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Autore: IamNotPrinceHamlet    02/06/2019    0 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel capitolo precedente: si sono rivisti poche ore prima, ma Grace già non regge più l'eccessiva dolcezza e l'attaccamento di Stone e sbotta con lui, per poi scoprire che si trattava di una sorta di test messo in atto dal chitarrista per capire le sue intenzioni. I due si chiariscono e decidono di affrontare la loro relazione un passo alla volta. Meg ha a che fare coi soliti marpioni, dopodiché ha un piccolo scambio di battute con Mike Starr, che lei a un certo punto usa per far “ingelosire” McCready. Si arrabbia quando lo vede fare lo scemo, apparentemente, con due ragazze. Passa qualche giorno dal ritorno dei ragazzi e Angie, che ha un improvviso giorno libero, decide di passare a trovare Eddie con la scusa di portargli una torta prima del concerto dei Pearl Jam all'Off Ramp della sera stessa. I due passano il pomeriggio insieme, Angie è ancora tesa quando è con lui e si sente stupida per questo, ma pian piano si scioglie. L'arrivo di Jeff interrompe il loro idillio e la ragazza scappa via con una scusa. Eddie la segue per un saluto “come si deve” e le chiede un chiarimento sulla loro relazione, cosa che sotto sotto vuole anche lei. I due mettono in chiaro che stanno insieme.

***

“GESU’. CRISTO.” ed è così che anche Eddie fa la conoscenza della mia bomba sonora “CHE CAZZO E’?”

“E’ solo la mia sveglia” mi allungo per spegnerla e mi volto, trovandolo seduto sul letto, coi capelli che gli coprono metà del volto.

“Alla faccia della sveglia… sembra un cazzo di allarme antiaereo” continua, con l'unico occhio che vedo mezzo aperto ancora fisso nel vuoto.

“Ho il sonno pesante” spiego infilando le braccia sotto il cuscino e affondandoci pure la faccia.

“Ho notato” lo sento scivolare lentamente sotto le coperte, dove si avvicina e mi raggiunge con un abbraccio.

“Tu non dormi mai, non puoi capire” mi rigiro sul fianco e mi ritrovo col viso a un centimetro dal suo.

“Stanotte ho dormito benissimo però” rivela dandomi un bacio leggerissimo sulle labbra, secche da sembrare carta vetrata, sfiorate dalle sue morbidissime.

“Comodo il letto matrimoniale eh?” non che abbia nulla da ridire quando ci rannicchiamo a dormire nel suo letto singolo, anzi.

“Certo, perché il merito è tutto del letto, mi pare ovvio” mi stringe ancora di più e io sento che alzarsi stamattina sarà doppiamente traumatico.

“Mi spiace aver interrotto uno dei tuoi sonni migliori. Oggi mi tocca un turno infame” faccio per allontanarmi e, per tutta risposta, Eddie intreccia le gambe con le mie sotto le coperte, bloccandomi a tutti gli effetti.

“Ci parlo io con Jack, devo fargli un bel discorsetto…” inizia a distribuire piccoli baci sulla mia guancia, poi verso l'orecchio, poi di nuovo sulla guancia a pochi millimetri dalla bocca.

“Eheh magari fossi di turno al mini market, andrei al lavoro in pigiama, altro che sveglia alle sei meno un quarto”

“LE SEI ME- ehm, scusa… sono le cazzo di sei meno un quarto?” Eddie mi urla per un attimo nell'orecchio, poi torna a un volume più adatto all'alba.

“Eh già. Ho il turno-colazione da Roxy” sospiro e a quanto pare la mia condanna di stamattina mi fa guadagnare una razione extra di carezze.

“E da quando in qua?”

“Da quando devo ricambiare il favore a chi mi ha coperta per i quattro giorni in cui sono stata via”

“Ah. Allora è colpa mia” Eddie si appoggia col gomito sul cuscino, solleva la testa e mi guarda dall'alto.

“Eheh no, beh, che c'entra”

“Scusami” con un faccino imbronciato che mi stenderebbe se non fossi già sdraiata.

“Non fa niente, ne è valsa la pena” faccio per sciogliere le gambe dalla presa, ma lo scemo non me lo permette.

“Ah sì?” la scintilla nel suo sguardo la vedo anche nella semi-oscurità della mia camera.

“Sì”

“Oh. In questo caso…” scende in picchiata a baciarmi, affondando le mani nei miei capelli, indietreggiando supino verso il suo lato del letto e provando a tirarmi su di sé.

“Eddie… mi devo alzare” provo a fare resistenza tra un bacio e l'altro, ma nemmeno io sono molto convinta.

“Cinque minuti” risponde spingendo se stesso e la sottoscritta di nuovo dalla mia parte.

Mi aggrappo alla sua maglietta, chiudo gli occhi e pochi istanti dopo ci pensa lui a sigillarmi le palpebre con dei baci, che poi scivolano di nuovo sulle mie labbra, mentre i suoi capelli mi solleticano il viso e in maniera del tutto autonoma si dispongono in maniera da ripararci entrambi come una tenda.

“Eddie?” non so esattamente quanto tempo sia passato, ma nel momento in cui la pressione dei suoi baci si allenta, provo a richiamare la sua attenzione.

“Cinque minuti” ripete, fa presa sulla mia gamba e mi bacia con ancora più passione.

Il fatto che in questa decina di giorni io mi sia abituata alle piacevolissime torture di Eddie non significa che abbia imparato a mantenere la lucidità in questi momenti. Diciamo pure che non appena inizia a baciarmi per più di cinque secondi non capisco più un cazzo, e non in senso figurato. Ma già quando sta solo pensando di farlo, magari mentre sto parlando normalmente o sto dicendo qualche cazzata, che poi è quasi sempre la stessa cosa, e lui distoglie lo sguardo dal mio e comincia a farlo vagare qua e là, fino a posarlo sulla parte inferiore della mia faccia, come se volesse leggermi le labbra; quando è ancora in quell'attimo di riflessione, che ormai ho imparato a riconoscere, che precede l'avvicinamento e l‘attacco, è già da quell'istante che le mie parole iniziano regolarmente a suonarmi ovattate, nonché perfettamente superflue, e la testa si fa sempre più leggera, così leggera che se non ci pensasse poi lui a reggermi per le labbra, probabilmente mi cascherebbe da collo.

“Eddie” ci riprovo mentre è intento a seminare baci impercettibili dal mio mento, attraverso la linea della mascella fino al collo. Aggancia il colletto della casacca del mio pigiama con le dita e lo allarga per liberare l'accesso e proseguire lungo la spalla.

“Eddie?”

“Mm?” mugugna senza interrompere il suo lavoro.

“Dai che devo… aprire… il ristorante” lo stronzetto trasforma i baci in morsi proprio mentre parlo e mi risulta difficile aprire bocca senza perdere il filo e mantenendo un respiro regolare.

“Manca ancora un minuto”

“Roxy mi… mi fa… ugh… mi fa il culo, Eddie, da-aai” lui continua col suo gioco e sono così vicina che posso vedere l'angolo della sua bocca sollevarsi in un ghigno divertito.

E’ ovvio che alzarmi da questo letto è l'ultima cosa che farei in questo momento, ma davvero, se arrivo tardi proprio oggi che devo fare apertura sono morta.

“Ti do uno strappo io, così arrivi prima, ok?” propone smettendo di baciarmi per un attimo e ricoprendomi il collo col pigiama e tenendo lo sguardo fisso sulle linee immaginarie che è intento a tracciare sul tessuto con le dita.

“Ok” ci metto qualche istante a rispondere, incantata dalle sue carezze e dal suono del suo respiro profondo.

“Bene” allenta un poco la presa sulla mia coscia e mi da un piccolo bacio sulle labbra. Poi un altro. Poi ancora un altro, poi altri due, tre… Con la mano libera mi accarezza la fronte e i capelli.

“Eddie”

“Trenta… ventinove… ventotto…” comincia a sussurrare dopo ogni tocco delle labbra sulle mie facendomi ridere, ma questo non gli impedisce di continuare a baciarmi.

“Come sono lunghi questi secondi” scherzo dopo un po’ fingendo di controllare un immaginario orologio al polso.

“DIECI, NOVE, OTTO…” Eddie accelera coi baci e conta ad alta voce ad ogni schiocco “DUE, UNO…” e al posto dello zero c'è un ultimo, lunghissimo e dolcissimo bacio.

Eddie scioglie le mie gambe dalle sue, si stacca da me e sospirando rotola dalla sua parte del letto. Io sono ancora in grado di respirare? Boh. Pare di sì. Mi tiro su a fatica, mettendomi a sedere, per poi sollevare il piumone e portare le gambe oltre il bordo del letto per scendere. Sto tastando il pavimento con le punte dei piedi in cerca delle ciabatte mentre mi stiracchio e mi lascio andare a uno sbadiglio gigante, quando d'improvviso mi sento afferrare per i fianchi da due mani molto decise che mi tirano di nuovo giù su letto.

“Ma che-” non faccio in tempo a registrare cosa sta accadendo, vengo subito zittita dalla bocca di Eddie, che stavolta sembra volermi divorare le labbra, con baci più… rudi? Sì, direi che il termine esatto è proprio quello, rudi e impazienti. Con un rapido movimento del ginocchio, mi apre le gambe e le allarga ancora di più insinuandosi proprio in mezzo e crollando letteralmente su di me, mentre continua a ricoprirmi di baci e ad accarezzarmi ovunque. Per un riflesso incondizionato, stringo leggermente le cosce attorno ai suoi fianchi e il movimento non passa inosservato perché Eddie comincia a muovere il bacino e strofinarsi su di me.

Cazzo. Mi sa che ci siamo.

