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Autore: Irene_Violet    02/06/2019    1 recensioni
[Detective Conan/Umineko no Naku Koro ni]
Spoiler sulla VN Umineko Chiru Livello: ENDLESS NINE
La seguente Fan fiction è una reinterpretazione degli eventi presentati nella Visual Novel e nel file tratto dal VOL 30 di Conan "La villa del Crepuscolo" (EP 219 "La Leggenda di Furto KID"). Si è praticamente scritta da sola per quanto mi è piaciuto comporla, spero possa intrattenere anche a voi che andrete a leggerla. Buon Divertimento! -Irene_Violet.
Trama Breve:
Un gruppo di detective riceve un insolito invito a partecipare ad una particolare "gara di deduzioni" su di un isola che è stata teatro di un celebre massacro. Il loro compito è quello di risolvere un indovinello, così da incontrare l'organizzatore dell'evento. La situazione inizialmente pare tranquilla, ma per mano di qualcuno la storia sembra destinata a ripetersi, in un modo o nell'altro. Riusciranno gli abili investigatori a dissipare le tenebre dell'illusione che li vede protagonisti? Ma soprattutto potranno sopportare la verità che queste celano da 12 lunghi anni?
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La Golden Reunion dei Detective


Angolo dell'Autrice
Mi prendo questo spazio all'inizio per scusarmi per eventuali errori di battitura.
Spero che la vicenda possa essere comprensibile anche a chi non ha mai sentito parlare di Umineko e che i pochi casi da me esposti possano essere non troppo banalii
I gialli non sono il mio forte, ma mi sono davvero divertita nello scrivere questa storia (lunga 141 pagine di Google Docs).
Spero possa piacere anche a voi allo stesso modo. Buona Lettura.
-Irene_Violet



 

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #1 - Legend of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ




 

2X Maggio 1998


Il rumore delle onde che annunciavano burrasca, e lo stridio lontano alcuni “gatti di mare”, facevano da colonna sonora alla barca che dal porto era salpata con almeno un'ora di ritardo. Ormai erano passate le otto di sera ed un esausto Kogorō Mōri, osservò l’orizzonte prendendo un respiro profondo assaporando il salmastro odore dell'oceano con aria seccata, facendo fuoriuscire un grugnito dalle proprie labbra. L'attesa non lo aveva certo messo di buon umore, ed il mare agitato sembrava corrispondere perfettamente al suo stato d'animo. Non vedeva l'ora di attraccare presso la loro destinazione: un'isola sperduta in mezzo all'oceano.

 

Essa era di proprietà di un uomo facoltoso che la possedeva praticamente da quando aveva conosciuto l'uso del denaro, l'acquisto risaliva alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando nonostante il Giappone fosse a terra, distrutto da ben due bombe atomiche Americane ed uno spesso strato di vergogna a coprirlo, quest'uomo fece fortuna in maniera poco chiara, entrando in possesso di una grande quantità di lingotti d'oro e fondando così un proprio impero. Quest'uomo rispondeva al nome di Kinzō Ushiromiya, e con tutta quella ricchezza, divenne proprietario dell'isola che aveva reso la vita di un soldato semplice, in quella di un uomo ricco e potente; quel pezzo di terra di sua proprietà si chiamava Rokkenjima, tristemente nota al pubblico come teatro di un efferato omicidio di massa avvenuto su di essa tra i membri della stessa famiglia Ushiromiya avvenuto tra il 4 ed il 5 Ottobre 1986. Si sospetta proprio a causa dell'eredità del Capofamiglia, ormai anziano che nell'ultimo periodo mostrava segni di forte squilibrio mentale e stando ad alcune voci, era prossimo a lasciare questo mondo. I diciotto membri della famiglia composta da i quattro figli di Kinzō e le rispettive famiglie, si radunarono sull'isola in quella fatidica notte, per la consueta riunione annuale, per discutere su come spartirsi la favolosa montagna di lingotti d'oro che era il simbolo della loro ricchezza. È noto che tutti in un modo o nell'altro soffrivano al momento degli avvenimenti di forti problemi finanziari e che una fetta più grossa della torta avrebbe sicuramente fatto loro comodo. Con ciò premesso, ebbe luogo un raduno pieno di sospetto e veleno che culminò in una sparatoria e terminò definitivamente con un'esplosione, cui secondo i rapporti della polizia, non lasciò via di scampo a nessuno. O per meglio dire a quasi nessuno. Ci furono dei sopravvissuti: Eva Ushiromiya, una dei figli di Kinzō, la quale aveva trovato la salvezza in una zona dell'isola al riparo dall'esplosione e la piccola Ange Ushiromiya di soli 6 anni di età, sua nipote, figlia di uno dei suoi fratelli che aveva avuto la fortuna di non partecipare a quel raduno mortale perché malata. Eva unica superstite, rimasta vigile dopo la tragedia, si è sempre rifiutata di rivelare la verità su questo caso, portandosela fin nella tomba nel 1998, quando spirò a causa di una malattia. Il caso di cronaca divenne presto leggenda e molte sono le teorie e le speculazioni fatte su cosa sia realmente accaduto su Rokkenjima quella notte e le ragioni che hanno portato allo sterminio di una così numerosa compaggine.

 

Questi in breve furono i fatti su cui Kogorō si informò prima di salpare, per non trovarsi impreparato al suo arrivo, anche se la cosa in partenza era già piuttosto strana. Per cominciare come già detto, l'isola in questione era stata teatro di una tragedia, e difficilmente qualcuno avrebbe avuto il fegato di affittare un posto del genere, avrebbe incontrato sicuramente la resistenza delle autorità locali. Inoltre la residenza Ushiromiya, avrebbe dovuto essere esplosa! E l'unica persona ad averla vista ancora integra, era passata a miglior vita… quindi quella lettera che gli era stata spedita non aveva il minimo senso. Mōri ripescò la lettera dalla tasca, contenuta in una busta bordata d'oro e con il simbolo di una singola ala dorata, stampata su di essa. Aprì la parte superiore della busta dove il sigillo in ceralacca rosso raffigurante il simbolo di un'aquila con una singola ala era ovviamente, già stato rotto; estrasse dunque lo scritto, la carta aveva pressoché la stessa fattura della busta, solo che l'ala dorata era in trasparenza in questo caso, anziché essere opaca. Era stata battuta con una macchina da scrivere vecchio stile, per cui era impossibile effettuare una perizia calligrafica, ed anche se si fosse fatto un'esame dell'inchiostro o della carta utilizzati, ci sarebbe voluti troppo tempo per identificare il mittente -- che avrebbe potuto benissimo essere lo scherzo di qualcuno dei "Witch hunters", che avevano formulato tutte quelle teorie assurde --   e l'invito aveva valenza per una data precisa. Quindi quel che restava da fare era andare su quell'isola dimenticata da Dio.

 

Lesse per l'ennesima volta -- alla luce di una torcia elettrica -- il contenuto della lettera:

 

"Egregio Detective Mōri Kogorō,

La prego di risolvere il rompicapo di eventi che si sviluppò durante il "Massacro di Rokkenjima", dissipando la nebbia che ha avvolto la verità dei fatti. Se riuscirà a risolvere l'enigma che le verrà proposto al suo arrivo, avrà un ulteriore assegno dello stesso importo dell'anticipo allegato a questo scritto. La preghiamo di mantenere il massimo riserbo. Questa storia nata su Rokkenjima, lì dovrà essere svelata, per non dover mai lasciarla. È bene specificare che, non sarà il solo a cimentarsi in questa prova, quindi faccia il possibile per primeggiare sugli altri contendenti. Sono più che certa che uscirà vittorioso dalla contesa. È libero di venire da solo o in compagnia, la villa della famiglia Ushiromiya certo non soffre di carenze di spazio. Le rinnovo i miei migliori auguri, osserverò con la massima attenzione il suo operato, augurandomi di incontrarla a vicenda conclusa.

Distinti saluti"

 

Nulla nel corpo del messaggio ad una prima lettura appariva strano, enigmatico o in qualche modo degno di nota, se non fosse stato per la firma in calce che riportava:

 

"Il Fantasma della Strega Dorata, Beatrice"

 

«Mmh...»

 

Kogorō si fece pensieroso e si mise a fissare l'ultima riga della lettera per diversi minuti. Fino a quando una vocina stridula, da cui per altro proveniva la fonte di luce che aveva utilizzato per riuscire a leggere il messaggio, non interruppe il suo profondo raccoglimento.

 

«Secondo me è un qualche tipo di codice. Una strega non può essere anche un fantasma, non trovi?» - disse Conan che si era seduto sulle ginocchia dell'uomo baffuto, osservando la lettera dal basso.

 

Non appena Kogorō se ne accorse lo prese per il colletto della maglietta bianca e blu che indossava porgendo il marmocchio a Ran che si era fermata di fronte a sé.

 

«Ran! Ti ho detto mille volte di tenerlo a bada!!»

 

«Ahhh, lasciami!» - si lamentò il bambino scalciando a mezz'aria, finché la ragazza non lo prese in braccio, permettendogli di rimettere i piedi per terra.

