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Autore: T612    01/06/2019    3 recensioni
SPOILER "AVENGERS - ENDGAME"
Dal testo:
-L'hai sempre saputo, non è vero?
-Sempre sospettato, Maguna.
[PoV Morgan // Post-Endgame // What-If?]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Morgan Stark
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Stark's'
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Would you rescue me?
Would you get my back?

Would you take my call when I start to crack?
Would you rescue me? Ahh
Would you rescue me?
Would you rescue me when I'm by myself?
When I need your love, if I need your help
Would you rescue me? Ahh
Would you rescue me?
[Rescue me - One Republic]

 

01

 

Morgan scopre il mondo un passo alla volta, gattonando sul tappeto morbido, arrampicandosi sui cuscini del divano o appendendosi alla gamba del suo papà.

Non riesce a tenere a freno le mani, continua a toccare ogni cosa, sorprendendosi della rugiada che le bagna le mani, dell’abbraccio morbido della coperta sopra il divano e del calore incandescente proveniente dal vetro del camino.

Sperimenta il mondo mordicchiando l’orecchio del suo coniglietto di pezza, colorandosi la faccia con i pennarelli colorati e sporcandosi le dita di fuliggine… ma non sa che sapore abbia quella polvere grigiastra, la sua mamma l’ha raccolta dal pavimento lavandole le mani prima che potesse infilarsele in bocca.

Esclama soddisfatta quando dopo innumerevoli tentativi riesce finalmente ad issarsi in piedi da sola, compiendo i primi passi incerti per raggiungere il suo papà, cadendogli tra le braccia quando incappa sulle sue scarpe, sentendosi sollevare da terra mentre la barba le solletica fastidiosamente la guancia quando se la stringe al petto, per poi posarle le labbra sulla fronte.

Il suo papà adora farle il solletico, ridendo sommessamente ogni volta che lei scalcia e brandisce i pugni per difendersi tentando di sfuggire alla sua presa, oppure la solleva da terra facendola vorticare per la stanza, in un turbinio di colori e suoni dandole l’impressione di volare.

Morgan tende le manine verso il suo papà con un'espressione confusa sul volto quando scorge i suoi occhi lucidi la prima volta che lo chiama per nome… la solleva da terra stritolandola in un abbraccio e ride, la vibrazione della sua cassa toracica che si propaga anche contro il suo corpicino, mentre lei gli stringe le braccia al collo e nasconde la testa contro la sua spalla.

La barba continua a farle il solletico, ma per una volta non se ne cura.

 

02

 

Morgan apre gli occhi sul mondo e ha fame, saltando giù dal letto e scendendo le scale appoggiandosi ai paletti che sostengono il corrimano, per evitare di ruzzolare brutalmente incontro al pavimento del piano terra.

Sente il respiro profondo della sua mamma e il russare sommesso del suo papà provenire dalla porta socchiusa della loro camera da letto, ma lei ha fame e non vuole svegliarli perché sa che il suo papà continua a non dormire bene durante la notte.

Raggiunge la cucina contemplando il frigorifero, ragionando sul da farsi… ha visto i suoi genitori prepararle la colazione innumerevoli volte, non deve essere troppo difficile, decretando che nonostante i suoi due anni-e-tre-quarti si reputa abbastanza grande ed esperta sulla faccenda per provvedere da sola.

Spinge la sedia contro il frigorifero issandosi fino a raggiungere la bottiglia di latte, per poi arrampicarsi fino al mobiletto delle tazze… perdendo l’equilibrio precipitando incontro al pavimento, sana e salva tra le braccia del suo papà mentre il rumore della ceramica infranta riempie il silenzio della cucina. La sgrida preoccupato, annullando la sua espressione furbetta quando le rivela che si era svegliato grazie al suo sonno leggero ed il caos infernale che ha causato trascinando la sedia sul pavimento, tirando un sospiro di sollievo nel constatare che il maggiore dei mali è una tazza in frantumi.

Morgan aspetta taciturna che il countdown del microonde si azzeri, mentre il suo papà raccoglie i cocci da terra per evitare che lei si ferisca camminandoci sopra a piedi scalzi… rompendo le righe, procacciandosi il pacco di biscotti da sola, solamente quando il suo papà le confessa che non è davvero arrabbiato con lei.

Si fa consegnare il barattolo di cacao in polvere, seguendo le direttive di non metterne più di due cucchiaiate nel latte caldo, aspettando paziente che il suo papà si prepari il caffè prima di iniziare a fare colazione.

Brindano a quel buongiorno insolito sollevando entrambi il primo biscotto a mezz’aria proclamando un cin, per poi divorarlo a grandi morsi con un'espressione soddisfatta sul volto.

 

03

 

Morgan spalanca gli occhi spaventata quando improvvisamente la sua cameretta si illumina a giorno, il rombo del tuono fuori dalla finestra che risuona fin dentro la sua cassa toracica, nonostante lei si sia nascosta sotto le lenzuola coprendosi le orecchie.

Trema spaventata iniziando a contare quanti Mississippi ci sono tra un tuono e l’altro, forse conosce troppi pochi numeri o forse è talmente spaventata da aver perso il conto, ma il fulmine che illumina il cielo da lì a poco la terrorizza in ogni caso, schizzando fuori dalle lenzuola come se avesse preso la scossa elettrica.

Incespica fino alla porta dei suoi genitori con il cuore in gola, trascinando per un orecchio il suo coniglietto di pezza, arrampicandosi ai piedi del letto intrufolandosi in mezzo ai genitori.

La sua mamma si ridesta immediatamente, ma non si muove dalla sua posizione rannicchiata, limitandosi a tirare un calcio al suo papà e biascicare assonnata un “tua figlia è sveglia”.