Mi sa che è arrivato il momento. Inaspettato? Non proprio, in fondo ci frequentiamo da più di due settimane e sapevo che presto saremmo passati dai baci e le pomiciate a qualcosa in più. Anzi, diciamo che mi aspettavo succedesse prima. Sono tre sere di fila che passiamo a casa con la scusa della pioggia, del freddo, della scarsa voglia di uscire e del doverci alzare presto, e per due notti ho dormito da lui, sfruttando l'assenza strategica di Jeff, parcheggiato a casa di Laura. Pensavo (e beh, sì, speravo) proprio che la vicinanza forzata causata dal micro-letto singolo ci avrebbe inevitabilmente portati a fare sesso. Cosa che invece non è accaduta. Allora ieri, con la scusa di Meg che avrebbe fatto tardissimo, della pioggia, del vento, delle cavallette e di salcazzo cos'altro, l'ho invitato da me, per vedere se per caso la comodità di un letto matrimoniale poteva meglio agevolare il corso naturale delle cose. Niente. Come sempre, Eddie si è preso il suo tempo per i baci e le coccole e le torture, e dio le benedica, ma quando ha detto Buona notte,e ho sentito via via allentarsi il suo abbraccio mentre si lasciava andare al sonno, ho capito che non sarebbe successo nulla. Diciamo anche che ci sono rimasta un po’ male. E’ vero che sono tesissima per questa cosa e mi fa anche un po’ paura e mi sento ancora in una sorta di soggezione quando le distanze tra noi si accorciano più di un tot… Ok, diciamo pure che me la faccio sotto e mi sento deficiente per questo. Però l'idea di farlo con lui non mi suscita ovviamente solo terrore immotivato, ecco, ma anche un ampio spettro di emozioni molto diverse. E si stanno radunando tutte in questo momento, che però non mi sembra proprio il più azzeccato. Insomma, Eddie, ne abbiamo avute di occasioni, e tu ti decidi proprio adesso che devo fare apertura alla tavola calda?? E dove cazzo ho le mani? Se mi pongo sempre questa domanda quando sto con Eddie c'è un motivo, infatti come al solito sono abbandonate, a caso, sul letto, una sul cuscino, con le dita annodate tra i miei capelli, l'altra a penzoloni fuori dal letto. Mi decido ad avvicinarle allacciandole dietro al collo di Eddie, che per tutta risposta fa scivolare la sua dentro i pantaloni del mio pigiama fino ad afferrarmi e stringermi una chiappa con una certa forza. La velocità e l'irruenza del suo gesto mi colgono un po’ di sopresa e mi portano ad emettere una specie di via di mezzo tra un gemito e un guaito, perché ovviamente non posso non fare figure di merda anche durante la mia prima volta con il ragazzo dei sogni. Eddie ride sulle mie labbra e mi da un'altra strizzatina, che si trasforma in carezza e risale dal mio fondoschiena ai fianchi.

“Vado a fare il caffè?” la voce più sexy del creato mi pone questa domanda e io ovviamente non capisco un cazzo di niente perché non so neanche dove mi trovo. So solo che non sento più il suo corpo sul mio, né il suo tocco.

“Eh?” apro gli occhi e lo vedo, mentre si solleva da me, bilanciandosi su una mano, e con l'altra si trattiene i capelli che altrimenti gli cadrebbero sulla faccia.

“Dico, mi vesto al volo e vado a preparare il caffè, mentre tu fai la doccia e ti prepari, così guadagnamo tempo”

“Ah! S-sì, va bene”

“Ok” Eddie si china di nuovo su di me per un fugace bacio sulle labbra, sempre tirandosi i capelli all'indietro con la mano, poi schizza fuori dal letto e un secondo dopo ha già su i pantaloni e fa per aprire la porta della mia camera, non prima di voltarsi verso di me ancora una volta “Senza latte e senza zucchero, giusto?”

“Sì, grazie” rispondo al suo crudele spiegamento di guance e fossette, che abbandona la stanza subito dopo.

Già, niente zucchero per me stamattina.

 

**

 

 

“Dio, non sono neanche le 10!” Steffy si lamenta dietro al bancone, concentrata nel taglio delle arance per le spremute, e involontariamente dà la brutta notizia anche a me.

“Che cazzo dici?” mentre passo l'ennesimo ordine a Brian in cucina, guardo l'orologio e ne ho la triste conferma.

“E sì, oggi non passa più” poverina, nemmeno lei è abituata a questo turno.

Eppure il lavoro è stato intenso e in genere quando c'è tanto lavoro il tempo corre più in fretta, specialmente la mattina, o almeno così si dice. Ma oggi non c'è proprio storia.

“Non sono i tuoi amici quelli?” mi volto alla domanda di Steffy e per poco non faccio cadere a terra il vassoio che ho appena preso e tutto il suo contenuto quando vedo Eddie, Stone e Mike al centro della sala che si guardano attorno in cerca di un tavolo.

“Sì” Stone trova un posto nel settore di Steffy e lo indica agli altri, mentre Eddie trova me e mi fa un cenno non appena incrociamo gli sguardi. Io stranamente mi ricordo come si fa a mantenere l'equilibrio, il cibo arriva integro al tavolo all'angolo, e io posso tornare indietro a prendere gli altri piatti.

“Servili tu, facciamo cambio, ok?” la bionda mi sorride e si allontana con penna e blocchetto in mano, andando ad accogliere un gruppo di ragazze sedute a un tavolo che in teoria sarebbe toccato a me.

Faccio un respiro profondo e vado incontro ai tre. In fondo sono i miei amici no? E non sanno mica leggere nel pensiero, almeno non che io sappia. Eppure da quando le cose con Eddie sono ehm cambiate, mi sento sempre in imbarazzo con gli altri. Da un lato è come se avessi il timore di lasciar trapelare qualcosa, anche involontariamente, dall'altro invece mi sento in colpa per via di questo segreto. Mi sento in colpa con loro perché gli nascondo una cosa che, in senso molto lato, li riguarda, e mi sento in colpa con Eddie, perché lo so che questo sotterfugio non gli piace per niente.  Faccio finta di nulla, arrivo al loro tavolo e sto per aprire bocca quando il juke box comincia inaspettatamente a chiamarmi.

 

Angelina, Angelina, please bring down your concertina
And play a welcome for me 'cause I’ll be coming home from sea

 

“Non ne sapete niente voi?” li guardo mentre sghignazzano sotto i baffi.

“Tu non ci crederai” inizia Mike.

“Infatti, già non ci credo”

“Non ha ancora parlato” protesta Stone.

“Non vi credo sulla sfiducia”

“Eravamo lì vicino in cerca di un tavolo e ci è caduto l'occhio proprio su questa canzone” aggiunge Gossard, mimando la scena con il portatovaglioli a forma di juke box.

“Pensa te che caso” commento con le mani sui fianchi in posizione minacciosa.

“E’ una canzone molto gioiosa” Mike interviene e pensa di migliorare così le cose.

“Infatti, guardala, le si addice proprio” ribatte Stone indicando la mia faccia scazzata, cosa che fa ridere tutti e tre. Ride anche Eddie, che in tutto questo non ha ancora parlato.

“Cosa vi porto?” alzo gli occhi al cielo e poi li abbasso sul blocchetto, impugnando la penna, pronta a prendere le loro ordinazioni.

“Io prendo un Big Bopper con salsa al caramello. E una tazza di caffè” risponde Stone.

“Io caffè, possibilmente direttamente in vena, cara” Mike scopre il braccio e lo tende in maniera drammatica verso di me. Magari è solo una mia idea, ma ho come l'impressione che da quando le cose tra lui e Meg si sono fatte ancora più ingarbugliate, Mike faccia di tutto per essere simpatico e affettuoso con me. Non dico che non sia sincero, probabilmente ha solo paura che io possa percepirlo più freddo e distante visto che lui e la mia amica si evitano, e allora fa sempre la battutina in più per darmi l'idea che con me non sia cambiato nulla.

“Eheh e da mangiare non vuoi niente?”

“No, grazie. Mangerò un po’ dei pancakes di Stone”

“Ma col cazzo, prenditi qualcosa per te!”

“Ma è una porzione enorme, non puoi mangiarla da solo neanche volendo”

“Non mi conosci ancora bene”

“Daaai”

“E se li avanzo, piuttosto che farli mangiare a te, li do al primo randagio che incontro per strada. O a Jeff Ament. Che poi è la stessa cosa”

Assisto divertita al battibecco tra i due e incrocio lo sguardo di Eddie, che mi sorride, ma pare totalmente disinteressato a cosa si stanno dicendo i due.

“E tu Eddie? Che prendi?” chiedo tornando a concentrarmi sul blocco.

“Uhm vediamo… sicuramente qualcosa da mangiare perché sto morendo di fame…” Eddie prende il menù e inizia a studiarlo solo adesso “Anche perché stamattina ho preso solo un caffè”

“Ah sì??” gli chiedo di scatto, forse con troppa veemenza, tanto da guadagnarmi due occhiate perplesse da parte dei chitarristi.

“Già, andavo un po’ di fretta” continua e Stone fa per aprire bocca, sicuramente per chiedergli il motivo di tanta premura, cosa che ovviamente non posso permettergli.

“Allora ti consiglio il Big Kahuna, che è la cosa più nutriente che abbiamo nel menù! Che ti porto con le uova? Puoi scegliere tra patate normali ed hash brown, il bacon ovviamente scrivo di non mettertelo. Aspetta, le uova le mangi, giusto? Eheh non mi ricordo mai se sei vegetariano o vegano, scusami, sono stordita” parto a raffica lasciando a bocca aperta i presenti, Eddie compreso, che mi guarda basito, con la stessa identica espressione con cui mi guardava mentre blateravo cose a caso la prima volta che ci siamo visti, qui in questo stesso locale. Ma con meno pubblico. Perché mi è tornato in mente proprio ora? E perché mi tremano le ginocchia?

“Le mangio, le mangio, però adesso… ho più voglia di qualcosa di dolce.” Eddie risponde nascondendo un sorrisetto dietro al menù “Prendo un Wake up little, Susie”

“Oh ottimo! Cosa vuoi sopra gli waffle?”

“Sciroppo di cioccolato e granella di nocciole” conclude chiudendo il menù e porgendomelo.

“Ci vuoi anche un po’ di panna montata?” faccio per prendere il menu, ma lui non lo molla.

“Sì, grazie” risponde fulminandomi sul posto con un sorriso dei suoi e lasciando andare il menù.

“A me non hai chiesto se la volevo!” Stone protesta indignato e Mike scoppia a ridere.

“La vuoi anche tu la panna montata coi pancakes, Stone?”

“No, mi fa schifo, ma grazie per il pensiero” mi fa un sorrisone e mi porge il suo menù e quello di Mike.

“Arrivo subito” commento a denti stretti strappandoglieli dalle mani.

 

Passo l'ordine in cucina e prendo la caraffa del caffè appena fatto da Steffy. Riempio le tazze e le porto al tavolo dei tre imbecilli. Tre di cui uno particolarmente attraente.

 

Drea-ea-ea-ea-eam, dream, dream, dream
Drea-ea-ea-ea-eam, dream, dream, dream
When I want you in my arms
When I want you and all your charms
Whenever I want you, all I have to do is
Drea-ea-ea-ea-eam, dream, dream, dream

 

Chissà se questa l'hanno scelta sempre loro… Nah, figurati.