 

«Senti Otōsan, dobbiamo proprio andarci a questo raduno?» - chiese la ragazza dimostrandosi preoccupata all'idea - «Ho letto che quel posto è stato protagonista di una tragedia. E poi se questo Fantasma della Strega esistesse davvero?»

 

«Non essere sciocca Ran, le streghe ed i fantasmi non esistono e poi la barca è salpata da un pezzo, se avevi paura avevi solo da startene a casa!» - sbottò impettito l'investigatore privato -   «E poi è tardi e con un secondo assegno dell'importo di 2,5 miliardi che mi aspetta, non esiste che rinunci a questa gita fuori porta, potrebbe essere anche un mostro marino di tre metri per quanto mi riguarda!»

 

«S-Sì, però… le previsioni annunciavano un tifone in serata e se accadesse qualcosa non potremo più comunicare con la terraferma...»

 

«Tu ti preoccupi troppo! Anche se fosse, cosa vuoi che possa succedere in una notte»

 

«Sta tranquilla Ran-nēchan, vedrai che non ci sarà nessun fantasma e nessuna strega, proprio come dice lo zietto. Non hai nulla da temere!» - sorrise il bambino occhialuto tentando di rassicurarla per poi, rivolgere lo sguardo verso il blu del mare. Sii cominciava ad intravedere in lontananza la sagoma di un'isola, la loro meta era vicina.

 

"Una villa teatro di un massacro di 18 persone, di cui a distanza di anni non si sa chi sia stato l'artefice, un'esplosione che ha cancellato le tracce di quei delitti a cui ruotano attorno svariate leggende e superstizioni… ed una convocazione da parte di un fantasma. Questo caso, potrebbe rivelarsi davvero interessante"

 

Un piccolo sorriso solcò le labbra di Shin'ichi. Quel mistero lo intrigava non poco. Chi era questo misterioso mittente che voleva si facesse luce sui fatti accaduti in quel luogo isolato? Come poteva garantire un soggiorno ai partecipanti a questa specie di gara, in un luogo che era stato devastato anni addietro. Tutte le domande che poteva porsi, attendevano con la loro risposta, lì sulla stessa isola ed il giovane detective non vedeva l'ora di mettersi a lavoro. Anche perché aveva la sensazione che l'auto proclamato spettro, altri non fosse che quello sbruffone in abito bianco e mantello; chissà che ruolo avrebbe avuto, in qualcosa di così lontano dai suoi soliti standard.

 

La barca che li trasportava attraccò sull'isola dopo un buon paio di ore di viaggio. Scesi dalla barca con i loro bagagli a seguito, finalmente Kogorō poté sgranchirsi le braccia e la schiena, poi si guardò intorno alla ricerca di qualcuno che fosse lì per accoglierli, in quanto ospiti su quell'isola.

 

«Che roba! Ci fanno affrontare un viaggio così rischioso, quando il mare minaccia di essere in burrasca e non vengono neppure a darci il benvenuto? Che razza di maleducati!»

 

Sbottò il detective dormiente prendendo in spalla la propria borsa da viaggio. Ran intervenne subito per calmarlo, visto che non era che una supposizione affrettata la sua. Il battello ripartì con un gran rumore e per allora tutti furono voltati verso il mare a guardarlo allontanarsi tra le onde. Fu in quel momento che qualcuno raggiunse i tre ospiti e si fece notare, con una vocina dolce e delicata, che praticamente agli antipodi del frastuono del motore dell'imbarcazione.

 

«Voi dovete essere la famiglia Mōri immagino»
 

I tre si voltarono praticamente nello stesso istante, incontrando con lo sguardo la figura di una giovane che indossava una divisa da cameriera, dal suo aspetto pareva avere all'incirca l'età di Ran nonché una medesima altezza. Aveva dei capelli castani corti, contenuti in parte in un cappello bianco di forma rotonda, gli occhi chiari e la pelle chiara, preva essere molto delicata. Il suo abbigliamento era davvero particolare: indossava un abito nero con balze e maniche a sbuffo, con un particolare spacco all’altezza della coscia destra, il quale era contornato da una lieve striscia rossa, che correva lungo tutto il bordo inferiore dell’abito, sopra al vestito portava un elegante grembiule ricamato a collo alto, che aveva una pietra ed un lembo di tessuto rosso scuro, che somigliava quasi ad una cravatta a risaltare sullo sfondo chiaro. In vita portava un corpetto nero, stretto da un laccio rosso che le evidenziava le generose forma del seno. Il colore rosso si riproponeva anche nei calzini alti fino a sotto il ginocchio, ed in fine il suo look si concludeva con delle comuni scarpe nere con fibbia ed un cappello bianco e tondo che le  incorniciava la parte posteriore del capo.



Kogorō annuì alle sue parole - «Sì, è esatto.»


Ricevuta conferma la ragazza sembrò illuminarsi in volto, dunque riprese - «Vi stavamo aspettando. Io sono uno dei membri dello Staff che lavora su quest'isola, il mio nome è Shannon e sarò io a prendermi cura di voi e degli altri ospiti. Lieta di fare la vostra conoscenza»

 

La ragazza fece una profonda riverenza, prendendo i lembi della gonna e portandoli all'infuori, questo gesto la portò a scoprire abbastanza la coscia destra perché si notasse il tatuaggio dorato che ne ricopriva buona parte della superficie, di un ala dora simile a quella che adornava l'invito che gli era stato spedito. Concluse le presentazioni, la domestica raddrizzò la schiena e portò in fuori la mano sinistra - «Prego, se volete seguirmi. Gli altri ospiti vi attendono alla villa, ed uno di loro si sta gentilmente occupando della cena, per cui se siete affamati, potrete cenare tra non molto» - li informò, cominciando a fare loro strada, risalendo il sentiero roccioso, che si arrampicava   dalla spiaggia e portava sull'effettivo suolo dell'isola.

 

Il bambino occhialuto si guardò intorno, obiettivamente quello era proprio un bel luogo di villeggiatura, un piccolo paradiso in cui fuggire lontano da tutto e tutti, mentre era perso in quei pensieri, sentì una goccia d'acqua colpirlo dritto in testa. Allora la domestica sembrò allarmarsi di colpo e sussultò voltandosi verso di loro.

 

«Oh no, non ci voleva! Sono terribilmente spiacente, ma sarebbe meglio affrettare il passo. Non vorrei che potreste di inzupparvi di pioggia.»

 

Ran sorrise alle parole della ragazza, sarà stato il suo modo molto formale di esprimersi o i propri gesti così aggraziati, ma trovò "carino" il suo scusarsi, quasi come se le condizioni meteorologiche fossero anch'esse sua responsabilità.

 

«Ha ragione!» - esclamò l'atleta dai capelli lunghi, per poi porgere lo sguardo verso Conan - «Che dici Conan-kun, ci facciamo una corsa?»

 

«Eh? Ohi Ran! Che idee ti vengono è pericoloso!!» - Kogorō li rimproverò venendo completamente ignorato.

 

Il piccolo annuì in risposta e dunque Ran, il bambino e la domestica che lì seguì a fatica, tenendo una mano sul capo per impedire alla veletta di sfuggirle e dovendo inoltre correre sui tacchi alti. Fecero una bella tirata fino ai gradini che conducevano ad un giardino di rose davvero grande e curato, di lì si poté scorgere un edificio: sembrava essere costituito in mattoni, posto su due piani, costituito da molte stanze alle quali corrispondevano altrettante finestre, alcune luci in casa erano accese e nel suo avvicinarsi, poté giurare di vedere delle ombre muoversi, segno che vi fosse qualcuno al suo interno.

 

Sotto  la responsabile guida di Shanon, i tre non si fermarono, ma gli passarono accanto, il ragazzino non poté far a meno di sentirsi confuso fino a quando le cose non si chiarificarono da loro. Quell'edificio non era il solo. C'è n'era un altro ben più grande più in là a qualche minuto di corsa e diversi di camminata, che riuscirono a raggiungere, salendo le scale con l'intento di andarsi a posizionare verso il riparato ingresso, mentre la pioggia cominciò a cadere man mano più fitta. Conan allora pose lo sguardo sulla struttura in questione, intanto che si avvicinava: la mastodontica abitazione a più piani, costruita in stile occidentale, era anch'essa costituita da mattoni. L'edificio sembrava in perfette condizioni, non dava il minimo segno di trovarsi di fronte a delle rovine, generate da un'esplosione. Come era possibile? Che qualcuno l'avesse voluta riedificare per qualche ragione? Forse solo per ospitare questa riunione…

 

Anche questo sarebbe stato uno dei misteri da risolvere a suo avviso.

 

L'intensificarsi della pioggia, costrinse anche  l'uomo baffuto a seguirli a ruota Inutile dire che anche se fu il primo a raccomandare di fare attenzione, fu proprio lui a rischiare di ruzzolare malamente lungo il tragitto. Si ricongiunse con gli altri avendo il fiato corto, evitando di bagnarsi più di tanto e questo rallegrò la domestica, che rivolse ai tre un sorriso dolce, mentre spingeva la massiccia porta in legno che una volta varcata avrebbe permesso loro di scaldarsi e riposarsi un po'.