L’ennesimo tuono della nottata risuona nella stanza illuminando le pareti e Morgan si tuffa d’istinto tra le braccia del suo papà, nascondendo la testa nell’incavo del suo collo ed accoccolandosi contro il suo petto. La stringe a sé con le sue mani grandi e callose, il respiro che le solletica il collo e la barba che le punge la guancia, mentre il profumo di muschio bianco le invade le narici conciliandole il sonno.

Morgan sbadiglia mentre i tuoni continuano a squarciare il cielo fuori dalla finestra, ma lei è al sicuro tra le braccia del suo papà e il resto non ha più nessuna importanza.

 

04

 

Morgan spia gli amici del suo papà da sopra la sua spalla, aggrappata al suo collo mentre tre paia d’occhi la osservano stupiti, squadrandola da capo a piedi.

Il suo papà era rimasto sul portico discutendo con quelle tre persone che lei non aveva mai visto, mentre da bambina diligente che era afferrava le posate che la sua mamma le porgeva, disponendole sul tavolo apparecchiato… ma si trova troppo spesso a soffermarsi davanti alla vetrata che dava sul portico, scrutando il passo nervoso del suo papà, studiando le reazioni di quei tre sconosciuti tentando di tendere le orecchie e capire che cosa vogliano da loro.

Anche la sua mamma abbandona le pentole in favore di quella conversazione origliata, cercando di non darle a vedere quanto sia preoccupata per la situazione, ma Morgan è una bambina perspicace ed intuisce che qualcosa non va… fissava la vetrata da un bel po’ quando i toni della voce all’esterno si erano accentuati e le sentenze si erano infiammate, mentre la sua mamma le dà il permesso di correre in soccorso del suo papà salvandolo dalla situazione.

Si arrampica sulle sue ginocchia annunciando la mossa tattica appena effettuata, abbracciandolo e sussurrandogli all’orecchio che va tutto bene, premendo la punta del naso contro il suo collo inebriandosi del profumo del dopobarba mentre il pizzetto le fa il solletico contro la guancia.

Il suo papà invita i suoi amici a pranzo, ma non si fermano, salgono sull’auto con cui sono venuti e spariscono come se non fossero mai stati lì.

Durante il pranzo prova a chiedergli chi siano e cosa volessero, ma la risposta che riceve in cambio non la soddisfa appieno, rinunciando ad insistere scoraggiata dall’ombra che intravede nello sguardo del suo papà. Si morde la lingua ed evita di porre domande anche mentre gli porge i cacciaviti e le chiavi inglesi nelle ore trascorse insieme nel garage quel pomeriggio, cedendo solo a notte fonda quando la curiosità è decisamente troppa.

Trova il suo papà sveglio, è la prima volta che lo vede a lavoro a quell’ora, sorprendendolo alle spalle con un moto d’orgoglio perché per una volta non l’ha sentita arrivare di soppiatto. Morgan guadagna una spiegazione, un ghiacciolo ed una seconda favola della buonanotte, serrando gli occhi con forza stringendosi al petto il suo coniglio di pezza nel timore concreto che il suo papà venda seriamente tutti i suoi giocattoli.

Quando scende in cucina per la colazione la mattina dopo, trova una valigia addossata contro lo schienale del divano, indicandola sbadigliando in una tacita domanda. Il suo papà la raccoglie da terra stritolandola in un abbraccio, spiegandole che deve andare via per qualche giorno perché il mondo ha bisogno che Iron Man lo salvi di nuovo, accarezzandole la guancia con le sue dita callose, facendole riaffiorare un sorriso quando le promette una videochiamata ogni sera per la loro irrinunciabile favola della buonanotte.

Morgan aveva salutato il suo papà sotto il portico di casa, stringendogli le braccia al collo mentre il pizzetto le faceva il solletico sulla guancia, respirando a fondo il suo profumo sentendone già la mancanza… alla fine il suo papà aveva davvero salvato il mondo, ma a casa non ci aveva mai fatto ritorno.

 

05

 

Morgan imprime sul foglio tutte quelle immagini colorate che le frullano per la testa, usando i pennarelli dai colori accesi, in netto contrasto con quel mondo grigio e spento che la avvolge nell’ultimo periodo. Probabilmente era uno scarabocchio, ma l’aveva esposto fiera alla sua mamma con il sorriso sulle labbra, cercando di contagiarla con un po’ di quell’ottimismo che tra i muri della sua casa mancava da diversi giorni.

La sua mamma ostentava sempre spensieratezza, ma Morgan sa che quella è solamente una facciata perché l’aveva vista asciugarsi le lacrime di nascosto quando pensava di non essere osservata… quando i fulmini l’avevano svegliata nel cuore della notte aveva raggiunto la porta della camera dei genitori, sorprendendo la sua mamma intenta ad abbracciare il cuscino del suo papà durante la notte seppellendo il viso contro la federa, facendo dietrofront di fronte a quella scena chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle, nascondendo la testa sotto le lenzuola e stringendo con forza il suo coniglietto di pezza fino al mattino dopo.

Sembrava che il suo papà dovesse tornare da un momento all’altro, i suoi cacciaviti erano ancora sparsi sul pavimento del garage, le sue ciabatte erano ancora imbucate sotto il divano e i vestiti nel suo armadio profumavano ancora della sua acqua di colonia… illudendosi troppo spesso di sentir atterrare Iron Man sul vialetto d’entrata, vederlo spalancare la porta e richiamarla con la sua risata sommessa che risuonava forte e chiara nell’ingresso.