“Caffè con latte tiepido per Stone, nero come piace a me per Mike e con due cucchiaini di zucchero per Eddie”

“Eddie non ti ha chiesto il caffè” Mike mi guarda strizzando gli occhi con sospetto.

“Oh. E’ vero. Beh, ho dato per scontato-”

“Hai fatto benissimo, ho bisogno di una ricarica” Eddie prende la tazza tra le mani mentre c'è ancora sopra la mia e le nostre dita si sfiorano per un secondo prima che io mi ritragga al volo.

“Sveglia presto stamattina, eh?” commenta Gossard per poi nascondersi dietro un sorso di caffè.

“Eheh sì. Ed è stata dura. Non mi volevo proprio alzare da quel letto…” risponde a Stone parlando in realtà con me e io non posso fare altro che scappare con la scusa dei clienti appena entrati.

 

Prendo un altro paio di ordinazioni e dalla cucina mi passano i piatti per i ragazzi. Li sistemo su un vassoio e praticamente gli lancio tutto sul tavolo per poi augurargli buon appetito e andarmene, nel tentativo di evitare ogni altro scambio imbarazzante.

 

Little bitty pretty one
Come on and talk-a to me
Lovey dovey lovey one
Come sit down on my knee

 

Porgo il sacchetto di carta con i due muffin e il caffè da portar via a un ragazzo con una bella cresta verde fluo che mi ha lasciato il resto di mancia. Tengo a freno le punte dei piedi che vogliono a tutti i costi battere il tempo della canzone di Thurston Harris, do uno sguardo al tavolo dei miei amici e questo s'incrocia di nuovo con quello di Eddie, che stavolta mi strizza l'occhio. Non sarà mica lui l'autore di questa selezione musicale? La sveglietta digitale a forma di fragola appesa sotto al bancone suona e questo significa soltanto una cosa: è ora di pulire i bagni e stavolta tocca a me. Uno sguardo alla sala per verificare che sia tutto tranquillo e mi allontano verso la toilette. Le condizioni sono meno disperate di quelle che temevo, ma devo ancora capire perché i cessi delle donne sono sempre quelli messi peggio. Sto dando una passata al pavimento dell'ingresso ai bagni al ritmo di La Bamba quando sento che la porta si apre.

“Attenzione che è bagnato”

“Sarò cauto, tranquilla” la voce mi fa scattare con lo spazzolone in mano che, senza volerlo, punto in faccia al malcapitato.

“Eddie!”

“Vengo in pace” alza le mani e mi guarda ridacchiando.

“Perché sei qui?”

“Di solito perché si viene al bagno?”

“E ti scappa proprio adesso?”

“Pare di sì… perché non si può? E potresti mettere giù quel coso? E’ molto minaccioso”

“Ho appena pulito” rispondo abbassando la guardia e appoggiando lo spazzolone al muro.

“Lo so, ti giuro che prendo la mira” altro occhiolino e altro sorrisetto del cazzo prima di abbassare le mani e di entrare nel bagno degli uomini.

Scuoto la testa e riprendo possesso dello strumento del mestiere. Perché l'ho posato poi? Cosa pensavo? Che Eddie mi venisse vicino e mi baciasse? Al cesso? Wow, Angie, non starai diventando troppo romantica?? Lavo secchio e straccio, esco dai bagni e con la chiave che ho al collo apro l'armadio a muro esattamente dalla parte opposta del corridoio, dove ripongo tutto e cerco i sacchetti, gli asciugamani di carta e il segnale di Attenzione pavimento bagnato da sistemare nella toilette. Non mi accorgo dei passi felini alle mie spalle.

“Angie”

“Sì?” mi volto e la risposta di Eddie consiste nel prendermi il viso tra le mani e baciarmi, facendo scudo tra noi e il resto del mondo con l'anta dell'armadio.

“Che diavolo fai?!” protesto a voce bassa spingendolo via.

“Mi sono lavato le mani, giuro” scherza e lo prenderei a sberle se non fosse che gli schiaffi fanno rumore e attirano l'attenzione.

“Eddie non scherzare”

“E dai, avevo voglia di baciarti… non si era capito?” risponde facendomi segno di ascoltare.

 

Well, when I was a young man never been kissed
I got to thinkin’ it over how much I had missed
So I got me a girl and I kissed her and then, and then
Oh, lordy, well I kissed 'er again

Because she had kisses sweeter than wine…

 

“Quante cazzo di monete hai infilato in quel coso? Hai svaligiato una chiesa?”

“Che dio mi perdoni” scuote la testa e mi bacia di nuovo, stavolta ancora più a lungo, prima che io lo spinga via di nuovo.

“Piantala! E se ci vede qualcuno?”

“E’ solo un piccolo prestito, giuro che domani riporto tutto in parrocchia”

“Se ci vedono Mike e Stone?” ribadisco ignorando le sue battute.

“Oh quello sì che sarebbe un dramma, una vera tragedia. Non possiamo permetterlo” annuisce serissimo per poi baciarmi di nuovo, stavolta spingendomi contro l'anta che si spalanca e ci rende potenzialmente visibili a una piccola parte della sala.

“E’ questo che stai cercando di fare? Le battutine, i messaggi subliminali nelle canzoni, l'agguato in bagno… Vuoi farci scoprire apposta?” riprendo il controllo e mi tiro di nuovo l'anta dietro le spalle.

“Non lo sto facendo apposta. Non sto facendo niente. Penso solo che non sarebbe poi così terribile se ci vedessero baciarci, che sarà mai?” Eddie fa spallucce. E mi fa innervosire.

“Già, che sarà mai? Dopotutto si tratta solo di un favore che ti ho chiesto io, che vuoi che sia? Solo perché per me è una cosa importante, non vuol dire che debba esserlo anche per te. Voglio dire, chi se ne frega, giusto? Probabilmente gliel'hai anche già detto” prendo tutto quello che mi serve, chiudo l'armadio a chiave, dribblo Eddie e torno in bagno.

“Non sanno niente.” Eddie mi segue e si ferma sulla porta. Non rispondo e mi limito a guardarlo “Non gli ho detto niente e continuerò a non dirgli niente finché non vorrai”

“Ok” apro il porta asciugamani e lo riempio.

“E le canzoni sono messaggi subliminali, sì, ma per te”

“Ok” sistemo i sacchetti nuovi nei cestini.

“E se fai attenzione scoprirai che non sono neanche tanto subliminali

“Va bene”

“Scusami” Eddie è appoggiato al lavandino, con le mani in tasca e lo sguardo a terra.

“No, scusami tu” mi avvicino e mi piego in modo da intercettare il suo sguardo diretto al pavimento e ritrovarci faccia a faccia.

“Eheh forse è meglio se torno di là” mi sorride e rialza la testa.

“Idem per me o Steffy inizierà a lanciarmi maledizioni se entra altra gente” mi raddrizzo anch'io e a questo punto mi aspetto un ultimo bacio di Eddie, che invece tira fuori una mano dalla tasca, mi accarezza una guancia, mi sorride e se ne va, così, come se niente fosse.

Rimango impietrita e impalata nel bel mezzo del bagno per un'eternità, finché una voce acuta non mi ridesta dal mio torpore.

“E’ asciutto? Si può?” chiede una ragazzina affacciandosi alla porta.

“Sì, certo, entra pure” esco dal bagno e ritorno in me, pensando che la tipa avrà sicuramente bigiato la scuola. Torno in sala e noto due nuove coppie di clienti. Chiedo lumi a Steffy, che in volata mi dice che sono appena entrati e di andare tranquilla. Nel frattempo vedo Eddie al juke box e non posso fare a meno di sorridere internamente. Chissà cosa avrà in mente adesso? Torna al suo posto, dove Stone e Mike sono alle prese con una discussione apparentemente animata e io lo seguo con lo sguardo, prima di andare dai miei clienti.

“Benvenuti da Roxy, io sono Angie. Avete già scelto o posso darvi un consiglio?”

 

SIb7 – Sol7 – Re7

 

Tre semplici accordi che costituiscono l'intro di una canzone dei Flamingos che adoro. E sono più che sicura che Eddie non ne abbia la minima idea. Chiedo alla ragazza che ha appena parlato di ripetere cosa mi ha chiesto, fingendo un malfunzionamento improvviso della penna, e cerco di concentrarmi.

 

My love must be a kind of blind love

I can’t see anyone but you

 

Prendo nota del cheeseburger Joe di Maggio e del Fats Domino Deluxe e giro i tacchi verso la cucina, scampando di un soffio a un frontale con Steffy e il suo vassoio, che per un pelo non mi si spalmano addosso entrambi.

 

Are the stars out tonight

I don’t know if it’s cloudy or bright

 

Passo il foglietto con l'ordine alla cucina e mi volto, appoggiandomi alla parete come se stessi per cadere.

The moon may be high
But I can’t see a thing in the sky
I only have eyes for you

 

Lancio un'occhiata in direzione del tavolo dei miei amici e vedo Stone che tiene in mano il suo piatto di pancakes, tentando di allontanarlo dalle grinfie di Mike, che si avvicina pericolosamente con una forchetta. Eddie dietro di loro mi guarda, perfettamente impassibile.

 

I don’t know if we’re in a garden
Or on a crowded avenue

 

Mike si allunga sul tavolo e riesce a fregare un pezzetto di pancakes a Stone, se l'infila in bocca e mastica platealmente a bocca aperta davanti all'amico per sbefeggiarlo. Eddie si sposta sulla panca, girandosi totalmente verso di me.

 

You are here
And so am I
Maybe millions of people go by

 

Stone appallottola un tovagliolo di carta e lo lancia a Mike, che lo prende e glielo ritira al volo centrando la tazza di Gossard, che rimane a bocca aperta. Eddie continua a fissarmi, allungando una mano sulla sua tazza di caffè, forse per evitare che sia centrata anch'essa da un altro proiettile, e tamburellandoci le dita sopra. Dalla cucina mi consegnano un vassoio e mi dirigo spedita verso il tavolo.

 

But they all disappear from view
And I only have eyes for you

 

Una volta serviti i clienti torno verso il bancone, passando davanti al tavolo dei ragazzi. Mike e Stone si lanciano cibo e si prendono a calci sotto il tavolo, mentre Eddie mi segue con lo sguardo e io mi fisso in maniera insensata sui suoi polpastrelli che girano lungo il bordo della tazza. Finché non vado a sbattere contro il cartonato di Betty Boop in pattini a rotelle all'angolo.

“Tutto bene?” mi chiede Steffy incrociandomi e recuperando da terra il vassoio, fortunatamente vuoto, che ho appena fatto cadere attirando l'attenzione di tutti i presenti.