 

«Per fortuna è andata bene.» - disse, facendo accomodare gli ospiti, spingendo con il fianco l'uscio e spostandosi subito, permettendo loro l'ingresso - «Prego accomodatevi.»

 

Come Conan aveva ipotizzato, la villa era stata interamente edificata in stile occidentale. L'ingresso era tappezzato da un tappeto rosso rubino, e le pareti color crema piuttosto tenue. Di fronte a loro si apriva un'ampia scala che portava al piano superiore e lo spazio era splendidamente illuminato da svariate lampade a parete a incandescenza calda.

 

«Senti, Onēsan, ci assisterai da sola per tutto il tempo che staremo qui?» - domandò Conan, nei confronti della cameriera

 

«No» - scosse la testa la giovane - «Ho un fratello minore, Kanon-kun che attualmente si sta occupando della Guest House.» - rispose lei.

 

«Shannon e Kannon, che carini avete nomi similari» - ridacchiò Ran trovandola una scelta più che azzeccata.

 

«La "Guest House" è l'edificio che abbiamo passato poco fa, giusto? Passeremo la notte assieme agli altri ospiti? » - proseguì il piccolo, che come suo solito, poneva un interrogativo dietro l'altro destando la furia di Kogorō, che prontamente ringhiò.

 

«Insomma Conan! Smettila di assalire la signorina con le tue domande, razza di ficcanaso!»

 

Shannon rise a quello scambio di battute, con un cenno della mano - «Non si preoccupi Mōri-sama, è naturale. Fin ora non ho ancora potuto illustrarvi tutti i particolari pensavo di farlo una volta che fossimo al completo.» - poi si rivolse a Conan rispondendo al suo interrogativo - «Certo, se lo desiderate. Non ci sono state date istruzioni su dove farvi dormire. Tutte le stanze da letto disponibili, eccetto la VIP Room, sono a vostra disposizione.» - disse aggiungendo subito dopo - «Attualmente gli altri ospiti hanno già scelto le loro stanze. Chiamerò con la linea interna ed esterna le loro stanze, per informarli del vostro arrivo, così che possiate incontrarvi nella sala da pranzo per la cena»

 

Di colpo la voce di Ran attirò l'attenzione del piccolo «Wow, è bellissima!» - commentò. Il suo sguardo venne subito attirato dal ritratto di una donna appeso al muro.

 

Un olio su tela che ritraeva una giovane donna dai tratti delicati, occhi chiari blu come il mare e capelli chiari come l'oro, vestiva un abito ottocentesco, di colore marrone scuro adornato da diversi ghirigori dorati inclusa la famosa ala, che si ripresentò ancora una volta.

 

«Mi scusi Shannon-san, chi è la donna di questo dipinto. Possiede un fascino particolare, davvero stupenda!»

 

La ragazza alzò lo sguardo verso il dipinto, con aria confusa, per poi sorridere - «Ah, si tratta della nostra benefattrice. È grazie a lei se al nostro padrone è stato possibile costruire questa casa e di acquistare Rokkenjima stessa, donando ben dieci tonnellate di lingotti d'oro, che ammontano ad una cifra di venti miliardi.»

 

«Ma sono un sacco di soldi!» - commentò la liceale che faticava anche solo a immaginare una cifra simile.

 

«Sì, è impressionante. Dobbiamo molto a Beatrice-sama, per la sua immensa generosità. È anche per questo che la VIP Room rimane riservata in caso giungesse a farci visita» - la ragazza sorrise entusiasta, nel pronunciare quelle parole, cosa che si scontrò subito con l'espressione terrorizzata di Ran, che aveva cominciato a tremare.

 

«B-B-Beatrice ha detto?!»


«Sì, qualcosa non va signorina?» - domandò perplessa Shannon.

 

«Q-Questa Beatrice… ecco come posso dire… è per caso considerata…  una… una strega?» - deglutì attendendo la risposta che arrivò subito dopo.

 

«Esatto. Beatrice-sama ha donato a Kinzō-sama l'oro che gli ha permesso di creare il proprio impero finanziario. Ed è per questo che è conosciuta da tutti con il titolo di Strega Dorata » - precisò la ragazza.

 

«E questo cos'è?» - domandò Conan avvicinandosi al ritratto, al di sotto quale una placca in marmo scolpita: riportava un testo complesso, che ad una prima occhiata lo incuriosì.

 

Non era una comune dedica di qualcuno a questa fantomatica strega, sembrava una sorta di messaggio da decodificare. E per giunta era composto da diversi capoversi denominati "crepuscoli". Venivano citati inoltre dei "sacrifici", una "chiave", una   "terra natia" ed una "capitale dorata" e poi nel mezzo erano presenti strane diciture come "separare due che sono vicini", "loda il mio nome" ed infine la più disturbante tra tutte "perfora [...] e uccidi". Il cervello di Shin'ichi stava già fremendo per l'eccitazione, ancor prima che la ragazza dai capelli corti potesse confermare le sue supposizioni.

 

«Sei proprio curioso, vero piccolo…» - sorrise Shannon avvicinandosi - «Questa è l'Epigrafe della Strega. Kinzō-sama ha chiesto che fosse messa qui assieme al dipinto. È una specie di difficile indovinello, che i detective saranno chiamati a risolvere. Se vuoi puoi provare a leggerlo, ma credo proprio che alcuni Kanji per te siano ancora troppo complicati, sai?»

 

Conan sorrise a quell'affermazione, dando ragione alla ragazza, in effetti non c'era modo che un vero alunno delle elementari riuscisse a leggere quel testo senza commettere errori, figuriamoci ad interpretarlo. Intanto Ran nel sentì le parole "Epigrafe della strega", non riuscì più a trattenersi: andò a sollevare Conan da terra e lo allontanò da Shannon che gli aveva chiesto se gli piacessero gli indovinelli, facendo rimanere in sospeso la frase, poi afferrò e tirò con forza la cravatta del padre, volgendosi verso la porta.

 

«Ho sentito abbastanza... AVANTI TORNIAMO A CASA!» - affermò senza neppure stare a sentire le loro -- comprensibili -- lamentele a riguardo.

 

«Woa- Ran sei impazzita per caso?! Ti ho detto che è impossibile l'ultima barca che avrebbe raggiunto l'isola è quella che ci ha lasciato, anche volendo non possiamo andare da nessunissima parte! E smettila di tirare così mi soffochi!»

 

«Ha ragione Ran-nēchan! E poi c'è il tifone previsto per stanotte. Anche se ci fosse la possibilità di prendere una barca a remi non andremmo lontano!»

 

Ran mostrò un'espressione infuriata sul suo volto, era arrabbiata perché lo sapeva benissimo che non sarebbero potuti andar via prima di mattina, ma ora che aveva constato che la storia della strega corrispondeva al vero non aveva neppure intenzione di restare! Per questo ringhiò loro contro, pur sapendo di avere torto marcio nelle sue affermazioni.

 

«Bè, comunque sia io qui non ci resto! Non vedete quel ritratto?! Significa che la strega esiste sul serio ed io ho un bruttissimo presentimento. Quindi voi due fate come volete, ma io ME NE VADO» - sbuffò, sapeva che se se lo fosse portato dietro, Conan avrebbe fatto i capricci per restare, per cui rimise a terra il bambino dirigendosi verso la porta, con aria fiera, come se avesse appena fatto la scelta migliore a cui potesse auspicare.

 

Tuttavia dovette fermarsi di colpo perché una voce le si rivolse alle sue spalle, proveniva dalle scale: era una donna dal vestito lungo, dai capelli mossi e l'aria elegante, che le sorrise.

 

«Non hai ragione di preoccuparti. Attenendosi solo ai fatti, quella della strega è una semplice “aggiunta” a quella che era una vecchia  leggenda del folklore locale, che parlava di demoni che presumibilmente infestavano questo territorio molti secoli addietro. La donna che vedi in quel quadro, non era affatto un utilizzatrice delle arti oscure, bensì, l'amante del Capofamiglia. Una donna che si trovava a bordo di un sommergibile italiano che accompagnava i soldati giunti su quest'isola che all'epoca del secondo conflitto mondiale, poiché all’epoca era un luogo strategico. Lei si chiamava appunto Beatrice… Beatrice Castiglioni ed era realmente in possesso di una spropositata quantità d'oro sotto forma di lingotti che cedette a Kinzō Ushiromiya. I due ebbero probabilmente una storia, cosa che portò l'uomo a divenire ubriaco d'amore oltre che di potere. Comunque questa donna Beatrice, è morta molto tempo fa, e la storia che sia una strega è una semplice storiella suggestiva. Almeno questo è ciò che ho scoperto ed ho potuto dedurre, frugando un po' negli archivi storici dell'epoca. Per cui puoi restare senza aver paura. Nessuna Strega potrà farti del male signorina, okay?» - terminò facendole l'occhiolino.

 

La donna in questione era una detective ventinovenne, che rispondeva al nome di Ikumi Soda, famosa per riuscire a ricostruire le dinamiche dei delitti, a partire dalle tracce di sangue, lasciate sul luogo del misfatto.