Quando la nostalgia diventava troppa, Morgan si asciugava le lacrime –senza farsi vedere, un po’ per non far preoccupare la sua mamma, un po’ perché ha cinque anni ed è già troppo grande per piangere in pubblico– nascondendosi nell’armadio del suo papà affondando il naso contro i cappotti inalando il suo profumo impresso nei vestiti, ma con il tempo anche quello si era affievolito, così era finita per ripiegare nel disegno.

A scarabocchio concluso lo porge soddisfatta alla sua mamma guadagnando un sorriso in risposta, forse il suo disegno non è bello quanto le opere d’arte appese alle pareti ma il suo papà le considerava tali, ne aveva addirittura incorniciato uno posandolo sul suo bancone da lavoro in garage e tappezzando il frigo, fissando tutti quei fogli colorati sulle superfici di metallo con le calamite.

La sua mamma segue l’esempio in una parvenza di normalità, appendendo il disegno al frigorifero come faceva il suo papà… ma non è la stessa cosa.

 

06

 

Morgan sa che probabilmente è inutile, ma tenta comunque di trattenere le lacrime ed asciugarsi velocemente i lucciconi prima che le righino le guance, nella speranza remota che lo zio Happy sia completamente concentrato sulla guida con gli occhi fissi sulla strada per badare a lei.

Si rende conto che il suo è un tentativo fallito quando l’auto svolta mancando l’uscita per tornare a casa, fermandosi nel parcheggio di Burger King da lì ad un quarto d’ora, mentre Happy le apre la portiera e le porge un fazzoletto di stoffa per asciugarsi le lacrime.

Morgan tira su con il naso e cerca di calmarsi, sedendo composta sulla sedia imbottita con i piedi che scalciano il vuoto non riuscendo a toccare il pavimento, scoppiando nuovamente in lacrime quando lo zio le deposita davanti il suo cheeseburger e lei gli rivela con voce inframmezzata che a scuola si era impegnata tantissimo per imparare una poesia lunghissima per la festa del papà, consapevole che non la reciterà mai.

Lui le propone una visita al cimitero in risposta, ma scarta velocemente l’opzione quando lei decreta che non ha senso, che non è la stessa cosa e che non le importa davvero.

Lo zio Happy annuisce fingendo di crederle, ordinando una porzione extra di patatine annegandole nel ketchup, mentre Morgan spazzola il suo cheeseburger stampandosi a forza un sorriso sulle labbra, tentando di rendere credibile la bugia appena proferita.

Quando lo zio la riporta a casa trova la sua mamma ad aspettarla sotto il portico, intuendo che lei sappia dell’accaduto nonostante non abbiano spiccicato mezza parola in merito all’argomento per tutto il pomeriggio, confermando le sue ipotesi quando dopo cena le consegna la scatola sigillata dei ghiaccioli concedendole di mangiarsene anche un paio.

Prima di coricarsi Morgan sente la necessità quasi vitale di intrufolarsi in garage per recuperare il casco di Iron Man, trafugando quell'ammasso di metallo salendo di soppiatto le scale fino alla sua cameretta, posizionandolo al centro del letto riavviando l’ultima registrazione in memoria… rivede il suo papà attraverso un ologramma azzurrino, osserva la sua proiezione mentre gesticola e si abbassa alla sua altezza, ricordandole con un sorriso sulle labbra e la voce affettuosa che lui la ama tremila.

Morgan spegne l’ologramma con lo sguardo lucido e nasconde il casco di Iron Man sotto il letto, non vuole che sua madre lo trovi in giro per casa, chiudendo gli occhi con la voce del suo papà che le rimbomba ancora nella testa.

 

07

 

Morgan sbuffa sonoramente quando lo schermo del suo game-boy sfarfalla e si spegne in modo definitivo, i suoi tentativi di riavviare il giocattolo soffiando sulla scheda di gioco non vanno a buon fine, decretando che per forza di cose si devono essere scaricate le batterie.

Scende dal suo letto avviandosi alla ricerca del rimpiazzo, mettendo a soqquadro la sua scrivania controllando anche sotto ai libri e gli esercizi di matematica già svolti, nonostante sia consapevole che sia alquanto improbabile trovare il suo agognato tesoro sotto il cumulo di quaderni e astucci ricolmi di pennarelli colorati. Sposta le sue ricerche al piano inferiore, ma non le serve troppo tempo per appurare che le batterie di quel formato specifico non si trovano né in salotto, né sul cassetto delle cianfrusaglie in cucina.

Morgan stringe il suo game-boy tra le mani dirigendosi a passo di marcia verso il garage, determinata a trovare un modo per riportare in vita l’ultimo giocattolo che le aveva regalato il suo papà, spacciando tale determinazione per la frustrazione di non aver salvato la partita, perdendo di conseguenza tutti e cinque i livelli che aveva guadagnato nelle ultime due ore.

Il garage in quei tre anni non era cambiato di una virgola, la sua mamma non ci metteva mai piede e lei si era semplicemente limitata a raccogliere le chiavi inglesi e i cacciaviti dal pavimento, accatastandoli sopra il bancone da lavoro insieme ad altre diecimila cianfrusaglie. Dopo una attenta ricerca era riuscita a scovare un paio di batterie nel terzo cassetto tra le puntine da disegno, dadi e rondelle, disseppellendo un cacciavite a stella abbandonato tra le guarnizioni e le viti… coprendo a faccia in giù il suo disegno incorniciato quando le capita tra le mani, reprimendo una stretta vagamente dolorosa al petto, per poi tornare a concentrarsi sulle viti sul retro del game-boy.