“Sì sì! Eheh mi è… mi è scivolato” il juke box tace, mentre i miei pensieri fanno un gran baccano, quando rivolgo un'altra occhiata a Eddie, che mi sorride e sembra… soddisfatto?

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Questa borsa pesa un quintale. Forse mi sono lasciata prendere un po’ la mano in biblioteca. Mi trascino lungo il corridoio fino alla porta del mio appartamento e praticamente è solo l'adrenalina a farmi tirare avanti perché tra le ore piccole fatte in discoteca con Melanie ieri, il turno al salone, quello da Roxy, il colloquio e le mie ricerche, ho consumato tutta la mia riserva di energia. Giro la chiave nella toppa e non vedo l'ora di buttarmi sul mio letto di faccia, senza nemmeno spogliarmi. Entro e vedo la luce accesa in sala e penso che Angie sarà uscita così di corsa per andare al concerto del suo bello da dimenticarsi di spegnerla. Ma l'inconfondibile rumore di patatine sgranocchiate che sento subito dopo mi fa rivedere la mia supposizione.

“Ciao Meg!” mi saluta dal divano, prima che possa spaventarla come mi piace fare.

Vestaglione rosa, copertina sulle gambe, ciotola di patatine appoggiata sul divano, piatto con due sandwich ancora confezionati in mano, bicchiere d'acqua sul tavolino. E senza sottobicchiere. Qualcosa non torna.

“Angie, ciao! Che ci fai a casa?”

“Ci abito? Oppure mi hai sfrattata e non ho ricevuto l'avviso?”

“Perché non sei all'Off Ramp?” ignoro la battuta perché sono stanca e non ho voglia di girare attorno ai problemi inesistenti e alle seghe mentali di Angie un'ora e mezza prima di arrivare al punto come al solito.

“Stamattina mi sono alzata all'alba e la giornata è stata impegnativa, stasera passo. Tanto suonano anche venerdì prossimo” Angie mi allunga la ciotola e io rubo una manciata di patatine, prima di sedermi accanto a lei sul divano.

“Ok. Invece perché non sei all'Off Ramp veramente?” è vero che i nostri amici sono lì a suonare ogni due per tre, ma non raccontiamoci balle, qua c'è sicuramente qualche altra motivazione del cazzo.

“Perché deve esserci sempre qualcosa dietro secondo te?” domanda leggendomi praticamente nel pensiero. Nah, non è una maga, semplicemente segue sempre gli stessi percorsi mentali e continua a ripetere i suoi schemi idioti.

“Non sempre, solo quando riguarda te” le sorrido e prendo un altro po’ di patatine.

“Ok ok! Sono stanca e… voglio evitare imboscate a tradimento da parte di star del cinema come l'altra sera” Angie appoggia il piatto coi tramezzini sul tavolo e incrocia le braccia imbronciata.

L'ultimo concerto dei Pearl Jam, sempre all'Off Ramp, è stato usato da Cameron Crowe come occasione di ritrovo e primo incontro per il cast del film che girerà qui a Seattle. La scelta non è stata di certo casuale, Cam voleva che gli attori si immergessero da subito nell'atmosfera della città, dove la musica ha un ruolo importantissimo. E, da quel che ho capito, avrà un certo spazio anche nel film stesso. Angie però, nonostante le sue inclinazioni cinematografiche, non l'ha presa bene.

“Disse colei che ha appena intrapreso una carriera nel cinema”

“Che cazzo c'entra? Io voglio scrivere, gli sceneggiatori non incontrano gli attori”

“Sì invece!”

“Ma neanche per il cazzo”

“Alla notte degli Oscar sì”

“Beh allora posso dormire sonni tranquilli perché un Oscar non lo vedrò mai neanche in fotografia, Meg”

“Comunque la scena di tu che iperventili davanti a Matt Dillon non ha prezzo”

“Dio mio” Angie si nasconde la faccia tra le mani, ma per poco, perché una si rituffa subito nella ciotola delle patatine.

“Sei sbiancata di colpo, temevo che gli avresti vomitato addosso”

“Ci sono andata vicina. Esco dai cessi e mi ritrovo davanti Flamingo Kid, non è cosa da tutti i giorni”

“Comunque ti ci abituerai, alla fine saranno in giro da queste parti per tutta la durata delle riprese”

“Spero siano riprese brevi”

“Ahahah ma non volevi assistere?”

“Assistere alle riprese è una cosa, la nipote di Henry Fonda che ti chiede un Tampax è un'altra… Preferisco evitare”

“Va beh è successo una volta, non è che adesso ce li troviamo sempre tra le palle all'Off Ramp”

“E se volessero immergersi totalmente nelle loro parti?”

“Va beh, la tua timidezza cronica spiega perché sei qui e non al concerto. Ma il resto?” taglio corto, sempre perché sono stanca delle cazzate di Angie.

“Il resto? Che resto?”

“Cos'è quello?” chiedo indicando il piatto coi tramezzini.

“La mia cena!” esclama affrettandosi a riacchiapparlo, come se se lo fosse improvvisamente ricordato solo ora.

“Sei tornata tardi?”

“No, non direi”

“E perché ceni con due tramezzini industriali e patatine dal sacchetto?”

“Non ho voglia di cucinare” fa spallucce e accende la tv come niente fosse.

“Ecco, lo dicevo che qualcosa non va, ti senti bene?” le metto una mano sulla fronte e lei la scosta ridendo.

“Meg, ti devi togliere dalla testa questa immagine di me alla Martha Stewart una volta per tutte” scuote la testa e inizia a scartare uno dei tramezzini.

“Non sarai Martha Stewart, ma non prepararti neanche un panino per pigrizia, gli aloni da bicchiere sul tavolino e le briciole di patatine sul divano non sono da te, quindi bando alle ciance e parla. Qual è il problema?”

“Non c'è nessun problema!”

“Dai su, non farmi perdere tempo. Ho una grande notizia da darti e allo stesso tempo voglio andare a dormire, quindi parla e facciamola finita”

“Che notizia?” sta per addentare il tramezzino, ma lo rimette giù nel piatto.

“La saprai se vuoti il sacco”

“No ti prego, adesso voglio sapere!”

“Prima tu”

“No, prima tu. Se parlo prima io poi finiamo a discutere di me per tutta la sera, poi tocca a te e si riduce tutto a cinque minuti. Stavolta facciamo al contrario, prima tu e poi io”

“Allora ammetti di avere qualcosa da dire… poi!”

“Beh… sì” confessa a testa bassa sul piatto.

“HA! LO SAPEVO!”

“Ma non ti dirò niente se non mi dici che cazzo sono queste novità”

“Oh niente di che, ho solo capito cosa voglio fare della mia vita”

“Ah però, nulla di che eh?” riprende il tramezzino e gli dà finalmente il primo morso.

“Già, bazzeccole”

“Hai visto Mike? Avete parlato?” si gira vero di me e incrocia le gambe sul divano.

“Mike? Che c'entra Mike?”

“Non c'entra?” colgo una punta di delusione nella sua voce. Da patita di horror si è trasformata in appassionata di storie d'amore? Da quando?

“No. Almeno non come credi tu. C'entra nel senso che ho capito che devo mollare il colpo”

“Hai abbandonato le speranze?” a quanto pare Angie non le ha abbandonate, ha tutta l'aria di una che sta per tirare fuori dai cuscini del divano lo striscione CREADY 4 PRESIDENT o qualcosa del genere.

“Non ho abbandonato niente. Semplicemente ho deciso che non posso concentrare tutte le mie energie nello stare male per gli uomini. I sentimenti e le relazioni sono cose meravigliose, ma non posso incentrare tutta la mia vita su quello” le spiego impossessandomi definitivamente delle patatine.

“Non l'hai fatto” controbatte masticando.

“Oh sì invece, ultimamente sì. I miei pensieri principali sono Matt, Mike, Matt o Mike, chi mi vuole, chi offre di più… Insomma, mi sono resa conto che a un certo punto tutto ha iniziato a girare attorno al piacere all'uno o all'altro o a qualcuno a caso. Ho smesso di interessarmi al resto, alle cose che contano davvero per me. Da quant'è che non ti faccio una maschera nuova al viso?”

“Le impurità della mia pelle sono le cose che contano di più per te?” mi guarda di sottecchi mentre finisce il primo tramezzino e si pulisce con un tovagliolo.

“Sai cosa voglio dire. Sto studiando per fare l'estetista e non solo come ripiego, ma perché per me è una passione. Eppure ho smesso di interessarmi alle novità, ho smesso di applicarmi e di provare a migliorarmi. Ho smesso persino di disegnare. Prima disegnavo ogni santo giorno e non perché volessi diventare un'artista, ma perché non ne potevo fare a meno”

“Tu sei un'artista, Meg”

“Ma ho accantonato la mia arte e i miei interessi per concentrarmi sulle cose frivole”

“Stare con una persona non è una cosa frivola” Angie scarta il secondo tramezzino e lo addenta subito.

“No, certo che no! Ma inseguire una persona che non ti vuole lo è. Un conto è mettere da parte l'orgoglio, un conto è mettere in discussione te stessa di continuo e buttare la dignità dalla finestra”

“Questo è vero” manda giù il primo boccone con un sorso d'acqua e sottolinea le sue parole con una specie di cin cin.

“Così com'è frivolo cercare ad ogni costo di piacere a tutti e di trovare un uomo, uno qualsiasi. Io non voglio uno qualsiasi e, soprattutto, non voglio essere una qualsiasi per nessuno”

“Che intendi dire?”

“A Portland ho visto due ragazze che mostravano le tette a Mike e ad altri suoi amici deficienti”

“Oh. Beh. Non vuol dire niente, non è detto che Mike-”

“Lo so, lo so. Non è che sono gelosa o cazzate simili. Cioè, un po’ sì, ma non è questo il punto. Sul momento mi sono incazzata, ma poi quella scena mi ha fatto riflettere. Ero lì che pensavo a quanto fosse stupido Mike a scaricare me e ad accontentarsi di tipe del genere, ragazze che non hanno niente da offrirgli se non il loro corpo e il loro essere disponibili. E da lì sono scivolata inevitabilmente verso un altro interrogativo: io invece? Io cos'ho da offrire? Cosa gli ho offerto? E mi sono resa conto che la risposta è un bel niente

“Che significa? Stai dicendo che sei una persona vuota? Sai benissimo che non è così”

“Infatti, lo so benissimo! Non lo sono eppure è questo che ho offerto a Mike, specialmente negli ultimi tempi, e anche a Matt per quel poco che c'è stato. Sai com'è iniziata tra me e Mike?”