 

«Voglio precisare che non è certo opera di una qualche strana arte magica, se Kinzō Ushiromiya è riuscito a riportare in auge il nome della famiglia. Dopo il terremoto del Kantō, è riuscito a creare un impero. Ha semplicemente fatto delle scelte oculate ecco tutto. Alla sua morte, era molto malato e nei suoi deliri urla il nome di questa famosa Beatrice... secondo il mio modesto parere, è stato un abile investitore che invecchiando, ed anche  a causa della sua malattia, ha finito con il rimpiangere il proprio passato… mettendo in giro la storia della strega; il resto sono tutte chiacchiere di qualche approfittatore che ha pensato altrettanto bene di lucrarci sopra.»

 

«Soda-sama, è riuscita a sistemarsi al meglio? E lei, ha trovato quello che cercava Senma-sama?» - chiese la domestica, avvicinandosi.

 

«Sì, la stanza è perfetta grazie e no, purtroppo non ho avuto fortuna» - disse la donna scendendo le scale a braccia incrociate.

 

«Anch'io non ho avuto problemi a sistemarmi, questo posto è molto confortevole.» - aggiunse la signora che rispondeva al  nome di Furuyo Senma.

 

Una detective sessantatreenne, abile investigatrice in grado di risolvere casi comodamente seduta sulla poltrona di casa sua, sentendone semplicemente la storia. Le sue deduzioni erano brillanti e Ran la conosceva di fama, per cui quando sentì che anche la donna affermava che non poteva essere opera di stregoneria, si sentì in qualche modo più sollevata, liberando dalle labbra un sospiro.

 

Poco dopo il rumore di un tuono, annunciò che qualcuno aveva aperto la porta d'ingresso, attirando dunque l'attenzione dei presenti, un uomo sulla quarantina dal volto squadrato, con indosso un completo verde, un cappello tra le mani, ed un pacchetto di sigarette in mano che ripose subito dopo all'interno della giacca.

 

«Non mi sorprende che non abbia trovato ciò che cercava. Questa villa è stata riedificata non molto tempo fa. Non troverà i segni del massacro tra queste mura e poi a quanto si dice, prima di poter raggiungere quella stanza, dovremo risolvere l'indovinello, dico bene?» - sorrise l'uomo, che era bagnato fradicio, ma nonostante questo sembrava totalmente a suo agio.

 

«Sì, è esatto, ma- Ah! Mogi-sama, non ha preso uno degli ombrelli della Guest House?! Si prenderà un malanno! Aspetti, vado a prendere un asciugamano!» - detto ciò la cameriera svanì nel corridoio, tornando qualche minuto dopo con un paio di asciugamani.

 

«Tipico di uno sbarbatello come te. Volevi fumare e sei uscito prendendo un ombrello difettoso, tutto per l'urgenza di rovinarti i polmoni. Dovresti mettere la testa apposto e metter su famiglia. Mi pare di avertelo già detto una volta» - intervenne Senma, dimostrandosi in confidenza con il nuovo detective appena giunto all'edificio principale: Harufumi Mogi.

 

«Tsk... non accetto consigli da te vecchia. Comunque ho cercato il ragazzo per chiedergli se ci fosse un qualche ombrello migliore, ma a quanto pare doveva aver preso l'unico buono, quindi ho tentato lo stesso. Quello non sembrava così sgangherato...» - disse indicando con il pollice la struttura di ferro rimasta al di fuori dell'ingresso dove l'aveva poggiata - «Ma con il tifone che infuria là fuori, sarebbe stato un miracolo se avesse retto.» - prima di chiudere la porta, per evitare che gli schizzi di pioggia bagnassero il tappeto.

 

«Ecco prenda!» - la cameriera glieli porse e quello accetto sorridendo, asciugandosi la testa - «Che strano... non è da Kanon-kun fare una cosa simile. forse era un po' distratto. Sarà andato a controllare la caldaia per assicurarsi che la temperatura fosse adeguata. Mi dispiace, mi scuso per lui. Vuole che le porti dei vestiti di ricambio?» - domandò Shannon, ricevendo un cenno negativo in risposta.

 

«Non si preoccupi. Ho un cambio nella mia stanza, mi basterà mettere ad asciugare questi sul termosifone e per domani saranno asciutti e come nuovi» - replicò Mogi, sorridendo spavaldo.

 

«Come preferisce...» - rispose la cameriera, con un lieve inchino.

 

«A proposito di malanni e malattie non trovate strano che all'epoca del massacro sull'isola ci fossero 18 persone?»

 

Una voce dal suono dolce e vellutato risuonò ponendo quell interrogativo, poco dopo un falco volò all'interno della stanza, per poi andare ad appoggiarsi sulla ringhiera della scala, generando uno stupore generale; al che un liceale biondo e dagli occhi castani, vestito con un completo marroncino chiaro, fece capolino dalla sala adiacente al soggiorno, con in mano un'agenda, trattavasi del figlio del Questore della Polizia Metropolitana di Tōkyō, Saguru Hakuba. Tornato dall'inghilterra a causa della convocazione pervenutagli per posta, la quale spuntava dall'agenda, rimanendo in bella vista.

 

«Stando ai referti ed ai rapporti del suo medico, che ho trovato questo pomeriggio nella Guest House, il Capofamiglia è deceduto nel 1984, il certificato è stato compilato del medico di famiglia, poi perito anch'egli nella carneficina; in cui si attesta che Kinzō Ushiromiya è deceduto a seguito di una malattia terminale, per cui come mai risulta ancora vivo nel Ottobre del 1986... non credete che anche questo sia un tassello interessante da chiarire».

 

«Ragazzo è molto più semplice di quanto sembri. Alla morte di Ushiromiya, due dei suoi congiunti hanno occultato il fatto per poter rimandare la discussione sulla spartizione dell'eredità. Tutti i figli di quell'uomo navigavano in cattive acque, per cui immagino che fosse un modo per guadagnare tempo. Se avessero tutti creduto che il loro padre fosse ancora vivo, avrebbero avuto modo di accaparrarsi una fetta di eredità più grossa. Tutto qui, si è trattato solo di un'opera di pura avidità.»

Ancora una volta la detective Senma intervenne esprimendo il suo punto di vista, per poi aggiungere rivolgendo uno sguardo al giovanotto.

 

«Non siamo qui per scoprire gli intrighi della famiglia Ushiromiya, rimasti sepolti sotto la polvere ormai tanto tempo fa... la questione qui è un'altra... per quello hanno teorizzato abbastanza i fanatici sulla rete.»

 

La detective Ikumi sorrise, cogliendo a cosa si riferisse l'altra - «Giusto, il mistero da svelare qui e... chi mai può avere dopo tanto tempo, l'interesse di rivangare questa vecchia storia...»

 

«...prendendosi anche la briga di riedificare una villa» - proseguì Mogi

 

«Radunandoci tutti qui per risolvere l'epigrafe della Strega per chissà quale motivo...» - disse l'anziana detective.

 

«Spero che non si tratti solo di un fanatico che vuole ripetere le circostanze di quella notte, come se fossimo nella serie di omicidi dell'alfabeto di Agatha Christie.» - Ran commentò, dimostrandosi preoccupata.

 

Hakuba le si accostò, ponendole una mano sulla spalla per rassicurarla - «Non penso sia questo il caso signorina.» - affermò il ragazzo apparendo piuttosto sicuro di sé a riguardo - «Sono piuttosto certo che chi ci ha riuniti tutti qui... lo ha fatto solo perché aveva bisogno di "attori", per il suo spettacolo. Per ora, ha radunato il cast e predisposto l'enigma principale. Sicuramente, se il nostro cliente vorrà dell'altro da noi, si farà sentire con una di queste» - disse facendo riferimento alla lettera, che aveva portato con sé.

 

Conan dovette concordare con lui, anche se l'idea che uno sconosciuto le stesse troppo vicino non le piaceva, per cui, si intromise montando una delle sue solite "scenette", ed approfittandone per chiarire il suo dubbio riguardo quel simbolo che sembrava essere strettamente connesso a questo mistero - «Sentite... è da un po' che me lo chiedo, ma qualcuno di voi ha idea di che cosa sia questo simbolo stampato sia sulla lettera che sul sigillo? Anche la signorina Shannon ha lo stesso marchio tatuato sulla coscia e non riesco proprio a capire che significa!»

 

«L'ho chiesto alla signorina appena l'ho notato. Pare sia un'aquila mono-alata, simbolo del casato Ushiromiya. È come un segno di appartenenza. Pare che sia la servitù che i membri della famiglia portassero questo stesso simbolo o tatuato sulla propria pelle o ricamato sui vestiti, in segno di rispetto verso la propria affiliazione» - una voce maschile molto profonda, si fece avanti nel corridoio.

 

Apparteneva ad un uomo corpulento, sulla cinquantina, dai capelli, baffi, pizzetto e sopracciglia folte e molto scure, si fece avanti indossando un elegante completo bianco.