La scheda gioco si riavvia senza problemi una volta sostituite le batterie, constatando con disappunto di aver effettivamente perso i cinque livelli come aveva ipotizzato, abbandonando di nuovo il cacciavite in mezzo al caos che imperversa sopra il bancone da lavoro.

Si volta un'ultima volta prima di spegnere le luci, bloccata sulla soglia del garage con l’indice sopra all’interruttore… prima o poi potrebbe scendere di nuovo là sotto, anche solo per dare una pulita e sistemare un po’ di cianfrusaglie.

Morgan scrolla le spalle rinviando il buon proposito, chiudendosi la porta del garage alle spalle. Ha cinque livelli da recuperare.

 

08

 

Morgan apre gli occhi sul soffitto illuminato, mentre la sua mamma apre le finestre e le comunica che le prepara la colazione nel frattempo che lei si veste per andare a scuola.

Mentre inzuppa i biscotti nel suo latte al cioccolato, fingono entrambe che quello sia un giorno assolutamente normale, ignorando quel sole tiepido e piacevole di fine maggio quando lo zio Rhodey passa a prenderla in macchina con i finestrini abbassati per accompagnarla a scuola.

La giornata trascorre con lentezza esasperante, Morgan precipita in un stato di apatia indifferente, continuando a fissare le lancette dell’orologio appeso alla parete nella speranza che il tempo ticchetti più veloce verso l’ultimo suono della campanella, scribacchiando distrattamente sull'angolo del foglio per impegnare il tempo.

Come da tradizione aspetta ai cancelli d’uscita di scuola che Peter sbuchi dall’angolo in fondo alla strada, prelevando il suo zaino caricandoselo in spalla e trascinandola per mano fino alla metropolitana. Con il passare degli anni Morgan era giunta alla conclusione di considerarlo al pari di un fratello maggiore: alcune volte la portava alle giostre a Coney Island, altre le faceva da babysitter e l’aiutava con i compiti, oppure le capitava di prendere semplicemente la metro fino al Queens e i Parker ospitavano lei e la sua mamma per pranzo.

Morgan gli corre dietro cercando di eguagliare le sue lunghe falcate domandandogli come sta zia May, come vanno le cose con MJ e se alla fine ha inviato il curriculum al Daily Bugle, per poi rispondergli con l’elenco delle cose che ha imparato a scuola nell’ultima settimana riempiendogli le orecchie di banalità entusiasmanti, finendo per chiedergli quando torna a trovarla per finire la partita alla PlayStation lasciata in sospeso il weekend prima.

Lo segue fuori dalla metropolitana fino a quella che hanno istituito come la “loro gelateria”, ordinando per entrambi un cono con una pallina di Follia Stark al Cioccolato, accaparrandosi un posto sulle panchine di fronte alla vetrina.

Morgan tenta di sorridere spensierata di fronte al cono gelato, ma come ogni anno si rivela un’impresa ardua per entrambi fingere che sia un giorno assurdamente normale, cercando di non pensare al fatto che quel giorno dovrebbe essere il compleanno del suo papà e che manca terribilmente ad entrambi.

Peter le sorride porgendole un tovagliolo plasticoso per ripulirsi la bocca dal cioccolato, mentre le chiede retorico se lei ricorda che persona fantastica era il suo papà… Morgan annuisce convinta, dopotutto ha ancora qualche vago ricordo nebuloso e una vecchia registrazione olografica a supporto di tale tesi. Ovviamente sa che il suo papà ha salvato il mondo due-tre volte, sa anche che era di fondamentale importanza per lei e per Peter, ma trova ancora strano vedere i murales di Iron Man e di quella che ha imparato ad identificare come “zia Nat” per le strade di New York, insieme a quei sporadici mazzi di fiori che continuano a riempire i marciapiedi a quattro anni di distanza.

Morgan fa fatica ad accettare che per il mondo il suo papà era importante tanto quanto lo è per lei e per suo fratello, ma sembra che il resto della popolazione mondiale importi solo del giorno in cui li ha lasciati, concedendo solamente a loro e a poche altre persone il privilegio di celebrare quel compleanno mancato.

Morgan non ha bisogno che gli ricordino quanto fosse speciale ed importante il suo papà… lo sa, per forza di cose doveva esserlo, altrimenti non avrebbero mai dato il suo nome ad un gelato.

 

09

 

Morgan impreca tra i denti contro il joystick tentando di non farsi sentire dalla sua mamma, mentre sgomita al fianco di Peter concentrata a vincere la partita in corso.

Da quando era sveglia aveva rigorosamente settato il televisore sulla schermata di gioco, rinunciando a malincuore ai cartoni animati pur di non sentirsi ricordare dai telegiornali che il suo papà non c’è più da cinque anni… ma all’ora di cena la sua casa è ricolma di persone che brindano a quella mancanza, attirando la sua attenzione con ricordi e aneddoti che la incuriosiscono, nonostante voglia ignorare le voci alle sue spalle tentando di concentrarsi solamente sui comandi della PlayStation.

Peter si sforza di lasciarla vincere, ma nonostante tutto il suo impegno lei è troppo distratta per seguire il gioco, finendo per perdere in modo penoso abbandonando il joystick e trascinando i piedi fino in cucina.

Gli amici di papà le liberano una sedia, continuando a ripescare quei ricordi di battaglie e di burle sul suo papà di cui lei non era assolutamente a conoscenza, mentre Peter la raggiunge reclamando la sedia e cedendole un ginocchio come appoggio, contribuendo agli aneddoti lasciando la sua parlantina a briglia sciolta.