“Vi ha presentati Stone” Angie finisce il tramezzino e tiene il piatto con incarti e tovagliolo sulle gambe.

“Sì, anche. Lui veniva alla tavola calda e io andavo a sentirlo suonare, lui mi faceva cassettine e io gli regalavo un disegno al giorno fatto su un tovagliolo del ristorante”

“Il picco glicemico è a tanto così, ti avviso” ironizza indicando una misura infinitesimale con le dita.

“Quando abbiamo incominciato a frequentarci condividevamo tutto, ci scambiavamo libri, dischi, gli parlavo di me, del mio passato, di quello che mi aspettavo dal futuro… E lui faceva lo stesso. Invece negli ultimi tempi, anche quando tra di noi le cose andavano bene e non c'erano contrasti, in realtà non c'era più nulla. Solo le frecciatine, le nostre parti ben recitate, e il sesso”

“Hai detto niente” borbotta praticamente lanciando il piatto sul tavolino e la cosa mi insospettisce. Mi riprometto di approfondire più tardi.

“Ho smesso di prendermi cura di me stessa, di coltivarmi”

“Quindi la novità è che tornerai a prenderti cura di te stessa?”

“Sì. Quello. E che diventerò una tatuatrice”

“Eh?”

 

Mentre butto giù qualche altra manciata di patatine con Angie, le racconto come sono arrivata a questa conclusione. Maya, una cliente fissa del salone, nonché la mia preferita, da tempo è riuscita a liberarsi del suo ex, un uomo manipolatore e violento, che l'ha ferita nel corpo e nell'anima. Si è confidata con me come fanno tante, che confondono la sedia del parrucchiere o dell'estetista con il lettino dello psicologo, e spesso gli fa anche bene. Tra una ceretta e l'altra mi ha mostrato la lunga cicatrice, l'ultima, che lo stronzo le ha lasciato come ricordo sulla pancia prima di finire in galera proprio per averla accoltellata sotto casa dei suoi genitori, da cui era tornata per sfuggirgli. Maya ha deciso di coprire quello squarcio con un tatuaggio: pensava che disfarsi dei segni fisici che quell'esperienza le aveva lasciato l'avrebbe aiutata a liberarsi, col tempo, anche di quelli emotivi. Sapendo che sono brava a disegnare, Maya mi ha chiesto di realizzare uno schizzo del suo tatuaggio. La sua idea era quella di un uccello che fugge da una gabbia aperta, finalmente libero.

“Mi sono sentita caricata di una certa responsabilità e mi sono messa subito al lavoro. E facendolo mi sono resa conto che questo senso di responsabilità era data, ok, sicuramente dalla triste vicenda che ci stava dietro, ma anche dall'idea che una cosa realizzata da me, una mia creazione, sarebbe diventata parte integrante dell'aspetto di una persona, per sempre. Capisci cosa voglio dire?”

“L'eternità dell'arte in senso strettamente umano?”

“Sì. Anche. Boh, non lo so. Ma anche, più modestamente, l'idea che questa persona avrebbe portato in giro un prodotto della mia creatività. Che qualcuno avrebbe potuto vederglielo addosso, che so, un giorno al mare e magari dirle Wow, chi te l'ha fatto? E lei avrebbe risposto Meg McDonald. Perché in questa mia piccola fantasia il disegno è figo. Deve essere come minimo stupendo, deve essere il migliore che io abbia potuto fare. E se non è una motivazione questa…”

“Alla fine le hai fatto il disegno allora?”

“No. Cioè, sì, ma non come lo voleva lei. E questo mi ha dato un'ulteriore lezione sul processo creativo. Ho iniziato con qualche schizzo basandomi sull'idea che mi aveva dato, ma non ero mai soddisfatta, c'era sempre qualcosa che non mi convinceva e ci ho messo un po’ a capire cosa stonava. Poi ci sono arrivata e ne ho parlato con lei, in un certo senso l'ho coinvolta nel processo”

“Cosa non andava nell'uccello che scappa dalla gabbia?” mi chiede incuriosita.

“La gabbia”

“Che vuoi dire?”

“La metafora è semplice, no? La gabbia è il criminale che ha cercato di ammazzarla, l'uccello è Maya. Perché dovrebbe portarsi dietro una gabbia per sempre, sulla pelle, seppur aperta?”

“Giusto. L'uccello in fuga dalla gabbia non si volta indietro, non la vuole più vedere”

“Esatto. Gliene ho parlato e la discussione stessa che abbiamo avuto è stata così… soddisfacente! Lei ha capito che la sua idea iniziale non rappresentava altro se non la sua difficoltà a lasciarsi alle spalle un passato così angoscioso e, per assurdo, a staccarsi da lui; io, dall'altra parte, ho imparato tanto su come comunicare un'idea”

“Cos'hai disegnato alla fine?”

“Ho mantenuto la simbologia di libertà dell'uccello e ne ho aggiunta un'altra, di vita: l'albero. Un albero dai rami contorti che si dissolvono in tanti uccelli che volano via”

“Fammelo vedere!”

“Non ce l'ho, ce l'ha Maya. O meglio, il suo tatuatore. Che l'ha visto e lo ha apprezzato tantissimo”

“Vedi che non era bello solo nella tua fantasia?”

“Alla fine gli ha detto chi sono e questo tipo ha voluto incontrarmi. Ci sono andata oggi”

“Cosa? E perché io non ne sapevo un cazzo? Una volta mi dicevi le cose”

“Colpa mia, mi piace troppo parlare di te” le faccio pat-pat sul ginocchio e lei storce il naso e continua.

“E quindi? Che ha detto questo tipo? Vuole insegnarti la sacra arte dell'inchiostro sotto-pelle?”

“No”

“Come no?”

“Cioè, non ancora. Ha detto che ho talento, ma che devo lavorarci su. Si aspettava che mi presentassi lì con un portfolio o qualcosa, figurati! Io ci sono andata così, con le mani in mano. Allora mi ha tenuto una specie di lezione su cosa fare prima di tutto per capire se è la strada per me. Poi, in caso positivo, mi ha spiegato come fare per provare a entrare in quel mondo”

“Quindi non vuoi più fare l'estetista?”

“Certo che voglio! Voglio fare tutte e due. Forse. Il tatuaggio non ha a che fare anch'esso col sentirsi bene con se stessi, nella propria pelle? E’ autoespressione, ma è anche decorazione. E’ un elemento estetico, che però scava molto più a fondo”

“Quindi aprirai il primo centro estetico d'America con salone di tatuaggi annesso?”

“Tu scherzi, ma l'idea è più o meno quella”

“E cosa devi fare secondo il guru del tatuaggio per entrare nel clan?”

“Disegnare, disegnare il più possibile. Magari seguendo anche qualche corso di perfezionamento. Realizzare un portfolio degno di questo nome e cominciare a girare per vari studi, proponendomi per un apprendistato, ovviamente a titolo gratuito”

“Lavorare gratis? Wow una vera svolta per te. Praticamente è quello che stai già facendo al salone”

“Già. Ma io ho pensato a tutto! Tra un paio di mesi finisco la scuola di cosmetologia e mi prendo il mio attestato, così posso cominciare a cercare un lavoro retribuito in quel settore, che di certo mi rende di più che servire ai tavoli da Roxy. E contemporaneamente, potrò lavorare da un tatuatore, sempre che qualcuno mi prenda, e imparare tutto quello che c'è da sapere”

“Non serve poi una specie di licenza?”

“Sì, ma quella la fai dopo. Comunque prima di tutto questo c'è la fase di ricerca” aggiungo afferrando la tracolla della borsa che ho abbandonato accanto al divano e trascinandola verso di me.

“Cos'è, hai iniziato ad andare in palestra da Henry anche tu? O semplicemente a drogarti?” domanda con un ghigno dei suoi.

“No, ho trovato giusto un paio di letture per conoscere bene il mondo del tatuaggio” spiego tirando fuori tutti i libri che ho preso in biblioteca.

“Proprio un paio”

“Non si tratta solo di disegnini. C'è tutta una storia dietro, motivi culturali e di tradizione. E poi ci sono i diversi stili. Insomma, ho un sacco di roba da studiare”

“Eheh lo vedo” osserva mentre prende un paio di libri dalla pigna e inizia a sfogliarne uno.

“Che ne pensi? Voglio dire, pensi sia pazza? Onestamente…”

“Nah, non sei pazza. Sei inciampata per caso in una cosa, un'idea che potrebbe trasformarsi in un progetto concreto nel tuo futuro. Si vede che sei coinvolta e interessata in maniera sincera. Mal che vada, se anche dovessi accorgerti a un certo punto che non è quello che vuoi fare, avrai pur sempre imparato qualcosa di nuovo e nutrito la tua vena artistica”

“Grazie, significa tanto per me” e non lo dico per dire, l'opinione di Angie in tutto questo ha un suo peso specifico importante.

“Ti faccio solo un piccolissimo appunto”

“E cioè?”

“Tu non ne hai neanche uno” continua passando in rassegna altri libri.

“Di che”

“Di tatuaggio! Un tatuatore senza tatuaggi è un controsenso”

“Beh, perché non ci avevo mai pensato. Sicuramente ora ci penserò e mi verrà in mente qualcosa di significativo anche per me”

“Comunque scordati che io ti faccia da cavia anche in questo, lo sai che ho il terrore del dolore”

“Lo dicevi anche per la ceretta”

“Ahah quello è vero, te ne do atto! Ma ceretta non è permanente, il tatuaggio sì. E non riesco a immaginare nulla che mi appartenga così tanto e che sia… immutabile. E soprattutto che mi vada di fissare in maniera definitiva sulla mia pelle”

“Quindi niente faccione di Eddie tatuato sul petto?”

“Fanculo, Meg” Angie mette su il broncio e si rigira a braccia conserte verso la tv e il telegiornale.

“Le tette fanno già da guance”

“Ahahah per favore!”

“I capezzoli da fossette”

“La finisci??”

 

**

 

“Eddai, la battuta mi serviva come stacco per passare al momento in cui parli tu” raccolgo tutti i miei libri e la borsa.

“E’ già arrivato?”

“Sì” sentenzio e mi allontano in camera mia per posare il tutto.

“E che ne sai che quello che ho da dire a che fare con Eddie?” domanda quando torno in salotto.

“Intuito femminile”

“Potrebbe essere una cosa dell'università”

“Non hai esami adesso. Anzi, tra poco hai pure lo Spring Break”

“E se odiassi la primavera?”