 

Non appena lo vide Shannon sussultò e poi fece un profondo inchino nei suoi confronti - «Ōgami-sama, le sono infinitamente riconoscente per quello che ha fatto, è un ospite eppure ha dovuto occuparsi della cena, senza poter usufruire del mio aiuto, le chiedo ancora infinite scuse.»

 

«Bé... questa villa ha una dispensa  piena zeppa di ingredienti di alta qualità, ma non è provvista neppure di un cuoco il che è a dir poco inaudito, dovevo rimediare assolutamente a questa grave mancanza. D'altronde gli omicidi ed il buon cibo solo l'unica cosa in grado di tenermi attivo il cervello. Signorina, se vuole può cominciare a servire i piatti, è tutto giù pronto, dovrete solo servirli come le ho spiegato.» - concluse il detective gourmet, sistemandosi la cravatta

 

Kogorō osservò quella scena con un leggero disappunto e borbottando tra sé e sé - «La signorina Shannon è fin troppo cordiale e gentile, con un tipo del genere, che razza di tono con il quale rivolgersi ad una ragazzina.»

 

Il ragazzino occhialuto, osservò la domestica scusarsi un'altra volta con un profondo inchino; pensò tra sé che l'organizzatore di tutto ciò avesse messo in conto di assumere solo due domestici e nessun cuoco, perché aveva deliberatamente scelto Ōgami come partecipante, dunque aveva rifornito di materie prime il posto, sapendo bene che ci sarebbe stato qualcuno in grado di utilizzarle al meglio, aveva senso. Quel che non gli tornava era proprio quella domestica... quel suo fare così reverenziale, non lo convinceva per niente, ma meno ancora capiva il significato del tatuaggio che la ragazza presentava sulla coscia destra. Se davvero era il simbolo di riconoscimento della famiglia Ushiromiya, significava forse che aveva qualche legame con essa?

 

«Se siamo tutti presenti, direi che sarebbe anche l'ora di cominciare a cenare, ormai si è fatto piuttosto tardi, sono quasi le nove» - suggerì Ōgami, rivolgendo lo sguardo verso la ragazza che aveva appena ripreso.

 

Shannon ebbe un leggero sussulto e con leggero imbarazzo, denotato da un suo sfregarsi le mani tra loro, prese la parola un po' di titubanza - «Ecco... Sì, lo faccio subito, però... veramente ci sarebbe ancora una persona che ha ricevuto la convocazione e che voi signori non avete ancora incontrato. È uno scrittore, è conosciuto con lo pseudonimo di Itouikukuro Zerogonanaroku, il suo vero nome è Tōya Hachijō-sama.»

 

«Oh davvero?» - sorrise Harufumi in modo sornione - «Questa è bella... al nostro ospite non bastavano sei detective, anche uno scrittore»

 

Senma si mise a ridacchiare divertita alla notizia - «Questa poi... dev'essere una punizione per la mia linguaccia lunga. Critico a cuore aperto i formulatori di fandonie sugli eventi occorsi su quest'isola, ed ecco spuntar fuori un fior fior di speculatore; me la sono proprio andata a cercare.»

 

«In effetti, potrebbe essere interessante, avere un punto di vista esterno, di chi ha costruito una carriera su teorie pseudoscientifiche, riguardo questa vicenda macabra.» - sorrise il liceale, ponendo la mano sul mento.

 

Kogorō ora come ora, si sentiva davvero confuso, aveva immaginato si riferissero ai cosiddetti "Witch hunters", ma quel nome, non gli diceva proprio un bel niente, quindi si portò una mano alla nuca e rivolgendosi al gruppo fu costretto ad ammettere la propria ignoranza - «Scusate se m'intrometto, ma questo Hachijō è davvero così famoso?»

 

La detective Ikumi annuì - «Lo è eccome. La sua identità rimane un mistero, alle conferenze Hachijō si presenta come una donna di gran fascino ed elegante, ma si dice che questa sia solo una facciata e che non sia la sola autrice di numerose storie, ispirate a questo caso.» - cominciò a spiegare l'investigatrice dai capelli mossi - «Il suo stile è scorrevole e coinvolgente, ed ha attirato l'attenzione per il suo rivelare  nei suoi romanzi, particolari riguardanti i membri della famiglia Ushiromiya, dettagli che solo qualcuno di molto vicino ad essi potrebbe conoscere. Le sue storie hanno alimentato le più svariate e fantasiose teorie. Da chi sostiene che il massacro sia realmente opera di forze soprannaturali e chi incolpa praticamente ogni membro della famiglia di essere l'artefice di tutto. Più che scoprire la verità sul caso, ha pensato bene di lasciare che ognuno, scegliesse la soluzione che preferisse. Ha trasformato un fatto di cronaca, in un mystery piuttosto avvincente.»

 

Mentre gli investigatori si scambiavano opinioni, Shannon face cenno a Ran di avvicinarsi e di porgerle orecchio, così lei fece:

 

«Mi dispiace chiedere ad un'ospite questo favore, ma potrebbe portare lei, Hachijō-sama, in sala da pranzo, Ran-sama? Vede purtroppo è impossibilitato a muoversi da solo ed inoltre, vorrei che fosse Kanon-kun ad occuparsi di servire la cena, quindi andrei a chiamarlo, ma non posso fare entrambe le cose allo stesso tempo purtroppo. Se fosse così gentile...»

 

La ragazza sorrise a quella richiesta, avrebbe anche dato una mano in cucina se avesse saputo la cosa in anticipo, non le dispiaceva affatto aiutare, per cui accettò di buon grado - «Certo, dove si trova?»

 

«Nelle stanza dei domestici, nell'anticamera che precede la cucina, l'unica porta che vedi, non puoi sbagliare.» - le indicò Shannon - «Dì pure che ti mando io.»

 

«Va bene ho capito.»

 

La cameriera ringraziò nuovamente Ran e si congedò con un inchino, prendendo la porta d'ingresso e correndo sotto la pioggia in direzione della casa degli ospiti, con sulla testa un asciugamano di quelli che erano avanzati da prima. la tempesta intanto infuriava, con la pioggia ed il vento che facevano tremare gli infissi e qualche fulmine occasionale che rischiarava con il suo frastuono il buio della sera. Ran fece come la domestica le domandò e si diresse verso l'anticamera, che conduceva sa alla cucina e si diresse verso la porta adiacente ad essa.

 

«Hachijō-san... sono un'amica di Shannon, mi ha chiesto di venirla a prendere, perché sta per essere servita la cena. Posso entrare?»

 

Bussò pian piano alla porta, proprio mentre un fulmine si abbatté nelle vicinanze creando un gran frastuono ed una luce forte, per cui la ragazza non fu molto sicura che la persona dall'altra parte avesse potuto udire chiaramente le sue parole, per cui attese che il frastuono cessasse, prima di riprovare un’altra volta. Non appena si accinse a battere di nuovo le nocche contro la superficie di legno, un rumore, simile ad un rantolo, proveniente dall’altro lato della porta, la congelò sul posto, facendola restare in ascolto per qualche momento, per capire che cosa stesse accadendo:

«Ghn… Agh... AAAAAH!» - una specie di urlo di disperazione fece trasalire Ran quando lo udì - «Perché… non avrei dovuto venire qui… mi sono lasciato fregare come un idiota! Io sono io… Merda!»

Ebbe la sensazione di udire dei singhiozzi soffocati. La voce che udì fu quella di un uomo, non poteva sbagliarsi. Si chiese cosa avrebbe dovuto fare, mentre allontanava la mano dalla porta, attese nell'incertezza qualche minuto prima di fare quello per cui era andata lì. Bussò con fermezza alla porta della stanza dei domestici. Il pianto cessò di colpo. Per qualche secondo non udì risposta, poi la voce, che ora pareva ferma e nitida, rispose quasi con un accenno di rabbia nel tono - «Chi è?»

«Ehm… mi scusi il disturbo, Hachijō-san, mi chiamo Ran Mōri. La domestica Shannon, mi ha chiesto di venire da lei per condurla in sala da pranzo, perché la cena verrà servita tra poco. Posso entrare?»

 

Deglutì, si sentiva in colpa per aver origliato, quindi provò un po’ di tensione negli attimi che rimasero vuoti, mentre attendeva la replica da parte della persona dall’altra parte.

La voce rispose ancora in maniera secca - «Entra pure.»

Ran allora, annuì in maniera automatica, nei confronti della porta, e tese la mano verso la maniglia dorata della porta, abbassandola ed aprendo l’uscio a poco a poco, sbirciando dentro con una certa titubanza - «Scusi per il disturbo...» - quando ebbe aperto quasi completamente la porta, ebbe un leggero sussulto e spalancò  gli occhi per la sorpresa. Ora che sapeva perché quell’uomo aveva bisogno di assistenza per raggiungere la sala, si sentiva davvero in colpa, per aver in qualche modo invaso la sua privacy, in quel modo.

 

La porta si spalancò su di una stanza non troppo spaziosa, ma che aveva un paio di divani, un tavolino da caffè ed un aspetto tutto sommato accogliente.