Morgan ascolta la sua mamma e lo zio Rhodey scherzare su una scatola di fragole e un plastico salva-vita, riscoprendo ammirata tutti quei dettagli mancanti di cui non l’avevano mai informata e che successivamente non aveva mai avuto il coraggio di chiedere.

Attraverso le chiacchiere degli amici del suo papà riscopre quanto fosse divertente, buffo, egocentrico e a volte impacciato, sempre deciso in quel che riteneva più giusto per gli altri e timoroso di reclamare seriamente qualcosa per sé. Si sente ribadire quanto lei gli somigli, mentre l’aiutano a ricostruire a forza di ricordi un metro effettivo per determinare un paragone… Morgan ascolta gli aneddoti con curiosità crescente, ma quando anche gli ultimi ospiti se ne vanno, tutto ciò che le resta è un cumulo di bellissime parole disperse in mezzo al buco nero che si porta dietro da anni all’altezza del cuore.

Con il passare dei giorni la nostalgia diventa sopportabile, non sa quanto merito attribuire alla memoria sbiadita della sua infanzia, ma ormai tutto ciò che le resta è qualche istantanea ingiallita fossilizzata nei suoi primi quattro anni di vita… in un modo o nell’altro il suo papà non l’abbandona mai, per le cose che ha fatto o per quelle che ha detto ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del mondo, ma a forza di sentir parlare della leggenda, Morgan trova difficile riportare alla mente i suoi fotogrammi dell’uomo che era stato davvero.

Nonostante tutto, a volte, le sembra di non averlo mai conosciuto sul serio.

 

10

 

La sua mamma la sgrida con voce preoccupata e sguardo furente, mentre Morgan tenta di non scoppiare in lacrime, stringendo i denti quando la pelle ustionata brucia a contatto con il disinfettante.

Il saldatore le era sfuggito di mano ustionandole un polso, correndo dalla sua mamma per farsi medicare supplicandola con lo sguardo lucido, ascoltando rassegnata la sfuriata sul perché mai lei avrebbe dovuto mettere piede in garage ed armarsi di fiamma ossidrica.

Sibila tra i denti quando il batuffolo di cotone si posa contro la sua pelle rossastra, cercando di calmarsi abbastanza per fornire una spiegazione sensata alla sua mamma, iniziando a parlare solamente una volta completata la fasciatura mentre la ferita continua a pulsare in modo sordo e fastidioso.

Le spiega come la settimana prima lo schermo del suo game-boy aveva sfarfallato un paio di volte prima di spegnersi in modo definitivo, come il suo tentativo di sostituire nuovamente le batterie non fosse andato a buon fine, ritrovandosi a prelevare un cacciavite a stella dal marasma ancora stipato sul bancone da lavoro in garage, scoperchiando la scocca di plastica e studiando i componenti tentando di comprendere la fonte del problema. A forza di armeggiare nei giorni successivi aveva scoperto che il problema era il chip della scheda video, procacciandosene uno nuovo sostituendolo, approfittando delle modifiche in corso per sistemare un altro paio di cose… stava saldando gli ultimi componenti quando il saldatore le era sfuggito di mano.

La sua mamma dopo quella spiegazione vorrebbe obbiettare, ma si ritrova sprovvista di appigli per ribattere, liquidando la faccenda con una scrollata di spalle rassegnata al fatto che lei sia davvero la figlia di suo padre.

Morgan le aveva promesso di stare più attenta la prossima volta, entrambe consapevoli che ci sarà sicuramente una prossima volta in futuro ora che ha creato un precedente, ricominciando a smanettare con il suo game-boy –riportato nuovamente alla gloria degli albori dopo le ultime modifiche apportate– riprendendo la partita dall’inizio come se nulla fosse.

Quando a distanza di qualche ora rimette piede nel garage per riportare al suo posto il cacciavite, si ritrova a contemplare quel caos caotico che imperversa sul bancone da lavoro… forse dovrebbe dare seriamente una pulita e rimettere le cose in ordine, così la prossima volta che dovrà aggiustare qualcosa non sprecherà un ora solo per cercare ciò che le serve.

È notte fonda quando la sua mamma si affaccia alla porta del garage chiedendole a che ora ha intenzione di andare a dormire, in tutta risposta Morgan sbuffa e solleva il naso dalla cassetta degli attrezzi, procrastinando il termine dei lavori in corso al giorno seguente, spegnendo l’interruttore della luce su quel nuovo parco divertimenti.

 

11

 

Ormai Morgan trascorre le ore di scuola a fissare l’orologio appeso al muro picchiettando distratta con le unghie sul banco, completamente disinteressata ai nuovi argomenti trattati in classe, che hanno effetto soporifero nonostante lei sia comunque la prima della classe. Era riuscita a strappare un accordo vantaggioso con la sua mamma, sottostando paziente alle noiosissime ore di lezione, promettendole di eseguire velocemente tutti i compiti assegnatole prima di rinchiudersi in garage, eletto a suo nuovo regno personale.

Aveva addossato le armature in fondo alla parete ed aveva sistemato il bancone da lavoro, organizzando la cassetta degli attrezzi secondo una gerarchia leggermente meno incasinata di quella istituita dal suo papà, raggruppando i chiodi, le viti e i bulloni sui dispenser, liberando la postazione di lavoro per lasciare spazio al computer e al tavolo olografico.

Aveva pulito il vetro ed aggiustato la cornice contenente il suo disegno, rincollando i bordi del portafoto che si erano allentati sotto il peso degli scarti di metallo, lasciando quel disegno a pennarello con qualche macchia di inchiostro ben piazzato sul tavolo, ringhiando contro chiunque si avventurasse nel suo laboratorio con la malsana idea di spostare la cornice dal suo posto.