“Ahaha certo”

“Il caldo, l'umidità”

“Come no? I pollini”

“Esatto! I pollini! Le zanzare”

“ Angie”

“Il doversi vestire più leggeri, sai che odio scoprirmi”

“ANGELINA PACIFICO??” alzo la voce e lei ha un sussulto.

“Ok ok! Ha a che fare con Eddie…”

“Cos'è successo?”

“Niente”

“Angie non farmi urlare…”

“No, non hai capito. E’ proprio quello il problema”

“No, infatti, non capisco”

“Il problema è che non è successo niente, tra Eddie e me… ancora” mi confessa nervosa e io penso bene di sciogliere la tensione scoppiandole a ridere in faccia.

“AHAHAHAHAH dio Angie mi fai morire”

“E’ bello sapere che posso sempre contare su di te nei momenti difficili” si alza sbuffando, prende il piatto coi resti della cena, mi strappa la ciotola di patatine dalle mani e sciabatta via in cucina.

“ANGIE USCITE INSIEME DA UN GIORNO, CRISTO IDDIO” le urlo dal divano.

“QUINDICI CONTANDO DA QUANDO CI SIAMO BACIATI” risponde lei gridando dalla cucina.

“Ho capito che sono mesi che vi filate a vicenda e che con questa storia degli innamorati inconsapevoli avete rotto abbastanza il cazzo, ma dagli un po’ di tempo a questo povero stronzo!” non resisto e la raggiungo, trovandola intenta a lavare il piatto sotto il rubinetto.

“Meg non è quello, io sento che c'è qualcosa che non va” spiega ancora china sul lavello.

“Tu lo senti? Ma che cazzo senti? Ci hai messo una vita solo a capire che gli piaci… anzi, mi sa che non sei ancora del tutto convinta”

“Appunto”

“MA COSA APPUNTO?? ANGIE, FATTI CURARE, CAZZO”

“Meg”

“Io pensavo che una ex studentessa di psicologia che ha mollato al secondo anno potesse bastare, ma mi sa che per te ci vuole davvero uno bravo”

“Non sto dicendo che non gli piaccio” si volta verso di me appoggiando le mani al bordo del lavandino.

“MENO MALE, PORCA TROIA”

“Ma magari non gli piaccio… fino a quel punto”

“Lo sapevo che c'era un ma. Che intendi dire?”

“Non gli piaccio abbastanza”

“Abbastanza?”

“Abbastanza da volerlo fare”

“Cioè, fammi capire…” mi siedo perché è meglio “Tu mi stai dicendo che il tuo sospetto è che Eddie ti trovi abbastanza bella da baciarti, coccolarti, dormire con te, eccetera… ma non sufficientemente bella da scoparti?”

“Beh… detto in maniera molto semplicistica, ma… sì”

“Ma da quando, Angie?”

“Ecco, non lo so, ho iniziato a pensarlo da quasi subito perché lui… inizia… con delle cose e sembra sempre molto preso, ma poi non… finisce, non porta a termine niente. A un certo punto si blocca e morta lì. Così mi lancia messaggi ambigui”

“No, intendevo da quando hai iniziato a farti di crack”

“Ahahah per favore”

“Perché non c'è altra spiegazione a una stronzata di questo tipo. Come puoi pensare una cosa del genere??”

“Beh, può essere”

“CHE CAZZO DICI ANGIE?? Questa cosa non esiste”

“Sì che esiste. E ha anche un nome”

“Paranoia?”

“Martin”

“Martin?”

“Sindrome di Martin”

“Chi cazzo è Martin?”

“Il mio ex”

“Ah un'altra delle tue sindromi del cazzo, ho capito” mi strofino la faccia con le mani per cercare di mantenere lucidità. I discorsi del cazzo di Angie mi fanno perdere un botto di neuroni ogni volta.

“Ti ho parlato di Martin, no?”

“Quello con cui ti sei messa anche se non eri convinta”

“No, non è che non ero convinta, proprio non mi piaceva. Cioè, mi piaceva tanto come persona, era divertente, interessante, intelligente, dolce, premuroso, ma non assillante. Insomma, era perfetto. Almeno per gli standard del liceo. Però…”

“Però faceva schifo al cazzo”

“Non faceva schifo al cazzo! Era un ragazzo normalissimo. Solo, non ero attratta minimamente da lui. Ma mi ci sono messa lo stesso, perché mi piaceva l'idea di avere il ragazzo”

“Angie, ascoltami: quanti cazzo di anni avevi quando ti sei messa con Martin?”

“Quindici”

“Perfetto. Ora, quanti anni ha Eddie?”

“Non c'entra assoluta-”

“Zitta e rispondi, quanti anni ha?”

“Come faccio a rispondere se devo stare zitta?” la sua alzata di sopracciglio mi fa solo innervosire.

“ANGIE NON FARMI BESTEMMIARE”

“Ventisei! Ha ventisei anni, basta che ti calmi”

“Oh ci voleva tanto! Comunque, ti sei già risposta da sola”

“E’ ovvio che il comportamento di Eddie non è quello di un quindicenne”

“Appunto, è ovvio. Eddie è un uomo e un uomo non si mette con una che non gli piace fisicamente solo perché non vuole stare solo o perché gli piace l'idea di avere una ragazza”

“Non sto dicendo che sia solo per questo. Ma può essere che io gli piaccia, che si trovi davvero bene con me per tutta una serie di motivi che a me risultano oscuri, ma ci sono. E che pensi qualcosa del tipo Ok, fisicamente non è il mio tipo ideale, però è davvero una persona fantastica e con lei ci sto bene, perché non provare? Che è simile a quello che ho pensato io con Martin. E pensavo a quanto spesso accade che se una persona ti piace davvero tanto, anche se non è bellissima o comunque non è il tuo tipo, finisci per vederla bella ugualmente perché quello che ha dentro si riflette fuori. Invece non sono mai stata attratta da Martin. E mi ricordo la brutta sensazione quando ci baciavamo e quando si faceva qualcosa in più… Non riuscivo a stare in intimità con lui, mi sentivo sporca. Mi sembrava di prostituirmi in cambio di attenzioni. Cosa che poi ho fatto perché alla fine non potevo non… andarci a letto. E mi sono sentita una merda” Angie parla a raffica e mi sembra avere pure un certo fiatone.

“Hai finito di esporre la tua teoria?”

“Beh, sì”

“Posso esporre la mia ora?”

“Prego, fai pure”

“Grazie. Dunque, teoria di Meg: Eddie ti adora, è cotto”

“Ahah una teoria poco estrema”

“Beh ha solo perso la testa per te, vedi un po’ tu”

“Esagera un altro po’!”

“Angie, fidati, non sto esagerando. Eddie è convinto di essere sposato con te da almeno tre mesi”

“Va beh, continua, voglio vedere dove vuoi andare a parare”

“Questo in generale. Limitandosi invece al solo aspetto fisico, Eddie è pazzo di te ed è talmente attratto da te che probabilmente si eccita solo al pensiero di vederti”

“Seh come no!”

“Magari glielo fai venire duro solo parlandogli al telefono, il che spiegherebbe perché è arrivato a chiamarti tipo tre volte al giorno anche solo per sentirti leggere l'elenco del telefono o boiate simili”

“Ahahahahahah”

“Comunque, lui sicuramente non vede l'ora di coronare il vostro sogno d'amore con una bella trombata, ma c'è una cosa che lo frena. Anzi, una serie di cose”

“Che cosa?”

“Mah, prima di tutto, forse il fatto di non essere un animale? Neanche Jerry ti ha scopata dopo quindici giorni. E Jerry è un porco. Eddie è un tipo sensibile, aspetta che tu sia pronta”

“Ma io sono pronta”

“Non credo proprio. E qui siamo al secondo motivo di blocco”

“Cioè?”

“LE TUE PATURNIE DEL CAZZO, ANGIE!”

“Che ne sa delle mie paturnie del cazzo? Io mica gliene parlo”

“Angie, fidati, non ce n'è bisogno. Si vede lontano un miglio che sei insicura. In più, come se non bastasse, gliela meni con questa storia del tenere tutto top secret. Uno cosa deve pensare?”

“Che non mi fido di lui?” risponde dopo averci pensato un po’ su.

“Oh! Vedi che se ti impegni ci arrivi! E tu la daresti a uno che non si fida di te?”

“Beh… no… credo”

“No che non gliela daresti. Quindi dimostragli fiducia e vedrai che la natura farà il suo corso. Nonostante il terzo motivo”

“Qual è il terzo motivo?”

“Eddie è lento come la fame. Ci ha messo una vita solo per darti un bacio, come cazzo pretendi che ti scopi dopo due settimane? Devi dargli tu una piccola spinta”

“Io? In che senso?”

“Devi dirglielo”

“Dirgli cosa?”

“Angie, ma sei scema o ci fai? Digli che vuoi fare l'amore con lui!”

“MA TU SEI MATTA!”

“No sei tu che non sei normale, Angie. Ti ritieni pronta a fare sesso con lui, ma non a parlargliene?”

“Non sono brava a parlare di queste cose…”

“Più fatti meno parole, eh?” le do uno spintone per scherzo, ma lei non sembra divertita.

“Qua non ci sono né le une né tantomeno gli altri, Meg”

“Dai, Angie, seriamente. Siete due persone mature, che si frequentano, parlate di tutto, potete affrontare anche questo argomento. E poi ripeto, Eddie è un ragazzo sensibile, saprà metterti a tuo agio e ti capirà”

“Sì ma che cazzo gli dico?”

“Allora, è semplice. Tu lo inviti qui, che so, domani sera. Facciamo che io sparisco convenientemente e vado a dormire da Grace o da Melanie e ti lascio casa libera”

“Non serve a niente, questa settimana abbiamo avuto casa libera per tre notti e non è successo nulla”

“Aspetta, se non mi fai parlare! Allora, lo inviti qui per una serata tranquilla. Poi ti butti sotto la doccia e ti fai quello scrub al cocco che ti ho regalato a Natale. Indossi qualcosa di carino e molto poco coprente e ti metti giù da gara, ma senza esagerare. Non vogliamo terrorizzarlo. Ovviamente a quello ci penso io”

“Che culo!” protesta e io mi alzo dalla sedia e la prendo per un braccio, portandola di nuovo in salotto.

“Prepari una cassettina con musica d'atmosfera adatta alla situazione, vino, candele, qualche stuzzichino afrodisiaco” aggiungo indicando lo stereo, il tavolo e altri punti a caso della stanza.

“E’ la trama di un film porno?”

