confronti di Draco Malfoy.
Fred l’aveva raggiunta senza fiato, dicendo che era arrivato il momento di dare alla gente qualcosa per cui parlare.
Kayla si sentì tremare l’anima: come aveva potuto lasciargli la mano?
«Ti amo da impazzire»
Harry dormiva così beatamente che, anche se Kayla stava tirando calci al nulla e stava cercando di staccarsi la flebo dal braccio, non si svegliò. Si rese conto che stesse accadendo qualcosa solo quando Aaron mosse dei passi pesanti nella stanza, trovando Kayla seduta sul letto con espressione più che arrabbiata.
«Fred!» strillò la ragazza. «Dove cazzo è Fred?»
Harry balzò in piedi e raccolse dal comodino una piccola lavagnetta babbana con un pennarello nero.  Scrisse velocemente, e poi cancellò, scuotendo la testa. Scrisse di nuovo, mentre Aaron rimetteva Kayla nel letto contro la sua volontà.
Nel momento in cui Harry voltò la lavagnetta verso Kayla, lei non fece che arrabbiarsi di più.
Devi pensare solo a stare bene.
«Stronzata!» strillò la ragazza, senza rendersi conto di quanto forte stesse gridando fino a che non sentì risuonare la sua stessa voce nei suoi timpani ovattati.
Aaron prese la lavagnetta dalle mani di Harry mentre gli borbottava qualcosa, ma senza luce Kayla non riusciva a leggere il labiale.
Fred è tra i dispersi. Stiamo facendo del nostro meglio. 
Kayla rimase immobile, fissando la scrittura confusa di suo zio. Tra i dispersi.
Sentì come se qualcosa le stesse aprendo il ventre per togliere tutto, e lasciarla lì, sanguinante e morente. Urlò così forte che due Medimaghi irruppero nella sua stanza, e dal momento in cui chiuse gli occhi, non sentì più niente.

Quando riaprì gli occhi, la stanza era illuminata da un cielo roseo. Non era in grado di definire se fosse l’alba o il tramonto. Si sentiva talmente spossata che sarebbero potuti essere entrambi, nello stesso momento. Era sola, nella stanza, e si sentì tremendamente grata per questo. Ai bordi del suo letto, erano state messe delle sbarre, come quelle che avevano Anya e Nicole nella culla per evitare che uscissero. Si guardò attorno con aria apatica: qualcuno le stava mandando con insistenza dei fiori e dei cioccolatini, e anche parecchie lettere. Qualcuno aveva lasciato sul comò una dozzina di disegni fatti da Anastasia e da Gabriel, accanto a quella dannata lavagnetta bianca su cui una scrittura elegante recitava: ti giuro che lo troveremo. SB.
La verità era che non le importava se fosse l’alba o il tramonto: le importava solo di poter mettere i piedi giù da quel letto per mettersi a cercare Fred.
«Ti amo da impazzire»
Si mise seduta sul letto e guardò i disegni dei bambini. Anya aveva disegnato tutta la famiglia Black, Damian, Nicole, Gabriel, Aaron, e i Lupin, scrivendo che così non si sarebbe mai dimenticata di loro. Gabriel le aveva scritto una lettera di poche righe in cui diceva che anche se non ci sentiva più, sarebbe rimasta la sua cugina preferita, e di ricordarsi che agli Scacchi dei Maghi, il loro gioco preferito, avrebbero sempre potuto giocare, perché per quello non serviva sentirci bene.
Ripose i disegni sotto alla lavagna e cancellò il messaggio di Sirius, rendendosi conto di essere tremendamente assetata.
«È tutto apposto»
Ogni volta che litigavano.
«È tutto apposto»
Cercò di girarsi nel letto ma non riusciva a muovere un muscolo, pensando a tutte le volte in cui Fred le aveva detto che era tutto apposto.
Non c’è niente di apposto, Fred.
«Ti amo da impazzire»
Il solito Medimago entrò nella stanza, rivolgendole qualche parola accompagnata da un sorriso cordiale. Kayla rimase a fissarlo per qualche secondo, cercando di captare qualche parola.
Migliorando.
Genitori.
Domani
.
Kayla scosse la testa e gli porse la lavagnetta da cui aveva appena cancellato il messaggio di Sirius.
Lui, con pazienza, si mise a scrivere. Dopo qualche attimo, ruotò la lavagna verso di lei.
Le tue orecchie possono solo migliorare, e ogni tua ferita è stata sistemata. Domani i tuoi genitori ti porteranno a casa.
Lei si sforzò per rivolgergli un sorriso, ma ciò che riuscì ad esternare fu una smorfia. Lui le fece segno che sarebbe tornato dopo e lasciò la stanza.
Casa.
Che parola strana.
Casa.
Solo migliorare.
È tutto a posto.
Ho mollato la presa.



 
   
 
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