Trascorreva in garage intere giornate, aggiustando cose e smontandone altre tentando di capire com’erano fatte, ripescando dai backup di FRIDAY i vecchi progetti lasciati in sospeso dal suo papà, conversando con l’A.I. a tempo perso mentre la stereo in fondo alla stanza riempiva l’ambiente di musica con riff di chitarra elettrica e colpi di percussioni.

Era stato in uno di quei giorni, navigando nella banca dati di FRIDAY, che aveva trovato i backup delle registrazioni fatte da JARVIS… la voce del suo papà aveva riempito di nuovo il garage, mentre Morgan era caduta sulla sedia girevole coprendosi la bocca con le mani, osservando le colonnine olografiche che si alzavano ed abbassavano, documentando il volume della registrazione effettuata sotto il suo sguardo lucido.

Non aveva idea di quanto potesse mancargli la voce del suo papà, mentre le lacrime sgorgano sulle sue guance nel sentire la sua voce colorarsi delle emozioni più disparate, nell’ascoltare quei sproloqui senza capo né coda che documentano i progressi fatti, le conquiste guadagnate e gli incidenti di percorso.

Il barlume luminoso di un’idea solletica gli ingranaggi della sua mente, decisa a non voler mai più rinunciare a quella voce calda e confortevole… Morgan si ritrova a pensare che il suo papà le ha lasciato in eredità un intero vocabolario ricco di sfumature tonali e sarebbe un vero peccato non utilizzarlo.

 

12

 

Morgan gira la sua copia delle chiavi nel chiavistello aprendosi la porta d'entrata, annunciando la sua presenza in casa mentre Miss Lion1 le corre incontro ed inizia a leccarle le scarpe dandole il benvenuto.

Supera l’ingresso seguendo il profumino del cibo approdando in cucina con l’acquolina in bocca, abbandonando lo zaino in un angolo mentre MJ si discosta dai fornelli e la saluta sorridendole da sopra la spalla. Peter le aveva consegnato una copia delle chiavi di casa appena aveva firmato il contratto immobiliare, ospitandola volentieri ogni volta che lei desiderava dormire fuori casa rifugiandosi da lui quando litigava con la sua mamma, accompagnandola a teatro quando MJ si esibiva sul palco ed offrendole un pasto caldo ogni volta che usciva tardi da scuola o non aveva voglia di fermarsi alla mensa, situazione che si verificava più spesso di quanto ipotizzato inizialmente visto che casa Parker si trovava solamente ad un paio di fermate della metropolitana dalla sua scuola.

Chiacchiera con MJ del più e del meno mentre apparecchia la tavola per tre, sorridendo a Peter appena mette piede in casa per pranzo posando la Reflex sul tavolino in salotto insieme alla tracolla, aggirando il tavolo della cucina posando un bacio sulle labbra di MJ, per poi raggiungerla ed abbracciarla scompigliandole i capelli1.

Morgan si divincola dalla presa puntando alla Reflex, accomodandosi sul divano aprendo la galleria immagini scorrendole con la destra, mentre fa le coccole con la mano sinistra a Miss Lion acciambellata al suo fianco. Fin dal primo giorno in cui Peter era stato assunto al Daily Bugle come fotografo, il fratello aveva posto sulle sue spalle il gravoso compito di selezionare le foto di Spiderman da presentare al giornale, inizialmente l’aveva fatto per coinvolgerla, ma con il passare degli anni Morgan aveva preso quell’incarico molto seriamente.

Peter reclama la macchina fotografica allungando una mano fasciata fino al gomito quando MJ annuncia che il pranzo è pronto, chiedendogli puntualmente cosa gli sia capitato con tono curioso, ricevendo in risposta un “ho sposato un cretino, ecco cosa” proveniente dalla cucina da parte della donna che vale più di mille parole.

Morgan ride di fronte all’occhiata di fuoco che suo fratello rivolge alla sua dolce metà, liquidando l’incidente con una scrollata di spalle definendolo una reazione non calcolata durante la missione dell’altra sera, tranquillizzandola dicendole che la ferita si era quasi rimarginata del tutto e che lei non doveva preoccuparsi.

Peter scherza confidandole che in quei casi gli farebbe molto comodo un aiutante, alludendo con il sorriso sulle labbra ai suoi studi tenuti segreti sui vecchi progetti del padre ottenendo un occhiata di fuoco in risposta perché non dovrebbe parlarne ad alta voce, pentendosi di essersi confidata con lui su quel frangente… è solo un’ipotesi, ma Morgan non riesce a smettere di pensarci, ragionando che forse se lo aiuta suo fratello eviterebbe di rischiare l’osso del collo un giorno sì e l’altro pure.

Non è un’idea da scartare, ma la proposta viene classificata velocemente come un problema futuro appena MJ le posa il piatto fumante davanti, troncando istantaneamente la discussione in corso… dopotutto lei è ancora troppo piccola per prendere parte ad uno scontro e farsi carico di una responsabilità del genere.

 

13

 

La cesta dei panni puliti cade a terra con un fragore assordante, mentre Morgan si gira verso la sua mamma, che sta ferma impalata sulla porta guardandosi intorno in stato confusionale.

Probabilmente pensa di avere le allucinazioni uditive, leggendo nei suoi occhi la fatica che sta facendo il suo cervello per comprendere ciò che le sue orecchie sentono, mentre la voce del suo papà riempie la stanza come se la sua versione in carne ed ossa non se ne fosse mai andata, attaccando subito bottone con il nuovo intruso riconoscendo la sua mamma, che ascolta la voce del marito stupefatta ed ancora in profondo stato di shock.