“Quando arriva lo accogli col vino, lo baci, gli dici che non vedevi l'ora che arrivasse perché devi dirgli una cosa importantissima.” strizzo Angie in un abbraccio e poi le do uno spintone che la fa arrivare al bracciolo del divano, dove capitombola con le gambe all'aria “Lo fai accomodare sul divano, appoggi il vino sul tavolo, gli prendi le mani, lo guardi negli occhi e gli dici…” la raggiungo mentre si siede meglio, le stringo le mani e la fisso.

“E gli dico…?”

“E gli dici… Let’s talk about sex baby, let’s talk about you and me!” comincio a canticchiare ed Angie mi spinge via le mani.

“MA VAFFANCULO VA”

Let’s talk about all the good things and the bad things that may be” continuo battendo le mani a tempo e la seguo mentre fugge in camera sua.

“E io che ti sto anche a sentire!” esclama sbattendomi la porta in faccia.

“Dai Angie, cazzo, glielo dici e basta”

“Non sono capace!”

“Oppure glielo fai capire”

“Ancora peggio!”

“Va beh, se non è coglione lo capisce già con la musica e il vino” segue un lunghissimo silenzio, finché Angie non apre la porta di qualche centimetro e il suo profilo si affaccia dal minuscolo spiraglio.

“Meglio bianco o rosso?”

“Rosso! Che domande”

 

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“Allora? Valutazione complessiva dell'appuntamento?” Grace domanda tutta fiera non appena parcheggio sotto casa sua.

Il gioco è nato al nostro secondo appuntamento, quando mi ha portato a un corso di cucina, e a fine serata le ho dato un 7 e mezzo per l'originalità della scelta. Da allora l'ha presa come una sfida personale.

“9 ma solo perché non ha piovuto, se no con questo saresti arrivata al 10 sicuro”

“Ahahah immagino! E ovviamente l'unica sera in cui a Seattle non piove dovevo beccarla io… Allora ti sei divertito?”

“Eccome! E sono felice di aver contribuito all'accoppiamento di qualcuno.” quando mi ha detto che mi voleva portare a fare un giro a nord sul Lake Washington e di vestirmi comodo, mi immaginavo un trekking notturno con limonata vista lago. Invece mi sono trovato in mezzo a un gruppo di invasati che mi hanno dato un secchio e un gilet catarifrangente con cui pattugliare la strada in attesa di rane, rospi e lucertole in amore “Quei poveri esserini si svegliano dal letargo e hanno in testa una cosa sola”

“La natura ti ringrazia”

“E io ringrazio te. Mi è praticamente impossibile annoiarmi quando usciamo assieme, sai?”

“Eheheh mi sto impegnando”

“L'avevo capito.” la partita a scacchi a Westlake Park, il giro in battello lungo il Puget Sound, la serata alla sala giochi, il matinée di Rent al teatro sulla 5th Avenue… no, non ho mai avuto appuntamenti così “Ma non serve che ti impegni. Voglio dire, non serve che ti inventi cose strane per le nostre uscite. Con te non mi annoierei nemmeno se passassimo tutto il tempo a girare in macchina a vuoto”

“Ooow che romantico… dici così perché hai paura di cos'altro posso escogitare, vero?” sbatte le ciglia in un espressione sognante, per poi guardarmi storto.

“Sono terrorizzato, sì”

“Ahahah sei scandaloso, Stone!” sghignazza mentre apre la portiera e a questo punto scendo anch'io dalla macchina.

“Ti accompagno su, dai”

“Ma come siamo premurosi!”

“Beh ho passato la serata ad aiutare i rospi ad attraversare la strada, lo posso fare anche con te” le prendo la mano e faccio per andare verso le strisce pedonali, ma lei non si schioda e mi fissa imbronciata. Io me la rido.

“Ah ah. E se fossi io ad accompagnare te?” mi stringe la mano e trotta davanti a me tirandomi appresso fino al semaforo.

“Non ci contare!” me ne sto buono buono senza reagire, ma appena viene fuori il verde faccio uno scatto in velocità trascinandola con me.

“Stone? Stone! Piano! Mi fai cadere!”

“Ehehe che c'è? Troppo alti i tacchi?” scherzo indicando i suoi bassi stivali neri di gomma. Carini però.

“Ci sono le buche… e non mi piace correre. E a dire il vero sono stanca morta” e visti senza la copertura dell'impermeabile, con i calzettoni alti sopra il ginocchio e l'abito di maglia, erano ancora più apprezzabili.

“Seh seh, tutte scuse. E’ inutile che ci provi, non ti porterò nel palmo della mano come le ranocchie, cammina su” la spingo per gioco mentre sale su per le scale.

“Anche perché col cazzo che ce la faresti” ribatte aprendo il portone e facendo per chiudermelo in faccia.

“Questo lo dici tu!” protesto pressando da fuori.

“Ahah sto letteralmente usando due dita per tenere chiuso il portone, Stone” ridacchia lei dall'altra parte.

“Va beh, io non sono un forzuto e tu non sei una centometrista. Niente Olimpiadi per noi l'anno prossimo”

“Magari cominciamo ad allenarci per quelle del '96, che dici? Ci portiamo avanti” io smetto di spingere e lei mi lascia entrare nell'androne del palazzo riprendendomi per mano.

“Sei un genio!”

 

“Stone?”

“Mm?”

“Siamo arrivati al piano”

“Ah. Ok”

Le porte si chiudono mentre ho inchiodato Grace con un bacio contro lo specchio dell'ascensore. Lei schiaccia il pulsante e le porte si riaprono di nuovo.

“Stone?” le prendo le mani, le intreccio con le mie e le sollevo all'altezza delle nostre teste, appoggiandole allo specchio.

L'ascensore si chiude. E inizia a muoversi. Riusciamo a ricomporci prima che si fermi all'ultimo piano, chiamato da una coppia di ragazze. Prendo Grace a braccetto ed esco, dirigendomi verso il corridoio.

“Stone, dove stai andando?” mi chiede lei perplessa.

“Ok, via libera.” appena sento che l’ascensore è ripartito, faccio dietro front e la conduco verso le scale, che usiamo per riscendere al piano giusto “Che c'è? Non guardarmi così, non potevo mica metterti in imbarazzo coi tuoi vicini di casa”

“Mettere in imbarazzo me?”

“Uff, sempre a mettere i puntini sulle i tu!”

 

“Eccoci” sorride alla sua borsa, mentre ci ha praticamente infilato la testa dentro in cerca delle chiavi.

“Eccoci” dondolo sui piedi in attesa del momento clou.

“Ed ecco le chiavi!” le inserisce nella toppa e si gira verso di me “Allora… buona notte”

“E’ un po’ presto per la buona notte, non sono neanche le undici”

“Sono stravolta, Stone” questa è la scusa base, la scusa fissa di partenza di ogni fine appuntamento.

“Beh, ce l'hai un divano no? Ci buttiamo sopra e ci rilassiamo. E magari ci facciamo un tè, visto che per le rane è già primavera, ma fa ancora freddino”

“Non lo so, Stone. Non mi sento neanche troppo bene, devo aver esagerato con gli jalapeños da Laredo’s. Mi sento… piena” sulla scusa fissa ecco che si innesta quella variabile. Cerca di avvalorare la tesi tenendosi una mano sull'addome.

“E cosa c'è di meglio di un bel tè caldo per rimettere a posto lo stomaco?”

“Credo anche di aver preso uno strappo o qualcosa del genere mentre mi chinavo ad acchiappare una salamandra. O un colpo d'aria…” Grace fa per stiracchiarsi spostando la mano sulla schiena.

“Sei fortunata, le mie mani sono magiche. Ti faccio un massaggio” replico roteando le dita davanti alla sua faccia.

“Ehehe e va bene” apre la porta del suo appartamento e mi fa segno di entrare.

VA BENE? Non ci posso credere, sono emozionato.

 

“Come va?” le chiedo mentre, seduto dietro di lei che mi da le spalle, le massaggio la parte bassa della schiena.

“Mmmmm!” sembra soddisfatta.

“Meglio?”

“Meglio, sì. Solo che non so se riuscirò mai ad alzarmi da questo divano”

“Non alzarti” faccio spallucce e continuo col massaggio.

“Sono troppo piena per funzionare” sbadiglia e io penso che, alla peggio, se si addormenta nei prossimi dieci minuti, per lo meno ho la scusa per restare qui a dormire. E al risveglio potremmo combinare qualcosa. Non che io abbia fretta eh, insomma, quando succede succede. Però se succede adesso, tanto meglio. Siamo giovani, siamo belli e la stagione degli amori è iniziata perfino per i rospi.

“Per fortuna hai me” le do un bacio sul collo proprio quando il bollitore dell'acqua comincia a fischiare.

Preparo il tè e torno sul divano con le due tazze. Io ho già finito mentre Grace ci sta ancora soffiando sopra.

“Hai la lingua di amianto?” mi domanda inarcando un sopracciglio.

“Questo dovresti saperlo meglio di chiunque altro” le strizzo l'occhio e lei scuote la testa.

“Sottile, Stone, molto sottile” e beve forse il primo sorso.

“A qualcuno piace caldo”

“Ahah sempre più sottile”

“Ti faccio un massaggio ai piedi?” faccio per sollevarle una gamba sulle mie ginocchia, ma lei quasi si strozza col tè.

“NO!” urla e la rimette giù.

“Oh ok, scusa”

“No eheh è che… beh, soffro tantissimo il solletico”

“So essere molto delicato, sai?”

“Ma io sono molto sensibile, poi comincio a scalciare come un mulo, meglio di no. Non vorrai rischiare di rovinare il tuo bel visino con un calcio rotante” mi accarezza una guancia e io le blocco la mano per godermela il più a lungo possibile.

“Ma l'eventuale calcio rotante non sarebbe poi così forte senza questi stivali sexy”

“Ahahah ok che ti ho detto di prendermi pure per il culo, ma devi per forza prendere tutto alla lettera?”

“Per una volta che, stranamente, non ti stavo prendendo per il culo! Mi piacciono davvero”

“Sì?”

“Sì. A dire il vero gli stivali da donna sono un po’ una mia fissazione

“Fissazione?” mi guarda di sottecchi da dietro la tazza.

“Li trovo molto sensuali”

“Ok ma questi sono dei cazzo di stivali di gomma per la pioggia, Stone, mica stivaletti di pelle col tacco alla Catwoman”

“Non sto a guardare il modello, non sono mica il tuo amichetto che lavora al negozio di scarpe” la mia frecciata non fa breccia nella sua espressione perplessa.