 

La figura che rispondeva al nome di Tōya Hachijō, era un giovane sulla trentina.  Aveva i capelli albini che portava in taglio corto, indossava un completo nero con giacca chiara ed una cravatta verde scura. Sedeva su di una sedia a rotelle e Ran notò subito che la stava fissando con un paio di occhi blu profondi come le onde del mare. L'uomo fece un leggero sorriso nei confronti della ragazza.

 

«Sei la figlia del detective Mōri, immagino. Sono mortificato che Shannon-chan abbia dovuto chiederti di accompagnarmi. Bastava che mi avvisasse e vi avrei raggiunto...» - disse sbloccando il freno della carrozzina.

 

«Sì sono sua figlia e non si preoccupi, non è un disturbo» - la ragazza si avvicinò ed afferrò la carrozzella muovendola cautamente verso la porta spalancata.

 

«Presumo che la mia presenza abbia scatenato diverse reazioni. Di solito i romanzieri non sono molto apprezzati, quando usano fatti di cronaca come base per le loro storie...» - ipotizzò Tōya.

 

Il tono dello scrittore era placido ed avvolgente, tanto da fare da sottofondo a Ran che era più concentrata nel spingere cautamente la sedia, che nell'ascoltare le sue parole. In qualche modo poté notare una certa malinconia tra una frase e l'altra da lui pronunciate. Poi una domanda riportò la liceale alla realtà:

 

«A te piacciono i romanzi Gialli, signorina?» - le chiese l'autore, con uno slancio che non si aspettava per cui ne rimase sorpresa.

 

«Huh? Ah… Sì… in un certo senso… ho un mio amico d'infanzia appassionato di Holmes, quindi diciamo che mi è difficile evitare più di tanto l'argomento»

 

Ran poté sentire Tōya ridere alla sua affermazione - «Ah, come ti capisco! Anch'io ho finito per interessarmi alla scrittura di romanzi del mistero, grazie ad un'altra persona. Quindi non mi dici niente di nuovo.»

 

«Davvero… e questa persona, è importante per lei?» - non resistette alla tentazione di porgerle quella domanda, ma non pretendeva lui le rispondesse, visto che avrebbe potuto essere stata in qualche modo inopportuna.

 

«Direi proprio di sì. Le devo la vita.» - fu la sua replica, seguita da un lungo silenzio da ambedue le parti.

 

Il pensiero della ragazza naturalmente andò subito a Shin'ichi. A lui sarebbe piaciuto trovarsi in un posto del genere a discutere con altri investigatori su questo caso, ed in particolare concentrandosi sulle incisioni sottostanti il quadro nel salotto. Quando vi passarono accanto per dirigersi verso la sala da pranzo, Ran dette uno sguardo alla donna, ed ebbe un brivido lungo tutta la colonna vertebrale, quindi le venne in mente di fare allo scrittore una domanda a riguardo.

 

«Lei… lei crede all'esistenza delle streghe, Hachijō-san?»

 

«Se credo alle streghe? … bè non penso che esistono così come esistiamo tu ed io o tutte le persone presenti in quella sala. Se ci basiamo su questo principio, ti direi proprio che non ci credo per nulla.» - ammise l'uomo - «Questo non significa che non possano esistere, o meglio, se mi portassero delle  prove concrete a sostegno della loro esistenza, potrei considerare l'idea. Certo, non crederei mai che volino a cavallo di una scopa o che possano generare oro dal nulla, neanche se lo vedessi però...»

 

«Capisco, quindi anche lei è scettico ha lo stesso spirito critico di un detective in qualche modo» - sorrise la liceale.

 

«Mah… possiamo dire così. Questo per quanto riguarda le streghe in generale, ma per questa strega in particolare la storia è diversa...» - Tōya tornò ad assumere un tono basso e malinconico, rivolgendo anch'egli lo sguardo al dipinto - «Beatrice la Strega Dorata… è esista davvero, ed ha avuto un qualche ruolo nello sterminio delle persone presenti qui nella notte tra il 4 ed il 5 Ottobre 1986, di questo sono più che sicuro.»

 

«C-Che cosa intende dire?» - domandò la ragazza con un leggero tremolio di voce.

 

Allora il ragazzo ridacchiò e disse in modo piuttosto inquietante, calibrato appositamente - «Chissà… magari questo "fantasma", ci ha convocato qui proprio per farcelo scoprire! Magari con una dimostrazione pratica...»

 

«Lo crede davvero?!» - lo incalzò Ran per avere più dettagli in merito alla sua teoria.

 

«Certo. Probabilmente… sta già progettando di uccidere qualcuno durante la cena di stasera...» - Tōya creò un po' di suspance, mentre poté sentire la ragazza ingoiare un groppo di saliva - «…con i suoi poteri oscuri!»

 

La ragazza assunse un'espressione seccata -  «Si sta prendendo gioco di me, non è così?»

 

L'uomo cercò di reprimere una risata - «Scusa scusa… non devi sentirti tesa. Ti ripeto che non abbiamo a che fare con qualcosa di soprannaturale, è tutto umano, troppo umano..» - citò il filosofo Nietzsche appositamente, per dare una base filosofica alla sua affermazione, d'altro canto anche la religione, era un'invenzione dell'uomo, utile a permeare di un senso la sua esistenza, desiderio squisitamente umano. Allo stesso modo "Beatrice, la strega dorata", era stata usata come espediente per giustificare quella violenza inaudita, che si basava anch'essa su qualcosa di decisamente umano: il desiderio di mettere le mani su venti milioni in lingotti d'oro, come affermato anche precedentemente dalla detective Senma.

 

«Posso dirti per certo che è esistita una persona che si considerava una "strega dorata" e che come ho detto ha fatto la sua parte....» - riprese Hachijō, tornando serio - «… chi ci ha convocato, questo lo sa bene e lo sta sfruttando a suo vantaggio.. Un detective che si vede inviare un biglietto tanto elaborato, ma con una firma dalla valenza discutibile, sarà portato per natura a voler andare a fondo della questione. Perché i fantasmi e le streghe non esistono a questo mondo. In più è stata spacciata per una gara di deduzioni, quindi un modo per prevalere su altri o comunque di mettersi alla prova, se a tutto questo aggiungi il fatto che esistono infinite speculazioni su questa storia e che ormai non esiste più nessuno che possa confermare o smentire la vera natura della tragedia ottieni… un cocktail a cui nessun amante del mistero può resistere.» - l'uomo intrecciò le mani e le poggiò sulle ginocchia insensibili, proseguendo - «C'è da ammirare questo misterioso individuo per altro… l'esecuzione del suo piano finora è stata perfetta. È talmente sicuro di sé e delle sue capacità che lo ha persino anticipato nell'invito. Da quando abbiamo messo piede su Rokkenjima, scendendo dal battello, ognuno di noi è diventato automaticamente una pedina, a completa disposizione dell'organizzatore, che avrà certamente intenzione di divertirsi con noi, in qualche modo, facendoci spremere le meningi di sicuro… ma non possiamo escludere la possibilità, che si tratti di qualche malato di mente, che voglia spingerci a replicare gli eventi occorsi quella fatidica notte...»

 

«Quindi in altre parole pensa davvero che questa persona sia già-»

 

«Ah! Eccoti Ran-nēchan!»

 

La frase della ragazza venne lasciata a metà non appena udì la voce di Conan che era uscito dalla sala da pranzo, appunto per cercarla e raggiunse con una lieve corsa, lei e l'uomo sulla sedia a rotelle.

 

«Lo zietto ed io stavamo cominciando a preoccuparci, non vedendo arrivare; inoltre la cena sta venendo servita, se non vi sbrigate si fredderà tutto!» - gli informò il ragazzino occhialuto.

 

«Hai ragione, scusami Conan-kun e grazie per esserti preoccupato.» - sorrise Ran, accarezzandogli i capelli.

 

«Non è niente...» - sorrise il piccolo.

 

Tōya parve sorrise appena nell'assistere a quella scena, poi domandò rivolgendosi a Ran a cui poté di nuovo rivolgere lo sguardo visto che si era fatta avanti, per raggiungere il bambino - «È il tuo fratellino?»

 

Ran scosse la testa - «No, Conan-kun è il nipote di un amico di famiglia, vive a casa mia con mio padre, perché i suoi genitori sono spesso all'estero.» - spiegò lei sorridendo.

 

«Oh, capisco.» - sorrise l'albino, che venne attirato poi da una domanda da parte dello stesso studente delle elementari.

 

«Lei ha fratelli Hachijō-san?» - chiese.

 

«Sì, una sorella minore Yukari Kotobuki-sensei. Anche lei è una scrittrice, si occupa di libri illustrati per bambini. Ormai tu sei grande e ti annoieresti con uno di quelli ometto, ma lei è molto brava, nell'editoria per piccini è molto famosa.»

 

Conan assunse un'espressione sorpresa. Gli aveva dato una semplice occhiata e già aveva almeno un paio di domande importanti che gli ronzavano per la testa, riguardo quello scrittore di teorie, basati su quel che era avvenuto sull'isola, ma non poté chiedere altro, perché Ran prese la parola per prima.