Morgan sorride rassicurante tentando di spiegarle in modo semplice e senza perdersi in tecnicismi a lei incomprensibili cosa diavolo ha combinato, sul come sia riuscita a sintetizzare le registrazioni vocali rielaborando gli appunti del suo papà vecchi di decenni scoprendo il come aveva creato JARVIS, FRIDAY e KAREN. Si sforza di parlare la sua stessa lingua, usando paragoni e metafore per illustrare quel progetto che portava avanti in segreto da un paio d’anni, mentre la voce del suo papà subentra in aiuto sdrammatizzando nei punti necessari ed aiutandola a trovare quelle parole che al momento le sfuggono.

Morgan aveva fantasticato a lungo su quale potesse essere la reazione della sua mamma di fronte a tale scoperta, aveva ipotizzato diversi scenari, ma di certo non si aspettava una risata isterica. L’aveva fissata sgomenta perdere il fiato, asciugandosi quel paio di lacrime commosse che erano sfuggite al suo controllo, stringendosela al petto d’impulso e posando il mento sopra il suo capo con fare protettivo.

La sua mamma intuisce da sola quale sia il suo prossimo passo sulla sua personalissima tabella di marcia, che dopo essere stata testimone della riappropriazione del bancone da lavoro in garage e l’aver udito la voce dell’A.I. settata sulle tonalità del suo papà, è solo questione di tempo prima che quella voce diventi il marchio di fabbrica all’interno dell’abbraccio freddo di un'armatura di metallo.

Ne sono consapevoli entrambe ma non ne parlano… Morgan non vuole farla preoccupare eccessivamente prima del tempo e Pepper vuole illudersi che lei non sia davvero così spericolata come si sta invece rivelando nel tempo.

L’indole di una persona non la si può cambiare radicalmente nonostante il più audace dei desideri, Morgan è una Stark fatta e finita, arrivati a quel punto alla sua mamma non resta che pregare che il suo spirito di autoconservazione superi di gran lunga la fatidica soglia del 12%.

 

14

 

La sua mamma urla nel bel mezzo del portico, spaventata da morire nonostante avesse tacitamente accettato da tempo quella catena di eventi inevitabili.

Strepita stringendosi la vestaglia al corpo riparandosi da un refolo di vento inesistente, non perché sia davvero arrabbiata, ma perché è preoccupatissima di vederla fuoriuscire dall’armatura dopo il suo primissimo test di volo.

Morgan si impunta irritata ribattendo a tono che lei non può fare nulla per evitarlo, che lei è destinata dalla nascita a quell'abbraccio di metallo, che lei è una Stark e che quella è la sua eredità, comprendendo nell’affermazione tutti i rischi e i doveri che ne seguono.

Richiude la visiera dell'elmetto arrabbiata, librandosi in aria e sfrecciando nel cielo trapuntato di stelle, sfuggendo dalla conversazione mentre zittisce la voce del suo papà che tenta da subito un passo verso il riappacificamento, spezzando una lancia in favore della sua mamma tentando di ribattere dicendole di non essere troppo dura con quest’ultima.

Da quando il suo papà se ne è andato, Morgan ha come l’impressione di poterlo abbracciare di nuovo solamente attraverso quell’involucro di metallo riempito dalla sua voce… se chiude gli occhi può illudersi di riuscire a percepire ancora il solletico fastidioso del pizzetto che punge contro la sua guancia mentre il suo profumo di acqua di colonia che le invade le narici. Sa che è una fantasticheria vana e fine a se stessa, ma il metallo le fa percepire quei piccolissimi dettagli come se fossero reali… consolandosi che l’armatura è pur sempre più corporea di un ologramma o di una qualsiasi registrazione audio.

Alla fine Morgan si rassegna a rimettere piede a terra, ma la sua mamma era già rientrata dentro casa, raggiungendola in salotto rifugiandosi tra le sue braccia alla ricerca di un tacito perdono… quel contatto è infinitamente più caldo di un abbraccio fatto di metallo.

 

15

 

Morgan sfreccia tra i grattacieli di New York seguendo suo fratello in missione in veste di arrampicamuri, alla fine Maria Hill aveva chiuso un occhio facendo in modo di integrarla a tutti gli effetti nello SHIELD, assegnandola a Peter nelle missioni con un indice di pericolosità relativamente basso.

La voce del suo papà la avvisa dei pericoli in arrivo, il sensore dei mirini e gli allarmi degli attacchi la avvolgono in una cacofonia di rumori che le procurano continue scariche di adrenalina, mentre discute animatamente sul da farsi con la coscienza di suo padre… quando l’ha programmato ha fatto in modo che reagisse alle provocazioni esattamente come avrebbe reagito la sua controparte in carne ed ossa, lasciando che la voce robotica di base sviluppasse una vera e propria personalità come era stato per JARVIS, ritrovandosi anche a litigarci a tutti gli effetti in quelle discussioni padre-e-figlia che le mancavano nella vita reale.

Forse quella non era stata una un’idea poi così brillante, dato che quando la sua mamma la sgridava per un qualsiasi motivo si appellava all’A.I. chiamando in causa anche la sua opinione, ritrovandosi anche la voce di suo padre contro quando sapeva di essere nel torto, ma sorprendendosi del suo tono rassicurante quelle volte in cui la difendeva schierandosi dalla sua parte nelle dispute prima e consolandola in separata sede poi.

Si era rivelata una preziosa risorsa durante le missioni, probabilmente era stato l’incentivo decisivo per ottenere il permesso della sua mamma per rischiare l’osso del collo in modo così frequente, ma alla fine aveva ceduto nel saperla in missione con Peter, gettando la spugna e proclamando la resa, più che certa che suo padre non avrebbe mai fatto in modo che lei si ritrovasse seriamente in pericolo.