“Non sarai mica un cazzo di feticista?” domanda prima di un altro lungo sorso di tè ormai probabilmente freddo.

“Ahahah ma figurati! Sarei malato solo perché sono attratto dalle belle ragazze che portano gli stivali e la gonna?” mi avvicino e gioco a infilare le dita sotto l'orlo dei suoi calzettoni bordeaux.

“Da quante belle ragazze sei attratto esattamente?” mi chiede dopo aver appoggiato la tazza vuota sul tavolino davanti a noi.

“Noto che qui non lo soffri il solletico”

“No. Lì no” la bacio e sento Grace indietreggiare leggermente prima di lasciarsi andare al mio tocco, che risale lungo la sua coscia.

Poi, d'un tratto, mi scappa via e me la ritrovo di fronte, in piedi davanti al divano. Preparo mentalmente una serie di scuse convincenti per aver allungato le mani, ma prima che possa iniziare a snocciolarle, Grace afferra un lembo del suo vestito e lo solleva per sfilarselo dalla testa in tre secondi netti, lanciandolo in un punto che non mi curo di individuare. Resto inebetito a guardarla per alcuni istanti prima di parlare.

“Per forza che prendi i colpi d'aria, non hai niente sotto”

Grace mi si siede sopra a cavalcioni e mi mette le braccia attorno al collo.

“Va bene, dopo metto la maglia della salute, quando abbiamo finito”

“Finito cosa?” le chiedo estasiato.

“Indovina”

 

**

 

“Gli alluci” mormoro mentre dal tappeto del salotto fisso il lampadario spento sul soffitto.

“Cosa? Che hai agli alluci?” mi chiede Grace, sdraiata accanto a me, buttandomi un braccio attorno alla vita.

“Sono le uniche parti del corpo che riesco ancora a muovere al momento”

“Ahahahah esagerato”

“Temo di doverti chiedere ospitalità per la notte”

“Va bene, te la concedo” si stiracchia e si alza.

“Grazie”

“Però dovrai riuscire almeno a muovere le braccia per trascinarti sul divano” continua allontanandosi verso il bagno.

“Ci provo… aspetta… come il divano??” mi alzo più velocemente che posso e mi guardo attorno in cerca delle mutande.

“Perché vuoi dormire per terra?” le sento domandare in lontananza.

Trovo finalmente le mutande, mi copro e mi avvicino con circospezione alla porta del bagno.

“No, pensavo a una soluzione diversa, più comoda. Tipo il tuo letto”

“Scordatelo” apre la porta e ne esce in pigiama, babbucce e coi capelli raccolti da un mollettone.

“Che succede? Non capisco, vuoi che me ne vada?” rimango un po’ spiazzato e cerco di capire quale tipo di merda ho pestato senza accorgermene.

“Ma no! Certo che puoi rimanere, Stone” mi allaccia le braccia al collo e mi da un bacio che resusciterebbe anche un rospo schiacciato da un tir.

“Ah ok! Per un attimo mi sono spaventato” ti va di scherzare eh? Ci stavo quasi credendo che mi volessi far dormire…

“Solo, non in camera mia” mi rivolge un sorriso stanco e si trascina verso la porta della sua stanza.

Ma che cazzo?

“E… e perché?”

“Non puoi dormire con me, Stone” si volta e spiega, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Continuo a non capire” mi metto in mezzo tra lei e la porta.

“Domattina devo alzarmi presto e… non riuscirei a dormire con te vicino”

“Grace, mia cara, ti giuro che faccio il bravo! Non riuscirei a combinare molto nemmeno se volessi, aiutare la natura a fare il suo corso ha sfiancato anche me, che credi?” allargo le braccia e cerco di spiegarle che sarei praticamente innocuo e lei ride.

“Non è per questo. E che… oh cavolo, è piuttosto imbarazzante”

“Guarda che non me ne frega niente dei peluches”

“Eh?”

“Non devi vergognarti, per me non è un problema. Ok, magari li troverò un po’ inquietanti all'inizio, ma poi ci farò l'abitudine”

“Ahahah non c'entrano i peluches, fidati”

“E allora che problema c'è?”

“Non riesco a dormire… con altre persone… nel mio letto”

“Ah”

“Non mi sento… comoda”

“Ma guarda che io non sono il tipo che si accoccola in maniera appiccicosa, anzi. Bacio della buona notte e mi giro dalla mia parte” non ho nulla contro l'accoccolamento appiccicoso in realtà, ma visti i presupposti, meglio cercare un compromesso.

“Non è il dormire abbracciati, è proprio la presenza in sé. So che sembra orribile, è solo che… è da tanto che non ho una relazione, diciamo, duratura. E mi sono abituata a dormire da sola. E adesso, se c'è qualcun altro con me non mi trovo” lei è improvvisamente interessatissima ai suoi polpastrelli e alle sue unghie e mi sembra un'altra persona rispetto alla donna fatale in stivali e mutandine che mi ha rivoltato come un calzino fino a pochi minuti fa. E forse è proprio per questo che l'adoro.

“Gracie, tranquilla.” le prendo le mani e me le riallaccio dietro al collo “Non c'è problema, il divano andrà benissimo”

“Visto cosa vuol dire mettersi con una che non è a posto di cervello?” ironizza prima di uno sbadiglio.

“Per così poco?” alzo le spalle e la bacio sul naso.

“Fosse solo questo…”

“Beh, ne abbiamo di tempo per tirare fuori anche il resto, non dobbiamo mica farlo per forza adesso, no?”

“Eheh no, adesso dormiamo”

“Già, notte Gracie”

“Buona notte, Stone” mi prende il viso tra le mani e mi concede l'ennesimo bacio prima di sparire in camera sua.

Mi dirigo rassegnato verso il divano e ho già individuato la mia maglietta, quando sento aprirsi la porta della camera di Grace.

“Ci hai ripens-” non faccio in tempo a finire la frase e un cuscino e una coperta mi planano direttamente in faccia.

 

**

 

“Stone? Dai, svegliati, che è tardi” una voce calda e dolce mi desta al posto della mia solita radiosveglia. Sono vigile, ma non riesco ancora ad aprire gli occhi.

“Mmm” mugugno contro lo schienale del divano.

“Stone su, devo andare al lavoro”

“Da quando in qua lavori al sabato mattina” borbotto spostandomi in posizione supina.

Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è il lampadario sul soffitto. La seconda, quando li abbasso verso i miei piedi, è talmente agghiacciante che rotolo giù dal divano dallo spavento.

“AAAAAAAAH! MA CHE… CHE CAZZO…!”

“Buongiorno anche a te Stone” Grace, vestita e truccata di tutto punto da pagliaccio, mi saluta con un sorriso gigante contornato di rosso.

“Mi hai spaventato a morte!” mi tengo una mano sul cuore mentre lei ride a crepapelle e finisce di allacciarsi le stringhe degli stivali da clown.

“Ho provato a chiamarti prima di travestirmi, ma non c'è stato verso di tirarti giù dal divano. Ora ho capito come fare”

“Un po’ drastico come metodo” commento rialzandomi e mettendomi a sedere sul divano.

“Ma efficace”

“Dove diavolo devi andare vestita così?” mi sciolgo la coda malfatta e rilego decentemente i capelli.

“Ho una festa di compleanno esattamente tra…” guarda l'orologio sul muro “poco più di mezz'ora”

“E’ una festa in maschera? Io da cosa mi vesto?”

“Ahah spiritoso! E’ una festa per bambini, ci vado per lavorare”

“E ti pagano bene?”

“Abbastanza. Ed è sicuramente più divertente che stare dietro al bancone di un minimarket. Perché? Interessa anche a te?”

“No grazie, preferisco continuare a trattare con i musicisti. O, al massimo, coi rospi” scherzo e guadagno un bacio, anzi un tentativo a vuoto che si concretizza in bacio solo dopo che Grace si toglie momentaneamente il naso rosso da clown che ostacolava il gesto.

“Eheh io vado, tu fai pure con comodo. Basta che ti ricordi di infilarmele nella cassetta della posta quando esci” Grace fa tintinnare le sue chiavi di casa davanti al mio naso prima di alzarsi in piedi.

“Vai? Ma aspetta, dov'è questa festa?”

“Oh è a una ventina di minuti a piedi da qui, faccio due passi” risponde candidamente e io per poco non cado di nuovo dal divano.

“CHE COSA VUOL DIRE CHE FAI DUE PASSI? HAI INTENZIONE DI USCIRE CONCIATA COSì?”

“Beh sì, perché?”

“Mi stai prendendo per il culo?”

“Non tutti sono così fifoni come te, Stoney”

“Non è per quello, è… no, tu non hai il coraggio di uscire così, non ci credo”

“Ah no?”

“Non ci credo finché non lo vedo”

“Vuoi scommettere?” domanda con aria sorniona, mentre apre la porta di casa.

“Se esci per strada così, farò scegliere a te la meta di tutti i nostri prossimi appuntamenti, per sempre”

“Buona giornata, Stone” mi lancia le chiavi e se ne va chiudendosi la porta alle spalle.

“NON CI CREDO” mi vesto al volo e mi precipito fuori dal suo appartamento. Poi mi blocco a metà corridoio, torno indietro, chiudo la porta a chiave, e torno a inseguirla. Mi precipito giù dalle scale, visto che mi ha preceduto sull'ascensore, e la vedo scendere le scale e avviarsi lungo la strada con nonchalance, tutta sorridente.

E mi rendo conto che l'adoro. Adoro il fatto che possa essere la paladina dei rospi un momento prima, una vamp qualche istante dopo, una ragazza timida prima di andare a dormire e un clown la mattina successiva, restando sempre e comunque se stessa. Perché lei è tutte queste cose e molto altro.

“ASPETTA! TI DO UN PASSAGGIO”

“Allora, ho vinto?” si gira incrociando le braccia, guardandomi con aria trionfante.

“Hai vinto, ma fermati!” la raggiungo con una corsetta e l'accompagno verso la macchina “Toglimi una curiosità: perché ti sei truccata subito? Potevi andare prima a casa del bambino e farlo lì”

“Non posso, e se i bambini mi vedono?”

“In che senso?”

“Se mi vedono senza costume e poi col costume, capiscono che sono io e che non sono un vero clown” e già, stupido io a non pensarci.

“E comunque trovo sexy anche quelli, sappilo” aggiungo una volta saliti in macchina, indicando i suoi stivali da pagliaccio.

“Lo terrò presente per la prossima volta. O per quando avrò bisogno di materiale per ricattarti” risponde e, prima che possa ribattere, mi suona una trombetta in faccia.

Io questa me la sposo.

  
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