 

«È vero e poi Conan è più un tipo da romanzi gialli!» - sorrise in qualche modo orgogliosa di ciò - «È un bambino molto sveglio, sa un sacco di cose. Avrà modo di vederlo lei stesso, quando ci toccherà risolvere l'indovinello.»

 

Quelle affermazioni di Ran, misero Shin’ichi leggermente in ansia… percepì come una sensazione di pericolo, che lo trapassò da parte a parte. Guardò la ragazza, e poi l'uomo… cos'era stato? Cosa gli aveva provocato quell'attimo di terrore? Forse l'idea che Ran sospettasse nuovamente di lui?

 

No… era diverso. Doveva centrare quel Tōya Hachijō. Per qualche motivo che ancora non riusciva a spiegarsi, quell'uomo non gliela contava giusta.

 

«Oh… ma dai! Se così non vedo l'ora di vederti all'opera, ragazzino.» - gli sorrise l'albino.

 

Lui annuì un po' esitante, per poi parlare in con tono infantile, quasi lamentoso  - «Bè, allora andiamo? Io comincio a non vederci più dalla fame!»

 

Ran si mise dunque, di nuovo dietro la carrozzina, tornando a spingerla verso la loro destinazione posta a pochi metri di distanza. Mentre Conan faceva loro strada, sentiva come se… quell'ultimo partecipante a quella rimpatriata, avesse voluto raggiungere i suoi pensieri, perforanfogli la nuca attraverso l'intensità del suo sguardo.

 

Giunti nella sala gli sguardi di tutti si diressero naturalmente verso i due che avevano fatto ritorno portando con loro l'ultimo invitato.

 

«Era ora… che c'è ti eri persa Ran?» - borbottò Kogorō, mentre lei e Conan raggiungevano i posti vuoti al suo fianco.

 

«Non mi ero persa!» - ci tenne a far sapere la ragazza - «Ho solo scambiato due chiacchiere con Hachijō-san a proposito della Strega.»

 

Tōya a quel punto si intromise - «Vi chiedo scusa, per aver fatto ritardare l'inizio della cena…»

 

Mogi rise a quell'affermazione - «Si figuri, abbiamo aspettato volentieri, dopotutto avere un autore così famoso alla nostra tavola è un vero onore, giusto vecchia?»

 

Senma annuì - «Sottolineare i miei errori non ti aiuterà ad essere un'uomo migliore, ne sei consapevole? Concordo in ogni caso, è un'opportunità unica… finalmente abbiamo l'occasione di vedere il volto di chi ha fatto fortuna, speculando su questo caso. L'unica cosa che non mi aspettavo e che si trattasse di un ragazzo così giovane.»

 

«Ed in questa situazione poi, può esserci di grande aiuto, essendo un tale esperto riguardo a ciò che accadde qui 12 anni fa...» -  osservò Soda, poggiando un gomito sul tavolo e sorridendo.

 

«Addirittura un "esperto", non direi. Sono solo uno scrittore che ha sfruttato una buona opportunità. Non sono arrivato al successo grazie a grandi capacità di deduzione come le vostre signori. Per cui sarò io quello onorato dal potervi aiutare o meno in questa situazione.»

 

Era palese che nessuno in quella stanza fosse entusiasta della presenza si quell'uomo. Come se con le sue storie avesse tentato di mettere  in ombra la vera natura di quella vicenda -- non era stato l'unico, certo tuttavia -- in quell'istante era visto un po' come un "nemico" da tutti coloro che ricercavano la verità ed erano presenti in quella stanza. Tōya Hachijō doveva esserne più che consapevole, perché anche il suo tono si inasprì durante la lode ai detective. Ran pensò si trattasse di un semplice modo per restituire il favore, dal momento che non gli sembrò affatto una persona ostile. Sembrava solo come se in alcuni momenti i suoi occhi si velassero di una profonda tristezza... quella fu la sensazione che ebbe guardandolo, quando incrociò il suo sguardo per la prima volta, entrando nella stanza della servitù.

 

Durante quel breve scambio di battute, un giovanotto con capelli a caschetto neri, occhi azzurri,  con indosso una divisa nera -- ricordava in qualche modo un frac per via delle due code in cui terminava -- con colletto bianco il cui taglio ricordava un papillon, su cui era ricamato lo stemma della famiglia Ushiromiya, aveva inoltre un lembo ornamentale di tessuto lilla, tenuto fermo da una gemma che scendeva dalla congiunzione dei due lembi del colletto, così da dare un tocco di colore in più. Indossava poi pantaloni lunghi fino a sotto il ginocchio, rosso scuri coordinati al cappello dello stesso colore, calzini corti a righe orizzontali nere e bianche e scarpe marroni; servì i piatti anche a Ran, Tōya e Conan. Quando si era presentato agli ospiti, annunciando che sarebbe stato lui a servire loro la cena, si era identificato come Kanon, quindi il fratello minore che la cameriera Shannon aveva nominato poco prima.

 

«Per curiosità, dove si trova adesso la signorina Shannon?» - domandò perplesso il giovane Hakuba, non vedendola nella stanza.

 

Kanon prese la parola rispondendo alla sua domanda, immediatamente - «Nēsan, si sta occupando della cucina al momento. Ōgami-sama ha raccomandato che il secondo fosse servito caldo, come appena scolato dalla pentola.»

 

«Esatto, si tratta di un involtino dalla cottura dai tempi dilatati, il cui ripieno deve essere gustato rimanendo caldo e morbido, quindi è meglio impiegare all'ultimo minuto» - confermò l'investigatore con baffi e pizzetto, con un'aria alquanto superba dipinta sul volto.

 

«Oh… capisco.» - replicò Kogorō prendendo con la forchetta un pezzo di vitel tonnè che era stato servito come antipasto.

 

Harifumi prese di nuovo la parola dopo essere rimasto in silenzio per un po', rivolgendosi anch'egli al giovane domestico - «A proposito, non ho avuto occasione di chiederlo prima, ma… come mai ci siete solo voi due in quanto domestici? Come siete stati assunti e quali istruzioni avete ricevuto… credo sia ora di chiarire questo punto.» - dichiarò l'uomo dal volto quadro, aggiungendo anche - «Inoltre mi incuriosisce non poco il tatuaggio che la cameriera ha sulla gamba… puoi darci una spiegazione, ragazzo?»

 

Questi fece un lieve inchino in avanti - «Sì, certamente.» - disse per poi estrarre dall'interno propria giacca una busta del tutto identica a quella che ognuno dei presenti aveva ricevuto precedentemente, dove li si invitava a recarsi sul luogo, completo di sigillo in ceralacca.

 

La pose sul tavolo in modo che tutti potessero esaminarla con la massima libertà.

 

«Nēsan e io proveniamo dalla Fukuin House, un orfanotrofio che avvia a conoscere un mestiere, per noi quello di mob- … di domestici.» - cominciò il ragazzo - «Ushiromiya Kinzō-sama era solito assumere da sé coloro che avrebbero prestato servizio presso la villa. Fin da quando Nēsan aveva circa 6 anni, ha lavorato tra questi spazi, ed è stata per questa ragione omaggiata del prestigioso simbolo dell'aquila mono-alata. Come potete vedere, siamo stati contattati da Beatrice-sama tramite una missiva, con annessi due Master Key (Passepartout) così che avessimo accesso ad ogni edificio presente sull'isola senza difficoltà. All'inizio non abbiamo ricevuto istruzioni specifiche, ci è stato chiesto solo di raggiungere Rokkenjima due o tre giorni prima, per poter predisporre tutte le stanze per il vostro arrivo...»

 

Lo sguardo del domestico guizzò verso Kogorō e la sua famiglia, rivolgendo loro la parola - «A tal proposito devo chiederci di scegliere le stanza in cui alloggerete per la notte, così che io e Nēsan possiamo sapere dove recarci l'indomani in modo da avvisarvi quando la colazione sarà in tavola.»

 

Il detective coi baffetti annuì e cominciò a parlare - «Va bene allora credo che alloggeremo-»

 

«Vicino alla VIP Room! Ci sono delle stanze libere vicine alla VIP Room?» - intervenne il piccolo, provocando l'ira di Kogorō e ricevendo un pugno in testa per tutta risposta - «Che male!»