Sua madre vantava sulle spalle più di vent’anni di esperienza dopo aver studiato da vicino suo padre, dieci in cui il soggetto chiamato in causa aveva indossato l’armatura ed altri cinque anni di matrimonio a supporto di tale convinzione, consapevole che con le urla non avrebbe risolto assolutamente nulla, mettendosi l’anima in pace constatando che Morgan odiasse sentirsi dire che cosa fare tanto quanto lo odiava Stark Senior, ripetendosi tra sè e sè di essersi ormai abituata a qualsiasi tipo di stranezza… compreso il fatto che sua figlia potesse considerarsi quasi destinata dalla nascita al peso dell’armatura sulle spalle dopo essere letteralmente cresciuta tentando di inseguirne l’ombra.

Morgan era figlia di suo padre in tutto e per tutto, l’ennesima Stark che si vantava fiera di avere l’acciaio nella spina dorsale, e la sua mamma non poteva far altro che pregare che lei tornasse a casa missione dopo missione senza spezzarsi l’osso del collo nel tentativo di salvare il mondo.

 

16

 

Morgan indossa gli occhiali mentre la pedana si illumina d’azzurro e l’ologramma del suo papà le compare davanti, ha capito da poco come funzioni il R.I.M.B.A. e da quando l’ha scoperto non vedeva l’ora di testarlo.

Si blocca immobile davanti alla proiezione olografica, che da azzurrina si converte in colori, allungando una mano provando a sfiorarlo ritrovandosi a stringere aria tra le dita.

Osserva la scena dall’esterno studiando il suo papà chino sul bancone da lavoro, gli occhialoni da saldatore calati sul volto mentre spegne la fiamma ossidrica e li solleva ammirando l’opera appena finita, ordinando a FRIDAY di avviare la diagnostica voltandosi nella sua direzione chiedendole un opinione. Morgan si sente chiamata in causa, ma si rende velocemente conto che il suo papà si sta rivolgendo alla sè stessa di quattro anni che disegna a pancia in giù stesa sul pavimento alle sue spalle, che solleva lo sguardo mostrando il sorriso finestrato affermando che la nuova armatura le piace.

Il suo papà appoggia il casco di Rescue sul tavolo da lavoro chiedendole di che colore dovrebbe dipingerla, vedendo la sua versione in miniatura sollevarsi dal pavimento raccogliendo il disegno da terra, affermando convintissima che a lei piace il colore blu, ribadendo il concetto anche quando il suo papà le fa notare che quello si presuppone sia il regalo per la sua mamma per l’anniversario di matrimonio.

Morgan schiva la traiettoria del suo ologramma quando si vede correre incontro ed essere presa in braccio dal suo papà, spostandosi nonostante sia consapevole che nel peggiore dei casi la proiezione può solo passarle attraverso in modo completamente indolore, riascoltando la risata autentica di suo padre che la contagia ancora a distanza di così tanti anni dall’ultima volta in cui l’ha sentita in carne ed ossa.

Si osserva mentre gli porge il disegno affermando fiera di aver disegnato loro due, mentre il suo papà sorride rivelandole che quello rappresentato non è un futuro poi così improbabile, commentando che alla fin fine sua madre non indossa mai i regali che le costruisce. Suo padre la sposta su un fianco sorreggendola con un braccio solo, liberando un angolo della postazione di lavoro posandoci sopra il disegno, definendolo un’opera d’arte da incorniciare complimentandosi scherzosamente per la scelta dei soggetti puntando l’indice contro la sagoma infantile dell’armatura rosso e oro, chiedendole se gli è concesso apportare una leggera modifica ottenendo il permesso.

Morgan si toglie gli occhiali disintegrando la proiezione del R.I.M.B.A. mentre il suo papà era intento a cercare una penna tra il caos che imperversava sopra il bancone, lasciando trasparire l’accenno di un sorriso dalle sue labbra mentre arranca verso la postazione da lavoro, afferrando la cornice contenente il medesimo disegno proiettato nel suo ricordo… indugia con lo sguardo sui tratti sbiaditi di penna tracciati da suo padre, il cuore che le trema appena individuando la freccetta e la sua scrittura sbilenca che forma la parola “papà” sopra il disegno infantile dell’armatura rosso e oro, affiancata dell'armatura blu di Rescue con il suo nome scritto sopra.

-L’hai sempre saputo, non è vero? -chiede schiarendosi la voce rimettendo la cornice al suo posto, sollevando lo sguardo verso l’alto.

-Sempre sospettato, Maguna. -conferma la voce di suo padre. -Tua madre torna a casa da lavoro tra poco, ti ha chiesto di preparare la cena.

Morgan sbuffa sonoramente in risposta, avviandosi verso la porta spegnendo le luci del garage.

-Okay, ordino le pizze.

-Grazie papà.



 

Note:

  1. Miss Lion è il cane dei Parker nei fumetti, mentre tutti i riferimenti a MJ/Daily Bugle/etc sono riconducibili alla trilogia di Sam Raimi.



 

Commento dalla regia:

In un certo senso questo scritto è da considerarsi l’altro lato della medaglia della mia one-shot “Papà ti ama tremila”, avevo ancora un po’ di cose lasciate in sospeso da dire e tra tutte le voci che circolano su internet in merito a cosa accadrà nel post-Endgame, questa teoria in particolare mi ha incuriosito al punto da spendere un “paio” di parole sull’argomento… spero che le mie speculazioni siano state di vostro gradimento.

_T

   
 
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