 

Kanon esternò una risatina - «Certo, le stanze adiacenti sono libere. Sistemerò i vostri bagagli in quelle stanze allora.» - detto ciò riprese il discorso rimasto a metà - «Come stavo dicendo, non abbiamo ricevuto particolari istruzioni prima di aver accesso alla villa. Ci siamo sistemati nelle stanze delle servitù come abbiamo avuto ordine di fare e lì… abbiamo trovato un'altra lettera...» - estrasse anche questa della tasca e la pose sul tavolo, mentre la prima passava lentamente di mano in mano, quella avrebbe sicuramente fatto lo stesso - «L'istruzione di tenere la lettera come vedete e tra le prime raccomandazioni che ci viene fatta, proprio perché voi possiate disporne a piacimento. Questa seconda lettera ci comunica la lista degli invitati con nomi ed indirizzi, nonché il modello dell'invito su cui basarci; abbiamo prodotto noi gli inviti che avete ricevuto. Buste, carta da lettere e materiale per sigillare insieme ad una macchina da scrivere erano presenti nella Guest House. Abbiamo poi incaricato il comandante del battello di inviarli per nostro conto. Perché c'è stato ordinato di non lasciare l'isola per nessuna ragione. Era necessario che fossimo in grado di ambientarci il meglio possibile in modo da poter essere efficienti. Il terzo giorno di permanenza, il capitano del battello ci ha recapitato un'altra lettera da parte di Beatrice-sama, dice di averla trovata sulla sua barca, quella mattina stessa. Questa ci comunicava che nel cassetto della scrivania dello studio di Ushiromiya Kinzō-sama erano presenti delle ulteriori lettere che dobbiamo leggervi in momenti diversi, durante questa serata. La prima lettura avverrà dopo cena. Dopodiché sarete liberi di ragione sull'enigma dell'epigrafe come tutti voi sapete. I contenuti di queste altre lettere sono ignote anche a noi, quindi non posso darvi nessun altro dettaglio, sfortunatamente.»

 

Anche la terza missiva passò al vaglio degli investigatori. Lo stile era sempre lo stesso, erano scritte a macchina e tutte riportavano quella stessa firma: "Il fantasma della Strega Dorata, Beatrice".

 

La prima lettera conteneva appunto la convocazione formale e le poche istruzioni specificate da Kanon. La seconda anche riportava ciò che aveva detto, quando Conan la ebbe tra le mani si concentrò con più interesse più sulla lista degli invitati -- che sulla lettera in sé -- che riportava la seguente dicitura:

 

"Le persone citate in questa lista sono autorizzate a portare un massimo un accompagnatore. Fate in modo, se vi è possibile, che il numero di persone radunate per questa gara di deduzioni, non superi il doppio della lunghezza di questo elenco. In caso alcuni di loro non fossero reperibili, siate creativi, conto su di voi"

 

Dopo ciò cominciavano a venir citati i nomi dei detective che avrebbero dovuto essere convocati.

 

Itouikukuro Zerogonanaroku

Hakuba Saguru

Hattori Heiji

Kudō Shin'ichi

Mogi Harufumi

Mōri Kogorō

Ōgami Shukuzen

Senma Furuyo

Soda Ikumi

 

Gli invitati erano nove in tutto. La frase sovrastante era indicativa, era chiaro cosa avesse in mente il responsabile...

 

"Sì, ma per quale motivo lui lo farebbe?" - si chiese il piccolo portandosi una mano alla fronte.

 

Erano arrivati da poco ed aveva ben pochi elementi a cui aggrapparsi per teorizzare; non era solo quello che trovava frustrante: perché c'era il suo nome lì?! Agasa evidentemente non aveva controllato la sua posta in quella settimana, altrimenti l'avrebbe saputo. Il fatto che avesse dichiarato di viaggiare per il Giappone risolvendo casi, non lo rendeva immune dal ricevere strane convocazioni a quanto sembrava.

 

La cena proseguì in tranquillità e naturalmente tutti i complimenti andarono allo chef. Per l'arrivo del dessert in tavola Hakuba, pose la lettera d'invito che aveva portato con sé, aperta sul tavolo ed unì le mani davanti al viso in atteggiamento riflessivo.

 

«Visto che ormai ci stiamo avvicinando alla famosa lettura, che ne dite di fare un breve riscaldamento tutti insieme… Analizzando il testo che ci è stato recapitato, vi va?»

 

«Ho capito, vuoi decifrare il significato che sta dietro la sua firma, esatto?» - anticipò Ran, apparendo entusiasta della cosa… in effetti era curiosa di capire per cosa stesse davvero quel titolo tanto inquietante.

 

«In effetti quella è la parte più semplice... Vorrei concentrarmi su un'altra parte della lettera che mi incuriosisce molto di più… ma possiamo ugualmente esplicitare prima il significato della firma, insieme all'ultima parte del messaggio, se siamo tutti d'accordo.» - disse il biondo, per poi leggere il passaggio a voce alta - « "Le rinnovo i miei migliori auguri, osserverò con la massima attenzione il suo operato, augurandomi di incontrarla a vicenda conclusa". Vediamo ora se siamo giunti tutti alle medesime conclusioni»

 

Mogi si alzò e si diresse verso una finestra posta sul fondo della sala, aprendo appena la finestra, al di fuori della quale la tempesta infuriava, per poter fumare una sigaretta senza arrecare fastidio a nessuno - «Non prendertela signorina, ma solo un'idiota non capirebbe ciò che s'intende con quelle frasi.» - prese una boccata di fumo l'uomo, per poi buttarla fuori poco dopo - «In altre parole, chi ha organizzato questa buffonata, in un punto posto sperduto in mezzo all'oceano… si trova in mezzo a noi e vuole vedere chi sarà il più abile nel decifrare il messaggio nascosto in quella specie di poesia incisa nell'Epigrafe sotto il dipinto nella Hall»

 

Senma intervenne poco dopo a portare a compimento quelle deduzioni - «Sicuramente ci imporrà delle condizioni per cui solo uno di noi, per primo riuscirà ad arrivare alla fine della prova che consiste naturalmente nel capire anche, chi sia di noi questo misterioso organizzatore… il quale si rivelerà solo alla fine del suo show.»

 

«E considerando le sue abilità, non sarà affatto semplice individuarlo» - sorrise Ikumi, divertita

 

Kogorō intervenì non capendo di cosa diavolo stessero parlando - «Un momento, da come ne state parlando, sembra che abbiate già idea di chi sia l'artefice. Se è così allora non potreste dirlo chiaro e tondo?!»

 

«Ma come uno come lei, è venuto senza immaginarlo? Eppure è scritto in maniera chiarissima: "Il Fantasma di Beatrice, la Strega Dorata"» - dichiarò Ikumi, senza però che questo mettesse Kogorō sulla buona strada a giudicare dalla sua espressione stralunata.

 

Mogi allora intervenne, cominciando a spiegare - «Phantom ovvero Fantasma, che appare ovunque ed è inafferrabile come un miraggio.»

 

«L'abile mossa con cui non si lascia sfuggire la preda è come un gioco di prestigio.» - disse Furuyo.

 

«Il genio del crimine che con tanti volti e tante voci come le stelle, mette in scacco la polizia» - affermò Ikumi in coda.

 

«Il piatto forte che noi detective stiamo aspettando con l'acquolina in bocca...» - proseguì Ōgami.

 

«È quel delinquente esibizionista che non vedo l'ora di sbattere in galera.» - riprese Mogi, facendo un lungo tiro di sigaretta.

 

«Colui che mira solo a tesori di grande valore come la montagna d'oro concessa alla famiglia Ushiromiya, dalla "Strega Dorata"; l'unico che ha messo in crisi le mie illazioni.» - si accinse a concludere il giovane Hakuba. A livello internazionale è conosciuto come "Kid, The Phantom Thief"»

 

«Kid… vuoi dire...»

 

Ran aveva capito, quindi decise di chiedere conferma. Anche Kogorō per allora ci era arrivato. Conan aveva cominciato a sorridere all'idea fin da quando erano in viaggio per raggiungere l'isola, al solo pensiero di incrociare di nuovo la sua strada.

 

Hakuba riprese - «Chi ha visto il suo manto nella notte nera lo chiama così...»
 

««Kaitō KID!»»

 

Il giovane Kanon e Tōya Hachijō, pronunciarono il suo nome all'unisono, il primo con aria seria, mentre l'altro mostrava un sorriso appena accennato, quasi di scherno al pensiero che un simile individuo, avesse messo in piedi uno scenario tanto elaborato. Proprio in quell'istante, il rombo di un tuono seguito dalla sua luce abbagliante, sembrò far cadere un silenzio colmo di aspettative e fibrillazione, da parte di tutti i presenti di quella sala da pranzo.

 

Conan si dette uno sguardo attorno…

Lui era lì, sotto mentite spoglie, per un attimo aveva percepito la sua presenza.

 

"Avanti, dove ti nascondi? Sotto quale di queste maschere? Non so cosa c'è sotto a questa faccenda, ma sta pur certo che ne verrò a capo!"

 

Kid dall'alto dell'anonimato concesso dalle sue abilità di trasformista, osservò i volti dei presenti uno ad uno. Escluso Kogorō che era ancora incredulo dalla notizia ed un inquieta Ran che si guardava attorno… stavano tutti sorridendo, lui incluso. Ma il gioco non era neppure cominciato. Lo sguardo del ladro si posò sul detective rimpicciolito, contemplando l'espressione soddisfatta sul suo volto.

 

"È presto per rallegrarsi Meitantei… il mistero giace ancora su quest'isola placidamente addormentato. La domanda è… riuscirai a sopportare, l'unica verità a cui ti porterà la sua risoluzione?" - pensò tra sé il ladro prestigiatore - "Oppure scoprendone i retroscena, ti pentirai di essere arrivato a capire come funziona -- e funzionò -- questa roulette? Sono curioso di scoprirlo. Tu fa del tuo meglio… intesi?"

 
   
 
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